Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Jo_    08/11/2010    6 recensioni
Aspettare le amiche alla stazione fa venire strane idee.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 L'appuntamento era al binario 5.

L'appuntamento era sempre stato, al binario 5.

Non so perché ci piaccia tanto quello- forse perché è a metà strada fra i miei impegni ed i suoi, oppure perché ci fermavano solo gli Eurostar e quindi c'è, relativamente, poca gente.

Sono sempre io a dover aspettare.

Non mi sembra di aver fatto altro nella vita che aspettar Lei.

Al mattino, alla sera, con la pioggia il sole o la neve, le mie giornate si dividono tra la presenza di Lei e l'attesa di Lei.

Non ho ricordi precedenti alla sua comparsa.

Io non esistevo, prima di lei.

Il mio mondo è cominciato con te, il mio mondo finirà con te”, cose di questo tipo.

Ogni tanto immagino come sarebbe se prendessimo un treno a caso e ce ne andassimo di qua.

Ormai li conosco tutti, questi maledetti Eurostar in partenza dal binario 5.

Alle 11.45 parte il Frecciargento per Venezia.

Sarebbe bello farsi un week end a Venezia, solo io e Lei, come una coppia vera, a gettar molliche nell'acqua verde dei ponti.

Oh Cristo, è sempre in ritardo.

Cerco il suo profilo tra quello dei passanti.

Il suo naso rotondo, le sue guance rosse, il suo caschetto riccio.

La chiamo.

Il telefono squilla a vuoto.

Mi passo le dita tra i capelli. Mi cade un po' di forfora sui pantaloni scuri.

Mangio male, dormo poco, troppo stress.

Mi richiama.

-Elle, chérie, dove cazzo sei?

-Sto arrivando!

-Da quale pianeta?

-Sono qui, non mi vedi?

Riconosco da lontano i suoi capelli.

Oggi sono rossi.

Ho imparato con gli anni che ad ogni colore associa uno stato d'animo.

Riesce a fare anche tre tinte al mese.

Mi chiedo come faccia a non essere calva.

Eccola che spunta con la sua sciarpa leopardata e i suoi stivali col tacco.

-Eccola! È da tanto che aspetti?

Domanda di rito, ovvio. Sa benissimo che la aspetto da almeno mezz'ora, trentacinque minuti considerando la mia notoria puntualità. Le dico di non preoccuparsi.

Tanto lei non s'è mai preoccupata, di questo.

Mi getta le braccia al collo e mi bacia sulla guancia destra.

-Hai tagliato di nuovo i capelli? , mi fa.

-Ti piacciono?

-Sei una meraviglia!

Ci incamminiamo.

Le offro la mia ultima sigaretta.

La accende con quel maledetto Zippo del suo ragazzo.

Ex, ragazzo.

Insomma, quello là.

Quel maledetto porco.

-Insomma?

-Insomma cosa?

-Non vuoi sapere cos'è successo ieri con quello stronzo?

Il maledetto porco, insomma.

-Eh, si.

Praticamente lui la cerca, dopo tre settimane che non si faceva più vivo, vanno al pub insieme, si scolano un numero a due cifre di birre, poi lui si propone di riportarla a casa e invece che fa, lo stronzo, se la porta a casa sua, e insomma sono talmente infoiati che non fanno manco in tempo a salire sul letto che fanno tutto lì, sul tappeto, tanta la foga alcolica, poi lei si addormenta, sul letto però, e la mattina quando si sveglia lui non c'è più, che aveva lezione tipo alle otto, allora lei gli manda un sms per regolarsi, insomma, per sapere cosa devono fare, e lui le risponde che è non è giusto che LEI, ti rendi conto, LEI, si comporti così, perché lui ha bisogno di mettere una barriera tra di loro perché ormai è una roba che non può andare avanti, che tra di loro non deve starci proprio un bel nulla.

-Hai capito, lo stronzo?

E l'ho capito sì, lo stronzo. Lui ti tratta come una merda e ti ha come e quando vuole, mentre io devo farmi bastare l'amicizia; amicizia un cazzo dico io, proprio non ti accorgi che siamo la stessa cosa, che se solo volessi potremmo star bene, senza più stronzi in mezzo alle palle, senza più forfora, senza più tinte di colori improbabili?

Ci sediamo su di un muretto, in un vicolo.

-Per essere idiota, è idiota forte!

Però quel dannato idiota può pasteggiare sulle tue labbra ogni volta che gli viene l'alzata di ingegno.

Alza gli occhi da gatta verso di me.

-Però tu mi vuoi bene, vero?

Mi si stringe addosso.

Occristo, però.

-Accidenti, che gran tette che hai!, mi fa.

Come se la sua quinta fosse piccola.

-Guarda che non mi sono spuntate stanotte, ce le ho da un bel po'.

-Sì, ma non ci avevo mai fatto caso. Sei comoda!

Le passo un braccio intorno e con la mano libera le sistemo i riccioli sulla fronte.

-Ce l'hai una sigaretta?

-No, l'ultima te la sei fumata tu.

-E adesso?

-E adesso, o riesci a farle ricrescere nel pacchetto, oppure le andiamo a comprare.

-Aspetta.

Si raddrizza e si mette a trafficare nella borsa.

Dopo lungo cercare tira fuori un pacchetto aperto di Marlboro senza marca da bollo.

-Beh, costano di meno. Ne vuoi una?

Si ficca due sigarette in bocca e le accende con lo Zippo. Poi me ne passa una.

Il quinto buco che ha all'orecchio gliel'ho fatto io con un mio orecchino.

Se sapesse che voglia di baciarla ho.

Inspiro il fumo, mi avvicino al suo viso, le reggo il mento.

-Posso?

-Vai.

La avvicino di più a me.

Lei da brava apre le labbra e inspira il fumo che espiro io.

Facciamo questo giochetto da quando abbiamo iniziato a fumare.

Poi lei inspira, espira in me e io inspiro di nuovo.

I nostri nasi si toccano.

In condizioni normali non ci si accorge mai di quanta distanza ci sia tra il proprio naso e la propria bocca.

Ora come ora mi sembrano chilometri.

Sorride appena, le si increspano le labbra. La distanza diminuisce sensibilmente.

Piego la testa e le bacio l'angolo destro delle labbra.

Fa per ritirarsi, poi si volta e mi bacia lei, per prima.

Quando aspetti qualcosa da tutta una vita non ti rendi conto del momento esatto in cui la ottieni, ma solo di quello in cui l'hai persa per sempre.

Spesso i due momenti coincidono.

Mi passa una mano sulla nuca e mi ricordo all'improvviso del suo tongue.

È freddo e caldo assieme.

Ogni tanto ci si ancora tra i denti.

Mi stacco, per prender fiato, per recuperare i sensi, per ricordarmi chi sono.

Lei mi guarda e sorride, che cazzo ti sorridi, mi stanno per esplodere le vene, tira l'ultima boccata e getta lontano il mozzicone galeotto.

-Hai capito, la signorina, che istinti repressi che ha?

Non mi viene da parlare, ancora.

Mi prende la testa tra le mani e mi stampa un bacio sulla fronte, un bacio tra gli occhi, un bacio sul naso.

-Vogliamo andare?

-Dove?

-Casa tua è libera, vero?

-Sì, son tutte a lezione.

-Allora andiamo.

-Fammi capire. Stiamo andando a casa mia?

-Sì, perché? , scuote i ricci.

Non le rispondo.

Scende dal muretto e mi tende la mano.

Andiamo via mano nella mano.

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Jo_