Piccola
fanfic scritta di getto in soli due
giorni, dedicata a quel meraviglioso personaggio che è Alois
Trancy.
Vi
lascio alla lettura, sperando che
apprezzerete questo mio piccolo
lavoro!
The
Illusionist’s Dream
Solo
nella sua stanza, Alois si gettò
a peso morto sul suo letto, sprofondando in mezzo alle coperte
imbottite di
piuma d’oca. Indossava una camicia da notte bianca che gli
arrivava alle
ginocchia, con dei ricami sul colletto e sulle maniche, ed un paio di
calze
lunghe del medesimo colore.
Era
così ridicolo, tutto quel bianco!
Quegli
abiti trasmettevano un
candore che certamente non gli apparteneva e, uniti ai suoi capelli
biondi, ai
grandi occhi azzurri e al falso sorriso innocente che era solito
sfoggiare, lo
facevano apparire simile ad un cherubino.
Rise sommessamente di
quell’immagine. Alois Trancy, un
angelo!
Abbracciò il cuscino, nascondendovi
il volto. Presto sarebbe calata la sera, e stava aspettando che Lui venisse a rimboccargli le coperte e
a dargli la buonanotte.
Lui.
Il suo Claude.
Il suo maggiordomo, il fedele servitore che avrebbe dato la
vita per il suo amato padrone.
Da
quando Claude era diventato il
suo maggiordomo, gli sembrava di vivere in un sogno. Claude lo serviva,
esaudiva ogni suo desiderio, era pronto a tutto per lui. Lo faceva
vivere come
un principe, e Alois si era convinto che quel demone così
freddo e misterioso,
che ubbidiva ad ogni suo ordine senza battere ciglio, provasse
un’inesprimibile
affetto per lui. Se soltanto avesse trovato la forza di fermare
l’ammirazione e
l’amore che ogni giorno crescevano dentro di lui, forse
sarebbe riuscito a
vedere la verità, a capire che nel cuore glaciale di Claude
non c’era posto per
i sentimenti. Ma Alois Trancy voleva essere amato, e desiderava
ardentemente
che fosse Claude a farlo. Voleva vivere in quell’illusione in
cui c’erano
solamente lui, il suo amato maggiordomo e la sua vita paradisiaca. E
desiderava
soltanto che Claude gli dichiarasse, una volta per tutte, il suo amore.
Sentì un rumore provenire dal
corridoio. Si sedette sul bordo del letto, passandosi istintivamente
una mano
nei capelli per sistemarli.
Quanto
era infantile, quel desiderio di apparire sempre
bello per lui!
Claude
entrò, silenzioso come
sempre, nella stanza del signorino, i cui occhi si illuminarono non
appena lo
vide. Posò sul comodino più vicino la candela che
teneva in mano. Quella
piccola fiamma
avrebbe dovuto aiutare
Alois a superare la sua paura del buio, ma entrambi sapevano che la sua
vera
luce era lui, Claude. Era lui l’unico che poteva salvarlo dai
suoi demoni,
fargli dimenticare l’orrore e la vergogna del suo passato e
renderlo finalmente
felice.
O
almeno, questo era quello che Alois sperava.
Alois gli corse incontro,
sfoderando tutta la dolcezza di cui era capace, e lo
abbracciò, salutandolo con
un gioioso: “Ciao, Claude!”
Il maggiordomo non si scompose,
rispondendo educatamente: “Buonasera, Signorino”
Lo guardava senza espressività,
come se stesse osservando un opera d’arte che, nonostante la
sua bellezza, era
totalmente priva di significato.
Così
freddo, così severo, così distaccato.
Ma
Alois era determinato. Voleva
farlo sciogliere e attirare su di sé tutte le sue
attenzioni. Si staccò da lui e,
sollevandosi sulle punte dei piedi, cercò di avvicinare il
più possibile le
labbra al suo orecchio.
“E così, sei venuto a passare la
notte con me?” sussurrò, provocandolo, mentre
faceva scorrere una mano lungo il
suo petto, slacciandogli i primi due bottoni della camicia.
