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Autore: kishal    02/11/2010    0 recensioni
Perchè essere diversi, spesso, non vuol dire essere soli. C'è sempre qualcuno pronto ad accompagnarci nelle nostre quotidiane difficoltà. Anche se questo qualcuno è il nostro peggior nemico. Non è vero, Damon?
Genere: Avventura, Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eva – La Prima Figlia

 

 

 

 

 

Capitolo 9: La sorpresa

-prima parte-

 

 

 

 

 

C’era una domanda che, ormai da lungi, fluttuava senza sosta nella mente del più grande dei Salvatore. In effetti, non faceva altro che cercare le origini di quella singolare situazione che sì era andata a creare chiedendosi cosa effettivamente fosse accaduto quella sera.

Purtroppo, ogni volta che aveva trovato la risposta, questa si era vaporizzata negli oscuri dimenticatoi della sua testa annebbiata dall’alcool.

Quella sera aveva bevuto tanto, troppo, aveva esagerato perfino per i suoi standard… e quand’era così ubriaco a malapena ricordava – fortunatamente – chi fosse, figurarsi se era in grado di stare dietro al susseguirsi di eventi dalle rivelazioni sempre più complicate e scottanti.

Perché quella sera era successo qualcosa di veramente grosso e lui iniziava a rendersene conto solo in quel momento, a ore di distanza, sbragato alla bell’e meglio nel salotto della sua augusta dimora… nel quale, tra l’altro, non ricordava neanche come fosse arrivato.

Sbornia devastante, domande pressanti, risposte sfuggenti e sonno incombente non erano un abbinamento consigliato per mantenere viva la ragione, ma l’ultimo imperativo che s’imponeva prima di crollare addormentato in quella stessa sedia dove stava seduto era rimettere in ordine ogni tassello che componeva il puzzle incredibile di quella serata incandescente.

 

Sulla location iniziale non aveva dubbi: la casa del sindaco Lockwood. Poco dopo la dipartita della terribile Bonnie lui aveva cercato - e trovato, ovviamente - qualche nuova cassa di bottiglie da scolarsi. Quando Alaric l’aveva scovato, era quasi in stato comatoso. Ricordava di averlo sentito bofonchiare qualcosa, probabilmente qualche insulto a suo indirizzo, poi l’aveva preso di peso e caricato in macchina.

Nel bagagliaio.

 

Sorrise appena, mentre finalmente la luce tornava a illuminare l’oscurità creata dall’inebriante elisir.

 

 

 

Il biondo professore fissò con stizza l’interno del cofano della sua macchina, dove il placido vampiro da lui ivi deposto sembrava pronto a schiacciare un bel sonnellino.

Non capiva bene il perché, ma in quello stato lo urtava ancor più che da sobrio: probabilmente il motivo era che, ancora una volta, si mostrava indisponente quando invece a lui serviva il suo aiuto urgente.

Chissà cosa gli era successo quella sera per condurlo a conciarsi in quel modo.

 

In un certo senso stimava Damon, lo riteneva una persona molto intelligente, uno stratega dall’intuito infallibile… ma trovava che il suo pensiero fosse tanto veloce quanto il suo istinto, che non mancava mai di seguire, difettaccio che più di una volta era servito a mandare in fumo i vantaggi acquisiti col suo abile intelletto.

Inoltre, la mancanza di un equilibrio, tanto emotivo quanto morale, lo rendeva inquietante quanto una bomba ad orologeria dal timer impazzito: il pericolo era solo in potenza, ma la minaccia costante lo rendeva quasi inavvicinabile, se non con numerose cautele.

Ben sapendo questo, dunque, Al tendeva a stargli il più possibile lontano, avvalendosi del suo aiuto solo quando sapeva che certamente sarebbe stato dalla sua parte.

Quella sera, tuttavia, aveva intenzione di mandare all’aria qualsiasi precauzione nei suoi confronti: troppo era il bisogno che aveva di lui per lasciarlo in quello stato, anche a costo di qualsiasi – certa – ritorsione.

 Dove…?” Mugugnò in quel momento il suo passeggero, dagli occhi oramai socchiusi. Probabilmente intendeva chiedergli dove stessero andando.

“Non ti preoccupare, sono certo che dopo il viaggio sarai abbastanza lucido da capirlo da solo.” Gli rispose con vago tono sadico, e ben sapendo che lui non l’avrebbe capito in ogni caso continuò “Mi servi lucido, Damon.”

 

Chiuse il cofano e si sedette al posto di guida. Casa sua non distava molto da lì, ma il suo ospite aveva bisogno di un po’ di tempo e molto movimento per riprendersi.

La strada ricca di curve e dossi che dal paese conduceva alle campagne circostanti faceva proprio a caso suo.

Probabilmente sarebbero bastati una decina di minuti per risolvere il problema.

 

Accese la macchina.

Schiacciò l’acceleratore.

Chissà se Damon era mai stato sulle montagne russe.

 

 

 

 

 “Ti ho vomitato tutto il cofano” Disse il vampiro, dopo aver squadrato con sguardo un po’ minaccioso e un po’ perso il suo carnefice. Al professore ricordò tanto un bambino dispettoso.

“Ho visto”

“Domani, quando mi riprendo, ti stacco la testa

“Domani, quando ti riprendi, ricordati che ce l’hai fatta solo grazie a me”

“Vorrà dire che per sdebitarmi ti offrirò un viaggio nel bagagliaio anch’io.

Alaska, ti piace? E’ da un po’ che vorrei tornarci”

“… Sei sempre stato molto equo”

“In questi casi non manco mai di rendere il favore ricevuto

“Capisco. Abbi pazienza, mi servivi!”

