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Autore: Bethan Flynn    08/11/2010    2 recensioni
La storia riguarda Bethan, un'esorcista che tutti hanno sentito nominare, ma che nessuno, oltre Miranda, ha mai visto. Il suo è un potere forte e terribile al tempo stesso, pronto ad esplodere in ogni momento e temuto dallo stesso Ordine, che tuttavia non si fa scrupoli ad utilizzarlo quando le cose si mettono male... Incontrando il ben noto gruppo di esorcisti e in particolare uno di loro, per la prima volta proverà il desiderio di evadere dalla prigione che lei stessa si è creata, e si vedrà costretta a prendere una decisione drastica.
Pairing Kanda x Nuovo Personaggio, molto possibili spoiler, soprattutto riguardo alla storia di Kanda.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yu Kanda
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Solo le stelle rischiaravano quella notte senza luna. Non tirava un alito di vento, e neppure le fioche lanterne appese sull’uscio di qualche locanda solitaria riuscivano a dare la parvenza di un po’ di calore.
Una figura ammantata percorse a passo svelto, quasi marziale, la strada principale del paese, diretta a quanto sembrava verso la parte bassa, la zona del porto.
Il lezzo di pesce giungeva fin lì, facendo accapponare la pelle, e le risate da ubriachi che provenivano dalle bettole affacciate sul molo stridevano in modo nauseante contro il silenzio della notte, rotto solo dal lieve sciabordio dell’acqua sulle chiglie delle navi.
Un marinaio palesemente sbronzo afferrò un lembo del mantello della figura, che si bloccò all’istante.
-Ma guarda un po’! Dove te ne vai, tutta bardata? Devi essere proprio una bella signorina, per…- un polso ossuto scattò fuori dalla manica nera e afferrò l’uomo per il bavero, scaraventandolo in mare senza nessuno sforzo.
Prima che quello potesse riemergere, la figura se n’era già andata, scomparendo nella lieve nebbiolina che aleggiava fra i pennoni e fra i vicoli del porto, rendendo l’atmosfera ancor più spettrale.

Il vecchio udì un sordo bussare alla porta. Faticosamente si alzò dalla sua poltrona davanti al camino, si avvolse in una coperta a scacchi rossi e neri e si avviò verso la porta, camminando in punta di piedi fra gioielli, abbozzi e disegni.
L’orefice più bravo del paese, così lo chiamavano. Ma lui sapeva benissimo di avere un degno rivale, l’aveva sempre saputo. Ed ora quel rivale gli stava davanti, appena visibile oltre il cappuccio, ma sempre con la solita ostinazione a volerlo chiamare “maestro”, per quanto lui sostenesse che non c’era più niente che potesse insegnargli.
-Ho bisogno degli strumenti, maestro- disse la figura, semplicemente. Il vecchio alzò gli occhi: la voce era cambiata, non era più la stessa. Non avrebbe saputo dire in che modo, ma una sfumatura che prima non c’era adesso era ben presente. Fissò il nero nel cappuccio con le palpebre socchiuse –quelli ce li ho. Ma hai l’idea?- chiese, lanciandogli uno sguardo d’intesa. La figura annuì e aprì il palmo della mano, facendone rotolare fuori una grossa pietra blu dalle venature dorate.
-Ti serve altro?- il vecchio si fece da una parte per farlo passare. Lo sconosciuto si tolse il cappuccio e ne piovve una cascata di capelli corvini e lucenti, più scuri della notte che rendeva fioche anche le fiamme più brillanti.
-Dell’argento, se ne avete- rispose annuendo. Non si fece mostrare la strada, la conosceva fin troppo bene. Osservò con occhi attenti i modelli sparsi per la casa –non siete cambiato, maestro. Il disordine è rimasto il vostro unico compagno- mormorò. Il vecchio sorrise –senza emozioni, mio giovane allievo, un uomo deve trovare altri intermediari per consentire alla sua anima di esprimersi- disse. Poi gli fece cenno di entrare in una stanza –lì troverai tutto il necessario. L’argento è sul secondo scaffale a destra, come…-
-Come sempre- concluse per lui il moro. Il maestro annuì –buon lavoro. Chiamami se vuoi qualcosa da mangiare- disse, rimettendosi a sedere in poltrona. Poco dopo udì il “clic” della porta che si chiudeva.