Claude, con un gesto nervoso,
sollevò una mano per allontanare da lui il ragazzino, ma si
trattenne. Fece
ricorso a tutta la pazienza di cui disponeva e abbandonò
lungo il fianco il
braccio che aveva alzato.
“Sono qui solamente per augurare la
buonanotte al signorino Alois” rispose, se possibile ancor
più freddamente di
prima.
Nonostante Claude si stesse
dimostrando totalmente disinteressato a lui, Alois non si
demoralizzò. Sapeva
bene di essere attraente, ed era in grado di sfruttare la bellezza del
suo
corpo e la lascivia dei suoi modi fino a diventare una fatale arma di
seduzione.
“Sei così glaciale, Claude..” rise il
ragazzino, mentre gli prendeva dolcemente una mano e lo faceva
avvicinare al
suo letto “vieni, dai, siediti qui, così posso
scaldarti io”
Claude lo fissò negli occhi, e
Alois mimò con le labbra tre impertinenti paroline:
“ E’. Un. Ordine. “
Il maggiordomo obbedì in silenzio,
sedendosi sul bordo del letto. Felice per la sua piccola vittoria,
Alois gli si
sedette in braccio, a cavalcioni sulle sue gambe, e gettò le
braccia dietro al
suo collo.
“Sono così felice, Claude,
finalmente siamo soli” rise Alois, crogiolandosi nella sua
assurda convinzione
che Claude fosse per lui come una
sorta di amante.
Comprendendo i desideri di Alois,
Claude appoggiò entrambe le mani sui suoi fianchi, in un
gesto che fece
rabbrividire il signorino di piacere.
“Cosa desidera fare ora, mio
Padrone?” chiese, fissandolo da dietro le lenti degli
occhiali.
Alois strinse Claude ancora più
forte, facendo aderire perfettamente i loro corpi. Erano gesti audaci,
ma Alois
era pur sempre un ragazzino e più osava nel tentativo di
sedurre il
maggiordomo, più tremava e si sentiva insicuro, timoroso,
tradito dai suoi
stessi sentimenti e intimidito dal contatto con quel corpo freddo e
impassibile.
Ma non poteva fermarsi ora.
“Io… “ sussurrò, avvicinando
piano
le labbra a quelle del demone “desidero te…
Claude”
Depositò un primo, lieve bacio
sulla bocca di Claude. Sentì le sue mani che aumentavano la
presa sui propri
fianchi e, inebriato da quel contatto, lo baciò nuovamente,
questa volta con
molta più passione. Gemette quando sentì la
lingua di Claude che esplorava la
sua bocca e premendo sempre di più il corpo contro il suo,
cominciò a perdersi
dolcemente nel piacere. Stuzzicò le labbra del maggiordomo
con piccole leccate
e morsi fugaci, poi, in un impeto di desiderio, gli prese le mani e se
le
infilò sotto la camicia da notte.
Ora poteva avvertire chiaramente il
suo tocco sulla pelle. Rabbrividiva ogni volta che Claude accarezzava
il suo
corpo e lo esplorava sempre più a fondo. Gli stringeva i
fianchi, gli graffiava
la schiena, gli accarezzava il bacino.
Perso in quel dolce oblio, Alois
reclinò i capo a lato, offrendo il suo collo candido al
maggiordomo.
“Baciami, Claude…” sospirò,
gemendo
sotto le carezze sempre più audaci del maggiordomo
“ti prego… sono tuo…”
Si era perso nel piacere, convinto
che quell’immorale incontro fra corpi fosse la prova del
sentimento che li
legava, e che Claude, in quel modo, gli stesse dimostrando quanto lo
amava.
Mugolò piano quando sentì la lingua
di Claude lambire la pelle del suo collo e chiamò il suo
nome quando sentì i
suoi denti morderlo con forza.
“Claude… “ urlò, in preda al
piacere “dimmi che mi ami, te lo ordino, dimmelo!”
