PS.Salve a tutte ragazze,vi scrivo per dirvi che se a qualcuna di voi sembra di aver già letto Sogno,qui su efp...bhè è vero.Mi avevano rubato i primi captoli della storia e sotto farlso nome:DREAM..lo avevano pubblicato,copiando la mia identità.Ho chiarito il tutto cn l'amministratrice...quindi,adesso...godetevi la MIA storia.Sono io la vera autrice di Sogno(che ancora sto concludendo) e spero che vi piaccia.
CAPITOLO 1-PIOGGIA
Che bel modo di iniziare la
giornata!
Forks è una città
piovosa, ma quel giorno le nuvole avevano ricoperto completamente il cielo
oscurandolo.
Che angoscia!
A scuola, compito in classe.
Fantastico!
Quella giornata, certo non era
tra le migliori.
Mi alzai dal letto sconvolta dal
sonno,e tra uno sbadiglio e l’altro tentai di guardarmi allo specchio
“O mio Dio!”
Non potevo essere io quella
ragazza riflessa. Ero orribile.
Più che capelli, sembrava
avessi sulla testa una pianta sradicata, e i miei occhi erano gonfi dalla
nottata passata in bianco.
Ormai l’insonnia era
un’abitudine. La notte per me, era devastante,mi giravo e rigiravo nel letto
nel tentativo di trovare pace.Non dormivo…eppure sognavo.La maggior parte delle
volte la mia mente era sommersa dagl’ incubi.
In casa c’era silenzio? Dov’era
Charlie?
Gettai lo sguardo sulla sveglia
digitale posta sul mio comodino:
“Le sette e mezza?!”
Strillai in preda al panico.
Afferrai le prime cose che mi
capitarono fra le mani e corsi in bagno per una doccia al volo.
Perché mio padre non mi
aveva svegliata? Eppure era già uscito per andare al lavoro. Che rabbia!
Mi vestii alla svelta con dei
semplici jeans e maglioncino colorato.
Infilai le scarpe da tennis
mentre scendevo le scale, e mancò poco che scivolassi mettendomi fuori uso
l’osso del collo.
Legai alla svelta i capelli
ancora umidi in una coda alta, mentre il mio sguardo era alla ricerca della
borsa con i libri.
Era tardissimo.
Avrei dovuto saltare la
colazione.
Prima di precipitarmi fuori,
intravidi sul tavolo della cucina i miei cereali preferiti affiancati da un
foglio bianco.
Non potevo soffermarmi a
leggerlo, perciò l’ho presi tra le mani e uscii di casa. La pioggia non
migliorava la situazione. La strada ormai era un fiume in piena e il freddo pungente
mi ghiacciava le mani.
Mi feci coraggio, e corsi al mio
pickup. Ormai bagnata dai piedi al ginocchio, aprì al volo il biglietto che
stringevo ancora tra le mani:
-SCUSAMI BELL SE NON TI HO
SVEGLIATA. QUESTA NOTTE HO SENTITO CHE NON HAI CHIUSO OCCHIO, ED HO RITENUTO
LASCIARTI DORMIRE.
A STASERA-
PAPA’
Che dolce pensiero.
Ma Charlie, proprio oggi, che
avevo un importantissimo compito in classe, doveva fare il tenero?
Uno squillo sul cellulare mi
richiamò.
Osservai il display e sorrisi.
Era Alice.
Misi in moto e mi avviai verso
scuola.
Nel breve tragitto che mi
distanziava dalla meta, pensai alla mia nuova compagna di classe.
Alice era arrivata a Forks da
poco, assieme alla sua famiglia. Sapevo poco di lei, ma quel po’ era
sufficiente a piacermi. Alice era una ragazza dolce e disponibile, sempre
allegra e solare. Al suo fianco tutto appariva facile e spontaneo.
A giudicare dai suoi abiti
firmati ed eleganti, doveva appartenere ad una famiglia benestante. Avevo
sentito dire che suo padre era un noto dottore.