“La mia pazienza se ne va con la sbornia”

 

L’uomo scosse la testa: parlare con un Damon mezzo brillo era deleterio per i suoi nervi. Sperava solo che fosse in grado di reagire con razionalità davanti alla sorpresa che avrebbe trovato nel suo salotto. “Vieni in casa” Gli disse dunque, infilandosi le mani in tasca e dirigendosi verso l’abitazione.

 

“Non ci penso nemmeno!”

Alaric si voltò, allibito e vagamente seccato. “Cosa?! Non ti ho fatto rinsavire per vederti andare via!

“No, è evidente che l’hai fatto perché non avevi più voglia di vivere la tua inutile, stupida, patetica vita!” Gli sputò arrabbiato, barcollando nella strada mentre tentava invano di chiudere la zip del giubbotto in pelle.

“Damon, la faccenda è grave.”

“Ci puoi scommettere!”

“C’è Isobel là dentro

 

Silenzio.

 

Per Damon fu come ricevere un secchio d’acqua gelata direttamente sulla testa.

 

Isobel.

Isobel significava Katherine.

 

“In casa tua?” Chiese, ciondolando nella sua sbornia imperitura.

“Sì”

“L’hai fatta entrare” Constatò con gravità.

“Mi ha chiesto aiuto”

“Per ucciderti nel sonno o per ficcarsi un paletto su per…

“Damon!”

“… perché se non è per ucciderti o uccidersi, per quale motivo dovrebbe andare da te?”
“Afferma di essere braccata da Katherine”

“… COSA?!” Rimase immobile per un attimo, riflettendoci sopra. “Isobel ha schiacciato la coda alla gatta sbagliata, vero?” Ridacchiò, assaporando il ricordo della perversa malignità della sua passata amante.

“A quanto dice lei, Katherine è furiosa con lei perché ha osato tentare di ammazzare il suo uomo

 

Silenzio.

 

“Sono io il suo uomo?”

“Sì”

 

Aveva appena pronunciato la risposta, che il vampiro scomparve da davanti a lui. Alle sue spalle la porta di casa sbatté violentemente contro il muro.

 “Dannazione!” Mormorò, correndo dentro l’abitazione.

 

Era stato pazzo solo a pensare di poter convincere un Damon mezzo brillo a mantenere la razionalità con Katherine di mezzo quando, a conti fatti, anche da lucido il solo pensiero di quella donna riusciva a fargli perdere il senno.

 

 

 

 

“IL SUO UOMO?! IO SAREI IL SUO UOMO?!

 

“Damon!” Esclamò Isobel colta di sorpresa, alzandosi velocemente dal divano su cui era seduta.  Ma non ebbe neanche il tempo di fare un passo che si ritrovò schiacciata contro il muro con il viso demoniaco del Salvatore a un centimetro dal suo.

Ne ebbe paura, sapeva quanto quel ragazzo fosse instabile emotivamente, che temperamento istintivo possedesse …. E in quel momento pareva proprio una bestia impazzita.

 

ORA SAREI IL SUO UOMO?! E DURANTE QUESTI CENTOQUARANTACINQUE ANNI, COS’ERO?! COS’ERO QUANDO HA SCELTO DI SCAPPARE DALLA CRIPTA E NON FARSI MAI PIU’ RIVEDERE?!

Damon… Oddio…!” Mugugnò quella, completamente incapace di opporgli resistenza.

“SONO DIVENTATO PAZZO, PAZZO PER LEI!” Continuò lui a gridare, sbattendola con violenza contro la parete, insensibile a ogni suo lamento.

 

“DAMON!” Gridò Alaric, sulla soglia d’ingresso del salotto. “Lasciala stare!”

“La difendi, Al?! Cosa te ne fai di una come lei? Vuoi finire come me? Vuoi impazzire anche tu?”

“Non ti preoccupare, sono ben lungi dal rassomigliarti.”

 

Ahhh Al, l’amore è una brutta bestia: quando credi di essertene liberato, eccola ritornare lì, più feroce di prima!” E rise, rise di un riso amaro che sapeva di cuori infranti e speranze disilluse, i sentimenti accresciuti dal poco alcool ancora in circolo, guardando Isobel e vedendo Katherine. “Non si sa mai, meglio non correre alcun rischio!” Mugugnò, afferrando in un attimo la croce di legno che stava appesa sul muro sopra di lui e trasformandola in un perfetto paletto da caccia.

 

“Damon, fermati!” Gridò il biondo, correndogli al fianco a trattenergli il braccio armato, mentre l’ex moglie terrorizzata faceva passare lo sguardo dall’uno all’altro attendendo con ansia il suo destino.

“Sai che non sarà il tuo braccio a fermarmi, vero?”

“E tu sai che lei non è Katherine, vero?”

 

Il bellissimo demone fissò la sua preda impaurita con sguardo cattivo. Il mare dei suoi occhi si perse in quello di lei, perfettamente identico. Quasi gli sembrò di leggere qualcosa in quella somiglianza inquietante, ma l’ira scatenata da quella frase di Katherine non gli diede modo di approfondire il concetto.

 

Katherine.

 

Lei lo reputava il suo uomo.

 

Lo amava?

 

No, Katherine non era in grado di amare.

Le piaceva, piuttosto, possedere.

 

Non era il suo uomo… era il suo giocattolo.

 

E lui, stupidamente, si era dannato l’anima e fottuto la mente prima di capirlo.