Subito dopo aver pronunciato quelle
parole, Alois sentì le mani del maggiordomo staccarsi dal
suo corpo e,
perplesso, alzò lo sguardo, incontrando gli occhi
dell’altro, seminascosti
dagli occhiali.
Il signorino lo fissò intensamente
e ripeté il suo ordine, ansimando.
“Dimmi che mi ami, Claude”
Claude lo guardò negli occhi e,
mentre si aggiustava gli occhiali con un rapido gesto, disse:
“Vi amo, Vostra
Altezza”
Alois sgranò gli occhi, sentendo
che le ultime tracce di quel piacere inebriante stavano abbandonando il
suo
corpo.
Le parole di Claude. Il suo sguardo,
i suoi gesti, la sua voce.
Erano
totalmente incoerenti.
Gli
aveva detto così spudoratamente
parole d’amore, eppure… i suoi occhi non erano
né dolci né appassionati e
soprattutto non erano sinceri. La sua voce era atona, priva di
sentimento. Non
gli aveva preso il viso fra le mani, non lo stava abbracciando, e
nemmeno gli
teneva la mano.
Aveva osato dirgli “ti amo” con lo
stesso atteggiamento che aveva quando gli chiedeva cosa volesse per
colazione.
Si mise le mani nei capelli, e li
strinse così forte da strappare qualche piccolo filo dorato.
“Claude!” urlò, in uno scatto
d’ira. Si sentiva ridicolizzato, tradito, umiliato. E la cosa
peggiore era che
non appena pensava razionalmente all’accaduto, si rendeva
conto che era
solamente colpa sua. Era stato lui a dire a Claude che lo desiderava, e
questi
aveva semplicemente ubbidito, cercando di appagare le sue brame. E lui,
inesperto ragazzino, aveva ceduto al piacere perdendo il contatto con
la
realtà. Da idiota, gli aveva chiesto esplicitamente di
mentirgli dicendo che lo
amava.
E ora
cosa aveva intenzione di fare, arrabbiarsi?
Ma
Alois, ancora una volta, si
perse in un’illusione, una falsa realtà che gli
faceva comodo. Scacciò via quei
pensieri e concentrò la sua ira sul maggiordomo.
“Come hai osato mentirmi!” urlò,
cercando più di convincersi della sua innocenza che di
accusare Claude.
Poi, velocemente, afferrò la
candela ancora accesa che il maggiordomo gli aveva portato poco prima,
e gliela
scagliò contro.
“Brucia, bugiardo! Brucia
all’inferno! Come hai potuto…” si
gettò a terra in ginocchio, mentre le prime
lacrime di frustrazione rigavano le sue guance.
Claude afferrò la candela per il
fusto, ovviamente senza scottarsi, e la ripose sul comodino.
“Signorino…” disse,
inginocchiandosi per cercare di consolare il giovane conte. Gli
posò una mano
sui capelli, ma subito Alois la allontanò con un potente
schiaffo.
“Signorino” ripeté
“c’è qualcosa
che posso fare per aiutarla a calmarsi?”
Perché doveva essere così dannatamente gentile?
“Perché ti comporti come se io
ti stessi a cuore” pensò
Alois “e non
provi amore per me?”
Voleva ordinargli di non mentire
mai più. Ma, in cuor suo, sapeva di avere bisogno di quelle
amare bugie. Alzò
gli occhi velati di lacrime e guardò il volto di Claude. Era
così bello, e il
suo sguardo era finalmente rivolto verso di lui. Sembrava
preoccupato…
Un’altra
meravigliosa menzogna.
“Claude…”
sussurrò Alois.
Voleva stringerlo e perdersi in uno
dei suoi abbracci falsi, così caldi e rassicuranti. Ma aveva
ricevuto
abbastanza delusioni per quella sera. Se avesse sentito che nei suoi
gesti non
c’era alcuna traccia d’amore, se si fosse lasciato
scappare qualche altra
richiesta inopportuna… la verità sarebbe stata
lampante, e non avrebbe più
potuto mentire a sé stesso. La sua isola felice sarebbe
scomparsa.
“Claude…” ripeté, alzando il
viso
“… ti odio!”
