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Autore: Ciribiricoccola    07/11/2010    1 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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clarissa

Pensavate che non avrei più aggiornato, vero?
Sono contenta di dovervi contraddire, anzi, mi scuso con voi per avervi fatto aspettare così tanto: il mio pc è momentaneamente "all'ospedale", mi devo arrangiare con quello di mia sorella, 30 volte più lento, anche per quanto riguarda i programmi per l'impostazione dell'HTML!
Rimedio con un capitolone farcito di ansia e torture psicologiche e, facendo una piccola e veloce statistica... posso dirvi che al momento clou mancano circa 2 capitoli, o uno e mezzo, ancora devo decidere! Tenete duro, dài!!!!!!
Per adesso vi auguro buona lettura... Non mi abbandonate, vi prego :D!

Ciry

***

Dato che le sue ferie erano diventate praticamente forzate, ne approfittò per recuperare quel poco sonno che la levataccia mattutina le aveva tolto: si appisolò sul divano per un paio d’ore senza mai cadere in un sonno profondo, e al suo risveglio notò dall’immobilità aleggiante nell’appartamento che Danny era ancora a letto. Si decise ad andare a vedere come stava…

Scivolò silenziosamente attraverso la porta socchiusa e non riuscì a reprimere un lieve sorriso.
Dormiva composto, a pancia in su, con la schiena perfettamente aderente al materasso e la testa sostenuta da due cuscini, sembrava un anziano allettato ed in anticipo sui tempi.
Di solito, più aveva sono e più si addormentava in improbabili posizioni degni di un trapezista, tanto che più di una volta lei lo aveva rimbeccato perché si raggomitolava nelle lenzuola, lasciandola senza uno straccio di coperta, o per via di qualche gomitata involontaria nel cuore della notte, durante un acrobatico cambio di posizione.

“Danny…” lo chiamò piano con una mano appoggiata sul suo petto. Non vi fu risposta.
“Dan…?” ripeté, scuotendogli leggermente il torace. Non sentì nessuna replica.
Era assolutamente immobile, praticamente sordo e cieco ad ogni richiamo.
Sembrava quasi che…
“Danny… Danny…”. Cominciò a invocare il suo nome a voce più alta, a prenderlo a schiaffetti sul viso. Dopo pochi secondi lo vide svegliarsi, frastornato.
Balbettò qualcosa d’incomprensibile e Clarissa smise di schiaffeggiarlo, sentendosi immediatamente sollevata; il cuore recuperò i suoi battiti regolari.
“Che… che c’è?” bofonchiò il ragazzo, confuso.
“… Non mi sentivi!” esclamò lei, contenendo il suo spavento.
Il chitarrista sbuffò in un accenno di risata e replicò strusciandosi le mani sugli occhi: “Scusami, sono… mi sento rincoglionito…”
La sua ragazza ignorò i suoi sorrisi e continuò: “Io sto uscendo… Vado in farmacia a comprarti gli antidolorifici, ok? Non ci metterò molto…”
“Va bene…”
“Non alzarti se proprio non è necessario, ok?”
“Ma la testa non mi fa più così male…”
“Aspetta ancora un po’, Dan. Riposati e dopo pranzo ne riparliamo, d’accordo?”
“…Ok, hai ragione…”
“E togli un cuscino, o diventerai gobbo…” sospirò infine Clarissa, tirando via delicatamente uno dei due guanciali da sotto la sua testa. Danny non protestò e si riadagiò a letto mantenendo un silenzioso timore nei suoi confronti.
La osservò riporre il cuscino nell’armadio di fronte al loro letto, prendere un paio di jeans e una giacca e sparire nel bagno senza più degnarlo di uno sguardo.
Alzò gli occhi verso il soffitto e sospirò preoccupato.

Giuro che se ci va bene anche stavolta non farò più il coglione, lo giuro, lo giuro, ma ti prego, fa che non mi mandi a fare in culo, ti prego…

Si sentì in imbarazzo con se stesso a causa di quella specie di preghiera rivolta a chissà chi, probabilmente ad un Dio che non aveva mai preso troppo in considerazione nella sua vita.
Aveva bisogno di lei, voleva le sue cure, le sue premure, ma non così.
Era insofferente, quasi sembrava un robot.
Ed era colpa sua, sì, lo sapeva molto bene. L’aveva ferita, si era reso ridicolo ai suoi occhi.
Non era mai stata un tipo da scenate o da decisioni impulsive e drastiche: non l’aveva mai sentita urlargli addosso, né l’aveva mai minacciato di lasciarlo, di tornarsene a casa propria.
Ma era anche vero che quello che stavano affrontando era il loro primo vero periodo nero, il loro primo momento post- litigio.
Clarissa non parlava. Faceva quel che doveva fare, ma senza alcuna energia, senza sorrisi, senza passione. Niente. Se ne stava in silenzio e questo gli faceva paura, perché erano già passate diverse ore e ancora non era riuscito a farle tornare il sorriso, a ristabilire la pace, neanche a parlare con lei.
Avrebbe fatto qualunque cosa per rimediare, però sentiva che doveva essere lei a permetterglielo; in quel momento, qualsiasi cosa avesse fatto per sistemare la faccenda avrebbe solo peggiorato la loro situazione, sarebbe risultata inopportuna.
Detestava avere le mani legate, ma non era nella posizione di poter scegliere. Si limitò a fissare il soffitto con rassegnazione ed il mal di testa tornò a farsi sentire…

