Pensavate che non
avrei più aggiornato, vero?
Sono contenta di dovervi contraddire, anzi, mi scuso con voi per avervi
fatto aspettare così tanto: il mio pc è momentaneamente
"all'ospedale", mi devo arrangiare con quello di mia sorella, 30 volte
più lento, anche per quanto riguarda i programmi per
l'impostazione dell'HTML!
Rimedio con un capitolone farcito di ansia e torture psicologiche e,
facendo una piccola e veloce statistica... posso dirvi che al momento
clou mancano circa 2 capitoli, o uno e mezzo, ancora devo decidere!
Tenete duro, dài!!!!!!
Per adesso vi auguro buona lettura... Non mi abbandonate, vi prego :D!
Ciry
***
Dato
che le sue ferie erano diventate praticamente forzate, ne
approfittò per
recuperare quel poco sonno che la levataccia mattutina le aveva tolto:
si
appisolò sul divano per un paio d’ore senza mai cadere in
un sonno profondo, e
al suo risveglio notò dall’immobilità aleggiante
nell’appartamento che Danny
era ancora a letto. Si decise ad andare a vedere come stava…
Dormiva
composto, a pancia in su, con la schiena perfettamente aderente al
materasso e
la testa sostenuta da due cuscini, sembrava un anziano allettato ed in
anticipo
sui tempi.
Di
solito, più aveva sono e più si addormentava in
improbabili posizioni degni di
un trapezista, tanto che più di una volta lei lo aveva
rimbeccato perché si
raggomitolava nelle lenzuola, lasciandola senza uno straccio di
coperta, o per
via di qualche gomitata involontaria nel cuore della notte, durante un
acrobatico cambio di posizione.
“Dan…?”
ripeté, scuotendogli leggermente il torace. Non sentì
nessuna replica.
Era
assolutamente immobile, praticamente sordo e cieco ad ogni richiamo.
Sembrava
quasi che…
“Danny…
Danny…”. Cominciò a invocare il suo nome a voce
più alta, a prenderlo a
schiaffetti sul viso. Dopo pochi secondi lo vide svegliarsi,
frastornato.
Balbettò
qualcosa d’incomprensibile e Clarissa smise di schiaffeggiarlo,
sentendosi
immediatamente sollevata; il cuore recuperò i suoi battiti
regolari.
“Che…
che c’è?” bofonchiò il ragazzo, confuso.
“…
Non mi sentivi!” esclamò lei, contenendo il suo spavento.
Il
chitarrista sbuffò in un accenno di risata e replicò
strusciandosi le mani
sugli occhi: “Scusami, sono… mi sento
rincoglionito…”
La
sua ragazza ignorò i suoi sorrisi e continuò: “Io
sto uscendo… Vado in farmacia
a comprarti gli antidolorifici, ok? Non ci metterò
molto…”
“Va
bene…”
“Non
alzarti se proprio non è necessario, ok?”
“Ma
la testa non mi fa più così male…”
“Aspetta
ancora un po’, Dan. Riposati e dopo pranzo ne riparliamo,
d’accordo?”
“…Ok,
hai ragione…”
“E
togli un cuscino, o diventerai gobbo…” sospirò
infine Clarissa, tirando via
delicatamente uno dei due guanciali da sotto la sua testa. Danny non
protestò e
si riadagiò a letto mantenendo un silenzioso timore nei suoi
confronti.
La
osservò riporre il cuscino nell’armadio di fronte al loro
letto, prendere un
paio di jeans e una giacca e sparire nel bagno senza più
degnarlo di uno
sguardo.
Alzò
gli occhi verso il soffitto e sospirò preoccupato.
Aveva
bisogno di lei, voleva le sue cure, le sue premure, ma non così.
Era
insofferente, quasi sembrava un robot.
Ed
era colpa sua, sì, lo sapeva molto bene. L’aveva ferita,
si era reso ridicolo
ai suoi occhi.
Non
era mai stata un tipo da scenate o da decisioni impulsive e drastiche:
non
l’aveva mai sentita urlargli addosso, né l’aveva mai
minacciato di lasciarlo,
di tornarsene a casa propria.
Ma
era anche vero che quello che stavano affrontando era il loro primo
vero
periodo nero, il loro primo momento post- litigio.
Clarissa
non parlava. Faceva quel che doveva fare, ma senza alcuna energia,
senza
sorrisi, senza passione. Niente. Se ne stava in silenzio e questo gli
faceva
paura, perché erano già passate diverse ore e ancora non
era riuscito a farle
tornare il sorriso, a ristabilire la pace, neanche a parlare con lei.
