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Autore: Helena Velena    03/11/2010    2 recensioni
Voldemort insegna a Severus l'incantesimo di Volo.
Storia scritta per il terzo turno del concorso “Lotta all’ultimo inchiostro” del Magie
Sinister Forum sul tema “Severus vola”.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Sotto questa torbida luna la Tua voce spettrale mi raggiunge, trafigge al fondo la mia
carne di preda.
“Vieni Severus, inseguimi”, dici. “Devi imparare a salire più in alto, sai comprendere
come?”
Io la intuisco bene, la Tua posizione. Se Tu sei l’aquila io sono il verme, mio Signore.
Metri e metri più sopra conquisto finalmente un volo migliore, tra la vertigine e il
rancore, sotto il Tuo sguardo crudele di animale rapace.
Oggi imparo a volare, e solo con menzogne ho meritato questo onore.
Come l’aquila preda il verme, l’Oscuro Signore cerca e ottiene la mia anima.
O così crede Lui, perché a suo tempo gliel’ho nascosta bene con la tattica del buco,
così degno del verme che sono.
Ma questo è il mio modo. Lavoro nell’ombra, scavo trappole.
A modo suo persino il verme è predatore.
L’incantesimo è semplice; non lo è altrettanto, invece, tentare di volare dritto, e in alto,
e con fierezza, e con orgoglio spietato, come se il verme potesse credere di essere
dotato della stessa spina dorsale del padrone.
Tu mi inciti ancora ad osare di più l’altezza, e io debbo… ignorare l’abisso del fatto
evidente che, nonostante tutto, sono solo un servitore che Ti tradisce.
I Tuoi occhi a fessura sono fieri di me. Persino a distanza d’aquila mi trapassano e mi
fanno male.
Ignorarlo ancora, a ridosso di tutto questo destino, non è proprio possibile, e per un
attimo desidero essere Tuo come un tempo.
Dov’è il mio rifugio allora?
Sarà pur sempre un passo da fare all’indietro, alla cieca, come un verme che non abbia
spalle per lasciarsi dietro ogni trascorso increscioso.
Avanti e in alto, e più veloce. Accelerazione.
Grazie a Te, mio Signore, oggi mi trasformo in un’aquila.
Le figure degli alberi sono remote e minuscole, là sotto. Vorrei predare dall’alto e di
rapina, e ciascun essere così ridotto mi apparirebbe da lontano come un verme, che in
nessun caso potrebbe mai avere scampo dalla picchiata e dal mio artiglio veloce.
L’aquila ha un profilo severo come il mio, le assomiglio anche un po’. E allora perché
dovrebbe essere così difficile volare insieme a Te, dannazione?
La risposta è nel Tuo gesto caparbio, nella vista affilata d’aquila diretta in basso, verso
il dominio del mondo. La nostra ascesa procede solo nel rancore e questo è il genere di
volo che può compiere unicamente il male, il colpo d’ala d’aquila come contrazione
muscolare del potere.
Ma non voliamo così, con le ali, bensì con la magia, e col sostegno diretto del potere: la
volontà.
Con la mia volontà libera scelgo.
Non ho intenzione di percorrere la distanza, di raggiungerti nell’elevazione.
Rimango indietro come un miserabile verme senza spina dorsale; un verme miserabile
che sembra tentare, senza riuscire, di emulare il padrone.
   
 
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