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Autore: Kiki May    07/11/2010    5 recensioni
[Crossover BTVS/BONES]
“… il vicecapo Summers, del dipartimento di Washington. L’indagine le appartiene. Mi aspetto la massima collaborazione e disponibilità. Dobbiamo catturare uno psicopatico che ha a carico tre omicidi accertati.”
Un pericoloso serial killer è tornato a colpire. Buffy e Brennan svolgeranno l'indagine nel tentativo di assicurare il criminale alla giustizia. La collaborazione le porterà ad aprirsi l'una con l'altra e a prendere importanti decisioni sul piano personale.
Buffyverse: AU [Buffy & Spike]; BONESverse: Inizio Sesta Stagione [Brennan & Booth]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Temperance Brennan
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccoci arrivati alla conclusione.
Spero che vi piaccia!


Un ringraziamento speciale ad Ezrebet: grazie per aver commentato con attenzione e gentilezza questi capitoli. Per quanto riguarda la tragicità dei personaggi di Whedon, davvero, si potrebbero scrivere pagine e pagine. Ho menzionato Angel e Willow proprio perchè le loro vicende sembrano richiamare le vicende classiche della letteratura antica. (Il figlio che medita di uccidere il padre, la vendetta tremenda di Willow eccetera ...) Però, c'è tanta tragedia anche nella vita di Buffy, costretta a sacrificarsi per il bene dell'umanità, in quella di Darla o in quella di Fred. Insomma, è un po' una sfiga generale per i personaggi del Whedonverse. :)
Ma noi li amiamo lo stesso.

 

 

 

6. Antigone

 

 


"Non sono nata per condividere l’odio,
ma per amare con chi ama."

Antigone [Sofocle]

 

 

 

 

 

