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Autore: Nihal    04/11/2010    5 recensioni
La voce di un poliziotto che non riusciva a vedere in quella posizione, le intimò: “Abbiamo avuto una soffiata secondo la quale in questa casa sarebbe dovuta arrivare una partita di droga: ce la mostri e poi non si opponga quando l’arresteremo.”
Se non fosse stato per il suo inesauribile autocontrollo, la mascella di Hanabi sarebbe sicuramente caduta a terra per lo stupore. Si sarebbe aspettata di tutto tranne quello.
Si voltò verso il suo interlocutore, soltanto per ritrovarsi davanti la causa di tutto ciò.
Colui che sicuramente aveva architettato tutto.
Colui che aveva i mezzi per architettare tutto.

[A Cla! Buon compleanno!^^]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Hanabi Hyuuga, Kiba Inuzuka, Konohamaru | Coppie: Kiba/Hanabi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Tanto va l'Inuzuka alla Hyuuga che ci lascia il cagnolino'
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Meglio una denuncia oggi che un Inuzuka domani




Quel mattino era una soleggiata domenica di marzo.
Domenica.
Il giorno della settimana che Hanabi più agognava, quello che le permetteva di dormire indisturbata fino a mezzogiorno senza che nessuno, appunto, la disturbasse.
Questo, almeno, finché non aveva avuto la sfortuna di conoscere un tale Kiba Inuzuka, che sembrava non comprendere appieno il significato di se osi di nuovo svegliarmi prima dell’una non risponderò più delle mie azioni. E alla fine di tutto forse tu non risponderai più e basta.
Fu per quel motivo che quel giorno lei si trovò catapultata fuori dal letto ad un’ora più che indecente.
Quando, alle sei e mezza del mattino sentì lo squillo del campanello, concordò con se stessa – ancora mezza assonnata – che se lo scocciatore di turno non avesse ricevuto una risposta, se ne sarebbe semplicemente andato, lasciandola affondare nuovamente nel mondo dei sogni, mondo che non avrebbe proprio voluto lasciare, peraltro, dal momento che era popolato da aitanti esemplari di sesso maschile che si offrivano a turno di aiutarla per qualsiasi cosa.
Si girò quindi dall’altra parte del letto, mettendo in pratica il suo proposito. E avrebbe funzionato, se non fosse stato per l’insignificante particolare che l’incauto visitatore mattutino aveva deciso di sedersi letteralmente sul campanello facendolo trillare continuamente.
Avrebbe ancora potuto ignorarlo – con un bel paio di tappi per le orecchie – se non fosse stato per l’ammonizione che provenne dall’esterno e che le fece capire che quella domenica c’era proprio qualcosa che non andava.
“Hyuuga Hanabi, se non apre la porta saremo costretti a sfondarla.”
La voce forte e chiara di qualcuno di chiaramente autorevole e di altrettanto chiaramente sconosciuto, la convinse a scendere dal letto e a mettersi qualcosa addosso che potesse renderla almeno vagamente presentabile.
Purtroppo dovette rinunciare a quest’ultima parte, dal momento che per la terza volta quella mattina si era levata una voce che le intimava di aprire. E questa volta pareva che avesse un che di minaccioso e familiare.
Si ritrovò così davanti alla porta, spettinata e in pigiama, ad aprire a quelli che si erano dimostrati essere almeno un gruppo di persone, probabilmente facenti parte delle forze dell’ordine.
Che lei non avesse fatto niente – eccetto qualche manovra di guida molto poco consentita – era palese, perciò avrebbe potuto liquidarli con un probabilmente è colpa della vicina pazza: quando si arrabbia con suo marito inspiegabilmente inizia a gettare vestiti dalla finestra e tornare misericordiosamente nel suo letto, che l’attendeva come minimo per altre quattro o cinque ore.
Non appena abbassò la maniglia, un intero squadrone di polizia fece irruzione nel piccolo corridoio, spingendola contro il muro. La voce di un poliziotto che non riusciva a vedere in quella posizione, le intimò: “Abbiamo avuto una soffiata secondo la quale in questa casa sarebbe dovuta arrivare una partita di droga: ce la mostri e poi non si opponga quando l’arresteremo.”