 

“Se è vero che lei ti da la caccia, sei spacciata. Sa già dove sei e come ucciderti” Disse, allontanandosi da lei e gettandosi sul divano, senza però abbandonare il suo improvvisato paletto.

Alaric riprese a respirare: strano ma vero, era riuscito a farlo ragionare.

“Qua non può entrare” Gli fece notare.

“Troverà il modo. Ad esempio, potrebbe ammazzarti mentre vai a lezione così da abbattere la maledizione e poter tranquillamente fare il suo ingresso trionfale in questa casetta da quattro soldi!

“Oh, mi spiace che la mia dimora non sia di suo gradimento... ma sa, faccio il professore, non il vampiro centenario!”

“Sei fortunato, potrei aiutarti a cambiare lavoro!” Gli disse, facendogli un allusivo occhiolino.

“Sto bene così”

“Oh, la modestia: la conseguenza più grave data da tale afflizione è che conduce all’accontentarsi… quando invece si potrebbe arrivare più in alto.

Ma non stiamo qui a riderti dietro, questa sera abbiamo ospiti ben più illustri!

Prego Isobel, vuoi dirmi secondo te perché ho deciso di seguire i consigli del tuo patetico ex marito piuttosto che squartarti in mille pezzi, come consigliava la mia esuberante perversione?

 

“…” La bella donna lo fissò in silenzio, tentando di ritrovare la calma ma, in cuor suo, ancora tremando alla presenza del vampiro.

“Ah ah, piccola discola, non hai studiato per oggi?” Disse, muovendo il paletto in sua direzione come se fosse una bacchetta da insegnante.

“Per farle un dispetto” Sussurrò allora, non osando tuttavia allontanarsi dal muro per evitare di avvicinarsi anche di un solo millimetro a lui.

“Spiegati meglio!” La incitò lui, ebbro di un’allegria che preoccupò perfino Saltzman.

“Tenendomi in vita ed evitando che mi uccida non le farai avere ciò che vuole, e farla arrabbiare… immagino sia uno dei pochi piaceri che ti siano rimasti

“A dire il vero molte cose ancora mi danno piacere, una di quelle è la fine che avrei voluto farti fare. Ma per rovinare i piani a Katherine… questo e altro!

Tuttavia, mantenerti in vita non significa necessariamente che tu debba rimanere illesa

 

“Damon, per favore!” Intervenne allora il biondo professore, preoccupato da ciò che quella frase lasciava presagire.

Cosa vuoi?!”

“Casa mia non è una macelleria!”

“Se lo fosse probabilmente avresti uno stipendio migliore!”

“Potrei sapere da quando t’interessa così tanto la mia retribuzione?!”

“Da quando mi hai infilato nel cofano e portato in giro a centocinquanta chilometri orari, ad esempio!”

“E credi di colpirmi dandomi del misero poveraccio?!

Lui ghignò, sadico “Adopererò una metafora di facile intendimento per spiegarti meglio il concetto usando… le mosche! Sai qual è la più grande magia della mosca? Pur essendo piccola e insignificante, dopo che rimane a girovagarti attorno instancabilmente riesce a farti diventare i coglioni grandi quanto una casa!”

“…”

“Esatto, stai in silenzio e non intrometterti.

Cara-mamma-di-Elena, torniamo a noi. Immagino che quanto ti dicevo prima sia stato inteso tanto bene da questo buffone che sposasti un tempo, prima di accorgerti che preferivi venire a letto col sottoscritto …” sorrise, vedendo di sottecchi Al poggiarsi una mano sugli occhi e imprecare fra le labbra “… quanto da te. Dunque, se vuoi rimanere completamente intera dovrai renderti utile”

 

“In che modo?” Chiese lei, intenta a fissare l’ex che, a denti stretti e braccia incrociate, tentava di reprimere l’istinto di picchiare il suo ospite antipatico. Quella frase l’aveva colpito nel profondo, era evidente… e aveva colpito anche lei. Quanto avrebbe dato per tornare indietro nel tempo e non compiere tutti quegli errori?

 

Cosa lega te a Katherine?”

 

Isobel si voltò di scatto a fissare il suo interrogatore. Quel’apparentemente semplice quesito ebbe l’effetto di interrompere il flusso di rimpianti, catapultando la sua attenzione su quegli splendidi occhi azzurri che la fissavano severi.

La voce di Damon poteva pure aver avuto un tono giocoso, ma guardandolo si capiva che non stava scherzando.

Quel modo di fare le ricordò tremendamente la donna da cui scappava: anche lei amava giocare con le sue vittime come il gatto col topo, e nel farlo riusciva a essere ancora più terrificante del Salvatore lì presente.

Era quella comune follia ad averli fatti innamorare un tempo? Probabilmente sì.

Con Stefan, invece, cos’era stato? Quale la scintilla? Lui era così diverso da lei e dal fratello…. Che fosse questo? La diversità?

Sospirò, cacciando via un po’ di tensione. Non era quello il momento di porsi domande sul rapporto che legava quel trio amoroso, aveva ben altro di cui preoccuparsi.

Damon voleva avere risposte, e per averle non avrebbe esitato a fare ciò che già aveva anticipato.

Avrebbe voluto tanto aprire la bocca e spifferare ogni cosa che sapeva… ma non poteva. Troppe persone avrebbero sofferto, e fra queste quella figlia a cui già ne aveva fatte passare troppe.

Era pronta a rischiare la sua incolumità per la sua felicità.

Meno sarebbe riuscita a dire, quindi, meglio sarebbe stato.

Per tutti.