Nel silenzio della sala da lavoro, Kanda iniziò a concentrarsi. Cercò di ricordare tutto quello che il vecchio gli aveva sempre detto a proposito dell’arte dell’orefice.
“Non devi essere tu a scolpire e a modellare, devono essere pietra e metallo a comunicarti in cosa vogliono che tu li trasformi” diceva sempre.
Chiuse gli occhi. Pensò a lei e a cosa avrebbe potuto rappresentarla. L’immagine affiorò spontaneamente nella sua testa, e sulle sue labbra comparve un sorriso.
Iniziò a lavorare.

La porta si aprì con uno scatto. Il ragazzo che ne uscì aveva un’aria stravolta, gli occhi blu circondati da occhiaie profonde. Osservò il vecchio che dormiva sulla poltrona e sospirò, dirigendosi verso la cucina.
Se non si fosse fatto almeno un caffè, sarebbe stramazzato ancor prima di riuscire a tornare all’Ordine.
Mise su la macchinetta cercando di non fare molto rumore, poi attese. Nella sua testa continuava a ripensare a ciò che aveva creato quella notte.
C’erano le proporzioni, c’era la giusta lavorazione della pietra, che l’aveva resa lucida al punto giusto, c’era la brillantezza dell’argento.
Eppure mancava qualcosa.
-Possibile che sia così brillante? Senza neppure una minima parte di oscurità?- la voce del vecchio si aggrappò direttamente al filo dei suoi pensieri.
-Oscurità…- sussurrò Kanda, assorto –ma certo- si diede dello stupido per non averci pensato subito. Infilò la porta, prendendo dalle mani del maestro il ciondolo non ancora compiuto.
Ma c’era quasi.
Accese il fornello nella stanza da lavoro, e piano, con pazienza, per non rovinarne l’intagliatura, annerì completamente una delle due ali che avvolgevano la pietra.
-Adesso va meglio- la voce improvvisa lo fece quasi sussultare. Sospirò –immagino di si. Posso fare colazione prima di togliere il disturbo, maestro?- chiese. Il vecchio annuì con un sorriso –è molto tempo che non vieni a trovarmi. Pensavo che non avresti più intagliato- disse, versando il caffè in due grosse tazze e avvicinandogli un grosso barattolo di latta colmo di biscotti.
-La vita riserva sorprese- disse il giapponese, soprappensiero. L’anziano mastro lo scrutò –sei cambiato. Ne vuoi parlare?- un cenno di diniego.
-E’ un bene che non sia fatta solo di luce- quella frase gli fece quasi andare il caffè di traverso. Possibile che quel vecchio capisse sempre di più di quanto lui gli dicesse?
-Non so. Dovrei essere io l’ombra- quelle parole non spiegavano un bel niente, pensò. Sperò solo che l’intuito del maestro funzionasse anche quella volta e gli consentisse di non dire di più.
-Se fosse solo luce, non potreste comprendervi- rispose quello, sorseggiando il caffè. Poi andò ad una finestra e la aprì- i raggi del sole entrarono copiosi, e Kanda li fissò sbigottito.
-Che ore sono?- chiese.
-Le dieci del mattino-
Sospirò: non si era accorto di aver lavorato così tanto.
-Speri che lei ti dia il tuo cuore in cambio?- la domanda arrivò a tradimento, ma Kanda se l’era aspettata. Anche lui ci aveva pensato. Scosse la testa.
-No, se lei non vuole farlo- rispose solamente.
Per tutta risposta, il vecchio gli lanciò il solito sorriso.
-Torna ogni tanto a trovarmi- disse, mentre lo accompagnava alla porta –quella stanza sta diventando fin troppo polverosa. Serve qualcuno che la utilizzi- uno sbuffo che avrebbe potuto essere interpretato come una risata, poi un cenno di saluto e la figura del giovane sparì nella luce.
Il vecchio rimase a fissarlo finchè non girò l’angolo.

---

Il viaggio in treno era stato estenuante. Non aveva neppure potuto chiudere occhio perché doveva studiarsi il piano e le informazioni sulla missione, ma la concentrazione sembrava sfuggirle a ogni riga.
Prima era la sua voce, poi i suoi occhi, poi la sensazione che aveva provato quando le aveva stretto le mani.
Non riusciva a pensare che a lui, a Yu.
Sospirò, strofinandosi gli occhi.
Non era giusto. Lei aveva ucciso Alpha, lei era per metà un akuma, lei non poteva lasciarsi andare alle emozioni.
“Scappare non ti servirà a niente”.
Già. Non era servito a niente.
“Alpha non l’avrebbe voluto”.
Probabilmente nemmeno lei, se fosse stata al suo posto, avrebbe desiderato che Alpha si rinchiudesse a vita in una prigione di pietra.
-Signorina Bethan?- la voce del finder la riscosse.
-Si?-
-Siamo arrivati- il treno si fermò lentamente, lasciandoli nel bel mezzo di un paesaggio spettrale. Del resto, la missione consisteva nel riesumare un cadavere, non poteva certo trattarsi di un luogo molto allegro.