Nonostante questo, lei non si era
mai vantata dei suoi averi e non appariva affatto una ragazza snob e con la
puzza sotto il naso.
Infatti cercava in ogni modo di
invitarmi a casa sua, ma io gentilmente rifiutavo, inventandomi varie scuse
assurde. No che non volessi….ma mi vergognavo troppo. Non sarei riuscita a
scansare l’invito ancora per molto però, visto che Alice compiva gli anni fra
meno di un mese. Non mi dispiacerebbe conoscere la sua famiglia e il suo mondo,
ma mi preoccupa il fatto che lei potesse conoscere il mio di mondo, e a quel
punto sarebbe scappata a gambe levate.
Alice si sarebbe stancata
facilmente di me; brutta cosa visto il bene che già le volevo.
Sospesi i miei pensieri appena
parcheggiai di fronte la scuola.
Attorno a me: il deserto totale!
Cavolo, la causa dev’essere
sicuramente l’inizio delle lezioni.
Una ramanzina dal professore
Smith non sarebbe tardata di molto ad arrivare.
Entrai correndo nel corridoio
consapevole del fatto che, anche se fossi inciampata e caduta per terra,
nessuno mi avrebbe vista.
Superai le diverse aule ed
inchiodai davanti alla mia. La porta era chiusa, e questo voleva dire che il
compito era iniziato. Cavoli di nuovo!
Feci un respiro profondo e
bussai:
“Avanti”
La voce serena del professore,
m’invitò alla forca.
Aprii piano la porta
cercando di spiare la situazione e vidi i miei compagni, seduti ai propri
posti, con i fogli del compito pronto per essere iniziato.
Il volto del professor Smith
cambiò:
“Signorina Swan”
Sorpreso mi ghiacciò:
“Le sembra questa l’ora di
presentarsi a scuola?”
Rimasi immobile cercando di dare
una spiegazione valida, ma dalla mia
bocca uscirono solo poche parole balbettate:
“Io…ehm…ecco...insomma…”
“Professor Smith la perdoni.
E’colpa mia”
Alice infondo alla classe
gesticolò con la mano, salvandomi dalla mia pessima performance.
“Questa mattina in preda
all’ansia del compito in classe, ho dimenticato a casa le mie medicine. Bella
gentilmente è passata a prenderle prima di correre a scuola”
Medicine? Passata da casa sua?
Non sapevo neanche dove abitasse. Arrossii di colpo a quel pensiero, e per
fortuna il professore non se ne accorse, perchè fissava Alice che sbatteva le
palpebre nel tentativo di convincerlo. Lei era la prima della classe e il
professore Smith aveva un’evidente occhio di riguardo nei suoi confronti.
Infatti fissò me e poi Alice dubbioso.
“La prego. Era per una causa
importante.”
Continuò Alice convinta. Se
lei dichiarava di prendere delle medicine, il professore non poteva di certo
dare della bugiarda alla figlia di un medico.
“Vada a posto signorina Swan.
Infondo è la prima volta che la vedo ritardare, e, per questa volta chiuderò un
occhio”.
Il professor Smith non aveva
l’aria di averla bevuta, ma senza esitare mi precipitai al mio posto.
“Sei la mia salvatrice. Grazie,
ti devo un favore”
Sussurrai ad Alice seduta davanti
a me. Senza voltarsi lei sorrise e bisbigliò:
“Era quello che volevo”
Eh? In che senso? Io un favore a
lei? Non avevo alcun bisogno di questo per fargliene.
Il professore si schiarì la voce
per rimproverarci, ed a quel suono entrambe ci buttammo a capofitto sul compito
che ci aspettava.
Fortunatamente ero pronta a tutto
e il compito mi risultò facile.
La lezione terminò in fretta
così io ed Alice ci avviammo all’ uscita:
“Come è andato il compito?”
Domandò lei col suo solito
fare raggiante
“Mi aspettavo di peggio”
Ammisi. Alice era bravissima a
scuola, ma, fortunatamente, io non ero da meno.
“Bella, come mai hai tardato
questa mattina? Di nuovo brutti sogni?”