“Io vado…” gli annunciò Clarissa pochi minuti più tardi, pronta per uscire “Hai bisogno di qualcos’altro?”
Danny fece per scuotere il capo, ma poi azzardò una richiesta avventata… : “Sigarette?”
“Credo che tu possa farne a meno per una settimana… Ma se insisti…” rispose lei con fare laconico, incrociando le braccia sul petto.
Il ragazzo si schiarì la voce per poi opporsi con aria pentita: “No, è vero. Non comprarle, no, posso anche stare senza per qualche giorno…”
“Ok, allora… vado…”
“… Ok…”
Scomparse dalla sua vista dopo quel saluto scialbo, se quello poteva considerarsi un saluto.
Si passò una mano sulla fronte e gonfiò il petto per prepararsi ad un grande, deluso sospiro…
“Ho dimenticato…”
Se la ritrovò di nuovo davanti, le mani impegnate a cercare qualcosa nella borsa.
“… Gli spicci. Sono rimasta senza” lo informò vedendolo sbalordito.
Aprì il cassetto del suo comodino e ne tirò fuori una piccola scatola contenente un sacco di monete, sempre utili nei casi di emergenza; ne prese una manciata, li mise nel portafogli e restò accucciata accanto al letto, rivolgendo lo sguardo verso di lui. Uno sguardo dubbioso.
Il chitarrista quasi si sentì in dovere di parlare.
“Sei… sei ancora molto arrabbiata?” domandò timidamente.
La ragazza si alzò e lo squadrò mentre faceva il giro del letto per raggiungerlo.
“Un po’…” gli rispose una volta seduta sul bordo, accanto a lui.
Lui mise la mano sulla sua e propose esitante: “… Vuoi che ne parliamo?”
Clarissa scosse impercettibilmente la testa e rispose: “Adesso no. Ho da fare e ancora non sono del tutto lucida. Ma grazie per esserti preoccupato…”
Gli sfiorò una guancia con tenerezza e gli diede un piccolo bacio in fronte per poi salutarlo.
Danny le sorrise, sinceramente rincuorato, e ricambiò con un gesto della mano.
Ci aveva tanto sperato e alla fine era accaduto: uno spiraglio si era aperto nella corazza della sua fidanzata.
Avrebbe dovuto fare molta attenzione da quel momento in poi, ma si sentiva piuttosto coraggioso.
Riconquistare la sua fiducia. Faceva paura il solo pensiero.
Ma quel bacio innocente era il suo portafortuna e non lo avrebbe sprecato.
Chiuse gli occhi per dormire ancora un po’ e tentò di girarsi lentamente su un fianco, muovendo piano la testa; miracolosamente non ci nessuna dolorosa conseguenza e poté assopirsi in santa pace.

 