Se non fosse stato per il suo inesauribile autocontrollo, la mascella di Hanabi sarebbe sicuramente caduta a terra per lo stupore. Si sarebbe aspettata di tutto tranne quello.
Si voltò verso il suo interlocutore, soltanto per ritrovarsi davanti la causa di tutto ciò.
Colui che sicuramente aveva architettato tutto.
Colui che aveva i mezzi per architettare tutto.
Lo stronzo per eccellenza.
Il resto dello squadrone passò, in meno di un secondo, dallo status di preoccupanti allo status di idioti che si fanno fregare da uno più idiota di loro.
Squadrò con sufficienza un ragazzo – il più giovane di loro – che aveva tirato fuori le manette con un’espressione interrogativa in volto e si voltò, concedendo tutta la sua attenzione al ghignante stronzo di fronte a lei, quello che le bloccava la strada per spostarsi e prendere tutti a pugni una volta per tutte.
“Di grazia: chi è che ha fatto questa soffiata?” Chiese, pronunciando con ironia pungente l’ultima parola.
Il ragazzo di prima, quello con le manette, rispose al posto dell’interpellato, guadagnandosi una sua occhiataccia.
“Un contatto davvero molto affidabile. È il contatto più affidabile del capo!”
Lo guardarono tutti male e alcuni gli intimarono di non fare conversazione da salotto con i sospettati.
Il capo si grattò la testa imbarazzato.
“Konohamaru, il mio contatto non è il più affidabile.” Spiegò, scavandosi la fossa da solo.
“E chi sarebbe il tuo contatto, Inuzuka?” Chiese Hanabi indispettita.
Era un altro dei suoi stupidi scherzi e i suoi stupidi agenti gli credevano anche? Konohamaru, questa volta, si guadagnò uno sguardo di compassione. Meritava solo quello chi rispettava e idolatrava l’Inuzuka, come evidentemente faceva lui.
“Ha diritto alla privacy, non posso svelartelo.” Asserì lui professionale.
“Per caso inizia con Kiba e finisce con Inuzuka? No, perché se fosse così credo di conoscerlo.”
Tutti gli sguardi si puntarono su Kiba, che comunque riuscì a mantenere la sua faccia tosta e a impartire ordini.
“È evidente che la sospettata sta cercando di uscirne pulita con false accuse. Controllate tutte le stanze della casa tranne la camera…” Iniziò, stupendo Hanabi parzialmente.
Voleva lasciargli almeno quel po’ di privacy?
“… a quella ci penso io.” Concluse, guadagnandosi un calcio negli stinchi.
“Capo, la sospettata ha appena colpito un pubblico ufficiale: la ammanetto?” Konohamaru mostrò nuovamente le manette, guadagnandosi uno sguardo altezzoso della Hyuuga. Si era sbagliata, quel ragazzo non meritava neanche la sua compassione: era troppo stupido e troppo seguace dell’Inuzuka per meritarla.
“No, per ora no: voglio provare a farla cantare. Vai a perquisire qualcosa anche tu.”
“Ma gli altri stanno già perquisendo tutte le stanze tranne la camera!” Protestò Konohamaru.
“Allora vai alla casa di fianco: c’è stata una denuncia per liti domestiche: Nara Yoshino ha di nuovo ricominciato a tirare vestiti.”
“Ma io voglio restare qui! Staranno sicuramente mandando già qualcuno là!” Protestò Konohamaru, che non aveva affatto voglia di muoversi da quel luogo.
“Sarutobi, devo per caso ricordarti chi è che comanda qui?”
Konohamaru sospirò frustrato e uscì. Avrebbe tanto voluto interrogarla lui, la sospettata. E magari fare anche un giretto in camera sua, perquisendo qualche cassetto... e invece gli toccava andare da quella svitata della Nara, che con tutta probabilità, esauriti i vestiti, avrebbe iniziato a tirare padelle e inevitabilmente l’avrebbe colpito. Come succedeva tutte le volte che mandavano lui lì. E mandavano sempre lui lì.
“Oh, finalmente quello scocciatore se n’è andato.” Borbottò Kiba sorridendo ad Hanabi in modo che evidentemente riteneva molto sensuale.
“No, a me sembra che lo scocciatore sia ancora qui insieme a tutti i suoi seguaci.”
Kiba sorrise sornione.
“E la cosa ti dispiace?” Chiese provocante.
“Sì, e non ti immagini quanto.” Replicò lei sprezzantemente. La loro allegra chiacchierata fu interrotta dal rumore di qualcosa infranto nel salotto. Hanabi si voltò velocemente, giusto per veder spuntare la testa di un agente. Mostrò a Kiba un frammento di quello che una volta era un vaso. Un vaso molto costoso, per giunta.