Scesero dalla carrozza e Bethan avvertì l’aria gelida solleticarle il viso. Si strinse ancora di più nell’uniforme. Un campo d’erba alta spazzata dal vento si stendeva tutto intorno a loro, ed ogni tanto spuntava qualche pietra bianca a segnalare la presenza di una lapide.
Bethan si concentrò.
“Innocence, evocazione. Ricerca”
Poco distante una roccia iniziò a brillare di una luce azzurrina.
-E’ laggiù- disse la ragazza sicura, e si avviò con i finder verso la pietra. Era più grande delle altre, e le sue venature rilucevano anche senza il potere dell’innocence di Bethan.
-Piazzate la barriera, nel caso arrivino akuma- disse ai finder. Una volta che furono al sicuro, la ragazza pose le mani sulla lapide.
“Sei sul mio territorio!” una voce possente le rimbombò in testa, e tutto attorno a lei si fece nero.

Galleggiava nel buio. La lapide era rimasta l’unica fioca luce, che tuttavia non riusciva a penetrare quell’oscurità così densa e pastosa.
-Dove sono?!- gridò –c’è qualcuno, qui?!-
-Bethan- una voce la chiamò alle sue spalle. Una voce che conosceva molto bene.
“Non è possibile…” pensò atterrita.
Si girò, e lui era lì in tutto e per tutto, con i suoi occhi castani e i suoi capelli color del rame.
Alpha.
-Alpha..?- sussurrò.
-Quella lapide è la mia, Bethan. Tu mi hai ucciso- disse il fantasma. La ragazza si alzò di scatto, correndo verso di lui.
-No, Alpha, aspetta! E’ stata la dark matter! Ti ricordi quell’acqua che avevo bevuto, e quel lungo sonno, io…- era completamente fuori di sé. La voce la interruppe.
-Tu mi hai ucciso, Bethan. E’ stata tutta colpa tua- sussurrò maligna.
-No!- gridò lei, con tutto il fiato che aveva in corpo –non è stata colpa mia, Alpha, io ti amavo, io…- si interruppe di botto. Anche lo spirito l’aveva notato.
-Mi amavi?- sussurrò mellifluo –non mi ami più, dunque. Chi è stato a sostituirmi?- Bethan iniziò a tremare. Cercò di impedire con tutte le sue forze di pensare all’inevitabile, ma l’immagine di Yu le passò vivida nella mente.
-Oh, è stato lui? Bene, dopo aver finito con te sistemerò pure questo Yu Kanda- la voce del fantasma di quello che una volta era stato il suo unico amore si deformò fino a diventare terrificante.
La ragazza aveva ben chiaro come agire.
Quello non era Alpha.
Doveva essere così. Lei doveva esserne certa, o non sarebbe sopravvissuta a quello che stava per fare. Alzò gli occhi sullo spirito.
-Tu non sei Alpha, e se lo sei, non mi hai mai amata- sussurrò.
-Cosa..- il fantasma indietreggiò quando vide la spada di cristallo comparire nella mano di Bethan.
-Vuoi uccidermi una seconda volta?- ma la ragazza non si fermava.
-Tu non sei Alpha! Alpha non avrebbe mai detto una cosa simile!- gridò, e lo trafisse dritto al petto.
Con uno stridore lancinante, tutto il buio venne risucchiato dall’immagine dello spettro, e Bethan cadde a terra sull’erba da cui era partita, ansimando. La pietra non brillava più, e fra le sue mani vi era un cubo trasparente.