 

~~~

 

 

Dopo aver ringraziato il farmacista, Clarissa uscì dal centro commerciale con il sacchetto degli antidolorifici in una mano e quello della spesa nell’altra; sistemò tutto nella sua piccola utilitaria e si mise a cercare le chiavi dell’auto nella borsa, ma al loro posto estrasse il cellulare che stava squillando; credendo che Danny la stesse chiamando, rispose velocemente senza neanche guardare lo schermo.

“Pronto?”
Bonjour, Clarissa!”
Dopo un istante di perplessità e stupore, si stampò una mano in fronte, tornando con la mente alla famosa chiamata che avrebbe dovuto fare a Daniel per spiegargli che non era a Dublino in quel momento.
“Daniel, ciao!...” lo salutò nervosamente.
“Ciao! Sento un po’ di confusione, sei occupata? Sei già immersa nel verde irlandese?”
La ragazza rivolse gli occhi al di là del finestrino, verso il traffico tranquillo della strada, e replicò con tranquilla disinvoltura, sorprendendosi di se stessa: “Sai, non sono più partita!”
Silenzio dall’altra parte. Poi il ragazzo esclamò esterrefatto: “Come, scusa?!”
“Esatto… Sono sempre qui…” precisò l’altra, tentando di mantenere un tono sereno.
“Ma… avevi i biglietti!!! Cos’è successo?!” insistette il francese, preoccupandosi.
“Sai, Danny… Danny si è fatto male poco prima della partenza e adesso deve stare a casa…” spiegò Clarissa con imbarazzo; fortunatamente attraverso il telefono il suo collega non poteva vederla arrossire.
Daniel ribadì con un’ombra di stizza nella voce: “Ma è incredibile… Senti, mi sembra da stupidi stare a parlare al telefono così quando siamo entrambi a Watford! Possiamo vederci e parlarne? Se ti va…”
La ragazza esitò prima di rispondere e controllò l’ora esatta sul suo orologio. Appena le nove e quaranta. Era presto.
Danny l’avrebbe aspettata per pranzo, di sicuro non si sarebbe azzardato a fare troppe domande su come mai non era tornata subito a casa dopo aver fatto la spesa.
Lei non aveva granché da fare, se non rientrare entro un orario decente, così da avere più tempo per preparare il pranzo.
“Clarissa? Ci sei ancora?” la richiamò il ragazzo.
Lei si riscosse e balbettò in risposta: “Sì, sì, scusami, stavo pensando a cosa avevo da fare, ma… sono libera, ok, possiamo vederci! Dove sei adesso?”
“Al momento in biblioteca, esco tra cinque minuti… ci vediamo al bistrot? È a due passi da lì…”
“Al bistrot? Non hai fatto colazione?”
“Indovinato… Tu sì?”
“A dir la verità… un po’ di fame ce l’ho…”
“Allora ti invito ufficialmente al bistrot per universitari di Watford! Che appuntamento galante, très charmant!” scherzò Daniel con una risatina, che la sua amica ricambiò aggiungendo: “Va bene, ma solo se offri tu, da bravo gentiluomo!”
“Certo, per chi mi hai preso?! Devo però dire che tremo all’idea, perché tu, a dispetto del tuo fisico, mangi per tre!” la schernì lui, sempre ridendo.
Clarissa esclamò fingendosi offesa: “Voi francesi siete veramente degli indelicati! Fammi mettere in moto, ti raggiungo prima che tu abbia il coraggio di darmi anche della ritardataria!”
“D’accordo, allora a tra poco! Permalosa!”
“Ciao, scemo!”
Ridacchiò distrattamente mentre riponeva il telefono nella borsa e si allacciava la cintura.

E’ ancora meglio che parlare con Anne, perché… lui è davvero troppo… carino e divertente. Sì, carino e divertente.

Era contenta al pensiero di potersi distrarre un po’ e si ripromise di godersi quell’oretta che doveva venire, anche solo per non soccombere del tutto sotto il peso della tensione che aleggiava in casa.

 

 

~~~

 

 

Si sistemò i capelli lisci in un ordinato chignon, fissando arcigna lo schermo del suo computer sistemato sul suo tavolo da lavoro, come lei adorava definirlo.
Il capo le stava facendo pressione attraverso un’altra e-mail e lei odiava la pressione, odiava sentirla premere sul suo cranio e farle scoppiare la testa.
Nonostante ciò non voleva assolutamente mollare.
Aveva raccolto del materiale, era a buon punto. Per il suo principale avrebbe potuto semplicemente chiuderla lì e consegnargli l’articolo, uno dei tanti, ignorato in mezzo ai tanti trafiletti di gossip, voci di corridoio, indiscrezioni scritte in termini maliziosi e civettuoli.

No.

Harry le aveva davvero aperto un mondo, quindi perché non prenderselo? Perché non approfittarne?
Aveva ascoltato i pareri di tanti, arrivando spesso a pagare o a registrare le conversazioni di nascosto con il suo lettore MP3: Danny e Clarissa, Clarissa e Danny, loro due non erano la coppia perfetta che tutti immaginavano.
C’era chi malignava su di lei, così angelica a vedersi quanto arpia e bacchettona estenuante nel privato.
Altri semplicemente non la vedevano fatta per lui, il chitarrista dei McFly, il latin lover, l’eterno bello e impossibile.
All’inizio si trattava solo di spulciare tra i pettegolezzi, unirli in un minestrone unico e farli pubblicare, giusto per fare un po’ di soldi sulla curiosità stupida dei lettori.
Poi la faccenda era diventata personale.

Danny era bello da star male, era l’uomo dei suoi sogni.
Erotici.
La perfetta giovane rock star, un ragazzo simpatico, alla mano, disinvolto con la sua sigaretta tra le dita e da spogliare con gli occhi.
Più Cassie lo guardava, più si chiedeva cosa diamine ci facesse con una come Clarissa, la più anonima ragazza del mondo.
Scialba, priva di personalità, insopportabile nella sua perfetta innocenza.

