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Autore: Irina_89    08/11/2010    4 recensioni
“Ecco, lo vedi?” fece Simone.
“Cosa?” rispose brusca lei. Non era sua intenzione rivolgersi a Simone con quel tono, ma non sopportava che lei la trattasse così.
“Hai bisogno di riposarti.”
“No, ho solo bisogno di stendermi.” Replicò la rossa.
“E non è la stessa cosa?” alzò un sopracciglio la donna.
“No.” rispose decisa Inge. “Non è la stessa cosa.”
“Inge,” roteò gli occhi. “Perché non metti da parte la tua testardaggine e lasci che ti si aiuti?” il suo tono era leggermente più irritato.
“Perché non ne ho bisogno!” insistette lei, muovendo le mani scocciata.
“Scommetto che non l’hai ancora detto a nessuno.” Disse improvvisamente, senza, però, cambiare il contesto del discorso.
“E allora?” si stava arrabbiando. Le faceva sempre questo effetto stare con Simone a parlare di queste cose. Anche due settimane fa, quando venne per stare un po’ con Alex, le fece una paternale del genere ed Inge si dovette controllare per evitare di tirarle qualcosa addosso. Non che fosse insopportabile, anzi! Simone era una delle persone più belle al mondo. Disponibile, sempre carina… Insomma, era fantastica, ma quando entrava in questo argomento – e il più delle volte anche senza entrarci, bastavano i suoi occhi saccenti ed eloquenti in un qualunque momento della giornata – la ragazza si sentiva messa alle strette, come se non avesse altra scelta che fare come voleva lei.
[Sequel di Just A Kid]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Home'
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What If I

What If I’m Not Ready?

 

“Tieni, guarda, ti ho preso i cuscini che hai chiesto ieri sera.”

Lei sorrise e Tom l’aiutò a metterli dietro la schiena.

“Potevo farlo anche da sola, sai?”

Lui non rispose, sapendo bene che tutte quelle attenzioni erano gesti superflui, trattenendosi anche dal rinfacciarle che l’altra volta l’aveva colpito con un libro per non averlo fatto. Più pensava alla situazione in cui si era trovato catapultato, più non poteva fare a meno di tutto ciò. Si sentiva in colpa per quello che le aveva detto, e soprattutto si sentiva in colpa perché ciò che aveva detto per lui non aveva quasi peso. Per questo cercava di fare di tutto per poter “esserci”, qualunque cosa volesse dire in un momento del genere. Lui c’era sempre per lei, ma la gravidanza era una cosa che lui stesso non riusciva a concepire. Non sapeva se avrebbe dovuto trattarla come prima o meno, e ammesso e non concesso che fosse quella la strada che avrebbe dovuto imboccare, ancora non riusciva a trovare il modo per ritornare al loro vecchio rapporto. Non era colpa sua né colpa di Inge. Era la situazione che sembrava aver messo dei limiti tra loro. Soprattutto dei limiti per lui, che ancora si ritrovava estraneo da tutta quella faccenda. Fu così che decise di circondare di attenzioni Inge, in modo da tentare di far svanire quel senso di colpa che non gli dava pace.

“Ti serve altro?”

“Tom, lo sai che ogni volta che fai così mi dai fastidio?” disse Inge, buttando lì l’affermazione come se fosse una cosa del tutto naturale.

Per quanto Tom cercasse di sottrarsi ai suoi problemi con tutte quelle attenzioni, non pensava minimamente che potesse raggiungere un risultato così opposto a ciò che si era prefissato.

“Eh?” alzò un sopracciglio, colto alla sprovvista.

“Sì, voglio dire, tutte queste attenzioni, sì, non nego che mi facciano piacere, ma mi metti in una condizione in cui fra poco non potrò nemmeno andare in bagno da sola.” Spiegò, sistemandosi comodamente sui cuscini, mentre lui si sedeva ai piedi del letto per ascoltarla. “Non ti sembra di esagerare?”

“Ma scusa, non è quello che volevi?”

“Io volevo che tu mi stessi vicino, non che mi opprimessi.”