 

“Perché pensi ci sia un legame tra noi che trascenda il puro servilismo?” Chiese allora, facendo nascere un sorriso furbo sulle labbra del giovane uomo.

“Perché è stata lei a inviarti da me per la trasformazione. Perché Katherine non gioca mai in squadra con altri vampiri. Perché sei la madre di Elena, l’emblema della catena che ti tiene unita a quel mostro… e non mi venire a dire che la loro è pura e semplice somiglianza, perché potrei perdere la pazienza istantaneamente

“Mai pensato che potrebbe essere il suo doppelgaenger?”

“Mai pensato che, se giochi col fuoco, potresti bruciarti?”

“Sul serio Damon”

“Sul serio Isobel”

 

“Cos’è un doppelganger?” Chiese il professore, ignorante riguardo l’argomento.

“Un gemello che condivide metà della tua anima ed è, per questo, esattamente il tuo complementare” Spiegò velocemente il demone.

Intendi… una sorta di controparte maligna?”

Maligna dipende da che punto di vista guardi la coppia e dall’equilibrio esistente fra le due porzioni spirituali: in casi di equilibrio, ad esempio, esse si corrispondono. Comunque sì, esatto.”

“Beh, detta così non sembra tanto irrealistica come opzione”

“Sono d’accordo, se non fosse per qualche piccolo particolare tecnico da tenere in conto.

Vero, Isobel? Io e la tua sconsiderata mogliettina sappiamo entrambi che non può esserlo, perché se Elena fosse davvero il suo doppelgaenger, Katherine non vedrebbe l’ora di ucciderla e avere la metà del potere che lei tiene nella sua anima; mentre, finora, non l’ha fatto nonostante ne avesse più volte avuto l’opportunità.

Inoltre il vostro ‘rapporto di lavoro’ è iniziato ben prima della nascita della mia adorata cognatina.

Smettila di blaterare sciocchezze, ti conviene

 

Alaric corrugò la fronte, fissando l’ex moglie che, in quel momento, teneva gli occhi fissi sul pavimento. Stava tentando di nascondere la verità perfino allora, con Damon pronto a farla a pezzi al minimo sgarro.

Ma perché? Perché lo faceva? Quali gravi segreti occultava?

Strinse le mani a pugno, irritato dal suo atteggiamento: non ne poteva più di vedersi negata la verità. Perfino quando erano sposati non aveva fatto altro che nascondere, nascondere, nascondere… finché un giorno si era svegliato e di lei non era rimasta alcuna traccia.

Andata.

Sparita.

Eclissata nel nulla.

L’aveva creduta morta, e per vendicarne la morte si era inoltrato in un mondo oscuro e pericoloso, quello del soprannaturale, di cui all’inizio aveva ignorato perfino la vera esistenza, intenzionato unicamente a uccidere il suo supposto assassino, Damon. Aveva rischiato la sua vita per lei.

Solo dopo aveva scoperto che era stata lei a scappare e a chiedergli di trasformarla.

L’aveva sempre lasciato fuori dalle sue scelte, dai suoi piani, dalla sua testa… forse anche dal suo cuore.

In passato, ignaro di tutto e convinto della sua innocenza, l’aveva perdonata. Ora invece, col senno di poi, era più propenso ad adottare metodi ben alternativi alla comprensione.

“Mi ha detto che Katherine non farebbe mai del male a Elena, pur essendo la ragazza di Stefan” Rivelò allora, dando al suo amico la conferma della sua menzogna.

 

“Come appunto dicevo, io ho sempre rag… Che centra Stefan adesso?!” Si bloccò il vampiro, corrugando la fronte per un improvviso sospetto.

Non ancora, non di nuovo quell’intollerabile contesa fra fratelli.

 

“Diciamo che… voi due occupate lo stesso spazio nel suo cuore” Disse Alaric, troppo concentrato sulle infelicità della sua vita passata per accorgersi di aver appena scatenato una tempesta.

“E te l’avrebbe rivelato sempre questa stronza?”

Damon…!”

 

Ma quello con un gesto violento del braccio abbatté completamente il tavolino di legno che gli stava vicino.

Al e Isobel si scostarono da lui istintivamente.

Ci fu una lunga pausa di silenzio, durante la quale l’ospite irrequieto tentò di sedare i suoi bollenti spiriti e lasciare spazio alla razionalità, già contesa fino allora con l’alcool e ancora da esso non completamente libera.

Aveva giurato di abbandonare il ricordo di lei per ritrovare se stesso… eppure, ogni volta che gli tornava in mente ciò che era stato il suo cuore ruggiva come un leone ferito.

Chissà cosa avrebbe detto Bonnie se lo avesse visto in quello stato.

Probabilmente si sarebbe infuriata, e gli avrebbe dato dello stupido.

E, quindi, per punizione l’avrebbe baciato.

 

Gli sfuggì un sorriso al solo pensiero…

La sua piccola, grande strega.

Sentì il suo dolore acquietarsi, mentre il ricordo di lei lo rappacificava.

 

Si schiarì la voce, riacquistando in un attimo la sua abituale e sadica vena umoristica: si sarebbe dato ai romanticismi più tardi… magari in versione più calorosa, e con la sua donna al fianco. “Credo che, se continueremo così, un vampiro a caso in questa stanza non vedrà l’alba.

E non si tratterà di certo di me!

Toglimi una curiosità, perché hai tentato di uccidere me e mio fratello se Katherine ti aveva ordinato di non farlo? Non ti credevo così folle”

“Per mia figlia”

“Sì?

E da quando hai deciso di fare la madre?”