Si lanciò contro di lui, colpendolo
sul petto con dei piccoli pugni e ripetendogli, come un disco rotto,
che lo
odiava, che lo odiava da morire. Claude incassò i colpi,
finché Alois,
stremato, cadde sdraiato sul pavimento, coprendosi il viso con le
braccia per
la vergogna.
“Vostra Altezza…” Claude lo
chiamò,
posandogli una mano sul braccio per allontanarglielo dal volto e
guardarlo
negli occhi. Ma non fece in tempo a finire la frase, perché
Alois lo interruppe,
urlando con la voce rotta dal pianto.
“Vattene!” ordinò “Vattene,
sparisci, lasciami solo! Vattene…”
Claude si alzò e si diresse verso
la porta, mentre il signorino, abbassando gradualmente il tono di voce,
continuava a ripetere il suo amaro ordine.
Il maggiordomo si fermò di fronte
all’uscita e, rivoltosi verso Alois, accennò un
breve inchino e, a bassa voce,
mormorò: “Yes, Your Highness”
Poi il cigolio della porta che si
apriva e si richiudeva, i passi di Claude che si allontanavano.
Alois, di nuovo solo nella sua
stanza, non riusciva a trovare la forza per alzarsi dal pavimento.
Stette lì,
sdraiato sulle piastrelle fredde, a sbirciare il resto della camera
attraverso
le ciocche di capelli biondi che gli erano ricaduti sul viso. La notte
era ormai
calata, e ogni oggetto nella sua camera gettava su di lui delle
terribili ombre
scure. Osservò la candela, che appoggiata sul mobile lo
illuminava con una luce
tremolante. Sulla cera erano rimaste le impronte delle unghie di Claude.
Claude…
Si
strinse le ginocchia al petto,
facendo appello a tutte le sue forze per smettere di piangere, ma
sapeva che in
quel momento aveva solamente bisogno di sfogare il suo dolore.
Giurò a sé
stesso che non lo avrebbe mai perdonato per quanto era successo in
quella sera
maledetta.
Che
possano bruciare all’inferno, lui e le sue odiose
menzogne, lui e quel comportamento odioso, lui e la sua dannata
freddezza.
Rise
amaramente della sua
stupidità, del suo infantile orgoglio. Sapeva bene che non
poteva vivere senza
di lui, e che il giorno dopo si sarebbe subito gettato fra le sue
braccia,
dimenticando la sua sofferenza e rituffandosi nell’illusione.
Fissò nuovamente la fiamma della
candela, che appariva sfocata ai suoi occhi velati di lacrime.
La sua
luce. Claude era la sua luce, la sua gioia, il suo
sole, il suo tutto. E lui era solamente un ragazzino immaturo che
temeva di
restare solo nell’oscurità.
Lentamente
chiuse gli occhi,
lasciando che il sonno lo cogliesse lì, raggomitolato sul
pavimento freddo.
Immaginò che Claude fosse lì a
stringerlo.
Claude
che lo abbracciava, gli accarezzava i capelli, gli
baciava la fronte.
Era un sogno così stupido, così irrealizzabile.
Claude che gli sussurrava parole d’amore, e gli permetteva
di addormentarsi accoccolato sul suo petto, sorridendogli dolcemente.
Già.
Nelle
sue fantasie Claude sorrideva sempre.
Ed era proprio questo a renderle solamente delle inutili,
sciocche, infantili illusioni.
Allora,
che dire?
Si
tratta di una storia piuttosto triste, ma del
resto sarebbe molto difficile non cadere nel dramma con una figura
tragica come
quella del caro Alois…
E’
un lavoretto molto importante per me, perché
tratta di un personaggio che personalmente ADORO, e spero di essere
riuscita a
rendere al meglio la sua psicologia, così profonda
e complicata…
spero anche di avervi emozionato almeno un po’ con queste
poche righe, e di
avervi fatto affezionare un pochino di più ad
Alois.
Mi
farebbe molto molto piacere sapere cosa ne
pensate! ^^
Alla
prossima, da
Lady
Of Sorrows