Come diavolo era possibile?
Ma aveva dei difetti, sì, decisamente.
Prima di tutto, era poco attenta al suo uomo, decisamente distratta: l’aveva seguita a debita distanza negli ultimi tempi, sapeva che orari aveva al lavoro, che tipo di persone frequentava… e più volte l’aveva vista passeggiare e chiacchierare amichevolmente con quel ragazzetto che lavorava con lei in libreria.
Fare un tratto di strada verso casa doveva sembrare molto romantico. Per Cassie certi episodi erano come una manna dal cielo.
Lei ci aveva provato in tutti i modi ad accorciare i tempi, a rendere le cose più facili e a fare colpo su Danny, ma a quanto pareva lui era un irrecuperabile caso di uomo fedele, oppure era lei stessa a non essere stata ancora sufficientemente chiara con lui. Avrebbe presto risolto quell’inconveniente.
Ma una mossa sbagliata da parte della fidanzata santarellina doveva pur avvenire per sferrare il colpo decisivo. Ed il suo intuito le diceva di aspettare e di avere fiducia, perché quel commesso dal’accento straniero sembrava molto interessato alla biondina, quasi deciso ad intrigarla.
Senza che lui lo sapesse, era diventato un suo complice, avrebbe quasi voluto dargli un compenso, fargli trovare una banconota da cinquanta nella buca delle lettere senza alcun preavviso o motivo.
Ma prima i risultati. Erano quelli che Cassie voleva vedere.
Dopodiché avrebbe avuto il suo scoop, il suo primo vero scoop.
Il capo le avrebbe offerto un aumento, forse una promozione!
E lei avrebbe portato a casa sia i soldi che Danny. Ne era più che certa.
Avrebbe fatto boom. Ma non nella sua testa.
Nel giornale per il quale scriveva.
Nella vita di Danny.
Nella vita di quella povera sciacquetta.
Che comunque era molto fotogenica.

 