Avrebbe
fatto qualunque cosa per rimediare, però sentiva che doveva
essere lei a
permetterglielo; in quel momento, qualsiasi cosa avesse fatto per
sistemare la
faccenda avrebbe solo peggiorato la loro situazione, sarebbe risultata
inopportuna.
Detestava
avere le mani legate, ma non era nella posizione di poter scegliere. Si
limitò
a fissare il soffitto con rassegnazione ed il mal di testa tornò
a farsi
sentire…
Danny
fece per scuotere il capo, ma poi azzardò una richiesta
avventata… :
“Sigarette?”
“Credo
che tu possa farne a meno per una settimana… Ma se
insisti…” rispose lei con
fare laconico, incrociando le braccia sul petto.
Il
ragazzo si schiarì la voce per poi opporsi con aria pentita:
“No, è vero. Non
comprarle, no, posso anche stare senza per qualche giorno…”
“Ok,
allora… vado…”
“…
Ok…”
Scomparse
dalla sua vista dopo quel saluto scialbo, se quello poteva considerarsi
un
saluto.
Si
passò una mano sulla fronte e gonfiò il petto per
prepararsi ad un grande,
deluso sospiro…
“Ho
dimenticato…”
Se
la ritrovò di nuovo davanti, le mani impegnate a cercare
qualcosa nella borsa.
“…
Gli spicci. Sono rimasta senza” lo informò vedendolo
sbalordito.
Aprì
il cassetto del suo comodino e ne tirò fuori una piccola scatola
contenente un
sacco di monete, sempre utili nei casi di emergenza; ne prese una
manciata, li
mise nel portafogli e restò accucciata accanto al letto,
rivolgendo lo sguardo
verso di lui. Uno sguardo dubbioso.
Il
chitarrista quasi si sentì in dovere di parlare.
“Sei…
sei ancora molto arrabbiata?” domandò timidamente.
La
ragazza si alzò e lo squadrò mentre faceva il giro del
letto per raggiungerlo.
“Un
po’…” gli rispose una volta seduta sul bordo,
accanto a lui.
Lui
mise la mano sulla sua e propose esitante: “… Vuoi che ne
parliamo?”
Clarissa
scosse impercettibilmente la testa e rispose: “Adesso no. Ho da
fare e ancora
non sono del tutto lucida. Ma grazie per esserti
preoccupato…”
Gli
sfiorò una guancia con tenerezza e gli diede un piccolo bacio in
fronte per poi
salutarlo.
Danny
le sorrise, sinceramente rincuorato, e ricambiò con un gesto
della mano.
Ci
aveva tanto sperato e alla fine era accaduto: uno spiraglio si era
aperto nella
corazza della sua fidanzata.
Avrebbe
dovuto fare molta attenzione da quel momento in poi, ma si sentiva
piuttosto
coraggioso.
Riconquistare
la sua fiducia. Faceva paura il solo pensiero.
Ma
quel bacio innocente era il suo portafortuna e non lo avrebbe sprecato.
Chiuse
gli occhi per dormire ancora un po’ e tentò di girarsi
lentamente su un fianco,
muovendo piano la testa; miracolosamente non ci nessuna dolorosa
conseguenza e
poté assopirsi in santa pace.
~~~
Dopo
aver ringraziato il farmacista, Clarissa uscì dal centro
commerciale con il
sacchetto degli antidolorifici in una mano e quello della spesa
nell’altra;
sistemò tutto nella sua piccola utilitaria e si mise a cercare
le chiavi
dell’auto nella borsa, ma al loro posto estrasse il cellulare che
stava
squillando; credendo che Danny la stesse chiamando, rispose velocemente
senza
neanche guardare lo schermo.
“Pronto?”
“Bonjour, Clarissa!”
Dopo
un istante di perplessità e stupore, si stampò una mano
in fronte, tornando con
la mente alla famosa chiamata che avrebbe dovuto fare a Daniel per
spiegargli
che non era a Dublino in quel momento.
“Daniel,
ciao!...” lo salutò nervosamente.
“Ciao!
Sento un po’ di confusione, sei occupata? Sei già immersa
nel verde irlandese?”
La
ragazza rivolse gli occhi al di là del finestrino, verso il
traffico tranquillo
della strada, e replicò con tranquilla disinvoltura,
sorprendendosi di se
stessa: “Sai, non sono più partita!”