 

Toc Toc

 

L’attenzione di tutti si catapultò all’ingresso, poi gli occhi degli ospiti fissarono il padrone di casa.

“Non attendo ospiti, non alle undici e mezza di notte!”

“Ormai arreso alle lunghe nottate in bianco, eh?” Ghignò Damon, malizioso.

“Potrebbe essere Katherine?” Replicò quello, lasciando perdere la sua precedente osservazione.

“Non sento presenze vampiriche… e quella di Katherine è molto forte

“Allora vado ad aprire”

 

 

 

Toc Toc

Toc Toc Toc

 

“Arrivo!” Disse l’uomo, correndo alla porta dietro la quale il notturno avventore batteva con sempre più impazienza.

Aprì, ritrovandosi davanti l’ultima persona al mondo che avrebbe pensato di vedere.

Allibito, rimase in silenzio a fissarla, mentre lei sbuffava seccata.

 

Ma sa che ore sono?” Gli chiese con tono di rimprovero.

“… E tu?!

“Le undici e trentacinque! E lei mi lascia fuori di casa a quest’ora? Mi sto gelando!” Protestò, stringendosi le braccia attorno al magro busto.

“… Sei sicura di non avere sbagliato casa?!

“Nient’affatto!”

 

Rimasero per un po’ in silenzio a fissarsi, mentre nella stanza affianco gli ospiti iniziavano a domandarsi cosa stesse accadendo.

“Tu sei…?”

“Eva. Eva Marion Addams, professore”

“Sì, ti ho vista alla mia lezione qualche giorno fa… sei la ragazza che è stata male, vero?”

“Esatto”

“Non eri ricoverata?”

“La mia tata è riuscita a farmi arrivare un po’ della mia medicina richiamando dall’oltretomba lo spirito di una sua amica strega… ed ora sono di nuovo in piedi.” Spiegò con stupefacente calma, come una bimba che parlava delle sorpresine appena vinte nelle uova kinder. “Damon è in casa, vero?” Chiese, indicando l’ingresso. “Immagino non la disturberà se entro un attimo. Con permesso…” Aggiunse poi, scansandolo ed entrando nell’appartamento mentre continuava a mugugnare, in tutta tranquillità “Ma che freddo che fa!”

 

“DAMON!”

 

Il vampiro, che già aveva udito chi fosse il nuovo ospite, si era alzato in piedi e fissava per niente felice l’antro d’ingresso del salone, dove una sorridente e bellissima fanciulla lo salutava con la sua elegante manina.

“Cosa ci fai qua?”

La domande è cosa ci fa lei qua!” Replicò, indicando con un cenno del mento la donna a lei sconosciuta. “Ho interrotto qualche riunione di famiglia? Cos’è, tua sorella?”

 

“A dire il vero, signorina Addams, le persone in questa stanza sono tutte miei legittimi ospiti.” S’intromise il professore, colpito dall’atteggiamento spaccone della ragazza.

“Intende dire, a mia differenza?”

“Intendo dire a sua differenza.”

Ma io sono qui per Damon”

“Ma questa è casa mia, e lasciatelo dire, il tuo non è esattamente quello che si definirebbe un comportamento educato

 

Eva lo fissò in silenzio per un po’, stupendolo con la stranezza del tatuaggio che portava in fronte. Sapeva benissimo che il suo non era un comportamento educato, ma al momento aveva altro per la testa di cui preoccuparsi. “Lei fa parte del gruppo, vero? Del loro gruppo, intendo”

 

“… Damon, vuoi dirmi cosa sta succedendo?”

“Ecco la mia sorpresa di questa sera, caro Al… graziosa, non ti pare? E pure poco costosa: non sei neanche dovuto salire nel bagagliaio della mia fuoriserie per averla!

“Non lo so…

“Già dubbioso sulla sua piacevolezza? E dire che non ha ancora dato il peggio di sé!

“Ti assicuro che mi ci vuole poco” Brontolò Eva, per niente felice di quel suo commento.

“Ne sono più che sicuro!”

“Non mi provocare, non sono esattamente di buon umore e, qualora decidessi di andarmene, ti assicuro che sarà tutto a tuo discapito

“Perché mai?! Ti assicuro che meno mi stai intorno, meglio sto

“Stasera avrei detto tutto il contrario… mi sembravi piuttosto interessato a me

 

Damon, che aveva già una perversa risposta pronta da pronunciare, ebbe un attimo di titubanza: cosa significava? Era venuta fin lì per parlare?

D’altronde, in effetti, la sua presenza non poteva avere nessun altro senso che quello: poco prima aveva appreso che non conosceva ancora familiarmente il professore, quindi non era lì per trovarlo… e quand’era entrata aveva chiesto proprio di lui.

Decise di moderare il suo caratteraccio e tenere un atteggiamento più cauto e pacato. “Perché sei qui?”

“Per spiegarti chi sono”

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?”

Rosie è riuscita a farmi il lavaggio del cervello

“Sono tutt’orecchi

“Un attimo. Voglio sapere chi è lei… non parlo davanti a sconosciuti

“Si chiama Isobel, è una vampira”

“Fa parte del gruppo come il professore?”

“Non esattamente. Lei… ha appena chiesto protezione”

“Perché?”

“E’ braccata da un’altra vampira”

“Non capisco… è una visitatrice temporanea?”

 

“Sono l’ex moglie del tuo professore… nonché la vera madre di Elena” Spiegò allora la diretta interessata, fissando con attenzione la straniera. La sua venuta l’aveva salvata da una probabile tortura, per cui era ben propensa a mostrarsi disponibile nei suoi confronti.