“Bethan” la voce di Alpha.
-Alpha! Dove sei?- gridò.
“Non puoi vedermi. Ormai mi hai liberato. Quello che hai ucciso era un akuma, era mia madre. Aveva preso il mio posto, e ha assunto le mie sembianze” la voce andava via via sfumando nella testa di Bethan.
-Torna qui, non lasciarmi di nuovo…- singhiozzò –mi dispiace! Non volevo ucciderti!-.
“Adesso posso andare, perché so che non sei più sola. Vivi, Bethan, e non pensare più a me. Non è a causa tua che sono morto” il pianto della ragazza si fece ancora più forte.
Avvertì qualcosa che le sfiorava una guancia, come una carezza.
“Addio, Bethan”.
Una folata di vento più intensa delle altre, poi più nulla.
-Alpha…- sussurrò, incapace perfino di gridare.
-Signorina Bethan…- i finder le si fecero attorno e la aiutarono a rialzarsi. Era inerme, come un sacco vuoto.
-Portatemi via, portatemi via da qui…- piangeva, non riusciva neppure a vedere dove stesse mettendo i piedi. Gli uomini la portarono fino alla ferrovia, e l’aiutarono a salire sulla carrozza e a sistemarsi, poi la lasciarono sola.
Cominciò a singhiozzare sempre più forte, come se il cuore le si stesse spaccando in due.
E sapeva che solo una persona avrebbe potuto rimetterlo insieme.

---

Il portone si aprì, e Bethan entrò di corsa.
-Bethan! Sei tornata pri…- l’esclamazione di Linalee fu troncata sul nascere –ma che cos’è successo? Tu stai piangendo!- cercò di fermarla, ma l’altra si liberò con uno strattone –lasciami in pace!- gridò. Corse a perdifiato lungo le scale, incurante delle voci di Linalee e di Miranda che cercavano di starle dietro.
Arrivata al terzo piano svoltò di scatto, sfrecciò fino alla porta in fondo al corridoio e la spalancò violentemente.
Si trovò a fissare gli occhi assonnati di Yu che cercavano di capire cosa stesse succedendo.
Senza pensare a niente, si sbattè la porta dietro le spalle e gli si lanciò addosso, piangendo disperata. Il ragazzo la strinse a sé senza dire niente, e Bethan gli fu grata di questo. Non voleva domande, non voleva spiegarsi, non voleva ammettere quello che provava.
Voleva solo rimanere lì dove i pezzi sembravano andare miracolosamente tutti al loro posto, senza che lei si sforzasse per farli combaciare.
Kanda si sdraiò nuovamente, trascinandola di fianco a sé senza smettere di abbracciarla, e tirò su le coperte.

Miranda e Linalee si bloccarono di colpo quando videro dov’era andata.
-Sarà meglio lasciar perdere…- sussurrò la cinese. Sentivano la ragazza piangere da dietro la porta.
Miranda annuì –non credo abbia voglia di parlare- meste, ridiscesero le scale fino alla sala d’ingresso.
-Che facce, ma che è successo?- Miranda si sorprese ad alzare gli occhi al cielo: iniziava a non poterne più del rosso e della sua voglia di impicciarsi in tutto. Lasciò a Linalee la bega di rispondere qualcosa di vagamente sensato e si concentrò su quello che stavano facendo prima che Bethan tornasse.
Stavano mettendo a punto la festa, che si sarebbe svolta nel giardino dell’Ordine, ma a Miranda tutto quel buio non piaceva. Avrebbe voluto che ci fossero più luci. Interruppe la disquisizione di Linalee e le fece presente il problema. La ragazza annuì –ci avevo pensato anch’io. Dopo questa missione poi, qualsiasi cosa sia successa sarà meglio aggiungere un po’ di luce- guardò il cielo stellato fuori dalle vetrate –dovrebbe essere una bella nottata anche domani- disse. –Potremmo usare delle candele- suggerì Allen, tirando una gomitata di soppiatto a Lavi.
-Ahia! Ma perché?- frignò quello. L’albino lo guardò con un candido sorriso assassino –perché così la prossima volta imparerai a giudicare quando è il momento di chiedere e quando non lo è- tornò a voltarsi verso le ragazze, sospirando. Lui e il rosso non avevano più parlato di Bethan, ma Allen aveva l’inquietante sensazione che l’amico non fosse disposto a lasciar perdere.
-Avete già pensato ai vestiti?- chiese poi. Linalee annuì –fortunatamente Miranda conosce la taglia di Bethan, così non abbiamo avuto problemi- ammiccò all’altra esorcista –cercate di non stramazzare, quando la vedrete con quel vestito- ridacchiò.
Continuarono a chiacchierare animatamente, apparentemente dimentichi di cosa stesse succedendo al terzo piano.

