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Autore: dav_id89    02/11/2010    1 recensioni
Terza classificata al Contest "Once upon a Bloody December" di storyteller lover e premio speciale per l'originalità.
Una giovane ignara preda fra le braccia di un vampiro, muta testimone del dramma della trasformazione di Thomas da mortale ad immortale.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V

Capitolo V “La cripta”


Era buio, lo circondavano strane pareti di marmo, fredde e spoglie. Molti nomi e preghiere incise in caratteri latini. Poi un corridoio e una porta che conosceva molto bene. Un letto a baldacchino dai tendaggi rossi. Un mobile d'ebano con dei cassetti, aprì il secondo tirandolo a sé. Un cofanetto a forma di conchiglia, lo prese tra le mani e con un piccolo click lo aprì. Una chiave d'oro era appoggiata sopra un minuscolo cuscino. Era in un'altra stanza ora, la stanza in cui Diana aveva suonato il flauto, c'era un armadio, un armadio... un armadio...
“Thomas... Thomas svegliati...”
Aprì gli occhi destato dalla voce di Diana.
“Hai dormito quasi tutto il giorno, è passata l'ora del pranzo da un pezzo. Come ti senti?”
“Meglio, ho ancora male alla testa. Devo andare al villaggio.”
“No che non devi! Devi riposare.”
“Mio zio è morto, devo celebrare il funerale.”
“Ma... ci penserà qualcun altro...”
“Il prete è morto, sono l'unico che può celebrare il rito.”
Meccanicamente si alzò dal letto, fu colto da un capogiro ma resistette rimanendo in piedi.
“Non sei al sicuro qui. Verrai con me oggi.”
“Io... non so se...”
“Diana, non intendo discuterne.” aveva preso coraggio e soprattutto sapeva per la prima volta nella sua vita ciò che andava fatto, “Oggi celebreremo i funerali di mio zio, domani metterò fine una volta per tutte a questa storia.” si fece procurare degli abiti, il suo saio era lurido.
Si fecero scortare da un manipolo di guardie a cavallo alle quali Thomas consegnò un crocifisso a testa benedicendoli uno ad uno. Giunto al villaggio radunò li popolo e fu aiutato nei preparativi per il funerale. Aveva lasciato la ragazza con un gruppo di donne all'interno di una casa presidiata dalle guardie.
“Dov'è Diana?” chiese ad uno dei cavalieri quando tutto fu pronto.
“Non si sente bene, ha detto che vi attende alla fine della cerimonia.”
“Continuate a rimanere di guardia alla casa, se dovesse succedere qualcosa non esitate a chiamarmi.” detto ciò si avviò verso l'altare.
Diede l'ultima benedizione ai defunti e officiò il funerale come gli era stato insegnato al monastero. Infine parlò a quella gente provata dalle sofferenze. I volti scarni per la paura in cui stavano vivendo da più di un mese gli provocarono un moto di colera verso quelle maledette creature malefiche.
“C'è un'arma. Un'unica arma con la quale ognuno di voi può sconfiggere questi mostri. L'arma che permise a Mosè di separare le acque del Mar Rosso e condurre il popolo del Signore verso al libertà. L'arma che ha permesso a frate Philippe di estirpare il demonio che si era impadronito del vostro amato parroco: la fede. Soltanto la fede può salvarvi, pregate e riponete tutte le vostre speranze in Dio poiché se avrete fede egli vi salverà...”
Iniziò così la sua predica che durò a lungo. Non era un oratore abile come suo zio ma quella sera, grazie alla determinazione e alla sicurezza che provava riuscì a parlare ai cuori dei fedeli. Sperò in cuor suo che bastasse veramente la fede per tornare vivo da ciò che lo aspettava.
Fu trattenuto fino a dopo il tramonto da un elevato numero di confessioni. Ognuno sembrava voler arrivare alla sera con l'anima pronta al trapasso. Cercò di rassicurarli ma le troppe vittime, le numerose famiglia spezzate, come si poteva chiedere a quella gente di aver fede in Dio dopo che anche il loro parroco gli aveva voltato le spalle?