Brennan ritrovò il vicecapo Summers nei corridoi del Memorial Hospital di Washington, seduta in un angolino candido e solitario, con una bottiglietta d’acqua tra le mani e lo sguardo stanco, perso nel vuoto.
Nell’irrazionale curiosità di sapere come sarebbe andata a finire la sua storia, l’antropologa aveva raccolto informazioni circa il ricovero di William Shelby, tenente dell’antidroga trasferitosi da Los Angeles. Aveva scoperto che la terribile infezione, provocata da uno sparo a bruciapelo, stava lentamente guarendo. L’abbondante perdita di sangue sarebbe stata arginata da trasfusioni e riposo. Spike sarebbe sopravvissuto.
Non avrebbe dovuto interessarsi tanto alla vita privata di una donna che conosceva da tre giorni, se ne rendeva conto. Non avrebbe dovuto intromettersi sino a presentarsi in ospedale. Però, era lì. In piedi. Tra le infermiere.
“Buonasera, vicecapo Summers.” salutò, richiamando l’attenzione di Buffy.
La poliziotta si voltò di scatto, quasi spaventata.
“Buonasera.” replicò, rassicuratasi.
Nel suo tono di voce nessuna traccia di fermezza, piuttosto una vulnerabilità quasi infantile, malcelata, tradita dagli occhi.
“Si vuole sedere un pochino?” domandò Buffy, giocherellando col tappo della bottiglietta.
Brennan accolse l’invito e lei poté spiegare in breve la situazione.
È sveglio da ore. Adesso è stabile. I dottori dicono che sta bene … meglio. L’infezione era brutta e la perdita di sangue copiosa, questo perché ha dovuto aspettare delle ore prima di ricevere soccorso da una volante libera! Maledetto sindaco che non concede più fondi! Lunedì mi sentirà!”
Brennan elaborò una riflessione sul problema dei finanziamenti pubblici, che non espresse ad alta voce.
“Come possiamo fare il nostro lavoro senza mezzi sufficienti a disposizione? Col rischio di rimanere stesi sul ciglio di una strada?!” esclamò il vicecapo, visibilmente alterata. “Credo di essere molto gelosa del suo laboratorio, dottoressa. I corridoi sono tanto puliti.”
“La manutenzione è necessaria per mantenere l’ambiente sterile.”
“Ha ragione.”
Buffy prese un sorso d’acqua, che l’aiutò a schiarire la voce arrochita. Pareva avesse pianto, ma il suo volto era asciutto.
“Come va col caso?”
“Le prove sono state consegnate per la registrazione. Lei dovrebbe saperlo. Si è assentata dall’ufficio solo un’ora fa.”
Facendosi coraggio e cercando in tutti i modi di trovare parole adeguate all’occasione, Brennan si concesse di interrogare il vicecapo della polizia, per aiutarla a chiarire a se stessa alcuni punti oscuri relativi al suo rapporto col tenente Shelby.
“È qui da un’ora. Non è entrata a vedere come sta lui?” domandò, comprensiva.
“No.”
“Ha intenzione di farlo?”
Buffy non rispose e Brennan si morse la lingua.
“Mi scusi,” sussurrò. “Io … non sono davvero capace di fare questo. Sono una scienziata. Non capisco le emozioni, non conosco le frasi migliori da utilizzare in queste situazioni, non riesco ad entrare in empatia con la gente. Non sono Booth.” sospirò, sconfitta.
“È bello poter parlare con qualcuno.” la riprese Buffy, dolcemente. “Non mi succede tanto spesso e, a dire il vero, è colpa mia se non accade. Non importa se lei non è Booth, anzi! Trovo che sia confortante averla qui accanto. Non potrei immaginare compagnia migliore in questo momento.”
Bones socchiuse le labbra in un moto di meraviglia.
“È sincera? Non preferirebbe la sua amica Willow o sua sorella Dawn?”
“Willow è momentaneamente occupata, per così dire, e Dawn è troppo … non posso esporla a tutto questo. Il mio compito è proteggerla.” Il vicecapo tacque, socchiudendo gli occhi. “Certe volte penso a loro … alla squadra, alla mia famiglia. Penso a come sarebbe se mi vedessero in questo stato, indifesa e stanca. Sono sicura che non lo potrebbero sopportare, per questo mi trattengo. O, forse, ho semplicemente paura di mostrar loro chi sono veramente. Sono una codarda, quando si tratta di certe cose.”
