Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Floriana    04/11/2010    1 recensioni
Come nascono due anime gemelle? La storia di Maya e Masumi ha le sue radici nella vicenda di Chigusa Tsukikage e Ichiren Ozaki, il cui amore ha portato all'opera scomparsa "La Dea Scarlatta". Chi erano, come si sono conosciuti, come si sono amati Chigusa e Ichiren? Come hanno influito Eisuke Hayami, Aya Fujimura, e l'"imperatore" Takamiya, nonno di Shiori, nella storia che ci tiene col fiato sospeso da oltre trent'anni? In questa saga, in cui tra vicende belliche e intrighi finanziari la protagonosta Chigusa Tsukikage scoprirà l'amore, l'odio, l'arte e la potenza della sua maschera di vetro, lo saprete...
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Chigusa Tsukikage
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3 – Un’artista
A quattro anni, Chizu non sapeva dire che poche parole stentate. Appena fu in grado di stare in piedi da sola, le furono assegnate le prime incombenze: pulire i pavimenti, prendere l’acqua dal pozzo, ripiegare i foulard di seta rubati, che poi i Takebata rivendevano sul mercato nero. Non conosceva la differenza tra bene e male, e non aveva mai tentato di scappare, come nessuno dei bambini dei Takebata: per loro, semplicemente, quella era la vita, e non pensavano nemmeno lontanamente che potesse esisterne un’altra.
Finite le faccende di casa, Ruriko prendeva Chizu per mano e insieme trotterellavano fuori, in cerca di persone da ingannare con le loro storie, ma, soprattutto, in cerca dei bei colori vivi della città. Con Ruriko, Chizu non stava male: da lei aveva imparato le sole parole che conoscesse, ed era lei l’unica persona con cui comunicasse senza ricevere botte. Stava accanto a lei mentre raccontava le sue storie ai passanti e, pur senza capirci molto, era affascinata dalla sua voce e dal suo modo di gesticolare parlando.
Ruriko conosceva tutti i locali più strani e tutti i teatri. Spesso si introducevano di nascosto in una sala cinematografica per veder proiettare quelle immagini in bianco e nero che sembravano uscite da un mondo inesistente, e quegli uomini e donne che si muovevano in maniera strana muovendo la bocca senza emettere suoni. Chizu fissava lo schermo senza capire, e guardava il pubblico ridere, divertirsi e battere le mani ad occhi spalancati, come davanti a un mistero di cui non afferrava il senso.
Un giorno di mercato, un uomo cominciò a seguirle e, quando furono giunte nei pressi di un vicolo cieco, mise una mano sulla spalla di Ruriko, per farla fermare. La ragazzina scambiò qualche parola con l’uomo, poi disse a Chizu: - Aspetta qui.
-Dove vai? – chiese la bimba, che aveva paura di restare da sola tra quella folla.
-Non muoverti di qui, torno tra poco – disse Ruriko con la sua voce musicale, e sparì nel vicolo insieme a quell’uomo.
Rimasta sola, Chizu cominciò girovagare, finchè giunse accanto al recinto di un tempio, dove vide una bellissima signora. Indossava un finissimo kimono di seta ricamata, aveva i capelli ben acconciati e il volto, dipinto di bianco, atteggiato ad un’espressione dolce e statica, come una maschera. Reggeva un grazioso ombrellino e aveva il capo reclinato da una parte, con un dolce sorriso rivolto proprio a lei.
-E tu chi sei, bella bimba? Ti sei persa? – le disse la signora.
-Sono Chizu. Tu chi sei?
La signora rise, come ridono i campanelli d’argento.
-Sono una geisha – rispose.
Chizu sgranò gli occhi. – E che vuol dire? – volle sapere. Quella parola le ricordava qualcosa, come una strana malinconia.
-Sono un’artista – spiegò la signora, con il suo dolce sorriso.
-Anche io voglio essere un’artista – replicò la bimba, convinta. La signora rise ancora del suo riso d’argento, e di lì a poco si allontanò con un uomo, che le si era accostato vicino al recinto del tempio.
Chizu guardava ancora la bella signora allontanarsi, quando Ruriko la raggiunse di corsa.
-Sei qui! Ti avevo detto di non allontanarti – fece la ragazzina, ansando.
-Ruriko, anche tu sei una geisha? – domandò seria seria la bambina, ricordando di averla vista allontanarsi con un uomo.
-Certo che no, o non starei dai Takebata – fece Ruriko, arrossendo in modo strano. – Comunque, guarda  adesso cos’ho! – trionfante, le porse una mela candita, addentandone a sua volta un’altra che aveva in mano.
-Anche io voglio essere una geisha – affermò Chizu, masticando.
Ruriko smise subito di mangiare e la guardò tristemente.
-Non è bello andare con gli uomini quando non vuoi – mormorò. – Ma bisogna pur mangiare.
Chizu la guardò senza capire. Quella sera tornarono dai Takebata senza più dire una parola.
  
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