La testa lo martellava con delle fitte insopportabili. Raggiunse Diana e insieme alle guardie tornarono al castello. Avrebbe voluto porre fine alla maledizione quella stessa notte ma non poteva, doveva prima recuperare le forze, e comunque non aveva la più pallida idea di dove cercare il conte. Aveva appurato l'innocenza del cavaliere. Quello era stato un semplice errore di valutazione, probabilmente indotto dal conte stesso ed era sicuro che la chiave si trovasse proprio dove aveva visto nel sogno. Ma la stanchezza e il dolore dovuto alla ferita lo vinsero. Si sedette con Diana di fronte al camino acceso nel salone centrale del castello, decisero di dormire insieme sul divano uno a fianco all'altra. Fecero di nuovo l'amore, con passione, Thomas faticava a credere che fosse possibile provare determinate sensazioni. Avrebbe voluto vivere così per sempre. Amava Kate, non poteva più negarlo nemmeno a sé stesso.
“Come si chiamava tua madre?” le chiese la ragazza destandolo dal dormiveglia.
“Si chiamava Kate. La tua?”
“Rose, aveva i capelli biondi come i miei e gli occhi grandi. Dicono tutti che era bellissima.”
Si addormentarono accompagnati dallo scoppiettio del fuoco e dall'ululare del vento.
Fu una notte senza sogni per Thomas, la mattina seguente si svegliò rigenerato. La testa non gli doleva più e si sentiva pronto ad affrontare qualsiasi cosa gli si fosse parata davanti. Indossò di nuovo il suo saio, che era stato lavato dai domestici il giorno precedente. Gli dissero che aveva delle visite dal villaggio, chiese a Diana di aspettarlo in biblioteca e si affrettò verso il cortile antistante al maniero. Lo attendeva una delegazione del popolo, si fece loro portavoce il gobbo falegname:
“Frate, ho pensato che aveste bisogno di tutto l'aiuto possibile. Purtroppo non sono più un giovincello ma ho fabbricato per voi questo.” gli porse un paletto di legno, da un'estremità era stata intagliata una croce e dall'altra era talmente appuntito da poter trapassare un uomo con facilità.”
“Cos'è?” domandò Thomas constatando la leggerezza e la facilità di maneggiare tale oggetto.
“È frassino. Le leggende dicono che conficcandolo nel cuore dei non morti li riduca in cenere.”
“Anch'io vi ho portato qualcosa.” si fece avanti una donna che riconobbe come la madre del bambino ucciso due giorni prima “È una spezia potente contro queste creature, un misto di aglio ed erbe.” Thomas prese il piccolo sacchetto e ringraziò, anche se abbastanza scettico sull'efficacia di quel rimedio.
“Io ho pensato che questo potrebbe esservi utile.” anche il fabbro aveva collaborato forgiando un coltellino d'argento.
“Vi ringrazio di cuore per...”
Il falegname lo interruppe “Non dovete ringraziarci, fate solo in modo che questa maledizione lasci il nostro villaggio per sempre.”
“Ce la farò, ve lo prometto.”
Quella dimostrazione di fiducia lo convinse ancora di più che era tempo di andare fino in fondo.
Si diresse immediatamente in camera di Diana. Lei era in biblioteca e non voleva disturbarla, non sapeva ancora cosa avrebbe trovato nella sua ricerca e sperava di non doverla coinvolgere. Come nel sogno il mobile era la, col suo legno d'ebano scuro. Aprì il secondo cassetto e trovò il cofanetto a forma di conchiglia, lo aprì con quel click chiaro e distinto del sogno e prese la chiave rimettendo la piccola scatola al suo posto.
Trovò in breve tempo la stanza nella quale aveva udito Diana suonare quella splendida melodia e vide l'armadio. Introdusse la chiave nella toppa, questa girò facendo scattare i cardini.