Brennan non provò ad aggiungere nulla e Buffy scoppiò in una risata lacrimevole, spezzata. Espresse un pensiero che covava da lunghi minuti, bloccata sulla sedia di plastica nell’angolino candido.
Litigheremo.”
“Chi?”
“Io e Spike. Appena entrerò nella sua stanza a vedere come sta. Litigheremo, come sempre. Allora, riacquisterò tutto lo smalto necessario ad interpretare il ruolo del vicecapo d’acciaio. Mi servirebbe proprio.”
“Ha paura?”
“Lei non ne avrebbe al mio posto?”
Brennan tacque e intrecciò le dita sul grembo, riflessiva. S’imbronciò, meditando di comprare qualcosa da tenere tra le mani. Uno snack o una minerale, per esempio.
“Il fatto è che …” riprese Buffy, impercettibilmente. “Il fatto è che è davvero complicato tra me e lui. Abbiamo fatto un grande casino e ci siamo letteralmente fottuti il cervello a vicenda. Gran parte della responsabilità è mia. Ho sempre creduto … mi sono sempre imposta di pensare che … non sapevo se fidarmi, e così ho reso le cose difficili più del dovuto. Ed è stato tutto talmente veloce, confuso e violento, che non ho avuto modo di realizzare quello che stavo facendo. Ho ferito Spike e mi sono fatta male, volontariamente. In realtà, non so se valga veramente la pena. Non lo so.”
“Ferire Spike?”
“Amare qualcuno.”
Brennan tacque, colpita.
“Vale la pena, dottoressa? Dopo quello che ha visto ieri notte, vale ancora la pena? Al di là del dolore, dei tradimenti e delle ferite, è davvero così importante amare?”
Il vicecapo fece spallucce, serrando gli occhi arrossati.
“Ho speso così tante energie in relazioni fallimentari che credo di aver esaurito tutta la pazienza. Buffy-riserve a secco, provate qui all’angolo! Sono davvero stanca del prezzo che si deve pagare e non capisco neanche se sia una contrattazione ragionevole. Le persone tradiscono, uccidono, abbandonano … è come investire in un titolo già crollato. Non ha senso.”
Brennan dovette annuire.
“Forse, il problema è che ho perso per sempre l’innocenza che mi permetteva di innamorarmi. Non ne sarò più capace.” confessò Buffy, passandosi una mano sul volto.
Sorrise, ironizzando sulla vena melodrammatica della sua stessa confessione. Non era abituata a parlare dei propri sentimenti, quando lo faceva si sentiva sempre stupida. Impreparata. Il clown di una cattiva improvvisazione.
“Oh! Che grande tragedia qui! Devo smetterla. Non ho mai detto così tante parole in cinque minuti. Pensò che mi si seccherà la gola per ore.”
“Booth dice che l’amore serve a rompere le leggi della fisica.” sospirò Brennan. “E serve a rendere completi gli esseri umani. A vivere, in sintesi. A vivere realmente.”
“Ed è davvero così?”
“Non lo so.” ammise l’antropologa, scuotendo il capo. “Dovrei … toccarlo.” sussurrò riflessiva, colpita da un’immediata, intima rivelazione. “Dovrei toccarlo.”
Buffy prese fiato.
In silenzio, scrutò l’espressione della dottoressa e ne ricavò una caparbietà che la spinse ad alzarsi dalla sedia.
“Dove va?” domandò Brennan.
Da Spike.”
“Finalmente ha deciso?”
Buffy sorrise ancora, timidamente.
“Devo ancora varcare la porta della sua stanza. Sarà difficile. Però, è inutile rimanere qui. Ed è anche noioso! Devo andare da lui.”
Brennan annuì. S’alzò e tese la mano al vicecapo della polizia di Washington.
A Buffy.
“È stato un piacere conoscerla.”
“Piacere mio.” mormorò la poliziotta, stringendo la presa. La mano di Brennan era molto più grande della sua. Forte e pulita, come solo la verità in determinati momenti. “Spero di incontrarla di nuovo, un giorno. È stato un privilegio poter lavorare con lei.”
“Anche per me.”
“Buona fortuna.”
Bones scosse il capo.
Silenziosa, fissò la piccola figura femminile che si faceva strada tra i corridoi dell’ospedale. Abbassò lo sguardo e si ritrovò in possesso di una bottiglietta d’acqua, mordicchiata e ammaccata.
Pensò di prendere un taxi e raggiungere, finalmente, il suo Booth.