Silenzio
dall’altra parte. Poi il ragazzo esclamò esterrefatto:
“Come, scusa?!”
“Esatto…
Sono sempre qui…” precisò l’altra, tentando
di mantenere un tono sereno.
“Ma…
avevi i biglietti!!! Cos’è successo?!” insistette il
francese, preoccupandosi.
“Sai,
Danny… Danny si è fatto male poco prima della partenza e
adesso deve stare a
casa…” spiegò Clarissa con imbarazzo;
fortunatamente attraverso il telefono il
suo collega non poteva vederla arrossire.
Daniel
ribadì con un’ombra di stizza nella voce: “Ma
è incredibile… Senti, mi sembra
da stupidi stare a parlare al telefono così quando siamo
entrambi a Watford!
Possiamo vederci e parlarne? Se ti va…”
La
ragazza esitò prima di rispondere e controllò l’ora
esatta sul suo orologio.
Appena le nove e quaranta. Era presto.
Danny
l’avrebbe aspettata per pranzo, di sicuro non si sarebbe
azzardato a fare
troppe domande su come mai non era tornata subito a casa dopo aver
fatto la
spesa.
Lei
non aveva granché da fare, se non rientrare entro un orario
decente, così da
avere più tempo per preparare il pranzo.
“Clarissa?
Ci sei ancora?” la richiamò il ragazzo.
Lei
si riscosse e balbettò in risposta: “Sì, sì,
scusami, stavo pensando a cosa
avevo da fare, ma… sono libera, ok, possiamo vederci! Dove sei
adesso?”
“Al
momento in biblioteca, esco tra cinque minuti… ci vediamo al
bistrot? È a due passi
da lì…”
“Al
bistrot? Non hai fatto colazione?”
“Indovinato…
Tu sì?”
“A
dir la verità… un po’ di fame ce
l’ho…”
“Allora
ti invito ufficialmente al bistrot per universitari di Watford! Che
appuntamento galante, très charmant!”
scherzò Daniel con una risatina, che la sua amica
ricambiò aggiungendo: “Va
bene, ma solo se offri tu, da bravo gentiluomo!”
“Certo,
per chi mi hai preso?! Devo però dire che tremo all’idea,
perché tu, a dispetto
del tuo fisico, mangi per tre!” la schernì lui, sempre
ridendo.
Clarissa
esclamò fingendosi offesa: “Voi francesi siete veramente
degli indelicati!
Fammi mettere in moto, ti raggiungo prima che tu abbia il coraggio di
darmi
anche della ritardataria!”
“D’accordo,
allora a tra poco! Permalosa!”
“Ciao,
scemo!”
Ridacchiò distrattamente mentre riponeva
il
telefono nella borsa e si allacciava la cintura.
~~~
Si
sistemò i capelli lisci
in un ordinato chignon, fissando arcigna lo schermo del suo computer
sistemato sul
suo tavolo da lavoro, come lei adorava definirlo.
Il capo le stava facendo
pressione attraverso un’altra e-mail e lei odiava la pressione,
odiava sentirla
premere sul suo cranio e farle scoppiare la testa.
Nonostante ciò non voleva
assolutamente mollare.
Aveva raccolto del
materiale, era a buon punto. Per il suo principale avrebbe potuto
semplicemente
chiuderla lì e consegnargli l’articolo, uno dei tanti,
ignorato in mezzo ai
tanti trafiletti di gossip, voci di corridoio, indiscrezioni scritte in
termini
maliziosi e civettuoli.
Aveva ascoltato i pareri
di tanti, arrivando spesso a pagare o a registrare le conversazioni di
nascosto
con il suo lettore MP3: Danny e Clarissa, Clarissa e Danny, loro due
non erano
la coppia perfetta che tutti immaginavano.
C’era chi malignava su di
lei, così angelica a vedersi quanto arpia e bacchettona
estenuante nel privato.
Altri semplicemente non la
vedevano fatta per lui, il chitarrista dei McFly, il latin lover,
l’eterno
bello e impossibile.
All’inizio si trattava
solo di spulciare tra i pettegolezzi, unirli in un minestrone unico e
farli
pubblicare, giusto per fare un po’ di soldi sulla
curiosità stupida dei
lettori.
Poi la faccenda era
diventata personale.
Erotici.
La perfetta giovane rock
star, un ragazzo simpatico, alla mano, disinvolto con la sua sigaretta
tra le
dita e da spogliare con gli occhi.
Più Cassie lo guardava,
più si chiedeva cosa diamine ci facesse con una come Clarissa,
la più anonima
ragazza del mondo.