“Beh, capo, qua dentro non c’è niente.” Constatò con leggerezza.
Ancora una volta in quella mattina, Hanabi faticò non poco a trattenersi.
“Evidentemente non c’è nulla neanche nella tua testa. Quel vaso apparteneva alla mia famiglia da generazioni, mi aspettò un risarcimento.” Dichiarò, omettendo volutamente il fatto che erano anni che cercava una scusa per romperlo.
Il poliziotto spalancò gli occhi confuso: probabilmente aveva capito che quel vaso valeva più di tutto il suo stipendio annuale.
Hanabi sorrise.
“Non preoccuparti. La colpa è di chi ti ha ordinato di perquisire ovunque.”
Si voltò verso Kiba continuando a sorridere minacciosamente.
“Inuzuka, inizia ad andare in banca a chiedere un prestito.”
“Bene, penso che sia ora di perquisire la tua camera: vieni con me, sospettata!” Disse Kiba, facendo finta di non aver sentito le ultime parole di Hanabi.
Kiba si avviò per le scale sotto lo sguardo omicida di Hanabi, salvo fermarsi quando un estraneo entrò in casa, senza neanche bussare.
“Stiamo svolgendo una perquisizione, la prego di uscire.” Gli intimò Kiba con fare minaccioso.
Hanabi riconobbe Shikamaru. Chissà perché, ogni volta che sua madre iniziava a inveire contro tutta la popolazione maschile a Shikamaru saltava in testa di andarla a trovare.
Il Nara squadrò Kiba con sufficienza.
“Ce l’hai il mandato?”
Nessuno degli agenti che era andato a godersi la scena fiatò, Kiba incluso.
“State perquisendo una casa senza il mandato?”
Kiba sorrise nervosamente.
Hanabi si intromise, fiutando guai per l’Inuzuka.
“Shikamaru, quello che stanno facendo è illegale, vero?”
Shikamaru annuì, prima di voltarsi e uscire nuovamente da dov’era entrato. Piuttosto che trovarsi in mezzo ad un’irruzione, preferiva ascoltare sua madre che sbraitava contro il povero Konohamaru, che ormai era di casa.
C’era un che di rilassante nel vederla urlare contro qualcuno che non fosse lui.
Hanabi si voltò verso Kiba.
“Manda fuori i tuoi scagnozzi, se non vuoi che chiami mio padre.” Proferì gelida.
Sebbene Kiba sapesse di essere in torto marcio – aveva dimenticato di procurarsi un mandato – non poté non sorridere all’affermazione di Hanabi.
“Vuoi chiamare il tuo papà?” Chiese, tentando di fare l’imitazione di una voce dolce e insicura. Riuscì solo ad emettere una specie di guaito.
Hanabi lo squadrò con superbia.
“Sì, voglio chiamare il mio papà. Hai presente Hiashi Hyuuga?”
Kiba sbiancò.
“L’avvocato più famoso di Tokyo?”
“Non dirmi che non sapevi chi fosse mio padre.”
Dall’espressione ebete di Kiba, la risposta doveva essere di sicuro un no grande quanto un palazzo.
L’Inuzuka fece cenno ai suoi uomini – a cui solo qualche ora prima aveva garantito di avere un mandato – di uscire dalla casa. Dopo aver sentito il nome di Hiashi Hyuuga, loro non se lo fecero due volte.
Hanabi si avvicinò a Kiba, che ancora non era riuscito a chiudere per bene la bocca, e con molta grazia gli assestò una ginocchiata là, dove non batte il sole.
Quella volta Kiba guaì per davvero.
“Ah… Hyuuga sai che potrei denunciarti?” Chiese con il fiato mozzato.
Hanabi sorrise.
“Cosa devo dirti, Inuzuka? Preferisco una denuncia oggi che la tua progenie domani.”

… end!




Storia dedicata a Cla (Amaranth93), per il suo compleanno.
Buon compleanno Cla!^^
Prendi questa storia come è, ovvero una schifezza, però una schifezza scritta con tanto entusiasmo!**
Spero che ti piaccia, altrimenti come seconda possibilità puoi stampare la storia, farci un aeroplanino di carta e tirarlo nell’occhio a qualcuno che ti sta antipatico (non io, grazie!^^), quindi come vedi questa fanfic può avere comunque una sua utilità!xD

Questa storia è il prequel di Poliziotti invadenti, ma può benissimo essere letta senza conoscere l’altra. Effettivamente visto che è il prequel e non il sequel la mia precisazione è inutile, quindi non fateci caso.__.
Spero che vi piaccia!^^

Nihal
  
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