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Autore: A Dream Called Death    06/11/2010    1 recensioni
< Pensi a lei qualche volta? > chiese poi.
< In continuazione > risposi.
Mi alzai dallo sgabello.
Lui mi fissò, incuriosito.
< E come faccio a sapere che con lei al mio fianco tornerò a vivere? Può essere l'anestetico al dolore? > chiesi.
< Lei non è l'anestetico al tuo dolore... Ma potrebbe essere la cura definitiva. >
Anno 2006.
Il tour mondiale di American Idiot è stato appena cancellato ed i Green Day tornano in America dopo tre mesi dalla partenza.
Ma qualcosa è cambiato, fuori e dentro il gruppo.
Per Billie Joe Armstrong lo scontro con le ombre del passato non è mai finito.
I pensieri, i dubbi e le insicurezze di un uomo che deve fare i conti con se stesso: una vita spesa per la musica e per la propria band, ma anche colma di bugie e alcol, nemico ed amico da sempre del protagonista, unico rimedio al dolore ed alla rassegnazione.
Ma un incontro lo sconvolge, mescola i pezzi del puzzle della sua vita, lo mette di fronte alla cruda realtà: non si può fingere per sempre, si deve trovare il coraggio di prendere la decisione più difficile di tutte... Essere felici.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Birmingham.
Una parola, una città.
Mille ricordi, più o meno intensi... più o meno minacciosi.
Scavalcarono la mia mente, vennero a galla e così rimasero,
come ogni volta.
Impiantati, fermi come sassi.
Ed io, realmente non sapevo che fare, non sapevo cosa dire
alla donna avanti a me, che mi fissava indifferente.
-Si sente bene?- chiese.
Ma io non l'ascoltai.
In quel momento ero ricaduto nuovamente nell'ampia spirale
di morte dal quale ero fuggito un attimo prima.
Ci ero ricaduto.
-Sì... Credo di sì- risposi.
In quell'istante esatto Tim, Chris ed altri ragazzi della squadra
corsero verso di me.
-Armstrong! Ti abbiamo cercato per tutto l'aereoporto, siamo già
pronti per partire e tu che fai? Te ne vai in giro a correre?- domandò
Tim, con un mezzo sorriso, togliendosi il cappello.
Esitai qualche istante.
-Dai, ci conviene andare!- continuò, tirandomi il braccio.
-Sì... Hai ragione- ammisi, lasciandomi trascinare.
Che fretta c'è, Tim? Devi forse tornare da tua moglie, dai tuoi figli?
Devi forse rimandare uno dei tuoi numerosi impegni di lavoro,
oppure ne hai uno talmente urgente da non poter stare qui ad
ascoltarmi urlare?
Che fretta hai di prendere quel dannato aereo?
Scortato dai miei fedeli collaboratori, finalmente (dico finalmente
anche se avrei preferito far esplodere quel maledetto aeroporto)
entrammo nel nostro volo privato.
Mi guardai attorno, nuovamente sperduto.
L'ambiente era sobrio ed i miei compagni erano già seduti.
-Dov'eri finito?- chiese Mike, alzandosi.
-Sono... Mi ero... C'era troppa gente, Mike- risposi, chinando la testa.
-Ti pare modo di scappare, cazzo? Non farlo mai più!- sbottò lui,
tornando a sedersi.
Tim mi indicò il mio posto, accanto a Trè.
Mi lasciai sprofondare, ancora un pò stanco dalla folle corsa.
Sentivo i ragazzi chiacchierare del tour fallito.
-Come andrà a finire questa storia?- domandò White a Trè.
Il batterista rispose con un'alzata di spalle ed un espressione indifferente.
-Per quel che mi riguarda, amico mio, questo maledetto tour si
poteva anche continuare- rispose.
Girai lo sguardo nella sua direzione ma lui non fece altrettanto.
-Non essere idiota, Trè. Alcune cose non vanno sottovalutate e poi
lo riprenderemo il mese prossimo se tutto va bene- sbuffò Mike,
sentendosi preso in causa.
-Scusami, ammetto che la mia totale neutralità nei confronti delle vostre
decisioni mi sorprende ogni giorno di più!- ribattè, seccato.
-Non iniziare, per favore...-.
Il batterista si alzò di scatto dal suo sedile e ci superò.
Io rimasi alquanto stupito dalla sua reazione, ma non ci prestai molta
attenzione e non diedi molto peso alle sue parole.
Continuai a fissare oltre il finestrino.
Mancava poco, veramente poco alla partenza.
L'unica cosa che volevo fare in quel momento era allontanare i pensieri.
Lasciarli lontani, liberi di fluttuare, senza rendermi la vita impossibile.
Non era facile, eppure... Eppure sentivo, percepivo una nuova sensazione.
Ben più forte, ben più chiara e decisa.
Una strana sensazione di forza interiore.
Era come se gli eventi passati, a furia di masticarmi, mi avessero reso
improvvisamente consapevole ed inscalfibile.
Più forte.
Ed io volevo credere in me stesso.
Dopotutto, ne avevo superate di difficoltà.
-Partiamo fra cinque minuti- disse Tim, ma la sua voce fu interrotta dal
suono di un cellulare.
Cazzo, il mio.
Tutti si girarono ed io non potei trattenere l'imbarazzo.
Mi alzai e tentai di tirarlo fuori ma nella tasca della giacca non c'era, mi
tastai ovunque e mi accorsi che il suono proveniva dal mio zaino.
Lo tirai fuori da sotto al sedile.
-Chi è?- mi chiese Mike.
-...Non lo so- risposi, osservando il numero chiamante.
-Magari si tratta di qualche giornalista- suggerì Jason White, distrattamente.
Il prefisso era straniero.
Quando risposi, la voce che parlò era quella di un uomo.
-Pronto?-.
-Billie Joe? Billie Joe Armstrong?-.
Alzai lo sguardo verso Mike e gli altri.
-Chi parla?- chiesi, attirando tutta l'attenzione su di me.
-Sono... Sono John Rosenberg-.
Il cuore sprofondò.
Le mani iniziarono a tremare, come spesso mi capitava.
Era lui.
Suo padre.
Ed io sapevo, che in qualche modo...
Anche se non dovevo...
Non dovevo illudermi che una telefonata me la riportasse.
-Chi è, Billie?- continuò Mike, notando la mia espressione sconvolta.
Io non risposi.
-Billie Joe, mi senti?-
Esitai prima di rispondere, nel frattempo Mike continò a fissarmi.
-Sì... sì, mi dica, che è successo?- chiesi, un pò troppo in fretta,
tentando di nascondere l'agitazione agli altri.
-Billie, ti ho chiamato perchè... Scusa, così all'improvviso, ma...
Non so più che fare, non sapevo chi chiamare e...-.
-CHE CAZZO SUCCEDE?- urlai, alzandomi dal sedile, sotto gli
sguardi dei miei compagni.
-Chi cazzo è, Billie?- sbottò Mike, alzandosi anche lui.
Trattenni il respiro mentre il cuore cominciò a battere ancora più
velocemente, alimentato dall'ansia dalla quale mi ero lasciato prendere.
-Billie... Mia figlia è sparita-.



Ciao a tutte, scusate il ritardo con il quale aggiorno questa storia, ma in questo periodo... Non va, proprio.
La stanchezza inizia a farsi sentire... Si spera in un futuro migliore!
Bene, innanzittutto ringrazio molto chi legge la storia, poi saluto la mia adorata Franklyn che, come sempre,
non si perde un capitolo! Grazie, cara!



   
 
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