Scialba, priva di personalità, insopportabile nella
sua perfetta innocenza.
Come diavolo era
possibile?
Ma aveva dei difetti, sì,
decisamente.
Prima di tutto, era poco
attenta al suo uomo, decisamente distratta: l’aveva seguita a
debita distanza
negli ultimi tempi, sapeva che orari aveva al lavoro, che tipo di
persone
frequentava… e più volte l’aveva vista passeggiare
e chiacchierare
amichevolmente con quel ragazzetto che lavorava con lei in libreria.
Fare un tratto di strada
verso casa doveva sembrare molto romantico. Per Cassie certi episodi
erano come
una manna dal cielo.
Lei ci aveva provato in
tutti i modi ad accorciare i tempi, a rendere le cose più facili
e a fare colpo
su Danny, ma a quanto pareva lui era un irrecuperabile caso di uomo
fedele,
oppure era lei stessa a non essere stata ancora sufficientemente chiara
con
lui. Avrebbe presto risolto quell’inconveniente.
Ma una mossa sbagliata da
parte della fidanzata santarellina doveva pur avvenire per sferrare il
colpo
decisivo. Ed il suo intuito le diceva di aspettare e di avere fiducia,
perché
quel commesso dal’accento straniero sembrava molto interessato
alla biondina,
quasi deciso ad intrigarla.
Senza che lui lo sapesse,
era diventato un suo complice, avrebbe quasi voluto dargli un compenso,
fargli
trovare una banconota da cinquanta nella buca delle lettere senza alcun
preavviso o motivo.
Ma prima i risultati. Erano
quelli che Cassie voleva vedere.
Dopodiché avrebbe avuto il
suo scoop, il suo primo vero scoop.
Il capo le avrebbe offerto
un aumento, forse una promozione!
E lei avrebbe portato a
casa sia i soldi che Danny. Ne era più che certa.
Avrebbe fatto boom. Ma non
nella sua testa.
Nel giornale per il quale
scriveva.
Nella vita di Danny.
Nella vita di quella
povera sciacquetta.
Che comunque era molto
fotogenica.
~~~
Per reprimere
il desiderio
di fumare, Danny si era messo a svuotare il frigo con costante
lentezza: dopo
un budino al cioccolato era il turno di una grossa fetta di formaggio
fresco;
se la stava gustando in cucina, in piedi davanti ai fornelli mentre con
una
mano indagatrice si stava tastando il collo e la nuca per percepire
l’eventuale
presenza di bernoccoli.
Il campanello suonò
all’improvviso e lo fece sobbalzare sul posto per lo spavento
preso in mezzo al
silenzio della casa.
Andò ad aprire la porta in
fretta, credendo che Clarissa avesse dimenticato il proprio mazzo di
chiavi.
Il sottile sorriso che
aveva iniziato a tendere si ritirò quasi all’istante alla
vista di Cassie.
La salutò con un borbottio
ed un cenno del capo… “Cassie…” , facendole
capire che non era affatto contento
di vederla.
“So che sei
arrabbiatissimo con me…” esordì lei, l’aria
pentita di chi sapeva di aver
sbagliato “Ho appena finito di litigare con Harry, ho cercato di
spiegarmi, ma…
è evidente che lui non vuole sentire ragioni… Così
sono venuta da te speran-“
“Se vuoi, posso
tranquillamente dirti che hai fatto la cosa giusta e poi tornarmene in
casa,
così chiudo la questione in modo facile e veloce, come hai fatto
tu” la
interruppe bruscamente il chitarrista.
Cassie si morse il labbro
inferiore con aria sempre più colpevole.
Si aspettava una reazione
simile dopo la scenata di Harry, ma era decisa a rimediare. A modo suo.
“Danny, ti prego,
ascoltami almeno tu, è da quando è successo che sto da
cani, non riesco neanche
a guardarmi allo specchio e… mi sento una perfetta stronza, so
che non avrei
dovuto-“
“No che non avresti
dovuto, cazzo!” la aggredì Danny, innervosito “Se
non si regge l’alcol, allora
non si beve!”
Finì la frase e subito si
rese conto di quanto suonasse ridicola in bocca a lui, proprio a lui;
ebbe
voglia di mordersi la lingua e anche Cassie lo fissò basita per
qualche
istante, come se avesse pensato la stessa identica cosa.
Tornò alla carica dopo
pochi secondi, supplicandolo: “Fammi entrare e ti
spiegherò ogni cosa, Danny.