 

La ragazza fece una smorfia d’apprezzamento. “Wow! Ed io che credevo di avere una famiglia complicata! D’improvviso quell’oca modaiola mi sta più simpatica!

“Elena non è un’oca” Sibilò il vampiro, fulminandola con uno sguardo dei suoi profondi occhi azzurri.

Lei lo studiò, e mentre lo faceva un ghigno divertito si delineava sempre più nel suo viso “Ma non mi dire: corri dietro alla ragazza del tuo fratellino!”

“Ti sbagli di grosso”

“E la mamma vampira cosa ne pensa? E’ felice del casino che grava intorno alla sua figliola?!

 

“Elena è una ragazza in gamba” Replicò quella, sforzandosi tuttavia di non mostrare quanto quella frase l’avesse colpita… e quanto la ritenesse vera.

“Ah ah, e loro sono dei bravi pipistrelli, non è vero? Certo, ogni tanto hanno bisogno di strappare qualche arteria e fare secco qualcuno… ma non si può mica pretendere la perfezione!

Sa qual è il brutto di voi vampiri? Che credete di poter essere umani, quando invece non lo siete! Credete di poter vivere come vivevate prima della maledizione, mangiando, bevendo, lavorando e, perché no, costruendovi una famiglia, rendendovi conto solo troppo tardi che tutto ciò che toccate si distrugge, perché voi siete morti, siete morte… e solo morte riuscite a portare!” Lo disse con un tono leggero, quasi frivolo, e il sorriso sulle labbra… ma i suoi occhi brillavano di rabbia a malapena trattenuta.

Isobel corrugò la fronte, mentre un vago sospetto le nasceva in cuore. Certo, le sue parole le avevano fatto sudare le mani e accelerare il battito cardiaco… ma era stato qualcos’altro a colpirla di lei.

Per la seconda volta in quella giornata le parve di avere davanti una copia – anche se sbiadita – della sua terribile Katherine.

 

Nel frattempo Damon - che l’aveva ascoltata con l’aria annoiata di chi ha avuto la sfortuna di trovarsi davanti il nuovo profeta di turno intento a annunciare l’ennesima fine del mondo - prese la parola.  “Senti un po’, piccola Sibilla: la signora ha già tentato di uccidermi una volta perché ronzavo intorno alla sua bella bambina, quindi ti dispiacerebbe evitare di metterle di nuovo in testa idee poco sane?!

Anzi, già che ci sei, potresti non rivolgerle neanche la minima attenzione e muoverti a dirmi ciò che devi?

 

“Parlavi per esperienza personale?” Chiese tuttavia, proprio in quel momento, Isobel.

Più o meno

“Eva Marion Addams, giusto?”

“Sì signora”

“Da dove vieni?”

“Vuole sapere anche il mio numero di scarpe?”

“Non necessariamente”

“Lei da ove viene?”

“Sono nata in zona… e poi ho vagabondato per un po’

“Solita vita da vampiro errante”

“Già”

“Vengo da Los Angeles”

 

Los Angeles.

La vampira strinse forte la mano a pugno e si morse la lingua pur di non svelare quale grave importanza avesse per lei quella risposta. Nella sua mente ricca di notizie agli altri ignote iniziò a costruire castelli di teorie e ipotesi, tutte altamente probabili.

 

“Mi chiedo perché un demonio come te venga da una città che porta proprio quel nome” Osservò Damon, spazientito.

Ma io sono un angelo bellissimo”

“Sì? Mi devo essere perso la tua copertina su Playboy

“Oh, è da molto che hai sostituito le donne col giornalino?” Chiese, dispiaciuta.

“Non mi dire, usi anche tu queste battutine di second’ordine per raccattare prestazione dimostrative?” Domandò in risposta, fingendosi stupito.

 

Eh… è possibile sapere quando avete deciso di farci capire qualcosa?” Domandò Alaric, stanco di quel battibecco.

Non solo una quasi completa sconosciuta gli era piombata in casa nel bel mezzo della notte, ma ora si trovava pure a sorbire un’inutile schermaglia fra ragazzini dispettosi. Aveva capito che l’arrivo di Eva era stato fonte di preoccupazione per il gruppo, tuttavia ne ignorava la motivazione e quanto fosse successo in quei giorni… e certo i due non lo stavano aiutando a capire.

 

“Ma certamente! Ti dispiacerebbe farci capire qualcosa, finalmente?” Disse il moro, rigirando la domanda del professore alla nuova ospite, la cui risposta non si fece attendere.

“Come già sai, non sono semplicemente umana

“Signore e signore, ecco a voi una delle più rare creature del mondo: una meticcia!” Gridò lui, indicandola come se fosse l’attrazione principale di un circo.

 

“Una meticcia?!Ripetè Al, allibito. “Pensavo fossero solo leggenda!”

“Devi aver avuto una vita difficile” Osservò invece l’ex moglie.

“Non per questo: i miei sapevano tenere bene il segreto… e voi siete portati a fare altrettanto

 

“Hai usato il passato… sono forse morti?” Continuò a chiedere Isobel.

“Mia madre. Mio padre è scomparso”

 

“Eccoci giunti alla domanda del secolo! Tuo padre è un?” La interrogò Damon.

 

Lei, inizialmente, esitò. Non era abituata a rivelare la natura del genitore, fin da piccola le era stato insegnato a tenerla celata a qualunque costo.

Tuttavia, se si trovava era perché aveva preso una seria decisione, ben meditata e ponderata.

Rosie, poi, era dalla sua parte.