 


Buffy deglutì, scacciando l’amaro sentore della paura in fondo alla gola. Si bloccò come paralizzata, ad un passo dalla camera di Spike.
Grazie al distintivo aveva raggiunto il reparto ed era entrata, violando le regole sulle visite serali. L’ironia della sorte le aveva consentito di infrangere norme col simbolo stesso della loro difesa. Avrebbe riso sulla cosa, non fosse stata tanto tesa e preoccupata.
Non era per niente pronta.
Non aveva preparato neanche un piccolo discorso introduttivo, un pensierino d’apertura, magari costellato da qualche scusa. Spike voleva le sue scuse? Avrebbe dovuto chiedere perdono per non essersi presentata in ospedale, non appena saputa la notizia della sparatoria?
Strinse gli occhi, inviperita. Non aveva mica guardato la televisione sul divano per tre giorni! Aveva avuto un caso importante che …
Sbuffò rumorosamente, imbronciandosi.
Stava continuando a posticipare l’incontro a forza di stupidi flussi di coscienza. Maledetta lei e la sua smania di rimuginare nei momenti meno opportuni. Maledetto il suo ex! L’aveva contagiata con la sua mania! Che non la prendeva mai. Solo davanti alla porta di …
“Oh, dannazione!” esalò, stringendo la maniglia.
Era ora di tagliare la testa allo schifosissimo toro.
Entrò silenziosa, sbattendo le ciglia nell’oscurità della camera.
Spike giaceva in un letto singolo, solitario. Illuminato appena dal neon, sembrava fragile e sciupato come non mai. Pallidissimo, emaciato, aveva le labbra screpolate e gli occhi cerchiati dalla stanchezza. I suoi zigomi parevano ancora più appuntiti. La sua magrezza era quasi insostenibile.
Era sempre stato tanto magro, Spike? Domandò a se stessa il vicecapo della polizia, avanzando lentamente verso il letto.
Un sussurro del paziente la bloccò.
“Era ora.” mormorò Spike, voltandosi a guardarla. Il sorriso accennato, dipinto sul suo viso, lo rendeva attraente. Quasi bello. “Ho sempre pensato che … coi tuoi tempi, saresti arrivata.”
Buffy sentì una stretta allo stomaco ed interpretò male le parole del suo amante.
“Volevo vederti e sei venuta.”
Un tremito continuo si diffuse dalle mani alle gambe. Il vicecapo di polizia provò l’impulso, innegabile e potente, di uscire dalla stanza, chiudersi la porta alle spalle e fuggire quella situazione che tanto la metteva alla prova. Non era per niente pronta, cazzo. Non avrebbe potuto reggere un tale confronto.
“Non sentirti in colpa.” ammonì Spike. “Ti conosco. Non mi aspettavo un’attesa più breve. Siediti accanto a me, adesso.”
Buffy eseguì meccanicamente.
Avvicinò una poltroncina di plastica al letto del tenente, mantenendo una certa distanza di sicurezza. Aveva bisogno di una possibilità di fuga per tutte le eventualità. Aumentò leggermente l’intensità della luce. Le pupille di Spike si dilatarono in modo percettibile. Lei poté rimirare il pallore innaturale della sua pelle.
Un groppo doloroso le serrò la gola.
“Sapevo che saresti venuta.”
“Sono qui.” tagliò corto, combattendo la commozione. La infastidiva che Spike potesse vederla in uno stato pietoso come quello. La infastidiva più di ogni altra cosa al mondo. Avrebbe voluto mostrarsi ai suoi occhi più forte e inattaccabile che mai.
“Hai un’aria stanca …”
“A te hanno sparato. Come ti senti?”
“Come uno che dovrà mangiare in bianco per mesi.”
Per la prima volta dal suo ingresso, Buffy sorrise di cuore. Una lacrima le percorse il volto, nascondendosi tra le labbra rosse.
Spike la vide e fece finta di nulla. Contento.
“Non sarà così male, vedrai.” aggiunse lei, ironica.
“Tu, certamente, non allevierai le mie sofferenze. Sei una pessima cuoca.”
“Non sono tenuta a cucinare per te.”
“Sono un uomo ferito.”
“Sei uno stupido e basta.”
Tacquero.
Buffy ripensò alle circostanze della sparatoria e si sentì invadere dalle domande, del bisogno di spiegazioni e rassicurazioni. Involontariamente, strinse la mano di Spike.
Lui cercò di ricambiare con la poca forza che aveva.
“Sto bene.” mormorò, apprensivo.
Buffy passò al contrattacco con la voce falsata dalle lacrime.
“Non te l’avevo chiesto.” replicò, risultando poco credibile.
Intrecciò le dita nelle dita di Spike e rimirò le piccole cicatrici da bruciatura che condividevano. Le venne da piangere. Si trattenne, stoica.
“Stai attento la prossima volta.” ammonì, con tutta la determinazione possibile.
Aumentò l’intensità della stretta per un attimo, poi sciolse il contatto, portandosi le mani al petto, in una posa difensiva. In un istante, percepì tutta la pressione delle parole non dette, dei sentimenti taciuti, del terrore appena vissuto.
Non sono pronta al fatto che tu non ci sia più.” ammise, tremante.
Spike chiuse gli occhi, emozionato. Quella confessione maldestra valeva quanto una dichiarazione d’amore, lo sapeva. In tutta la sua vita, il tenente inglese non aveva mai incontrato una donna tanto ostinata, testarda, orgogliosa e reticente. Era quasi inevitabile che si innamorasse di lei.
“Non sono pronta al fatto che tu non ci sia più.” ripeté lei, senza fiato.
“Non me andrò.”
“Bene.”
“Vuoi stenderti qui, stanotte? Il letto è spazioso.”
“Oh Dio, sì!” sospirò Buffy, togliendosi la giacca.
Lentamente, si fece spazio tra le coperte, attenta a non pesare su Spike e non farlo muovere più del dovuto. Trovata la posizione giusta, si accucciò di lato e immerse il capo nell’incavo del suo collo.
Complice l’odore di Spike, un’ondata di lacrime la travolse, inarrestabile, e Buffy pianse come una bambina. Provò a trattenersi, respirando forte. Quando sentì una mano sui capelli, dolce e carezzevole, non poté resistere un minuto di più.
“Piangi pure.” mormorò Spike. “Non ti vede nessuno.”
“Mi vedi tu!”
“Fa niente. Non è la prima volta.”
“Vorrei che non mi vedessi mai così.”
“Non dire sciocchezze. Io ti amo, sai?”
Buffy tossì per l’affanno e Spike la baciò e la strinse a sé, saggiando la consistenza morbida del suo corpo.
“Sono state … delle giornate davvero … pesanti. Davvero pesanti …” ansimò lei, tra un singulto e un altro.
Non parlò della morte di Tara, né dell’arresto di Willow. Non parlò dei suoi incubi, del ricordo Maestro, della preoccupazione soffocante e di una cantina scura. Del volto folle di un assassino che avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
Pianse soltanto, lasciandosi purificare della potenza delle lacrime.
Lamentosa come una bimbetta, aggiunse solo una confessione necessaria.
“Prima che tu … abbiamo litigato. Io e Dawn. Ancora.”
Spike rise sino a sentire dolore.
“Ma un pochino! Poco!”
“Certo, passerotto.”
“È così come dico!”
“Certo.”
William …”
Esausta, Buffy chiuse gli occhi senza riuscire a completare la frase. Poco importava. Nelle orecchie già risuonava il quieto respiro dell’amante, profondo, intervallato da sospiri impercettibili. Sulla fronte pungeva la barba sfatta e contro le labbra, il tessuto del pigiama. Anche l’oscurità si era fatta piacevole.
Stese una mano, la mano segnata, sul torace di Spike.
Oltre la pelle, batteva il suo cuore.

