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Autore: yelle    14/11/2005    2 recensioni
La tentazione di scrivere questa fic in prima persona è stata fortissima lungo tutta la stesura. Ma non ho voluto farlo. Forse per questioni inutili di una riservatezza di cui ho bisogno, nonostante sappia bene che è assolutamente inutile.
Questa è una one-shot autobiografica. Completamente. C’è tutta me stessa qui dentro. Ed è anche un piccolo sfogo. La descrizione di una serata che per me sta diventando monotona. La vivo tutti i giorni Metterla nero su bianco per me è stata una necessità, e mentre la scrivevo ho capito come mai. Mi aiuta a riflettere. Sono molto riflessiva, ogni giorno mi dedico un istante per pensare. Su di me, sul tempo che passa. Sulla vita. Quanti dubbi che ogni volta mi vengono. Ma nonostante non sia sicura di nulla, so per certo che la vita va vissuta in ogni istante, con tutta la passione di cui si è capaci. E scrivere una cosa del genere mi aiuta a capire più a fondo questa verità. A molti non importerà nulla di ciò che provo, ma quanto sfogo, credo che questo abbia poca importanza. Anche perché non credo che la mia vita sia tanto speciale da dover ricevere recensioni piene di complimenti.
Ringrazio solamente chi la leggerà senza mandarmi al diavolo. Dedico a voi la splendida canzone che fa da sottofondo a questa fic: Fix you, dei Coldplay.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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don't succeed

When you try your best but you don't succeed...

 

 

Si sentiva perduta. Il cuore le pesava.

Nonostante percepisse di avere ormai solamente un  guscio vuoto stanco dei sentimenti che l’avevano attraversato sino a quel momento, la sua stessa presenza all’interno del corpo le pesava come non mai. Se non l’avesse avuto avrebbe potuto sentirsi meglio? Chi lo sa… nonostante qualsiasi pensiero le attraversasse la mente e le domande che si poneva, nessuno le avrebbe dato risposta. Quindi quella tortura era gratuita ed inutile. Ma lei cos’altro poteva fare? Appoggiare la propria fronte al freddo vetro della finestra, donare le proprie lacrime alla nebbia che le impediva di ammirare il notturno paesaggio cittadino.

 

 

...When you get what you want but not what you need...

 

 

E poi… impotenza, solamente.

 Sentirsi vuota, perduta, senza via d’uscita. A pensarci le si mozzava il respiro in gola. E piangere, e disperarsi, e sentire il bisogno di qualcuno che, accarezzandola con amore, la consolasse e le dicesse che non tutto era perduto… inutile. La realtà la circondava, bella e crudele com’era in quegli istanti. Cristallizzata in gelidi respiri, rinfacciati da una barriera trasparente.

Voleva urlare, disperarsi, piangere guardando in faccia suo padre, scagliarsi contro la causa del suo male, accasciarsi a terra e lasciarsi morire dal di dentro. Voleva queste e mille altre cose, ma non riusciva a fare nulla. Nemmeno stare in piedi nella solitudine.

 

 

...When you feel so tired but you can't sleep...

 

 

La bianca nebbia al di là della finestra pungeva il suo sguardo come le lacrime che nascevano e cadevano, formando lunghi e caldi solchi bagnati lungo le guance fredde mentre dolorose fitte le divoravano la lucidità. E allora lasciava che le si annebbiasse la vista, mentre le sue volontà si abbandonavano ad una nera marea che la privava di qualsiasi senso e della voglia di avere voglia.

 

 

...And the tears come streaming down your face...

 

 

Se almeno fosse riuscita a piangere, avrebbe trovato il modo di sfogare quella frustrazione che, viscida, la avvolgeva con le sue pericolose spire. Di solito non faceva altro, la sera. Sfogava la delusione e le sue speranze attraverso perlacee lacrime che, infantili, solcavano le sue guance. Dedicava però ad esse solamente pochi minuti, prima di tornare alla vita.

Ma ora, in quell’istante, in quel frangente, non riusciva nemmeno a far quello, a piangere. Si sentiva peggio di una bambola: inutile.

 

 

When you lose something you can't replace

When you love someone but it goes to waste

 

 

Inutile, inutile, inutile.

 

No, non era la parola adatta.

 

 

Could it be worse?

 

 

Sbagliato, era tutto sbagliato. Non avrebbe dovuto provare quelle sensazioni, la rendevano pazza.

 

Perché?

 

Un’unica domanda. Nessuna risposta. Nessuna certezza.

 

Raggomitolata in sé stessa, sdraiata sul pavimento in posizione fetale, cercava di dare un senso a tutto: alla stanza in cui viveva otto ore al giorno, al bisogno che sentiva, allo scopo che cercava di avere.

Non si sentiva a casa, nel luogo in cui era.  Da nessuna parte percepiva quella sensazione di familiarità che avrebbe dovuto scaldarle il cuore.

Forse era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Di sicuro, era qualcosa di simile.

 

 

Lights will guide you home

 

 

Casa.

 

 

And ignite your bones

 

 

Sì, era esattamente ciò che cercava. Il significato della parola casa.

Dov’era la sua? Di certo non dove viveva in quel momento. Non ci stava male, ma l’abitudine era diventata così pesante da rinchiuderla in quella gabbia di quotidianità e imprigionarla in un moto sempre uguale.

 

Monotonia.

 

 

Tears stream down your face

when you lose something you cannot replace

 

 

Eppure lei amava la vita, e ciò che essa le dava. Ogni giorno di più si riteneva fortunata per le sensazioni che provava. Paura, tristezza, imbarazzo, esaltazione, gioia. La facevano sentire viva, attraverso esse assaporava la vita, la rendevano degna di essere vissuta. Come era giusto che fosse.

Ogni volta che camminava per la strada o girava in bicicletta sentiva la necessità di alzare il viso e ammirare il cielo blu cobalto, assaporare il profumo di un fiore e ammirare uno scatto di realtà.

 

Amava vivere.

 

 

Tears stream down your face

I promise you I will learn from my mistakes

 

 

Ma la sera, quando l’alternativa alla sua stanza era la buia notte, non faceva altro che bagnare le sue guance e riempire la mente di squallidi pensieri.

E a quel punto accendeva la radio. Who Wants to Live Forever. I Queen. Le Streets of Philadelphia di Bruce Springsteen. L’Hallelujah di Jeff Buckley. Chiudeva gli occhi e le ascoltava. Era come se il suo cuore cessasse di battere mentre il suo corpo manteneva tutte le sue funzioni vitali. Rimaneva importante solamente esistere per ascoltare quelle melodie, quelle voci, quelle parole. Per ascoltare e cogliere ogni minima sfumatura di quelle splendide melodie. Tutto il resto veniva da sé.

 

 

And I

 

 

La consapevolezza che quei pensieri che non avrebbero avuto ragione di esistere sarebbero prima o poi cessati, che la vita nonostante tutto non smetteva di ammaliare i suoi sensi, che ogni giorno, ancora, avrebbe trovato uno e mille motivi per mostrare un nuovo sorriso.

E prima o poi avrebbe cancellato quel senso d’incompleta sazietà che provava.

 

 

And I will try to fix you

 

 

Prima o poi avrebbe cancellato quelle lacrime. Stupide. Bastavano pochi minuti e la vita avrebbe ripreso a scorrere come prima. E domani sarebbe ricominciato, tutto come prima. Con straordinaria e quotidiana imprevedibilità.

 

Domani.

 

 

And I will try to fix you

 

 

Quel momento, ora, era per lei. Il resto, domani.

   
 
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