 

~~~

 

 

Per reprimere il desiderio di fumare, Danny si era messo a svuotare il frigo con costante lentezza: dopo un budino al cioccolato era il turno di una grossa fetta di formaggio fresco; se la stava gustando in cucina, in piedi davanti ai fornelli mentre con una mano indagatrice si stava tastando il collo e la nuca per percepire l’eventuale presenza di bernoccoli.
Il campanello suonò all’improvviso e lo fece sobbalzare sul posto per lo spavento preso in mezzo al silenzio della casa.
Andò ad aprire la porta in fretta, credendo che Clarissa avesse dimenticato il proprio mazzo di chiavi.
Il sottile sorriso che aveva iniziato a tendere si ritirò quasi all’istante alla vista di Cassie.
La salutò con un borbottio ed un cenno del capo… “Cassie…” , facendole capire che non era affatto contento di vederla.
“So che sei arrabbiatissimo con me…” esordì lei, l’aria pentita di chi sapeva di aver sbagliato “Ho appena finito di litigare con Harry, ho cercato di spiegarmi, ma… è evidente che lui non vuole sentire ragioni… Così sono venuta da te speran-“
“Se vuoi, posso tranquillamente dirti che hai fatto la cosa giusta e poi tornarmene in casa, così chiudo la questione in modo facile e veloce, come hai fatto tu” la interruppe bruscamente il chitarrista.
Cassie si morse il labbro inferiore con aria sempre più colpevole.
Si aspettava una reazione simile dopo la scenata di Harry, ma era decisa a rimediare. A modo suo.
“Danny, ti prego, ascoltami almeno tu, è da quando è successo che sto da cani, non riesco neanche a guardarmi allo specchio e… mi sento una perfetta stronza, so che non avrei dovuto-“
“No che non avresti dovuto, cazzo!” la aggredì Danny, innervosito “Se non si regge l’alcol, allora non si beve!”
Finì la frase e subito si rese conto di quanto suonasse ridicola in bocca a lui, proprio a lui; ebbe voglia di mordersi la lingua e anche Cassie lo fissò basita per qualche istante, come se avesse pensato la stessa identica cosa.
Tornò alla carica dopo pochi secondi, supplicandolo: “Fammi entrare e ti spiegherò ogni cosa, Danny. Davvero… Io vorrei che almeno tu mi parlassi… Harry adesso è furioso con me, non so che f-“
“Va bene, ok, entra” si arrese infine il ragazzo, scostandosi svogliatamente dalla soglia di casa per farla passare “Ma solo pochi minuti!”.

 

“Quando vi ho visti fare a botte…all’inizio volevo intervenire e farvi smettere, ma poi siete caduti per terra, mi sono sentita spintonare da tutta la gente che stava accorrendo e… poi ti ho visto lì sul pavimento, mi sei sembrato mezzo morto e… Dio, se penso a quanto avevo bevuto… Non ragionavo, credimi!”

Danny non poteva sapere che Cassie gli stava mentendo, che in realtà era fuggita per comodità.
Perciò le sembrò sincera. La ascoltò con attenzione, anche se mantenne un’aria scettica per tutta la durata del suo discorso…

“Sono scappata. Ho trovato un taxi quasi per caso e sono corsa a casa di Harry, avevo le chiavi. E lì mi sono rintanata fino al suo rientro! Non sapevo cosa fare, chi chiamare, avevo la batteria del telefono scarica e avevo solo voglia di vomitare… Non ho pensato a voi, a Harry… Solo il mattino dopo, quando l’ho rivisto, ho ricollegato tutto e avrei voluto spaccarmi da sola la faccia! Sono stata un’idiota incosciente, l’ho lasciato solo mentre… aveva bisogno di me…”
“Cassie, io resto del parere che avresti dovuto rimanere a casa quella sera…” l’ammonì lui, scuro in volto.
La ragazza obiettò: “Ma come potevo sapere che sarebbe finita così?! Tutti stavamo bevendo, ma ce la stavamo spassando senza fare del male a nessuno! Ti giuro che non so cosa mi è preso!!!”
“Non sai cosa ti è preso!” fece eco l’altro, seccato.
“No, Danny, no!” affermò lei con forza “Ho fatto delle cose che normalmente neanche mi sognerei di pensare! Ti ho messo in imbarazzo, ho fatto una figura da sgualdrina, ho praticamente umiliato Harry e ho causato tutto il resto! Non hai idea di come mi sento…”
“Io ho un tremendo mal di testa, un week end andato a puttane e una settimana di anitodolorifici! Harry ha il labbro spaccato! Fai un po’ tu!!”
“Farei qualsiasi cosa per tornare indietro e… starmene a casa, come dici tu. Sul serio, Danny…” gli disse la ragazza, intristita e con lo sguardo basso “Adesso voglio chiedere scusa a tutti, voglio poter rimediare, perché Harry è un ragazzo speciale per me, non voglio rovinare quello che c’è tra di noi… e poi ci siete voialtri, come faccio a guardarvi in faccia adesso? Vorrei poter far sì che voi vi fidiate di nuovo di me…”

Non che Danny avesse mai pensato di fidarsi di Cassie o di considerarla una grande amica, ma la pietà che provava nei suoi confronti, mista ad un briciolo di comprensione, lo fece riflettere.

“Anche io e Harry abbiamo di che chiedere scusa…” iniziò mestamente “Abbiamo fatto una cazzata e adesso ne paghiamo le conseguenze. Siamo più o meno nella stessa barca…”
“Mio Dio, non dirmi che Clarissa adesso sa che io ho… insomma, che ti ho provocato?” avanzò Cassie ansiosamente.
Il chitarrista annuì gravemente, spiegandole che la sua ragazza aveva saputo tutta la storia da Tom e Dougie.
“So che da sobria non lo avresti mai fatto, quindi… non farti troppe paranoie, anche Claire lo ha capito…”
“E’ così imbarazzante… Mi vorrei sotterrare…”
“Harry non ha voluto darti ascolto?”
“E come poteva? Era sconvolto, ferito, stanco… Ha tutte le ragioni del mondo per non volermi vedere adesso! Lo chiamerò a breve comunque… Vorrei potergli stare vicino e spiegarmi anche con lui… Tu mi credi?”
Davanti agli occhi lucidi di quella poveretta, Danny annuì, anche se senza troppa convinzione.
Cassie si strinse timidamente a lui, replicando: “Sono contenta di questo! Avevo così tanto bisogno di parlare, di sfogarmi, di spiegare tutto quanto… Grazie, Danny, grazie, non so come tu faccia a sopportarmi in questo momento…”
Ed infatti la tollerava a malapena, ma cos’altro avrebbe dovuto fare? Tirare un pugno anche a lei, sbatterle la porta in faccia? No, perché era una donna, e per di più era una donna stupida, ma pentita. Lo aveva involontariamente intrappolato e non c’era più scampo ormai, doveva sostenerla, incoraggiarla, consolarla.
“Dobbiamo tutti prenderci un po’ di tempo per riflettere e per… rientrare nei ranghi…” le spiegò, rigido nella sua posizione seduta mentre Cassie lo abbracciava con trasporto “Credo che allora potremmo parlarne tutti insieme e chiarire, non è successo niente di irreparabile…”
L’altra si scostò per guardarlo negli occhi da molto vicino e gli disse con aria riconoscente: “Adesso comincio a sentirmi meglio, sai? Temevo di non riuscire a trovare neanche un’anima disposta ad ascoltarmi…”
“Sì, bé… Tutti sbagliamo, è umano…” farfugliò il chitarrista, all’affannosa ricerca di qualche parola di circostanza adatta a quel momento imbarazzante che avrebbe voluto far passare il più velocemente possibile.
Cassie tornò a stringerlo a sé con più slancio e a lui non restò che ricambiare l’abbraccio per non sembrare maleducato o anche solo per non far sì che lei stessa gli mettesse le braccia intorno alla sua vita.

 

 