 


Da qualche minuto aveva cominciato a piovere. Piccole gocce luminose picchiavano contro i vetri del taxi, ritmicamente.
Brennan fissava assorta il paesaggio circostante, lo spettacolo di Washington splendidamente immersa in un bagliore offuscato. Col cellulare stretto nelle mani, ripercorreva nella memoria le strade che portavano a casa di Booth.
Così, nel cuore della notte, lo aveva chiamato, avvisandolo che sarebbe andata da lui per vederlo. Il suono della sua voce, preoccupato e arrochito dal sonno, aveva risvegliato in lei qualcosa di inspiegabile, dolce e pungente allo stesso tempo, che partiva da un punto imprecisato dello stomaco diffondendosi in tutto il corpo, come un rimedio caldo.
Booth l’aveva sommersa di domande, rinfacciandole una sfumatura curiosa nel suo tono di voce. Nel suo? Come era possibile?
Era Booth quello con la voce strana, rinvigorente. Due parole, e lei si era sentita prendere dalla frenesia e dalla gioia. La gioia. Ne aveva disperato bisogno dopo gli ultimi eventi.
Il taxi la lasciò in fondo alla strada. Pagò il conto e scese, senza ombrello, nel temporale.
Chiuse gli occhi. Nel silenzio, sentì l’acqua scivolare lungo tutto il corpo, impadronendosi di ogni centimetro della pelle coperta. Le braccia, le spalle, le gambe, l’incavo del seno. Inclinò il voltò e assaggiò le labbra inumidite, dolciastre.
Sospirò, richiamando alla mente vaghe conoscenze antropologiche. Rifletté sul valore dell’acqua negli antichi riti di purificazione. Curiosamente, sentiva di capire, proprio a livello emotivo, il valore della pioggia. La catarsi offerta dal cielo per cancellare il sangue che insozzava la terra.
Corse d’impulso e raggiunse il palazzo prescelto, salendo le scale velocemente, nel buio.
Booth le aprì la porta, teso dall’apprensione. L’aspetto della collega lo preoccupò ancora di più.
“Bones, per la miseria! Cosa ti è successo?”
“Ho percorso la strada a piedi. Non avevo l’ombrello.”
“Ma io dico … entra immediatamente o ti ammalerai! Cosa è successo?!” ripeté Booth, spalancando la porta in un muto invito.
Brennan notò che neanche lui aveva acceso la luce.
Ad illuminarlo c’era solo il tenue bagliore della scala, giallastro, quasi arancione, che conferiva al volto di Booth una consistenza tutta particolare. Da toccare, quasi.
Alzò una mano che venne rintracciata e scostata da quella di Booth. Il compagno si sporse a carezzare i suoi capelli fradici, corti e gocciolanti, scostando le ciocche ribelli appiccicate sulla fronte.
“Hai le occhiaie e sei pallidissima. Devono averti spremuto come un limone, i maledetti della Polizia! Ho sentito il telegiornale e ho scoperto il caso a cui stavi lavorando. Avresti dovuto dirmelo, santo cielo! Sarei corso da te, congedo o non congedo! Guardati, ti hanno fatta entrare nel covo di un serial killer psicopatico! Se ti fosse successo qualcosa …”
“Come sai che sono entrata nella cantina di Micheals?”
“Cosa credi che abbia fatto per tutto questo tempo? Telefonate, maledizione! Stupide, inutili, frustranti, telefonate!”
Brennan sorrise e sentì le mani di Booth lungo il collo, oltre il colletto della camicia.
“Tu dovresti …”
Mi sei mancato.” mormorò lei, senza giri di parole.
Booth si bloccò e la fissò, spalancando gli occhi.
“Mi sei mancato tanto.” ribadì Bones, convinta. “Non saprei come dirtelo meglio, quindi lo dico e basta. Avrei voluto dirlo anche al tuo ritorno dall’Afghanistan. Anche … da tanto tempo.”
L’agente del FBI deglutì, paralizzandosi.
Con un gesto brusco, si fece indietro e lasciò avanzare Brennan nel corridoio dell’appartamento. Chiuse la porta con un calcio. Si abbandonò contro la parete.
Le mani di Bones erano ferme all’altezza del suo addome. Le dita lunghe sfioravano involontariamente il tessuto della canotta, il bordo del pigiama, provocandogli piccoli brividi d’anticipazione.
“Che è capitato?” ripeté senza fiato, come un disco rotto.
“Ho visto cose orribili in questi giorni e tu non c’eri. Avrei voluto parlartene perché mi aiuta, ma non l’ho fatto, né lo farò adesso.”
“Dimmi, invece. Mi preoccupa sapere che qualcosa ti ha … ferita e che io non posso fare niente al riguardo. Permettimi di proteggerti.”
“Non potresti proteggermi da me stessa, né da quello che può scatenare l’amore.”
“Bones …”
“Dolore, Booth. Dolore e follia.”
Booth deglutì, spaventato dal tono solenne dell’affermazione. Spalancò gli occhi per la sorpresa, quando la compagna riprese a parlare, animata da una nuova consapevolezza.
“È insensato voler spezzare le leggi della fisica.”
“Cosa?”
“Se anche l’amore fosse una passione oscura, forse … è come un principio inevitabile della fisica, che si applica ai corpi e muta il loro corso e l’intensità del loro moto.”
Brennan si fermò di colpo.
Le mani di Booth si erano sul suo viso, calde e solide, e le guance avevano preso fuoco.
“Ho bisogno di te per comprendere le leggi e i principi di questa forza estranea. Ho bisogno di te perché sei la giusta misura.” confessò, emozionata. “Tu non permetterai che io mi perda.”
Lui si sporse e, in un atto di estremo contegno, la baciò su un sopracciglio.
“Grazie.”
“No, Booth. Davvero.”
Lei lo spinse più in basso, all’altezza della bocca. La consistenza umida dei suoi vestiti si fuse col tepore di un abbraccio. Il giaccone cadde sul pavimento e Booth si frenò e la strinse senza risparmio, forte forte.
Brennan stese il palmo aperto sul suo torace liscio.
Oltre la pelle, batteva il cuore.