Le ante si spalancarono meccanicamente, lasciando fuoriuscire il tipico odore dei luoghi remoti che rimangono chiusi a lungo. Accese una candela ed entrò, in quella che sembrava una stanza molto grande, cercò a tentoni una qualche finestra ma non la trovò. Si accorse però di un canale metallico con una fessura che correva come una cornice lungo tutte le pareti. Tastò quello strano congegno e portandosi le mani verso il naso capì che si trattava di olio, avvicinò la fiamma della candela alla fessura che si apriva tra le lastre metalliche. La fiamma arse lungo tutto il perimetro della sala, illuminando a giorno quello che sembrava un magazzino pieno di cianfrusaglie: vecchi ritratti di una ragazza bionda che somigliava incredibilmente a Diana, ceramiche di ogni tipo, porcellane, maschere esotiche, una strabiliante collezione di bambole, oggetti dei più rari e meravigliosi che Thomas avesse mai visto. Ma la cosa che attirò tutta la sua attenzione fu un fiore sotto vetro, una rosa rossa, resa secca dal tempo, aveva assunto un colore così scuro da sembrare irreale.
“Thomas!” esclamò una voce proveniente dal salotto adiacente. Si voltò vedendo Diana che lo osservava sulla porta, era furente.
“Non avevi il diritto di entrare qui!”
“Diana, perdonami credevo di poter trovare degli indizi...”
“Indizi su cosa?! Questa è la stanza di mia madre, non troverai nulla qui dentro.”
Uscii a testa china, gli occhi le brillavano di lacrime. Al contrario di quanto mi aspettassi mi buttò le braccia al collo.
“Scusami, so che tu puoi capirmi. Questa stanza è l'unico ricordo tangibile che ho di lei... ”
Certo che la capiva, comprendeva a pieno il suo dolore. Soprattutto ora che aveva perso anche suo padre. Era rimasta sola proprio come lui.
L'accompagnò a sedere e, vedendola scossa le chiese di suonargli ancora quella meravigliosa melodia. Stavolta non prese il flauto, ma prese un altro astuccio, più grande e largo questa volta.
Ne estrasse un violino e iniziò a suonare. Le sensazioni furono le stesse della prima volta, così belle, così paradisiache. Quando Diana finì e fece per riporre lo strumento, Thomas scorse un foglietto ripiegato all'interno della custodia.
“Cos'è?” chiese.
“È lo spartito della canzone, l'ha scritto mia madre. Non lo uso più, ormai la conosco a memoria.” lo porse a Thomas che lesse ad alta voce il titolo.
“Rosa d'inverno.”
“Già... è un gioco di parole.” spiegò Diana “Mia madre era inglese, si chiamava Rose Winter.”
Un'idea lo raggiunse come una folgorazione.
“Winter Rose! Rosa d'inverno! Ma è chiaro!”
La ragazza lo guardò senza capire.
“Sebastian, il ragazzo che ha raggiunto il nostro monastero per avvisarci della tragedia ha detto queste parole: la tana del lupo è dove riposa il fiore d'inverno. Dove è sepolta tua madre?”
“Nella cripta di famiglia, a circa due chilometri da qui.”
“È lì che si nasconde tuo padre. Diana, devo andare... ” uscì in fretta dalla stanza, doveva agire prima del tramonto del sole. La notte quelle creature diventavano più forti mentre di giorno erano vulnerabili. Cercò il capitano delle guardie, ma fu avvisato dai domestici che era scoppiato un incendio al villaggio e le guardie erano accorse ad aiutare a domare il fuoco. La certezza che quell'evento non fosse casuale non lo trattenne comunque dal suo intento. Fece sellare un cavallo e stava per partire al galoppo quando vide Diana venire verso di lui.
“Vengo con te.”
“No, è fuori discussione! Non metterai a rischio la tua vita per... ”
“Per mio padre?! Si invece, è l'unica persona della mia famiglia che mi è rimasta e voglio vederlo con i miei occhi se è davvero lui che ha portato questa maledizione al villaggio! Thomas... tu avresti fatto la stessa cosa...”
Non poteva fermarla, era vero, lui avrebbe fatto la stessa cosa.
Cavalcarono sotto il cielo grigio finché non raggiunsero una collinetta sulla quale svettava un monumento marmoreo, aveva la forma rotonda di un tempio greco. Legarono i cavalli ed entrarono.