Davvero… Io vorrei che almeno tu mi parlassi… Harry
adesso è furioso con me,
non so che f-“
“Va bene, ok, entra” si
arrese infine il ragazzo, scostandosi svogliatamente dalla soglia di
casa per
farla passare “Ma solo pochi minuti!”.
Perciò le sembrò sincera.
La ascoltò con attenzione, anche se mantenne un’aria
scettica per tutta la
durata del suo discorso…
“Cassie, io resto del
parere che avresti dovuto rimanere a casa quella sera…”
l’ammonì lui, scuro in
volto.
La ragazza obiettò: “Ma
come potevo sapere che sarebbe finita così?! Tutti stavamo
bevendo, ma ce la
stavamo spassando senza fare del male a nessuno! Ti giuro che non so
cosa mi è
preso!!!”
“Non sai cosa ti è preso!”
fece eco l’altro, seccato.
“No, Danny, no!” affermò
lei con forza “Ho fatto delle cose che normalmente neanche mi
sognerei di
pensare! Ti ho messo in imbarazzo, ho fatto una figura da sgualdrina,
ho
praticamente umiliato Harry e ho causato tutto il resto! Non hai idea
di come
mi sento…”
“Io ho un tremendo mal di
testa, un week end andato a puttane e una settimana di anitodolorifici!
Harry
ha il labbro spaccato! Fai un po’ tu!!”
“Farei qualsiasi cosa per
tornare indietro e… starmene a casa, come dici tu. Sul serio,
Danny…” gli disse
la ragazza, intristita e con lo sguardo basso “Adesso voglio
chiedere scusa a
tutti, voglio poter rimediare, perché Harry è un ragazzo
speciale per me, non
voglio rovinare quello che c’è tra di noi… e poi ci
siete voialtri, come faccio
a guardarvi in faccia adesso? Vorrei poter far sì che voi vi
fidiate di nuovo
di me…”
Non che Danny
avesse mai
pensato di fidarsi di Cassie o di considerarla una grande amica, ma la
pietà
che provava nei suoi confronti, mista ad un briciolo di comprensione,
lo fece
riflettere.
“Mio Dio, non dirmi che
Clarissa adesso sa che io ho… insomma, che ti ho
provocato?” avanzò Cassie
ansiosamente.
Il chitarrista annuì
gravemente, spiegandole che la sua ragazza aveva saputo tutta la storia
da Tom
e Dougie.
“So che da sobria non lo
avresti mai fatto, quindi… non farti troppe paranoie, anche
Claire lo ha
capito…”
“E’ così imbarazzante… Mi
vorrei sotterrare…”
“Harry non ha voluto darti
ascolto?”
“E come poteva? Era
sconvolto, ferito, stanco… Ha tutte le ragioni del mondo per non
volermi vedere
adesso! Lo chiamerò a breve comunque… Vorrei potergli
stare vicino e spiegarmi
anche con lui… Tu mi credi?”
Davanti agli occhi lucidi
di quella poveretta, Danny annuì, anche se senza troppa
convinzione.
Cassie si strinse
timidamente a lui, replicando: “Sono contenta di questo! Avevo
così tanto
bisogno di parlare, di sfogarmi, di spiegare tutto quanto…
Grazie, Danny,
grazie, non so come tu faccia a sopportarmi in questo
momento…”
Ed infatti la tollerava a
malapena, ma cos’altro avrebbe dovuto fare? Tirare un pugno anche
a lei,
sbatterle la porta in faccia? No, perché era una donna, e per di
più era una
donna stupida, ma pentita. Lo aveva involontariamente intrappolato e
non c’era
più scampo ormai, doveva sostenerla, incoraggiarla, consolarla.
“Dobbiamo tutti prenderci
un po’ di tempo per riflettere e per… rientrare nei
ranghi…” le spiegò, rigido
nella sua posizione seduta mentre Cassie lo abbracciava con trasporto
“Credo
che allora potremmo parlarne tutti insieme e chiarire, non è
successo niente di
irreparabile…”
L’altra si scostò per
guardarlo negli occhi da molto vicino e gli disse con aria
riconoscente:
“Adesso comincio a sentirmi meglio, sai? Temevo di non riuscire a
trovare
neanche un’anima disposta ad ascoltarmi…”
“Sì, bé… Tutti sbagliamo,
è umano…” farfugliò il chitarrista,
all’affannosa ricerca di qualche parola di
circostanza adatta a quel momento imbarazzante che avrebbe voluto far
passare
il più velocemente possibile.
