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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    08/11/2010    5 recensioni
L'ipotetico incontro tra Gourry (in versione romanzi più che anime) e suo padre.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno, uno come tanti, una lettera

Quel giorno, uno come tanti, una lettera. Come mi avesse localizzato, mistero. Perché lo avesse fatto, dopo tanti anni di silenzio, una mezza idea.

 

Non la aprii neanche, finì nel fuoco in un batter d’occhio. Era stata una fortuna che lei non si fosse trovata al mio fianco nell’esatto istante in cui arrivò. Sarebbe stata sconcertata forse, curiosa di sicuro.

 

Se non avessi saputo l’identità del mittente anche io forse sarei stato interessato a scoprirne il contenuto. Siccome invece sapevo chi me la mandava, non volevo in nessuna maniera essere reso partecipe di nulla che riguardasse quella persona.

Avevo avuto sedici lunghi anni per conoscerla, ed erano stati sufficienti. Me ne ero andato, quando nulla più mi legava al luogo della mia fanciullezza, per non doverla mai più vedere.

 

Così com’era arrivata la prima, altre lettere si materializzarono nelle mani delle cameriere delle varie osterie dove alloggiavamo. Una persecuzione in perfetto stile.

Non fui fortunato sempre e lei vide alcune di quelle missive. Cercai di fare il vago ma lei aveva l’occhio lungo ed era veramente intelligente come si vantava di essere. Le osservò arrivare e venir gettate. Seguì il mio comportamento con sguardo pensoso. Non disse chiese mai nulla e neppure commentò in alcun modo quando stracciai l’ultima della serie con violenza.

 

Poi un giorno, eccolo. In persona. A stento lo riconobbi, quell’uomo, quel vecchio che mi sbarrava il cammino. Lo ricordavo grande e imponente, i corti capelli dorati scintillanti al sole e i profondi occhi castani dallo sguardo fiero. E la bocca, quella era il dettaglio che maggiormente era rimasto nella mia memoria, sempre tirata in una linea dura, vagamente disgustata quando il suo sguardo si posava su di me.

 

Mio padre. Il grande feudatario, condottiero feroce e implacabile. Le sue punizioni durissime, il suo volere, legge assoluta e indiscutibile.

L’amore per il suo figlio primogenito sconfinato, quello per il figlio cadetto appena percepibile.

 

Eccolo qui, il mio genitore. Mi guarda serio e rigido da sotto le folte sopracciglia ormai incanutite. Mi ha cercato a lungo, mi ha braccato e ora sono finalmente di fronte a lui. Il suo secondogenito, l’unico figlio maschio rimastogli.

Il figlio svagato, dal cuore tenero, la femminuccia. Il cocco di mamma. La fonte infinita di delusioni.

 

Il ladro.

 

Mi osserva in silenzio, guarda il mio corpo, scruta il mio viso. Forse cerca in me le tracce di mio fratello, il figlio diletto o forse rivede sua moglie nei miei occhi chiari, così diversi dai suoi. Ma poi parla, con voce roca, dice che non è venuto per me, per vedere come stavo. Per sapere se ero vivo. E’ qui perché gli servo, perché solo io rimango della sua progenie. La sua seconda moglie gli ha dato solo femmine e a malincuore lui è partito per trovare me. L’erede, suo malgrado.

 

Mi ordina, questo vecchio, di seguirlo nel nostro feudo. Farà di me un nobile condottiero, laverà l’onta del lavoro di mercenario e della vita vagabonda che ha infangato il nostro buon nome. Soprattutto allontanerà da me la strega con cui viaggio e che mi ha plagiato la mente.

 

Lui lo ha sempre saputo che il bambino, così mi chiamava da piccolo, era debole di intelletto, lo capiva guardandolo rincorrere le farfalle e perdersi in fantasticherie. Ne aveva la certezza quando non reagiva alle provocazioni del fratello e finiva col prenderle tutte le volte. Aveva un discreto talento con la spada ma ringraziava gli Dei che non fosse il primogenito.

L’uomo che ho di fronte, mio padre, il vecchio, non mi ha mai visto per davvero. Né mi vede adesso. Pretende che sia la sua marionetta, che mi pieghi al suo volere come tutti i suoi sottoposti fanno. Allunga il braccio e mi strattona, come un uomo spazientito dai capricci del figlio.

 

Lina, che ha osservato la scena e non ha reagito neanche quando si è sentita chiamare “strega”, si sta avvicinando. Il suo corpo trema di ira repressa e la sua aura furibonda è chiaramente percepibile anche a distanza. Non interviene, si mette solo al mio fianco, trattenendosi. Lei capisce, sa che devo affrontarlo da solo, mio padre.

 

Per la prima volta apro bocca anche io e l’uomo che mi ha generato spalanca gli occhi, stupito.

Indispettito dalla mia insubordinazione.

 

Guardami, padre, sono un uomo adulto. Ho dei valori, degli ideali. Viaggio con una donna che amo e per la quale darei la vita.

Guardami, padre. Non sono il ragazzino dolce che ricordi, sono un guerriero. Eppure ho fatto miei gli insegnamenti di mia madre, e di sua madre.

Ho conosciuto la lotta e il dolore. Ho conosciuto le risate e l’allegria.

Guardami padre, guarda la persona che sono.

 

Non dico nulla di tutto ciò, gli chiedo semplicemente di lasciarmi andare. Lo guardo in volto, serio e determinato e lui mi fissa di rimando. Non una parola tra noi.

Metto una mano sulla spalla a Lina, avvicinandola a me.

 

E il vecchio mi lascia il braccio, spuntando a terra.

 

Troverà un altro modo per il suo feudo, avrà un’altra moglie, avrà un altro figlio.

 

Ha provato a riprendermi, controvoglia, pensando di trovare quello che credeva fossi.

Un inetto, forse, un debole bamboccio da comandare.

 

Avrebbe potuto farmi arrestare dalle sue guardie, avrebbe anche potuto uccidermi.

 

Eppure, nonostante non mi ami, mi ha lasciato andare.

 

Mi volta le spalle, mio padre. La schiena dritta e rigida, la postura dell’uomo che è abituato a comandare e a farsi obbedire.

Dirà che non mi ha trovato, che l’uomo che accompagna la strega non sono io.

Dirà che anche il suo secondogenito è morto, chissà quando, chissà dove.

 

E non mi cercherà mai più.

 

Un giorno, forse, un giovane Gabriev erediterà un feudo importante. Gli verrà detto che i primi figli di suo padre sono morti. Il primo era un valoroso condottiero, il secondo un ladro.

Per il primo ci sarà un giorno in cui piangere, del secondo invece non sarà fatta altra menzione.

E sarà meglio così.

  
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