Non vi era nessuna apertura nella pietra. Thomas iniziò a tastare ogni centimetro della struttura ma Diana lo precedette. Si avvicinò ad una fessura, dalla quale sgorgavano rivoli d'acqua come da una fontanella e fece scattare un meccanismo. Una delle colonne girò su se stessa, scoprendo una scalinata a chiocciola che scendeva verso il basso.
Thomas iniziò a scendere le scale, tese la mano a Diana che lo seguiva passo passo. Il buio e l'odore di umido si facevano sempre più persistenti. Sentì il terreno sotto di lui farsi più morbido. Avevano percorso la scala fino in fondo ed urtò un oggetto. Si abbassò tastando qualcosa che riconobbe essere una lanterna, riuscì ad accenderla facendo luce di fronte a loro. Proseguì tenendo alta la lanterna con la mano destra e la mano di Diana con la sinistra.
“Dov'è sepolta Rose?”
“Dobbiamo andare fino in fondo, ci sono delle scale che scendono verso il basso. Laggiù c'è una grande stanza, dove mio padre ha fatto costruire una statua che ci raffigura tutti e tre insieme.”
Proseguirono fino alle scale, quel luogo era immenso. Videro una luce provenire dal locale sottostante.
“Resta qui.” disse Thomas sottovoce porgendole la lanterna “Se dovesse accadere il peggio urlerò il mio nome, a quel segnale fuggi più veloce che puoi.”
“Se tu morirai saremmo tutti perduti. Compresa io... buona fortuna.” gli disse prima di baciarlo.
Thomas prese coraggio e cercò di ricordare ciò che gli aveva detto suo zio: abbi fede in Dio.
Poggiò il piede sul primo scalino cercando di non far rumore, passo dopo passo giunse all'interno della stanza. Era illuminata da alcune fiaccole appese al muro. Vide subito la statua di cui parlava Diana; una scultura in marmo della sua famiglia, tutti insieme come non lo erano mai stati.
In fondo, all'interno di una bara senza coperchio distinse una sagoma coperta da un velo nero. Afferrò il picchetto di frassino tenendo la croce ben visibile di fronte a sé e parlo con voce imperiosa:
“Alzati creatura del demonio! Sono qui per ucciderti!”
Nessuna reazione si ebbe dal corpo all'interno della bara.
“Conte Jaques so che siete voi il vampiro! Alzatevi e venite ad affrontarmi!”
Nulla si mosse. Il coraggio con cui era entrato iniziava a dissiparsi. Si costrinse ad avvicinarsi alla bara, la mano gli doleva per la forza con cui stringeva la croce in frassino. Giunse sopra il corpo e scansò il velo: balzò indietro quando vide gli occhi vitrei del conte sotto di lui, il corpo era là, ma dava la sensazione di essere morto da un pezzo. Lo esaminò e concluse attraverso la sue conoscenze mediche che doveva essere deceduto non più di un giorno prima. Rimase sconcertato nel constatare che presentava sul collo i segni del morso di un vampiro.
“Così mio padre non è il vampiro...” si voltò di scatto. Diana era la, dietro di lui. Abbassò la testa sconsolato.
“Non so più cosa pensare... Diana se il conte non è il vampiro allora...”
“Thomas, mio padre è morto... Abbracciami ti prego.”
Si avvicinò a lei stringendola a sé.
“Brancolo nel buio Diana. Philippe si era sbagliato ed io non ho la minima idea di cosa...”
“Non ci pensare ora Thomas. Siamo tu ed io, solo tu ed io.... Rilassati, sei stanco, molto stanco...”
I suoi occhi si appesantirono e le membra sembrarono intorpidirsi, stava per addormentarsi fra le braccia di Diana. Sentì i baci della ragazza sul suo collo, morbidi e caldi, soprattutto caldi, umidi. Avvertì lontano come se provenisse da qualche altro luogo l'odore del sangue, acre e metallico.
Tutto d'un tratto, improvvisa e lancinante una fitta si propagò da suo collo al resto del corpo.
Gli sembrò di ardere. L'odore di sangue ora è più forte, più vicino, troppo vicino. Il caldo umido sul suo collo non erano baci, era il suo sangue che colava in rivoli rossi fino alle spalle.