Camminavamo nel corridoio, ed io
sospirai nel risponderle:
“Si. Non ricordo granché, ma non
ho dormito bene e questa mattina non ho sentito la sveglia. Mio padre, come se
non bastasse, preso da un attacco di gentilezza, non mi ha svegliata”.
Lei sorrise alle mie
parole e subito si fermò:
“Che ne dici di addolcire la
giornata andando da “Dolci Idee” a prendere una cioccolata calda?”
Ci pensai su. Non era una cattiva
idea poiché avevo anche saltato la colazione. Adoravo quella pasticceria. Mi
metteva di buon umore.
“D’accordo, ma la cioccolata la
voglio con la panna”
Alice illuminandosi mi prese
sotto braccio:
“Certo”.
L’atmosfera intorno a noi era
gradevole. La pasticceria era coloratissima e con tante vetrine piene di ogni
tipo di dolciume.
I tavoli erano rotondi di legno
color cioccolato e le sedie erano a forma di cubo.
Io e Alice ci sedemmo una di
fronte all’altra, ed ordinammo la nostra cioccolata calda con panna, come
d’accordo. Osservando Alice, mi accorsi della sua bellezza.
Era davvero graziosa ed elegante.
Aveva gli occhi verdi, ed il suo volto piccolo e delicato era incorniciato da
meravigliosi capelli corti e corvini. Era esile e minuta, ma altrettanto
femminile e atletica.Il suo abbigliamento, poi, mi lasciava sempre perplessa.
Oggi indossava un jeans bianco aderente con una maglioncino grigio perla a
decoltè. Un cinturone bianco le fasciava i fianchi, e portava stivali bassi
grigi, in tinta con il maglioncino. Sicuramente tutto d’un certo valore.Cosa
avrebbe pensato la gente di me, accanto a lei?Scambiata forse per una serva?
“Cosa c’è?”
Chiese vedendomi assorta nei miei
pensieri. Arrossii subito.
“Niente”
Che vergogna. Per fortuna non
poteva leggermi nella mente.
Dalla sua espressione però , capì
che non era convinta, e tentai di cambiare discorso.
“Allora Alice, raccontami un po’
di te”
La cioccolata era arrivata, ed
incominciai a sorseggiarla lentamente come se nulla fosse
“Cosa vuoi sapere?”
Alice sembrò divertirsi alla
mia domanda.
“La tua vita, le tue giornate…un
po’ di tutto”
Risposi soffiando sulla bollente
cioccolata.
La vidi portarsi un dito al
mento:
“Vediamo…”
Attesi che parlasse e sperai che
non fossi stata troppo invadente.
“Passo la maggior parte del tempo
a fare shopping. Mi piace divertirmi e organizzare feste. Mio padre, come avrai
già sentito dire, è un dottore abbastanza autolocato. Prima di essere
trasferito a Forks, lavorava a Chicago, dove noi eravamo di casa. Mia madre è
un architetto, infatti la casa dove abitiamo l’ha progettata lei. Devi venire
assolutamente a vederla”.
Di colpo si bloccò, aspettando la
mia risposta.
Suo padre un dottore, e sua madre
architetto? Che famiglia!
Come potevo presentarmi da
semplice Bella Swan?
“Ehm…vedremo”.
Risposi imbarazzata mentre
arrossivo. Alice per un attimo mi fissò incupita, ma subito dopo cambiò
espressione:
“Dimmi di te invece”.
Oddio, e adesso?!
Mi morsi il labbro ripetutamente,
tentando di staccarlo per distrarre l’attenzione da quella assurda domanda, ma
nulla. Rimase li, gonfio e rosso.
Dovevo rispondere.
“Mio padre è lo sceriffo di
Forks, come ben sai. Mia madre si è risposata e vive in Florida. Non mi piace
fare shopping e odio ballare”.
Dissi tutto di getto, con un
evidente smorfia sul volto. Alice sorrise e alzando un sopracciglio mi chiese
bisbigliando:
“E cosa mi dici…dell’amore?”