Contrariamente ad ogni maliziosa previsione, non successe assolutamente niente. Bethan si addormentò esausta fra le braccia di Yu senza neppure accorgersene, e il ragazzo rimase sveglio a guardarla. Anche nel sonno aveva un’espressione stravolta, pensò, ma che razza di missione le avevano assegnato? E soprattutto, perché gli importava così tanto?
Non riusciva più a riconoscersi. Da quando Bethan era entrata nell’Ordine era successo tutto troppo in fretta, e sentiva già che non ce l’avrebbe fatta a lasciar perdere. Per lei sentiva un trasporto inusuale, troppo intenso, ma non riusciva a frenarlo in alcun modo. Avrebbe voluto strapparle la dark matter di dosso, e cancellare il ricordo di Alpha.
Sentì un moto di rabbia mentre ci pensava, seguito da uno sbuffo sarcastico.
Patetico. Era geloso. Di un morto, per di più, e senza neppure averne ragione.
Fra lui e Bethan non c’era niente. Il cuore sembrò diventargli di piombo a quel pensiero.
La ragazza si mosse nel sonno e mugolò qualcosa. Le sue dita si intrecciarono ai capelli corvini del ragazzo, e Yu la strinse più forte.
Non l’avrebbe persa, non lei.

Freddo. Buio. Gelo.
La sensazione di soffocare.
Spalancò gli occhi.
Fece fatica a ricordarsi cos’era accaduto la sera prima. La prima cosa che vide fu che non era nella sua stanza, i ricordi arrivarono poco alla volta.
Rivide Alpha, riascoltò mentalmente il loro dialogo. Richiuse gli occhi.
Era davvero finita?
“Io ti amavo”
“Vuol dire che adesso non mi ami più?”
Sobbalzò sul materasso. Già, si era scordata di quel piccolo particolare. Aprendo lentamente gli occhi riconobbe la stanza, era quella di Yu.
“Ma come cavolo sono arrivata qui?” si chiese. Il ragazzo non c’era.
Si rese conto di indossare gli stessi vestiti che aveva quando era andata in missione.
“Sistemerò anche questo Yu Kanda” la voce deformata dello spettro le venne di botto alla mente, e fu presa dal panico. Saltò giù dal letto, guardò in tutta la stanza, ma Yu non c’era.
“Calmati, sicuramente è uscito” pensò. Il cuore le andava a mille. Spalancò la porta e si ritrovò davanti il suo incubo.
Alpha trafisse il giapponese dritto al petto con una spada nera, identica a quella di “ali nere”.
Bethan cadde a terra, incapace di muoversi, di gridare, di piangere.
-Bethan! Bethan!- la voce che la chiamava arrivava come da molto lontano.
-Svegliati! Apri gli occhi!-
Dischiuse le palpebre serrate, e si ritrovò a fissare non la scena di poco prima, ma due occhi blu che la guardavano sotto sopracciglia aggrottate.

Quando la vide aprire gli occhi sospirò di sollievo.
-Era solo un incubo, sei al sicuro- le accarezzò la schiena per tranquillizzarla. Bethan respirò profondamente, cercando di recuperare un minimo di autocontrollo. La sensazione di soffocamento diminuì lievemente. La prima cosa che capì fu di essere arrivata al capolinea.
“A questo punto, sono rimasti pochi dubbi” pensò. Yu era subentrato ad Alpha, ma le cose rimanevano tutt’altro che semplici.
-Stai bene?- la domanda diretta la mandò in confusione.
-Ecco, è…- cercò le parole adatte.
-…complicato- concluse per lei il moro. Bethan annuì.
-Potresti cominciare col mangiare qualcosa. Dicono che lo stomaco pieno faccia miracoli- ma la ragazza si rannicchiò sotto le coperte –non ho voglia di scendere- mugolò. Non se la sentiva di affrontare il fuoco di fila delle domande degli altri, non ancora.
-E chi ha parlato di scendere?- Yu si mise a sedere e le indicò il tavolino. Bethan dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.
-Hai svaligiato la dispensa dell’Ordine!- esclamò. Un lieve rossore colorò le guance del ragazzo –non sto certo a gardare cosa mangi a colazione…- disse, distogliendo lo sguardo. La ragazza stava già fissando con sguardo famelico una fetta di torta al cioccolato.
-Piantala di guardarla, puoi pure mangiartela eh- il modo in cui Bethan si avventò sul cibo lo fece sorridere. Era evidente che amava i dolci, stava scartando a priori tutta la roba salata.
-Grazie! Stavo morendo di fame!- mugugnò a bocca piena. Il giapponese scoppiò in una mezza risata –sei piena di cioccolato! Non ti corre dietro nessuno, mangia più piano-.
Quel suono la fece bloccare per un attimo, così come il suo tono.
Non era il solito ghigno acido, e non era la solita voce dura.
Ricambiò il sorriso incerta e continuò a mangiare in silenzio.
Possibile che…