 

 

 

Per amare con chi ama.

 

 

 

 

 

 


Note Nerd ~


- Antigone è la protagonista di una bellissima tragedia di Sofocle. E' un'eroina che si oppone all'ingiusto editto di un tiranno, Creonte, che impedisce la sepoltura del cadavere del fratello Polinice. La tragedia di Sofocle rappresenta il contrasto tra legge di natura e legge positiva. Antigone risponde ad una legge morale più forte di quella degli uomini, molto profonda. Antigone è anche "la bianca", perché è un simbolo di amore e compassione.

- Per i nerd del Whedonverse: Angel fa una piccola comparsa! No, scherzo! XDD E' citato! Chi conosce la storia saprà localizzare la citazione fatta con intento scherzoso e simpatico. *spuccia il Flagello brontoloso*

- La "dichiarazione" di Buffy è una citazione di una battuta, pronunciata Buffy stessa nell'episodio 7x14. Mi è piaciuto tanto quel momento. Ho voluto rendere omaggio.

- "La giusta misura" di cui parla Brennan è, incredibilmente, la giusta misura in senso greco. Ora, non sappiamo se Brennan ha pronunciato le due paroline di proposito e consapevolmente. Ma ci stava un sacco ed era in tema. ù__ù

- Journeys ends in lovers meeting.

 

 

 

  
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