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Autore: BlueSunflower    04/11/2010    6 recensioni
Una principessa scontenta apre il portone ad uno sconosciuto che le cambierà la vita.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La principessa scontenta e lo straniero allegro

La principessa scontenta e l’allegro straniero.

 

C’era una volta una principessa che aveva tutto ciò che una donna potesse desiderare. Eppure le sue giornate trascorrevano grigie, senza novità. Un giorno qualcuno bussò alla porta del suo castello… Chi era? Un impetuoso colpo di vento entrò buttando a soqquadro ogni cosa. La principessa allora accolse lo strano ospite e…

“Salve straniero.” Disse la giovane, accogliendo l’uomo incappucciato all’interno della sua tenuta. Tutto il palazzo a quell’ora dormiva, lei si era svegliata sentendo un rumore provenire dall’esterno e, stupita e preoccupata, si era diretta davanti all’enorme portone di legno, aprendone le ante e rivelando una figura nascosta dalla notte.

L’uomo non parlò, limitandosi a seguirla per i corridoi del grande palazzo reale. Non le rispose mai, nonostante lei lo sommergesse continuamente di, a parer suo futili, domane.

Lei lo guidò in una immensa stanza da notte,  con un letto a baldacchino dalle lenzuola color ocra e con nel centro un camino acceso che forniva l’unica fonte di luce. Gli fornì da mangiare e da bere, ma, nonostante tutti gli sforzi che la principessa facesse, l’uomo incappucciato non parlava.

Gli chiese di togliersi il cappuccio e, finalmente, lui le diede retta. Annuendo, si tolse il lungo mantello, scoprendo il viso alquanto bizzarro. Infatti, l’uomo aveva le sembianze di un pagliaccio, ma il suo viso era decorato con oro e nero e i disegni che lo contornavano lo facevano apparire triste e non felice. C’era persino una lacrima nera dipinta sotto l’occhio destro. La principessa se ne stupì e così tentò di cancellare quella strana immagine dal volto dell’uomo, ma non vi riuscì: lo straccio, per quanto strofinasse, non eliminava nemmeno in minima parte i tristi colori.

Lei provò ancora a domandare perché sulla sua faccia ci fosse quel disegno, ma l’uomo non parlò, facendole segno con le mani di non poter emettere alcuna parola.

Il giorno dopo lei lo portò con se a visitare il giardino, passarono i giorni e poi i mesi e la principessa e lo straniero dalla maschera da pagliaccio divennero amici. Finalmente qualcuno ascoltava la principessa senza bloccarla o andarsene, e questo le infondeva gioia. Quindi, nel silenzio del grande giardino al di fuori del castello, rimbombava sempre la sua squillante voce. E parlava sempre, senza sosta. Raccontava tutto quello che le passava per la mente, per lo più le piaceva inventare, pensare a come sarebbe potuta essere la sua vita se non fosse stata una principessa. Immaginava come sarebbe stato viaggiare per il mondo, colmare tutte quelle grigie giornate con i colori del lontano oriente, luogo che più di tutti voleva visitare.

Poi, un giorno, mentre parlava, iniziò a raccontare una storia d’avventura e, nella foga, mimò a gesti quello che la sua mente ideava. Imitò i gesti dei cavalieri che combattevano tra di loro, creando anche il suono delle spade che si scontravano usando la bocca. Poi simulò un ballo in maschera, afferrò un lungo ramo fingendoselo cavaliere. Ci danzò con leggiadria, poi lo lasciò cadere e ruotò su se stessa. Dopo qualche giravolta, però, la principessa, che ancora raccontava con occhi sognanti tutto quello che immaginava, inciampò nel suo stesso vestito, di cui strappò l’orlo della gonna. Cadde in terra, finendo in una pozzanghera d’acqua fangosa, sporcandosi completamente dalla testa ai piedi ed emettendo un piccolo urlo strozzato sentendo il freddo del fango sulla sua pelle.

Si ripulì il volto, sul quale erano finiti degli schizzi di fanghiglia e, mentre si stava per alzare, udì una forte e melodiosa risata rimbombare nel piccolo pezzo di giardino. Si voltò, incontrando gli occhi verdi del suo amico pagliaccio triste. Sbarrò gli occhi quando vide che dal suo volto, partendo dalla bocca piegata in un espressione finalmente gioiosa, una luce si allargò colmando ogni spazio del volto dipinto. Quando la bianca luminosità si estinse, la principessa sorrise felice notando che il trucco incancellabile era stato spazzato via.

Il giovane l’abbracciò, quasi stritolandola nella sua possente presa colma di gratitudine. Quando si staccarono, lui iniziò a spiegarle il motivo per il quale non gli era stato più permesso pronunciar parola.

Disse di essere stato il giullare privato di un anziano Marajà indiano, ma che, durante un suo spettacolo, essendo stato da poco avvisato della morte prematura del suo stesso padre, non era stato in grado di far ridere nessuno per via della sua espressione triste. Il vecchio, adirato, lo aveva fatto condannare da uno dei suoi stregoni che lo avevano costretto ad indossare per sempre una maschera da pagliaccio triste e che gli avevano tolto la parola. L’unico modo per far si che l’incantesimo si sciogliesse, era che qualcuno riuscisse a farlo veramente ridere. Non era importante la qualità della scenetta o della battuta, ma solamente che essa fosse fatta in un momento di felicità. Perché, secondo gli stregoni, non potendo parlare non avrebbe mai ottenuto l’amore di nessuno, ma mai convinzione fu più sbagliata.

La principessa e il pagliaccio felice continuarono a parlare, poi, quella stessa notte, uscirono dal castello in groppa a due fedeli destrieri e scapparono nella notte, ridendo e chiacchierando. Non si sa che fine abbiano fatto, se siano riusciti a sopravvivere o se siano morti subito, alcuni affermano di aver sentito due risate nei pressi di un paese orientale e che, quando si visita il castello appartenuto alla giovane, si possa ancora udire il vento narrare le storie inventate dalla principessa.

 

Fine.

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Salve a tutti.
Questa è una piccola favola inventata da me, in realtà è un compito per scuola, ma mi è venuta discretamente, quindi eccovela.
Grazie a
ilarione per betarmi tutto quello che ti passo.

   
 
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