Trasse un respiro profondo e spinse il crocefisso che teneva ancora in mano verso di lei. Il solo contatto con il corpo provocò un urlo di dolore alla ragazza che si ritrasse e con un colpo buttò a terra il picchetto. Thomas cadde, debole e indifeso, quasi incapace di muoversi.
“Io ti amo...” fu capace di dire prima che Diana piombasse su di lui serrandogli di nuovo la mascella sul collo. Si stava lasciando andare, stava consegnandosi completamente in mano a lei. Voleva morire, non aveva più nessun senso vivere sapendo che la prima e unica persona che aveva amato lo aveva ingannato per tutto il tempo. Poi pensò al villaggio, a quella povera gente che avrebbe continuato a morire ogni notte finché Diana non avesse sterminato tutti quanti.
Sentì la forma de coltellino regalatogli dal fabbro sotto il suo saio, lo afferrò e in un attimo di lucidità lo conficcò nel fianco della vampira. Quella si alzò emettendo un suono demoniaco, estrasse il coltello dalle carni e lo gettò lontano. Sarebbe stata di nuovo sopra di lui se Thomas non avesse preso il sacchetto contenente le spezie e non gliele avesse lanciate contro. Fu incredibile l'effetto che ebbero su di lei, si gettò a terra contorcendosi e gridando. I punti in cui la strana sostanza era venuta a contatto con la pelle erano ustionati. Thomas non si fermò a riflettere, ormai agiva meccanicamente. Si trascinò verso il picchetto, con uno sforzò immane di rialzò in piedi, si gettò sopra Diana e conficcò il paletto dritto nel cuore della ragazza. Un ultimo urlo assordante riempì la stanza prima che il corpo iniziasse a carbonizzarsi.
Thomas, incapace di credere a ciò che era appena successo, incapace di accettarlo si sdraiò sulla schiena ed aspettò la morte che sarebbe sopraggiunta a breve.
Sentiva freddo, ma non un freddo convenzionale, un freddo diverso, un freddo più interiore che esterno. La vita stava scivolando via lentamente dal suo corpo.
E se non ci fosse nient'altro? E se tutto finisse qui? Ebbe paura.
Udì dei passi sulla scale, ma forse era solo un allucinazione uditiva. No, erano reali quei passi, si stavano avvicinando. Chiuse gli occhi, ormai la cosa non lo riguardava più. Sentì una mano sulla sua nuca sorreggerli la testa ed una voce che delicatamente lo chiamava.
Aprì gli occhi con un ultimo sforzo, mise a fuoco una mano di fronte a lui, la stessa mano che aveva brandito la spada dando la morte a Philippe. Riconobbe l'anello con il rubino. Sorrise, quindi uccidere Diana era stato inutile, c'era un altro vampiro in libertà.
“Thomas, guardami. Non mi riconosci? È passato molto tempo...”
Cercò di vedere bene quel volto, gli era familiare. La sua memoria si sforzò di ricordare.
“Oliver...” mormorò infine.
“Si cugino mio, sono io... sono qui per salvarti, per darti il dono oscuro.”
“No... io non voglio...”
“Thomas, cugino mio... stai morendo, vedi qualche luce lontana? Vedi qualche sentiero verso il quale la tua anima dovrebbe incamminarsi? Credo di no...”
“La mia... la mia fede ha sconfitto...”
Oliver rise: “La tua fede? Thomas, la tua fede non c'è mai stata. Hai ucciso Diana di giorno mentre era molto più vulnerabile. Inoltre se quegli oggetti hanno avuto effetto non è sicuramente merito tuo... ma di chi te li ha donati.”
“Cosa vuoi da me?”
“Voglio che ti riunisca a me dopo tutti questi anni. Siamo rimasti solo noi Thomas, anche i miei genitori sono morti.”
“Tu hai ucciso Philippe...”
“Se non lo avessi fatto lui avrebbe ucciso me...”
Thomas lo guardò sorridendo e provò pena per lui.
“È stato bello rivederti Oliver. Addio...” detto ciò la morte lo colse nella notte tra 12 ed il 13 dicembre 1694.

   
 
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