Incontri
All’ingresso del
canyon i cavalli si fermarono nitrendo impauriti, ma l’uomo alla guida li spronò
di nuovo: sapeva bene anche lui che quel passaggio era l’unico modo per
superare la montagna che sembrava ergersi dal nulla e si stagliava dritta
contro il cielo blu. La carrozza che stava per infilarsi in quell’unica
fenditura verticale era grande, laccata di giallo e di nero e come annunciato
era scortata da cinque uomini a cavallo, con dei grossi fucili affrancati alla
schiena. Ora però si stavano guardando intorno, allerta: anche loro come Sole e
Sebastian sapevano che quello era il punto più rischioso della tratta. Gli
uomini avanzarono lentamente nel buio, due davanti, due ai lati e uno dietro
alla diligenza, pronti a imbracciare le armi al più piccolo cenno di movimento.
Sole guardò
passare la coppia di uomini che apriva la strada al gruppo, e quando la guardia
che proteggeva il lato della carrozza giunse alla sua altezza soffiò
rapidamente in un tubicino che aveva preparato poco prima. Il dardo soporifero
in esso contenuto volò sibilando nell’aria fino a penetrare nel collo scoperto
del pover’uomo che silenziosamente si accasciò sulla sella. Aveva intinto la
piccola freccia in un intruglio che aveva imparato a preparare insieme a Charl:
nella tenuta lo si usava per addormentare i cavalli feriti, per poterli curare
senza rischi. Non uccideva, ma una piccola iniezione del succo di quelle bacche
ti teneva addormentato per un bel po’. Silenziosa come un gatto la ragazza si
issò nella carrozza ancora in movimento, passando per la finestra che era stata
imprudentemente lasciata aperta: nessuno degli altri uomini si era accorto di
nulla.
Era appena entrata
nell’abitacolo, neutralizzando con facilità l’uomo imparruccato che stava
dormendo al suo interno, quando udì un leggero tonfo e la porta di fronte a lei
si aprì e si richiuse rapidamente, giusto pochi secondi ma sufficienti per far
entrare uno scuro individuo, vestito con un elegante camicia nera su pantaloni
larghi della stessa tinta, e i capelli biondi tirati indietro dal movimento, i
suoi occhi azzurri brillavano nell’oscurità della carrozza.
Per la seconda
volta nella loro vita Sole e Sebastian si trovarono a pochi centimetri di
distanza l’uno dall’altra.
Per lo spavento
Sole mollò la borsa che doveva contenere il prezioso carico della diligenza,
mentre i bianchi denti di lui luccicarono nel buio e distendeva il viso in un
sorriso soddisfatto.
-Quanto tempo, mia
cara!- disse, continuando a sorridere in quel suo modo accattivante. –Forse
l’ultima volta che ci siamo incontrati non ero in piena forma… ma questo
dovrebbe rinfrescarti un poco la memoria.- continuò, estraendo dalla borsa che
portava a tracolla una grande piuma d’aquila. Nel farlo abbassò la testa,
facendo scivolare i suoi lunghi capelli biondi in avanti, in un gesto che
sembrava premeditato, e lei improvvisamente ricordò tutto: quella casa stranamente
silenziosa, la finestra spalancata e poi quell’uomo steso sul tavolo, ciuffi di
capelli dorati sparpagliati tra le bottiglie vuote, e quell’anello d’argento
che chissà come mai le era piaciuto al punto da indossarlo sempre… era l’unico
gioiello che portava.
Nel momento in cui
i ricordi le riaffiorarono alla mente come un fiume in piena, la carrozza uscì
dal canyon e la luce del giorno per un momento li abbagliò; subito dopo
sentirono delle urla e degli scossoni, poi più niente.