Ricordava bene quanto era successo quella sera dopo i brutti eventi del cimitero.

 

*************************************

 

Quando la tristezza la avvolgeva fra le sue infami spire, ad Eva piaceva camminare. Andare e andare, muovere i piedi, le gambe, le braccia, sempre e senza sosta, inoltrarsi nei posti più intricati, nei boschi più inaccessibili, nei sentieri più pericolosi, come se il non avere mai tregua fisica la aiutasse a sfuggire a quel vuoto incolore che era la malinconia.

Non fermarsi mai, per non avere il tempo di lasciare alla mente lo spazio di analizzare i dolori appena vissuti, di riportare alla luce quelli passati per poi sommarli tutti assieme e distruggerla con quel senso d’impotenza che sapeva solo renderla infelice.

Tuttavia, sebbene le sue gambe potessero andare molto veloce e la sua resistenza fosse quasi infinita, non si poteva sottrarre a lungo dal predominio del proprio intelletto: prima o poi le barriere create per arginarlo si rompevano, e allora la lunga corsa aveva fine. Non c’era salvezza per i possessori della coscienza… ed era stata lei stessa a fare in modo che la sua non venisse mai oscurata.

 

Cadde a terra col fiatone, le mani immerse nel fogliame muffito del bosco, gli alti alberi che tutt’attorno la circondavano in un abbraccio protettivo.

Non sapeva dove si trovava, ma sapeva bene di non essere sola.

Sentiva la presenza di Rosie alle sue spalle.

Il giorno prima aveva ingerito la sua medicina, ed ora le sue capacità era tanto cresciute da riuscire a tenerle testa perfino nella corsa. Peccato che tali doni soprannaturali le sarebbero durati per poche ore ancora, poi sarebbe ritornata a essere l’umana che sempre era stata e che continuava a volere essere: come ricordava di averla sentita dire prima, non le interessava vivere per sempre, si accontentava dell’esistenza che il Signore aveva deciso di darle.

 

“Non avevi mai fatto una cosa del genere… non ti eri mai permessa di prendere decisioni senza rendermene partecipe” Le disse, dopo essersi trascinata sotto un albero ed essersi seduta ai suoi piedi.

I jeans che indossava si erano completamente sporcati di terra e residui di foglie morte, le mani erano sudice e i cappelli scomposti dalla corsa precipitosa: in quello stato pareva più una fuggitiva che una semplice ragazzina ribelle.

“Veramente ti ho reso partecipe di quanto intendevo fare questo pomeriggio, ma tu sei scappata via senza lasciarmi concludere e darmi risposta, come invece avresti dovuto” Le disse, dolce e severa al contempo, in piedi poco distante da lei che non la degnava neanche di uno sguardo.

“Forse era interpretabile come un NO, allora?” Sbottò, seccata.

“Forse dovresti evitare di lasciare le spiegazioni dei tuoi comportamenti alle libere interpretazioni, allora?”

“Vedi, continui a fare cose che non mi piacciono!”

“Come cosa?!” Chiese la donna, non capendo seriamente cosa intendesse.

“Come chiedermi di cambiare. Quando avrò voglia di essere perfetta e diventare un modello ottimale di comportamento lo farò, ma al momento ho ben altro per la testa e tale proposito non mi potrebbe interessare di meno.

“Eva, tu vivi in una società che ha determinati canoni e regole, e se non vuoi essere rigettata come individuo deviante devi seguirle”

 

La ragazza sospirò, mentre l’ira iniziale lasciava il posto a un grande sconforto. Rosie… questa non sarà l’unica società in cui vivrò. Ti scordi spesso che io sono immortale: il mio essere non è aggrappato al solo qui ed ora, io ci sarò per sempre. Sono stata frustata abbastanza dalla vita per sopportare anche il peso delle catene che tu mi vuoi imporre. Correggimi se abbandono la retta via, ma finché non faccio del male a nessuno non pretendere di cambiare la mia imperfezione

 

La mora le si avvicinò, sedendosi al suo fianco e poggiandosi il suo capo sul petto. Sorrise lievemente, mentre le accarezzava la chiara chioma arruffata. “Bambina mia, ora sei tu che pretendi che io cambi: nella mia vita non ho fatto altro che la madre, come potrei ora mutare mestiere proprio con te che mi dai tanta occasione di praticarlo?”

Anche Eva, nonostante tutto, a quella battuta ridacchiò un poco. Stare fra le sue braccia la calmava, e un po’ del magone si era dissipato grazie a tanta dolcezza.

 

L‘armonia tornò da loro circondata dal silenzio che le avvolse per gli attimi successivi, riallacciando gli spiriti scossi dalle incomprensioni appena avute.

Ben presto, tuttavia, giunse il momento dei chiarimenti.

“Perché l’hai fatto, Rosie?”

“Avevano capito che c’era qualcosa di strano in te

“E allora?”

“Questa è una zona che ha sofferto per lungi guerre fra vampiri e umani. La terra urla per il sangue dei suoi figli che è stata obbligata ad inghiottire! Bisognava chiarire prima che qualcuno decidesse di darti la caccia.

“Ho perso i miei amici in passato per via del mio segreto, e ora mi ritrovo a svelarlo a persone che neanche mi piacciono…

“Allora era diverso! Era piccola, eri una bambina e non si sapeva se la maledizione si sarebbe fatta viva! Cosa avresti fatto se la sete di avesse colto in loro compagnia? Ti saresti cibata di loro? E poi? Te ne saresti pentita per tutto il resto della tua esistenza? Ora questo pericolo non c’è più! Ora puoi permetterti degli amici!”