-Yu, cos’ha Bethan?-
-E io che ne so? Togliti dai piedi, demente di un coniglio. Devo passare- la risposta di Kanda giunse più secca ed acida del solito. Lavi si scambiò uno sguardo d’intesa con Allen, che alzò gli occhi al cielo.
Quella situazione non gli piaceva affatto. Sentiva la tempesta avvicinarsi, ma non sapeva come fare per impedirla.
-Eppure Lina e Miranda l’hanno vista salire verso la tua stanza, ieri- il rosso non fece in tempo a finire la frase che la lama di Mugen gli scintillò sotto la gola –non. Mi. Seccare. Chiaro?- sillabò Kanda, gelido –quello che fa non è affar mio. E quello che faccio io non è affare né tuo, né di nessuno- sibilò, rinfoderando l’arma. Uscì precipitosamente dalla sala da pranzo, diretto in un punto imprecisato del giardino. Accidenti a quell’idiota e alle sue domande!
Si fermò di botto, sedendosi a terra. Aveva bisogno di pensare, e quegli alberi facevano al caso suo. Con un po’ di fortuna, non sarebbero riusciti a scovarlo tanto presto.
Respirò profondamente, cercando di trovare la concentrazione.
Il verde che lo circondava gli ricordò i suoi occhi.
In un lampo, gli passò nella mente la sua immagine. Spalancò le palpebre e scosse la testa.
Doveva smettere di pensarci.
“Non è vero”
Doveva tornare come prima.
“Non voglio”
Non doveva aprire il suo cuore ad altre ferite.
“Lei non è Alma”
Era altrettanto instabile. Doveva dimenticarla.
“Non lo sarà, se non userà la dark matter. Aiutala”
Sospirò profondamente, passandosi una mano sugli occhi. Era tutto inutile. Per quanto ci provasse, per quanto tentasse di recuperare il suo scudo gelido, la sua immagine riusciva sempre a trovare una breccia e, quando non la trovava, la creava.
Potevano essere i suoi occhi, o i rari sorrisi in cui non fingeva allegria, o il modo in cui inclinava la testa, ma in un modo o nell’altro entrava sempre nella sua mente. E stranamente, la cosa non lo irritava.
Ripensò a quando se l’era vista piombare in camera in quello stato: non gli era passato neppure per l’anticamera del cervello di mandarla via in malo modo, come invece avrebbe fatto con qualsiasi altro essere vivente. Avrebbe voluto sapere cosa le fosse successo, ma sapeva che in certi casi le domande non fanno altro che grattare sulle ferite, e lui non voleva farle del male, non voleva che avesse paura di lui come tutti gli altri.
Anche lui aveva paura.

-Allora? Mi vuoi dire cos’è successo ieri?- Miranda si piazzò fermamente sulla porta di camera sua, decisa a non spostarsi finchè Bethan non le avesse detto la verità.
Ma l’altra era di ben altro avviso.
-Niente. Una missione infelice, come al solito- rispose laconica –mi faresti passare, Mir? Devo andare ad allenarmi- era una bufala, ovviamente. Non aveva voglia di parlare, per niente, e stava solo cercando un angolino dove rimpiattarsi e riflettere in silenzio e da sola.
-E piantala con queste scuse, guarda che lo so che ti alleni solo di notte- il silenzio di Bethan si fece colpevole. Miranda sospirò –Bethan, sono tua amica. Sai che tutto ciò che mi dirai non uscirà mai di qui se non sarai tu a volerlo-.
-Non è per questo, Mir, è…- balbettò Bethan.
-Complicato- concluse per lei Miranda –lo so, ma dalle complicazioni non si scappa, non spariranno solo perché continui a non guardarle- ma Bethan non voleva saperne di smuoversi.
-Oh, fa’ come ti pare!- sbottò l’amica all’improvviso –credi di essere l’unica ad avere dei problemi? Ti ricordi con chi è che stai parlando?- Bethan rimase allibita. Miranda non perdeva mai la pazienza. Mai.
-Anch’io mi sono sentita persa, ma non ho mai mollato, e quando qualcuno si è fatto avanti per aiutarmi io non l’ho mandato via a furia di silenzi!- gridò. Fu in quel momento che in Bethan qualcosa si ruppe.
-Io non ho mai chiesto niente a nessuno, non ho mai chiesto aiuto! Neppure quando ero rinchiusa in quel posto! Non pretendere di insegnare a me cosa vuol dire non mollare!- gridava anche lei, ora –sembra che tu e quell’altra combriccola di finti allegri non abbiate mai avuto un momento in cui preferivate che nessuno venisse a farvi domande, ma c’è chi li ha, quei momenti!-
-Quale posto, Bethan?- sussurrò Miranda, apparentemente dimentica del resto.
Bethan si morse la lingua -lascia perdere- sbottò secca.
-Di che posto parlavi, Bethan?- ripetè l’altra, seria.
Bethan deglutì –delle segrete della sede principale dell’Ordine, quella situata esattamente sotto il covo del Conte- mormorò –ci si arriva dai sotterranei della sede Asia- non ebbe bisogno di continuare. Miranda capì al volo la situazione, e pensò che avrebbe preferito continuare a non saperne niente.
-E’ lì che sei stata per tutti questi anni?- la voce era incredula.
-Si-.

