I don’t wanna miss a thing
• Jude Sharp x Celia Hills
Warning:
incest!
#1. First act: giù le mani.
Jude
assottigliò gli occhi al di là degli occhiali da motociclista, la vista decisamente
annebbiata a causa del sole abbagliante. Eppure, la mano di quel dirigente sul
fianco magro di Celia la vedeva distintamente, come se non ci fosse altro su
quel campo da calcio: Celia, lui e quel gran bastardo che non sembrava affatto
interessato ai giocatori della Raymond.
Calciò
il pallone con forza, mentre Mark in porta rideva eccitato come sempre. Pareva
che nulla lo toccasse, e forse l’avere i dirigenti della Nazionale giapponese
proprio nel loro campo era uno stimolo in più, per lui. Jude, invece, pensava
che fossero solamente delle seccature. Il calcio era la sua passione, ma quella
mano sul fianco magro di Celia era stata come un pugno dritto in faccia. Ancora
una volta aveva capito chi nella sua vita fosse realmente importante, chi
avrebbe voluto accanto per sempre. Non un pallone, non un campo da calcio, ma
lei.
«Come
le stavo dicendo, signorina Hills, penso che suo fratello abbia un gran
potenziale come centroavanti,» la mano era sempre più in basso, sempre più
vicino all’orlo di quella gonna assurdamente corta – e gli occhi di Celia, i suoi grandi occhi blu, lo cercavano. Cercavano
Jude, volevano Jude, esigevano Jude.
Axel
osservò con un sorriso comprensivo il suo compagno abbandonare il campo e
dirigersi con passo spedito verso la panchina delle riserve; nemmeno Mark si
oppose, troppo intento a ridere con Shawn e Genta per una parata formidabile.
«Mi
scusi,» il tono calmo e piatto della voce di Jude fece esplodere il cuore nel
petto di Celia, mentre l’uomo al suo fianco sorrideva accondiscendente.
«Sharp,
stavamo giusto parlando di te. Questa ragazza è adorabile, sai,» iniziò
strofinando il proprio volto contro quello della bruna, mentre Jude allungava
una mano e le afferrava il braccio, una morsa ferrea e possessiva che fece
indietreggiare ampiamente il dirigente.
Attraverso
gli occhiali dalle lenti spesse, si intravidero: quei due occhi dipinti di
rosso che fecero rabbrividire la ragazza tra le sue braccia, mentre l’altro cadde
a terra spaventato – un diavolo, ecco
cosa sembrava.
#2. Second
act: giù i pensieri.
Celia
osservò il profilo aristocratico di Jude, mollemente seduto alla sua destra che
guardava il nulla. Gli occhiali erano stati malamente buttati a terra, seguiti
a ruota dal mantello e dalla pesante felpa della divisa. L’aveva sentito
imprecare contro quel dirigente per qualche minuto, imbarazzata ed indecisa sul
da farsi: un tempo, non avrebbe esitato a prendergli la mano e stringerla
forte, per fargli così sentire la propria presenza. Tuttavia, ora c’erano troppi silenzi, troppe cose
non dette, troppi desideri nascosti da affrontare. Non si poteva(no) permettere
uno sbaglio simile.
Eppure,
quando Jude portò lo sguardo su di lei, Celia si aggrappò con forza alla sua
maglietta e desiderò di baciarlo – nonostante tutto. Desiderò rassicurarlo,
desiderò abbracciarlo.
«Scusa,»
sussurrò invece il ragazzo, la bocca ad un centimetro da quella della sorella –
sorellasorellasorella.
«Forse non avrei dovuto portarti via,» Celia scosse il capo con forza,
aggrappandosi maggiormente a quella maglietta sottile. Allungò poi una mano,
sfiorandogli il viso: la ruvidità di una barba tagliata male che le accarezzava
i polpastrelli.
«Ti
ho spaventata,» sono un diavolo,
dissero i suoi occhi – quegli stessi occhi che, quando la fissavano, divenivano
di un caldo rosso mattone, impregnato di dolce affetto fraterno...e altro.
Molto, molto altro.
Celia
richiuse le mani a coppa intorno al suo viso, i nasi a contatto e la fronte
premuta contro quella di Jude. Aveva un’espressione seria, gli occhi umidi ed
il cuore che batteva a mille.