~~~

 

 

“Il suo è stato un gesto stupido…”
“C’è da dire che aveva anche bevuto… Non era proprio in sé…”
“Ancora peggio allora, non pensi? Al suo posto, io non sarei andato in giro ad ubriacarmi la sera prima di partire per un viaggio…”
“Dan, tu non conosci i ragazzi, non hanno mai fatto chissà quali danni, neanche dopo dieci birre…”
“C’è sempre una prima volta, come hai potuto notare…”

Clarissa abbassò gli occhi sul suo tè alla pesca, quasi terminato e con alcune briciole di biscotti sul fondo della tazza; Daniel addentò con disinvoltura il suo cornetto e aspettò una sua replica che però non arrivò, con sua grande soddisfazione. Dopo aver ingoiato il boccone dolce continuò: “Mi dispiace di essere stato tanto… triviale. Ma ho tratto le mie conclusioni da quel che hai raccontato, Claire. Con questo non voglio giudicare Danny o i suoi amici! Voglio solo dire che hanno fatto una grossa stupidaggine e che lui avrebbe dovuto astenersi dal bere per primo. Sarebbe stato chiedere troppo?”
La ragazza scosse la testa e tornò a guardarlo nel rispondergli imbarazzata: “Lui… è fatto così… Vuole divertirsi, divertirsi… e a volte si dimentica tutto il resto…”
“Oh, andiamo!” si agitò il ragazzo “Non si sarà dimenticato di te, voglio sperare!”
Ignara dei doppi fini di lui, Clarissa fece per dire qualcosa ma si bloccò subito, assumendo invece un’espressione interdetta ed improvvisamente risentita, ferita.
“… No!” replicò infine, ricomponendosi e cercando di apparire sicura di sé.
Daniel fece spallucce, annuì e ribatté: “Vogliamo dire che… non sapeva a cosa stava andando incontro, che non sapeva che bere alcool fa diventare alticcio chiunque, dopo una, due, dieci, cento birre?”
“Piantala di… di fare insinuazioni!” l’accusò l’altra, infastidita ma vacillante nella sua convinzione.
“Clarissa, io sto semplicemente facendomi delle domande!” si difese il ragazzo.
“Questi sono giudizi belli e buoni! È per questo che ti sto dicendo di smetterla!”
“Va bene, va bene, e così sia!” sbottò il francese.
“Bene!”
“Certo, non si può dire che il tuo fidanzato non sia intoccabile… è un uomo fortunato!”
Quella frecciatina sarcastica la fece riflettere mentre Daniel si stava alzando per pagare il conto e andarsene. Gli andò dietro e appena fuori dal bistrot disse: “Danny non è intoccabile. Sono io che…”
Il ragazzo la fissò, in attesa. “Che… cosa?” ripeté.
Clarissa si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, guardò altrove con aria ansiosa e rispose: “Che… che a volte lo idealizzo. Lo sopravvaluto.”
Non lo vide arrivare accanto a lei, ma sentì il suo braccio sulle spalle e la sua voce gentile che le diceva: “E’ normale, Claire. Sbagliare è umano. Vieni, facciamo un giro, non parliamone se non vuoi…”
Iniziando a camminare con lui verso il centro, quasi protetta dalla sua stretta, si sentì quasi sollevata per aver finalmente detto la verità, a lui come a se stessa.
Nonostante questo, non riuscì a non fare caso ad un senso di delusione che si stava dilatando come una macchia d’olio su una tovaglia, tra le fibre del cotone. Nella sua fibra.

 

Come aveva programmato, tornò a casa per mezzogiorno meno un quarto, anche se un po’ a malincuore, perché avrebbe preferito restare tutto il pomeriggio con Daniel, a parlare, a ridere un po’, a farsi aprire gli occhi; si sentiva quasi illuminata dalle sue constatazioni e non riusciva a dargli torto, anche se le risultava difficile accettare quella che alla fine era la verità.
Come aveva scritto un famoso poeta di cui non aveva voglia di ricordare il nome, si sentiva più saggia e più triste, infinitamente più triste. E tornare a casa, con Danny che l’aspettava… No, avrebbe voluto decisamente essere altrove. Con Daniel. A parlare di tutto e di niente.