Cassie tornò a stringerlo
a sé con più slancio e a lui non restò che
ricambiare l’abbraccio per non
sembrare maleducato o anche solo per non far sì che lei stessa
gli mettesse le
braccia intorno alla sua vita.
~~~
“Il suo
è stato un gesto
stupido…”
“C’è da dire che aveva
anche bevuto… Non era proprio in sé…”
“Ancora peggio allora, non
pensi? Al suo posto, io non sarei andato in giro ad ubriacarmi la sera
prima di
partire per un viaggio…”
“Dan, tu non conosci i
ragazzi, non hanno mai fatto chissà quali danni, neanche dopo
dieci birre…”
“C’è sempre una prima
volta, come hai potuto notare…”
Clarissa
abbassò gli occhi
sul suo tè alla pesca, quasi terminato e con alcune briciole di
biscotti sul
fondo della tazza; Daniel addentò con disinvoltura il suo
cornetto e aspettò
una sua replica che però non arrivò, con sua grande
soddisfazione. Dopo aver
ingoiato il boccone dolce continuò: “Mi dispiace di essere
stato tanto…
triviale. Ma ho tratto le mie conclusioni da quel che hai raccontato,
Claire.
Con questo non voglio giudicare Danny o i suoi amici! Voglio solo dire
che
hanno fatto una grossa stupidaggine e che lui avrebbe dovuto astenersi
dal bere
per primo. Sarebbe stato chiedere troppo?”
La ragazza scosse la testa
e tornò a guardarlo nel rispondergli imbarazzata:
“Lui… è fatto così… Vuole
divertirsi, divertirsi… e a volte si dimentica tutto il
resto…”
“Oh, andiamo!” si agitò il
ragazzo “Non si sarà dimenticato di te, voglio
sperare!”
Ignara dei doppi fini di
lui, Clarissa fece per dire qualcosa ma si bloccò subito,
assumendo invece
un’espressione interdetta ed improvvisamente risentita, ferita.
“… No!” replicò infine,
ricomponendosi e cercando di apparire sicura di sé.
Daniel fece spallucce,
annuì e ribatté: “Vogliamo dire che… non
sapeva a cosa stava andando incontro,
che non sapeva che bere alcool fa diventare alticcio chiunque, dopo
una, due,
dieci, cento birre?”
“Piantala di… di fare
insinuazioni!” l’accusò l’altra, infastidita
ma vacillante nella sua
convinzione.
“Clarissa, io sto
semplicemente facendomi delle domande!” si difese il ragazzo.
“Questi sono giudizi belli
e buoni! È per questo che ti sto dicendo di smetterla!”
“Va bene, va bene, e così
sia!” sbottò il francese.
“Bene!”
“Certo, non si può dire
che il tuo fidanzato non sia intoccabile… è un uomo
fortunato!”
Quella frecciatina
sarcastica la fece riflettere mentre Daniel si stava alzando per pagare
il
conto e andarsene. Gli andò dietro e appena fuori dal bistrot
disse: “Danny non
è intoccabile. Sono io che…”
Il ragazzo la fissò, in
attesa. “Che… cosa?” ripeté.
Clarissa si sistemò una
ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, guardò altrove
con aria ansiosa e rispose:
“Che… che a volte lo idealizzo. Lo sopravvaluto.”
Non lo vide arrivare
accanto a lei, ma sentì il suo braccio sulle spalle e la sua
voce gentile che
le diceva: “E’ normale, Claire. Sbagliare è umano.
Vieni, facciamo un giro, non
parliamone se non vuoi…”
Iniziando a camminare con
lui verso il centro, quasi protetta dalla sua stretta, si sentì
quasi sollevata
per aver finalmente detto la verità, a lui come a se stessa.
Nonostante questo, non
riuscì a non fare caso ad un senso di delusione che si stava
dilatando come una
macchia d’olio su una tovaglia, tra le fibre del cotone. Nella
sua fibra.
Come aveva scritto un
famoso poeta di cui non aveva voglia di ricordare il nome, si sentiva
più
saggia e più triste, infinitamente più triste. E tornare
a casa, con Danny che
l’aspettava… No, avrebbe voluto decisamente essere
altrove. Con Daniel. A
parlare di tutto e di niente.
“Claire, vieni in salotto? C’è Cassie…”
Quel nome le
diede una
sorta di scossa elettrica alla schiena. Si irrigidì
all’istante per poi
camminare con passo deciso verso il salotto.