“Loro non di certo!”

“Cos’hanno loro di sbagliato?!

Beh… ad esempio, due di loro sono vampiri!”

 “Sono persone per bene”

“Il verme viscido non di certo, ha anche tentato di rubarmi il diario!”

“Beh, lui ha qualche precedente nefasto... ma è in via di miglioramento. Diciamo che va preso con le pinze e bisogna guadagnarsi la sua fiducia per evitare di diventare bersaglio prediletto dei suoi piani diabolici!

“Meno male che era una brava persona…

“Sheila mi ha detto che di lui possiamo fidarci, e lei dice sempre il vero.”

Uff, sempre a cercare i tuoi fantasmini….”

“Sulle due ragazze, invece, non puoi avere niente da ridire!”

“Bah, una bambola e una strega… per carità!”

“Finiscila! E pure il ragazzino… come si chiama?”

“Quello che stavo per arrostire?”

 

Es…a proposito! Cosa ti è saltato in mente?! Meno male che volevi tenere la segretezza sul tuo essere!”

Lei fece spallucce. “Mi sono saltati i nervi… sai, giornata no

“Per quale motivo?”

“Devo iniziare da capo oppure...

“No, giungi subito alla fine.”

“Aveva un anello protettivo”

“…. Oh, capisco. Di che tipo?”

“Era uno di quelli protettivi… quelli per gli umani

“Beh, la sua presenza a dire il vero è piuttosto rassicurante

“Perché?”

“Perché può averglielo dato solo tuo padre o qualcuno di sua fiducia a cui lui stesso l’aveva regalato! E tuo padre ha sempre dato le sue pietre con grande giudizio!

Già… è l’unica cosa con giudizio che sia mai riuscito a fare

E’ per questo che ti sei arrabbiata? Perché hai pensato a lui?”

 

Lei rimase in silenzio, pensando ciò che provava per lui. “Alle volte credo di odiarlo”

“Tuo padre non è una persona cattiva, non si merita il tuo odio

“Hai ragione, si meriterebbe la mia indifferenza, ma non posso fare a meno di pensarlo e arrabbiarmi per ciò che non ha fatto

“E’ perché gli vuoi bene!”

“No Rosie… è perché so che lui non me ne vuole quanto io ne voglio a lui.

Ma ora basta con le smancerie e i sentimentalismi, ne ho abbastanza per questa sera.

Credi che farei bene a cercarli e dir loro tutto?

“Credo di sì”

“Forse non mi farebbe male avere degli amici… almeno per un po’, per provare. Dove saranno?”

“Probabilmente alla festa a villa Lockwood!”

“Allora aspetto domani, lì non ci vado manco morta!”

Ma non avevi detto che intendevi avere dei nuovi amici?”

“Se speri che me ne vada in giro a sorridere a destra e a manca ti sbagli di grosso! Mi accontento della setta dei filo-vampiri!

 

“Oh, benedetta ragazza! Sempre controcorrente! Va bene, va bene, ma andiamo a casa ora!” Disse, alzandosi e aiutandola a fare altrettanto.

“A casa?!

“Se credi di andartene in giro per il paese lurida come un maiale ti sbagli di grosso!”

“Beh, in effetti…” Mormorò la mora, rendendosi conto solo allora dello stato pietoso in cui versava. “A casa potresti anche usare il pendolo e cercare di individuare i ragazzi… magari ce n’è qualcuno che non è andato alla festa!”

“Wow, questa tua impazienza mi colpisce!”

“Cavalco l’onda finché c’è… domani potrei aver cambiato idea!” Le rivelò, facendole l’occhiolino.

“Allora corriamo, so con certezza che il tuo buon umore non ha mai durata molto lunga!”

 

 

**************************************************************

 

Il pendolo aveva rivelato che le uniche tre persone che non avevano partecipato alla festa erano Bonnie, Jeremy e Damon: avevano poi scelto quest’ultimo – nonostante le mille proteste di Eva – perché era nel gruppo il più ostile nei suoi confronti. Secondo Rosie concedergli di ricevere la verità per primo lo avrebbe invogliato ad avere rapporti più amichevoli con lei. Ad Eva, invece, bastava che lo invogliasse ad ignorarla completamente.

 

Tirò un sospiro d’incoraggiamento, poi rispose fissando il suo interlocutore negli occhi.

“Un dio”

“Tuo padre è un?” Ripetè lui.

Un dio!”

“TUO PADRE E’ UN?”

“UN DIO, RITARDATO!”

 

Il vampiro si spazientì e abbandonò subito l’atteggiamento da presentatore buffone per assumere la sua solita aria minacciosa.“Senti un po’, finora non ti ho mai parlato dei miei nervi ma ti assicuro che sono molto, molto, molto fragili, specialmente quando ci sono le tue cazzate di mezzo

“L’unica cazzata che contemplo in questo momento è la tua esistenza. Vedi, è in momenti come questi che trovo che l’omosessualità risparmi all’umanità tanti sprechi inutili di carne: se tuo padre, anziché farsi tua madre, si fosse incul…

“Mi vorresti fare credere che tuo padre sia davvero un dio?”

Si, struzzo di poca fede. L’unico scampato alla maledizione, e uno dei pochi antichi dei ancora in vita”

“Quale maledizione?”

“Quella con cui, millenni fa, furono tutti trasformati in vampiri

 

“… Stai dicendo sul serio che gli dei di una volta sono i vampiri di oggi?!

 

 

 

 

 

 

To be continued…

   
 
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