Aprì la porta con le mani ingombrate dalle buste della spesa ed essendo sovrappensiero non notò subito la voce che si alternava a quella di Danny in salotto. Filò subito in cucina, ma ci pensò lui a richiamarla.
“Claire, vieni in salotto? C’è Cassie…”

Quel nome le diede una sorta di scossa elettrica alla schiena. Si irrigidì all’istante per poi camminare con passo deciso verso il salotto.
Cosa stava facendo quella snobista sul suo divano accanto al suo ragazzo? Cosa voleva?
La guardò frastornata e non seppe reagire davanti ai suoi occhi imploranti perdono.
“Ciao Clarissa…” azzardò l’ospite indesiderata, alzandosi in piedi e andandole lentamente incontro; quasi automaticamente l’altra indietreggiò di un passo e Danny intervenne dicendo: “Cassie è venuta a chiederci scusa, è arrivata mentre eri ancora fuori e… mi ha spiegato un po’ di cose”.
“Non sai quanto mi ha fatto bene venire qui e trovare una faccia amica che mi ha dato ascolto, Claire…” aggiunse la ragazza.
Clarissa per poco non trasalì, tanto era scandalizzata.
“Avete parlato” constatò, sulla difensiva. Cassie e Danny annuirono serenamente e lei ribatté con fredda tranquillità: “Perfetto. Il problema è risolto”.
“Come, scusa…?” replicò l’altra, confusa.
Danny provò ad opporsi: “E’ venuta a scusarsi anche con te per-“
“Ragazzi!” li richiamò all’ordine lei, decisa “Quella sera io non c’ero. Ho avuto le risposte che cercavo e tutte le spiegazioni del caso. Non facciamone un dramma e… chiudiamola qui. Francamente comincio a non poterne più”.
Il chitarrista fissò la sua fidanzata sbalordito, cercò inutilmente il suo sguardo per tentare di capire come mai stesse parlando così. Cassie, in compenso, annuì fin troppo velocemente e commentò con un sorriso: “Stai facendo la cosa giusta, Claire… Grazie per aver capito, davvero…”.
Clarissa ricambiò con una smorfia fintamente soddisfatta e la salutò frettolosamente con la scusa di dover preparare il pranzo; fu Danny ad accompagnarla alla porta.
“Grazie ancora di tutto, Dan… Non lo dimenticherò!”
“Oh, figurati…”
“Adesso andrà tutto per il meglio, ne sono certa… Se non ci fossi stato tu… con Claire…”
“Adesso non esag-“
Lo abbracciò all’improvviso, facendo finire parte dei capelli lunghi nella sua bocca. Il ragazzo sputacchiò via stordito le ciocche e strinse tiepidamente il busto della ragazza, che fortunatamente concluse il suo ennesimo attacco di gratitudine nel giro pochi attimi per poi andarsene definitivamente.
Quando fece il suo ingresso in cucina, trovò Clarissa concentrata su un pollo da tagliare a pezzi.
“Vuoi una mano?” le domandò.
Preceduta dal suono secco delle forbici che spezzavano le ossa delle ali, la fidanzata lo informò: “Le tue medicine sono sul mobile dell’ingresso, nel sacchetto piccolo”.
“Ah, ok, grazie…” ribatté l’altro, vagamente spiazzato “Tu… stai bene? Ti vedo un po’ scossa…”
“Sto benissimo. Mi stupisce solo il fatto che tu inviti certa gente a casa. Ma l’appartamento è tuo…” insinuò lei senza neanche guardarlo, bensì rimanendo con gli occhi fissi sul pollo.
“Te l’ho detto, era venuta per chiederci scusa e… mi ha spiegato com’è andata, aveva bevuto anche lei e se fosse stata sobria non avrebbe certo fatto niente di tutto quel-“
“Già” lo interruppe la bionda, scattando nei suoi occhi con i propri, fredda e furiosa “Ma lei non era sobria. E neanche tu. E nemmeno Harry. Avevate bevuto. Non avevate pensato ad altro, evidentemente…”
“Claire… Ma perché non mi fai fini-“
“Danny. Se tu mi fai incazzare adesso più di quanto già non lo sia, va a finire che il pranzo te lo prepari da solo e che a me passa l’appetito. E io ho fame, va bene?”
“… Ok, ma…”
“Per favore… Stai zitto…”

Cadde il silenzio. Danny si mise a sedere, sconvolto, e Clarissa tornò a spezzare il pollo con le forbici, facendovi forza sopra così tante volte che le vennero i crampi alle mani.