Miranda non poteva crederci. Nel silenzio della stanza le parole di Bethan le rimbombavano in testa. Dieci anni. L’avevano tenuta rinchiusa per dieci anni nella cantina del Lord del Millennio, per farle controllare la dark matter.
E lei le aveva pure detto che era arrendevole. Si maledisse in una decina di lingue diverse.
-Mi dispiace, Bethan, io…- provò a dire, ma l’altra la interruppe con un sorriso –no, non devi scusarti. Non l’ho mai detto a nessuno, non mi va che la gente mi tratti con i guanti per via di quello che ho passato. Tutti abbiamo storie difficili- disse. Poi fece un lungo sospiro.
–Komui mi ha spedita in missione per resuscitare un frammento d’innocence posto sotto la tomba di Alpha- disse mesta -tutto sarebbe andato a meraviglia, se solo me l’avesse detto, se solo fossi stata preparata all’eventualità di trovarmelo davanti in forma di spirito- Miranda spalancò gli occhi, ma Bethan non si lasciò interrompere –immagina la gioia- sputò quella parola con sarcasmo –di scoprire che la madre di Alpha ne aveva fatto un akuma che, con le sue sembianze, mi ha detto tutto quello che io ho sempre, sempre pensato in questi anni- le si spezzò la voce.
-Bethan…-
-Mi ha detto che era tutta colpa mia. Che io l’avevo ucciso. E sai cos’ho risposto io?- Miranda scosse la testa. Bethan la spaventava, quando faceva così. Sembrava perdersi in un mondo solo suo, dove non conosceva altre regole che le proprie.
-Gli ho detto che lo amavo. Al passato, Miranda- l’esorcista spalancò gli occhi.
-Bethan, ma tu…-
-Ha individuato subito chi l’ha rimpiazzato, e ha minacciato di ucciderlo. Allora ho evocato l’innocence e l’ho trapassato da parte a parte- la voce di Bethan si era ridotta ad un mormorio spento. Cadde a sedere sul letto, la testa fra le mani.
-Ora oltre al senso di colpa per averlo ucciso due volte devo anche trovare un filo logico a tutto questo casino. Questa è la conclusione- aveva un tono disperato.
-Bethan, Alpha fa parte del tuo passato- disse Miranda –non sei tu ad essere un mostro. L’uomo è stato creato per vivere come tale, non come una roccia priva di sentimenti- la ragazza rimase in silenzio a quelle parole. Miranda continuò –il senso di colpa che hai non ha ragione di esistere. Eri una ragazzina, Bethan. Come avresti fatto a sapere cosa sarebbe successo? Non sapevi neppure cosa fossero l’innocence o la dark matter. Niente di tutto quello che è accaduto è stato colpa tua-
-Ma io l’ho ucciso, Miranda…- mormorò debolmente, ma l’altra scosse la testa –no, Bethan. E’ stata la dark matter che l’ha ucciso, e tu non sei un cubo di una sostanza indefinita dal colore violetto. Tu sei Bethan, ed è contro ciò che ha ucciso Alpha che stai lottando ora- disse decisa –ma non devi pensare che, sconfitto il Conte, Alpha potrà tornare. Devi andare avanti. Del resto, te l’ha detto lui stesso, no?- concluse sorridendo.
-E come faccio a muovermi, se nemmeno so cosa mi aspetta? Non potrei sopportare di passare di nuovo ciò che ho già passato, Miranda- disse piano, fissando il muro bianco.
-Nessuno sa cosa lo aspetta nei giorni a venire- disse Miranda alzandosi –eppure tutti quanti ci facciamo coraggio e scegliamo di tentare una strada. Rimanere bloccati non risolve niente- mormorò, ripensando a quando Allen e Linalee l’avevano recuperata, nella sua città dove il tempo si era fermato –il bello della vita è che può sempre accadere qualcosa che non ti saresti mai aspettata. Questo vale per le cose brutte tanto che per quelle belle, Bethan. Sta a te poi decidere quale strada prendere, nessuno può farlo per te- la guardò con affetto: avevano la stessa età, ma l’aveva sempre considerata come la sua sorellina. Bethan annuì –va bene. ci proverò, grazie Mir- rispose pensierosa, continuando a fissare il muro.
Miranda uscì silenziosamente dalla stanza. A dispetto dell’apparentemente laconica risposta, sapeva che le sue parole avevano avuto un certo effetto, o che perlomeno Bethan non vi aveva trovato nulla da obiettare.
Era sempre stato così, fra loro: Bethan era quella più fragile, nonostante le apparenze, e Miranda era l’unica da cui accettasse consigli. Con lei, Miranda non si sentiva mai come l’incapace che era, sentiva di essere importante per qualcuno.



