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Autore: Alexandes    07/11/2010    1 recensioni
Dario è il migliore amico di Gin. Gin è tremendamente orgogliosa. E lui finalmente si rompe le scatole. Come al solito, una di quelle cosette ritrovate dai meandri del computer.
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Quando sei stato deluso troppe volte, non è normale aver paura di legarsi di nuovo?” chiese Gin a Dario. “Sì, è normale, ma come fai a vivere senza legami?” rispose lui. “Beh, potrei sempre essere un’ isola. Tanto ci sono i film, i libri, i videogiochi, il lavoro. Non ci penserei tanto.” Dario si voltò a guardarla. Gin fuggì il suoi occhi. “Non ci credi neanche tu in quello che dici: lo sappiamo, non possiamo essere isole. E per quanto tu non ci possa pensare, il vuoto che porti dentro non potrai ignorarlo in eterno.” “Sempre meglio di quella fitta odiosa che ti assale quando l’ennesima persona di cui ti fidavi ti abbandona, no?” questa volta la ragazza fissa lo sguardo in quello che è da sempre stato il suo migliore amico. “No.” Dario sostiene le iridi improbabilmente sul viola di Gin “immagina un mondo senza la possibilità di piangere sulla spalla di qualcuno, di ricevere abbracci e conforto da una persona a cui vuoi bene e che ti vuole bene. Immagina un mondo dove non c’è nessuno con cui ridere e scherzare senza preoccuparti di quanto pazza puoi sembrare, dove non puoi fare scenate per una cavolata perché nessuno ci tiene e te, a causa tua. Con chi faresti le caricature dei film? Con chi faresti finta di non piangere mentre in un cartone animato deficiente muore un cane, sapendo che non inganni nessuno? Dimmi, come faresti ad andare avanti se non c’è nessuno che ti dice che stai un incanto mentre sei indecisa su come vestirti per andare Galà di lavoro?”. Gin si morse un labbro, così forte che se lo ruppe. Ma non se ne accorse nemmeno. Era impegnata a trattenere le lacrime. Maledetto orgoglio. Maledetta gelosia. Maledetta paura di perderli tutti. Di nuovo. Come sua madre, suo padre, suo fratello, Valentina. Strinse forte gli occhi. “Ho paura” sussurrò “una paura tremenda. Credo sia quasi un ossessione. Sapere che forse un giorno tu potrai non divertirti più a stare con me, potrai annoiarti, e man mano ti potrai rendere conto che non mi vuoi più bene. E seppur provi compassione, e un certo tipo di affetto perché, certo, c’è stato un tempo in cui ti sei sentito felice con me, non sarà mai più lo stesso. Mi renderò conto che tu stai meglio senza di me e me ne andrò. Per la paura terribile che lo farai tu.” non ce la fa più, gli occhi sono pieni di lacrime, come trattenerle? “Secondo me piango troppo spesso” dice, con una punta di ironia. Dario, inspiegabilmente incavolato nero, la tira con forza a sé e la costringe ad alzare il viso: “Non dire sciocchezze. Lo sappiamo tutti e due che non piangi mai. Almeno non fuori. E anche se non lo vuoi ammettere, tu hai bisogno di affetto Gin, ed è inutile fingere che vuoi essere un’ isola, quando non vuoi altro che un abbraccio. È vero, fuori sei forte, tanto che stendi tutti quando mi metto nei guai, ma dentro qualcosa che non vuoi far uscire cerca aria, e se non la lasci crescere sarà sempre fragile. Apriti a qualcuno Gin. Non mettere in scena il teatrino “sto bene come sto” anche con noi, che davvero ti vogliamo bene. Le ferite che hai ricevuto sono tante, una più brutta dell’altra, ma la gente si scoccia di te perché sei innaturale, perché un giorno ti trovano in un modo, l’altro reciti una parte diversa. È scocciante. E poi scappi. E non mi interessa se lo fai, anzi dici di farlo per paura. È per superbia che lo fai. È per quello stramaledetto orgoglio che ti impedisce di chiedermi perché non sei più interessante, che ti porta a fingere anche con te stessa che è meglio lasciarmi stare, quando vorresti attaccarti a ventosa per sentirmi più vicino. Sei fredda, sei una maschera, non c’è niente di vero in quello che mi dai. Perché dovrei stare con te?” le ultime parole le soffio così vicino al suo viso che graffiarono quasi. Gin era scioccata. Non aveva mai sentito quella verità, verità che nascondeva persino a se stessa, detta così apertamente. Quella cosa, dentro di lei, urlò con tutte le sue forze: doveva lasciarla andare. Troppo tempo a difenderla, per non stare male, troppo tempo a lasciarle solo uno spiraglio, da cui lo stesso fu semplicemente più doloroso sentirsi lasciata di nuovo. Con un gran sospiro, prese tutto il coraggio che aveva e abbraccio fortissimo Dario, come non aveva mai fatto.
  
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