Cosa stava facendo quella
snobista sul suo divano accanto al suo ragazzo? Cosa voleva?
La guardò frastornata e
non seppe reagire davanti ai suoi occhi imploranti perdono.
“Ciao Clarissa…” azzardò
l’ospite indesiderata, alzandosi in piedi e andandole lentamente
incontro;
quasi automaticamente l’altra indietreggiò di un passo e
Danny intervenne
dicendo: “Cassie è venuta a chiederci scusa, è
arrivata mentre eri ancora fuori
e… mi ha spiegato un po’ di cose”.
“Non sai quanto mi ha
fatto bene venire qui e trovare una faccia amica che mi ha dato
ascolto,
Claire…” aggiunse la ragazza.
Clarissa per poco non
trasalì, tanto era scandalizzata.
“Avete parlato” constatò,
sulla difensiva. Cassie e Danny annuirono serenamente e lei
ribatté con fredda
tranquillità: “Perfetto. Il problema è
risolto”.
“Come, scusa…?” replicò
l’altra, confusa.
Danny provò ad opporsi:
“E’ venuta a scusarsi anche con te per-“
“Ragazzi!” li richiamò
all’ordine lei, decisa “Quella sera io non c’ero. Ho
avuto le risposte che
cercavo e tutte le spiegazioni del caso. Non facciamone un dramma
e…
chiudiamola qui. Francamente comincio a non poterne più”.
Il chitarrista fissò la
sua fidanzata sbalordito, cercò inutilmente il suo sguardo per
tentare di
capire come mai stesse parlando così. Cassie, in compenso,
annuì fin troppo
velocemente e commentò con un sorriso: “Stai facendo la
cosa giusta, Claire…
Grazie per aver capito, davvero…”.
Clarissa ricambiò con una
smorfia fintamente soddisfatta e la salutò frettolosamente con
la scusa di
dover preparare il pranzo; fu Danny ad accompagnarla alla porta.
“Grazie ancora di tutto,
Dan… Non lo dimenticherò!”
“Oh, figurati…”
“Adesso andrà tutto per il
meglio, ne sono certa… Se non ci fossi stato tu… con
Claire…”
“Adesso non esag-“
Lo abbracciò
all’improvviso, facendo finire parte dei capelli lunghi nella sua
bocca. Il
ragazzo sputacchiò via stordito le ciocche e strinse
tiepidamente il busto
della ragazza, che fortunatamente concluse il suo ennesimo attacco di
gratitudine nel giro pochi attimi per poi andarsene definitivamente.
Quando fece il suo
ingresso in cucina, trovò Clarissa concentrata su un pollo da
tagliare a pezzi.
“Vuoi una mano?” le
domandò.
Preceduta dal suono secco
delle forbici che spezzavano le ossa delle ali, la fidanzata lo
informò: “Le
tue medicine sono sul mobile dell’ingresso, nel sacchetto
piccolo”.
“Ah, ok, grazie…” ribatté
l’altro, vagamente spiazzato “Tu… stai bene? Ti vedo
un po’ scossa…”
“Sto benissimo. Mi
stupisce solo il fatto che tu inviti certa gente a casa. Ma
l’appartamento è
tuo…” insinuò lei senza neanche guardarlo,
bensì rimanendo con gli occhi fissi
sul pollo.
“Te l’ho detto, era venuta
per chiederci scusa e… mi ha spiegato com’è andata,
aveva bevuto anche lei e se
fosse stata sobria non avrebbe certo fatto niente di tutto quel-“
“Già” lo interruppe la
bionda, scattando nei suoi occhi con i propri, fredda e furiosa
“Ma lei non era
sobria. E neanche tu. E nemmeno Harry. Avevate bevuto. Non avevate
pensato ad
altro, evidentemente…”
“Claire… Ma perché non mi
fai fini-“
“Danny. Se tu mi fai
incazzare adesso più di quanto già non lo sia, va a
finire che il pranzo te lo
prepari da solo e che a me passa l’appetito. E io ho fame, va
bene?”
“… Ok, ma…”
“Per favore… Stai zitto…”
~~~
Visitando il
suo profilo
su Facebook quello stesso pomeriggio, smaltì svogliatamente le
decine di
messaggi privati e notifiche, pensando annoiata che avrebbe dovuto
connettersi
un po’ più spesso per non farsi crollare addosso quelle
montagne virtuali di
posta.