«Tu
non mi spaventeresti mai,» sussurrò con voce roca, la gonna che si sollevava
sotto il tocco delle mani di Jude – e una voce nelle orecchie che ripeteva loro
di essere fratelli che si faceva sempre più ovattata. «I tuoi occhi non mi
fanno paura,» disse sottolineando quel timore che, da quando se n’era andato
con Dark, sempre lo bloccava.
Jude
strinse i suoi fianchi magri con forza, premendo poi la bocca contro quella di
Celia. La sentì soffocare un grido di sorpresa, prima di aggrapparsi con forza
alle sue spalle larghe.
La
spinse a pancia in su sul divano, mentre la consapevolezza, la ragione, la
razionalità andavano via, via scemando. L’importanza dell’essere fratelli sembrava
l’ultimo dei loro problemi, in quell’istante.
#3. Third
act: giù tutto il corpo.
Jude
sfiorò quella pelle umida di sudore un milione di volte. Ne aveva baciato ogni
lembo, senza lasciare centimetro alcuno o parte dimenticata.
I
gemiti di Celia nell’orecchie erano pura melodia, mentre le gambe magre gli
circondavano il bacino e, con moderata passione, cercava di spingersi sempre
più verso di lui, per unirsi più di quanto già non fossero.
Celia
si lasciò sfuggire un piccolo urlo, la mano del fratello che le accarezzava
audacemente l’interno coscia e la guardava negli occhi, per captare ogni singola
sfumatura di stupore in quello sguardo blu. Negli occhi della ragazza, però, vi
era solo un annebbiato piacere, unito ad un trasparente affetto che lo faceva
rituffare sul suo collo, sulle labbra morbide e carnose, tra le sue gambe, tra
i suoi seni.
I
pensieri erano scivolati via, erano caduti in un baratro di libidine rossa come
il fuoco, che aveva annebbiato i loro corpi e li aveva fatti cedere.
Cadere
non era mai stato così piacevole, per loro.
#4.
Fourth Act: giù tutta te.
Era
come essere nel Paese delle Meraviglie. Non c’erano bianconigli
o fiori parlanti, e l’unica cosa che facesse rumore in quella stanza buia era
il respiro regolare di Jude, sdraiato al suo fianco. Celia si era stretta a lui
dopo aver fatto l’amore, le gambe che si erano cercate ed intrecciate, mentre i
capelli diventavano un tutt’uno con quelli castani del ragazzo.
Mentre
lo guardava, pensava che non ci fosse nulla di più bello o che potesse amare
più di quanto faceva. Amava il suo naso leggermente adunco; amava le sue labbra
sottili; amava la sua voce, che quando pronunciava il suo nome diveniva
leggermente roca.
Gli
diede un pizzicotto, e ridacchiò sentendolo mugugnare infastidito. Prima che
Celia potesse dire o fare qualsiasi cosa, Jude era sopra di lei e la osservava
a metà tra l’addormentato e l’infastidito. Tuttavia, tutto scemò via quando
Celia si sollevò sui gomiti per baciarlo.
Osservò
l’espressione concitata di Jude farsi sempre più ridente, mentre si ributtava a
peso morto sul letto sempre sotto di lui, una risata melodica e aperta che
strinse il cuore del ragazzo.
Celia
era lì, sotto di lui, lo sguardo innamorato. Aveva lasciato scivolare i
pensieri, era caduta con lui nel baratro della libidine, e ora? Ora era lì, che
gli offriva tutta se stessa. Jude non avrebbe mai potuto rifiutare.
N/a:
Alllooooora, la gonna è stata usata più come strumento di piacere per
Jude, che come fastidio per Jude. J Un ruolo più marginale, ma comunque presente in
due Flash!fic. Nelle restanti erano nudi. *coffcoff*
La
frase parte prima da una cosa molto terra a terra: tieni giù le mani da mia
sorella. Poi diventa un concetto più psicologico, come l’abbandono dei pensieri
che potrebbero contrastare quella relazione, al lasciarsi totalmente andare di
entrambi (giù tutto il corpo).
L’ultima
rappresenta Celia che concede tutta se stessa (giù tutta te) a Jude, solo ed
esclusivamente a lui.
Rileggendola
ho scoperto che mi piace. U___U E ha pure vinto un contest, quindi ora la amo.
Vogliate
farmi sapere cosa ne pensate. *____*
M.