Note dell'Autrice:
Allooooooooora, capitolo megagalatticamente lungo oggi O__O però non sapevo come spezzarlo, quindi beccatevelo e siate felici perchè non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo T__T maledetta università!!
Prima che qualcuno pensi a uno spoiler, il maestro intagliatore me lo sono inventato di sana pianta, è tutto frutto della mia mente malata XD mi sembrava un po' troppo banale che KANDA andasse in un negozio a scegliere un regalo, cioè, ve lo immaginate??? Va bene la ooc, ma senza esagerare! XD
In effetti mi sono divertita un sacco a disegnarla, quella parte ^^ spero che piaccia a qualcuno!
Questo è stato un capitolo piuttosto impegnativo, fra la missione tragica, Yu che incredibilmente si trasforma in una sorta di maggiordomo e Miranda che fa da psicanalista non so davvero se vi piacerà o se lo odierete XD a me personalmente piace, ma penso che questo sia abbastanza relativo ^^''

Ora rispondiamo ai commenti ^^

Si, Sherly, la scena degli occhi dolci, come ti ho già detto, NON è stata per nulla casuale XD Meno male che almeno una sostenitrice rimarrà fino alla fine e andrà in brodo di giuggiole quanto me a vedere il lato dolce dei personaggi! (Per la serie "Disney, che cos'hai fatto?????" XD)

Hellie, GRAZIE per ravermi risparmiata, avevo la seria paura che mi avresti fucilata virtualmente ^^' sono stracontenta che la storia continui a piacerti, vorrà dire che il "ti uccido" d'ora in poi lo prenderò come una manifestazione di gradimento XD XD XD

Che bello, Kano_chan! Sei passata, sono felicissima ^^ anche perchè in quanto a università e impegni non posso non capirti T_T FINALMENTE qualcuno che ha letto le Cronache del Mondo Emerso, io le adoro *___* e adoro Licia, credo che dopo tutte le volte che ho letto i suoi libri qualcosa delle sue protagoniste sia inevitabilmente finito nella mia XD sono contenta che Bethan ti piaccia, ad essere sincera ero convinta che questa fanfiction sarebbe stata odiata da tutti per via dell'eccessivo romanticismo di Kanda -____-'' però non sarebbe stato molto realistico fare una storia in cui lui sta con lei ma la tratta a pesci in faccia XD sono troppo femminista per fare una cosa simile u.u
Ah, si, io ho una vera passione per Miranda *__* non per nulla ho anche portato il suo cosplay, è un personaggio che adoro... sarà perchè mi somiglia ^^'' Per quanto riguarda Linalee la cosa è un po' complessa... diciamo che dopo aver finito questa fanfiction ho iniziato a rivalutarla, infatti (piccolo spoiler) alla fine ci sarà una conclusione felice anche per lei :)

Ringrazio le mie fedelissime e la mia new entry (sono commossa ç___ç) e voi che passate a leggere questa mia povera creazione, commentate! L'ho già detto all'inzio, sono ovviamente apprezzatissimi i commenti di persone a cui piace (mi pare ovvio) ma anche le critiche, quindi fatevi avanti! ^^

See you soon!
Bethan :3
   
 
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