In mezzo al nuovo
materiale da visionare, trovò alcuni inviti ad improbabili feste
di vario tipo,
sicuramente spediti da gente che doveva fare pubblicità a locali
ed eventi; tra
questi ultimi, uno veniva da Daniel e riguardava l’ormai
celeberrimo locale da
lui nominato fino allo sfinimento. Ci cliccò sopra mentre
scuoteva la testa con
un sorriso: quasi sperava che se ne fosse dimenticato. Macché,
era deciso ad
andarci, con lei.
Si trattava di una festa
in grande stile: DJ, solo musica in linea con il tema prescelto, prima
bevuta
gratis per tutti, ambiente spazioso e super addobbato, promozioni per
gli
studenti e persino un mini-concorso per il costume più originale
della serata.
La ragazza
decise di
mandare un messaggio a Daniel.
Ciao Dan!
Ho
ricevuto il tuo
invito per andare ad una di quelle cavolo di feste in quel cavolo di
locale in
cui tu vorresti praticamente vivere :P!
Sono
quasi tentata
di cedere e dirti di sì, ma mi dici dove troviamo dei costumi
ottocenteschi???
Io ho un solo abito da cerimonia e non so se andrà bene,
l’ho usato ad un
matrimonio, fammi sapere!
Claire
Dopo
neanche cinque minuti il collega le aveva già risposto,
probabilmente dalla
libreria.
Bonjour
;)!
Non ci
sono problemi
per i costumi!!! Se mi dici di no solo per questo dovrò pensare
che ti sto
antipatico :P:P:P!
Io ho
trovato un
paio di bei completi da uomo in stile ottocentesco su Internet e ne ho
ordinato
uno, mi dovrebbe arrivare nel giro di cinque giorni, e considerando che
la
festa è tra dieci giorni… pas de problème! Per
quanto riguarda il tuo vestito,
secondo me puoi stare tranquilla: se non è dal taglio troppo
moderno puoi
mettere tranquillamente quello! Se vuoi ordinare un costume, invece,
contattami
e lo cerchiamo insieme!
Dany
Si
grattò pensierosa la testa, ponderando su come modificare il
proprio vestito da
damigella, quando Danny interruppe i suoi pensieri arrivando in camera.
Le si
sedette accanto, nel letto, ma senza sbirciare sullo schermo del pc.
“Che
stai facendo?” s’incuriosì.
“Niente,
mi aggiornavo su Facebook…” fu la risposta laconica.
“Ho
preso la prima pasticca…” la informò lui,
speranzoso di ricevere un po’ della
sua attenzione.
“Ricordati
che devi prenderne una ogni 12 ore e che l’altra pastiglia devi
prenderla solo
se il dolore dovesse aumentare…” l’avvertì
lei, voltandosi a guardarlo. Danny
ne fu contento, le sorrise e annuì.
“Mi
dispiace per prima…” osò, allungando una mano per
sfiorarle un braccio “Cassie
è piombata in casa senza avvertire. Mi ha riempito la testa di
scuse, voleva
sfogarsi e spiegare le sue ragioni…”
Clarissa
replicò con una smorfia indispettita: “Mi ha dato fastidio
vederla dopo quel
che ha fatto…”
“E’
passato, amore… Non c’è stato niente…”
“Lo
so… Lo so… Ad ogni modo, sarei stata meglio senza
vederla…”
“E
invece con me come la metti?”
La
domanda la spiazzò, ma lei non lo diede a vedere.
“Come
metto cosa?” chiese, facendo la gnorri.
“Non
sopporti neanche me?”chiese l’altro a bruciapelo.
Clarissa
sospirò, spense il computer e si sdraiò, stanca.
“Se
vuoi saperlo, sto provando a non essere incazzata con te…”
gli spiegò “Mi serve
del tempo…”
“E…io
posso fare qualcosa?”
La
ragazza deglutì nervosamente, distolse lo sguardo dal suo ed
incrociò le
braccia sul petto; non si ritrasse quando la mano di Danny finì
sul suo viso
teso.
“Se
ti lasci aiutare da me… possiamo provare ad uscirne indenni. Che
ne dici?” le
propose a bassa voce, scivolando più vicino a lei.
Clarissa
si girò su un fianco per guardarlo negli occhi e non disse
niente: lo baciò in
fronte e lo strinse a sé, le lacrime agli occhi di entrambi.
Danny
chiuse gli occhi e sorrise speranzoso nell’incavo del suo collo.
Clarissa
tirò su con il naso e colse il proprio riflesso nello specchio.
Era
disperata.
Il titolo del capitolo è preso direttamente dalla mcsong "Corrupted". No scopo di lucro!