 

 

~~~

 

 

Visitando il suo profilo su Facebook quello stesso pomeriggio, smaltì svogliatamente le decine di messaggi privati e notifiche, pensando annoiata che avrebbe dovuto connettersi un po’ più spesso per non farsi crollare addosso quelle montagne virtuali di posta.
In mezzo al nuovo materiale da visionare, trovò alcuni inviti ad improbabili feste di vario tipo, sicuramente spediti da gente che doveva fare pubblicità a locali ed eventi; tra questi ultimi, uno veniva da Daniel e riguardava l’ormai celeberrimo locale da lui nominato fino allo sfinimento. Ci cliccò sopra mentre scuoteva la testa con un sorriso: quasi sperava che se ne fosse dimenticato. Macché, era deciso ad andarci, con lei.
Si trattava di una festa in grande stile: DJ, solo musica in linea con il tema prescelto, prima bevuta gratis per tutti, ambiente spazioso e super addobbato, promozioni per gli studenti e persino un mini-concorso per il costume più originale della serata.

La ragazza decise di mandare un messaggio a Daniel.

 

Ciao Dan!

Ho ricevuto il tuo invito per andare ad una di quelle cavolo di feste in quel cavolo di locale in cui tu vorresti praticamente vivere :P!

Sono quasi tentata di cedere e dirti di sì, ma mi dici dove troviamo dei costumi ottocenteschi??? Io ho un solo abito da cerimonia e non so se andrà bene, l’ho usato ad un matrimonio, fammi sapere!

Claire

 

Dopo neanche cinque minuti il collega le aveva già risposto, probabilmente dalla libreria.

 

Bonjour ;)!

Non ci sono problemi per i costumi!!! Se mi dici di no solo per questo dovrò pensare che ti sto antipatico :P:P:P!

Io ho trovato un paio di bei completi da uomo in stile ottocentesco su Internet e ne ho ordinato uno, mi dovrebbe arrivare nel giro di cinque giorni, e considerando che la festa è tra dieci giorni… pas de problème! Per quanto riguarda il tuo vestito, secondo me puoi stare tranquilla: se non è dal taglio troppo moderno puoi mettere tranquillamente quello! Se vuoi ordinare un costume, invece, contattami e lo cerchiamo insieme!

Dany

 

Si grattò pensierosa la testa, ponderando su come modificare il proprio vestito da damigella, quando Danny interruppe i suoi pensieri arrivando in camera. Le si sedette accanto, nel letto, ma senza sbirciare sullo schermo del pc.
“Che stai facendo?” s’incuriosì.
“Niente, mi aggiornavo su Facebook…” fu la risposta laconica.
“Ho preso la prima pasticca…” la informò lui, speranzoso di ricevere un po’ della sua attenzione.
“Ricordati che devi prenderne una ogni 12 ore e che l’altra pastiglia devi prenderla solo se il dolore dovesse aumentare…” l’avvertì lei, voltandosi a guardarlo. Danny ne fu contento, le sorrise e annuì.
“Mi dispiace per prima…” osò, allungando una mano per sfiorarle un braccio “Cassie è piombata in casa senza avvertire. Mi ha riempito la testa di scuse, voleva sfogarsi e spiegare le sue ragioni…”
Clarissa replicò con una smorfia indispettita: “Mi ha dato fastidio vederla dopo quel che ha fatto…”  
“E’ passato, amore… Non c’è stato niente…”
“Lo so… Lo so… Ad ogni modo, sarei stata meglio senza vederla…”
“E invece con me come la metti?”
La domanda la spiazzò, ma lei non lo diede a vedere.
“Come metto cosa?” chiese, facendo la gnorri.
“Non sopporti neanche me?”chiese l’altro a bruciapelo.
Clarissa sospirò, spense il computer e si sdraiò, stanca.
“Se vuoi saperlo, sto provando a non essere incazzata con te…” gli spiegò “Mi serve del tempo…”
“E…io posso fare qualcosa?”
La ragazza deglutì nervosamente, distolse lo sguardo dal suo ed incrociò le braccia sul petto; non si ritrasse quando la mano di Danny finì sul suo viso teso.
“Se ti lasci aiutare da me… possiamo provare ad uscirne indenni. Che ne dici?” le propose a bassa voce, scivolando più vicino a lei.
Clarissa si girò su un fianco per guardarlo negli occhi e non disse niente: lo baciò in fronte e lo strinse a sé, le lacrime agli occhi di entrambi.
Danny chiuse gli occhi e sorrise speranzoso nell’incavo del suo collo.
Clarissa tirò su con il naso e colse il proprio riflesso nello specchio.
Era disperata.

***

Per l'angolo della letteratura: l'autore citato nel capitolo è... Samuel Coleridge :). Per maggiori informazioni leggetevi "La ballata del vecchio marinaio"!
Il titolo del capitolo è preso direttamente dalla mcsong "Corrupted". No scopo di lucro!

   
 
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