“Pensi che ti stia opprimendo?”

Lei annuì, lo sguardo eloquente che accompagnò la sua silenziosa risposta sembrava fargli notare che chiunque si sarebbe sentito oppresso per il suo comportamento, e che era impossibile che lui non si fosse accorto di niente.

“E cosa dovrei fare allora? Non è questo ‘starti vicino’?” No, non era quello lo stare vicino che intendeva lei, ma era come se il significato di quelle parole fosse a lui incomprensibile. O almeno, sembrava che lui stesso non riuscisse a dare un senso a quelle parole.

“Non lo so cosa dovresti fare, però non questo.” Disse.

Per qualche istante nessuno dei due disse più niente. Distolsero lo sguardo l’uno dall’altro, come se per tornare a guardarsi avessero bisogno del permesso dell’altro. Sembrava che ognuno dei due si sentisse in colpa per qualcosa, anche se nessuno di loro sembrava avesse intenzione di parlarne.

“Senti,” iniziò Inge. “Ho chiamato la ginecologa.” Tom non disse niente, attendendo il seguito di ciò che voleva dire Inge, sebbene se lo potesse immaginare benissimo. “Dice che sarebbe anche l’ora di fare la prima ecografia, quella vera e propria che dovrebbe saperci dire qualcosa in più sui bambini.” Aggiunse. “Non è che verresti con me?”

Tom si costrinse a guardare la ragazza, sentendosi i suoi occhi addosso. Li incontrò e per un attimo avrebbe voluto non averlo fatto, perché in quello sguardo c’era tutta la responsabilità che avrebbe comportato una cosa del genere. Quelle responsabilità che con il passare del tempo sarebbero anche raddoppiate, triplicate… Sentì dentro di sé il bisogno di tirarsi indietro, di negare la sua presenza il giorno dell’ecografia, ma poi pensò a come ci sarebbe rimasta lei, se avesse ricevuto una risposta del genere. Quindi accettò, sebbene ancora una volta, le sue parole gli risultassero false, come se lui non ci credesse profondamente. Ma dopotutto questo era quello che voleva Inge, e lui non riuscì a dirle di no. O almeno, non ora.

“Ehi, però mi devi promettere una cosa.” Corrugò lei la fronte. “Comportati come prima. Basta attenzioni, basta portarmi le borse o farmi sempre sedere. Basta tutto questo. Voglio tornare alla vita di prima.”

Tom le sorrise ed annuì, nascondendole che niente sarebbe più tornato come prima. Quella situazione era irreversibile, sarebbe stato un cambiamento per tutti. Non replicò chiedendole come pensava di fare, non disse nemmeno che lui non lo credeva possibile. Soltanto, si spogliò e si mise sotto le coperte, facendosi abbracciare da Inge, che si addormentò in pochi minuti.

Lui non riuscì a chiudere occhio per l’intera nottata.

 

***

 

“Ho capito che vuoi mantenere la privacy, ma pagare così tanto per un’ecografia in una struttura privata, non ti sembra troppo?”

“No, meglio che poche persone ne vengano a conoscenza.” Rispose Tom, mentre metteva la freccia per poter entrare nel parcheggio dell’ospedale. Scesero e dopo aver chiesto informazioni su dove trovare il reparto, salirono fino al quarto piano della struttura. Solo qualche giorno prima Inge lo aveva informato che aveva preso appuntamento nello stesso studio in cui l’aveva fatta la prima volta, ma Tom la convinse a cambiare clinica. Ne era dispiaciuta, le stava simpatica la ginecologa che aveva conosciuto, però pensò che lui avesse ragione: meglio evitare di dare nell’occhio.

“Ah, non serve che ti ricordi che io sono Philipp, vero?”

Inge lo guardò e annuì, sebbene non ne fosse contenta. Avrebbe già speso troppo soldi per una semplice ecografia, e poi c’era il segreto tra paziente e dottore, no? Far credere anche di essere addirittura un’altra persona era eccessivo, ma evitò di farglielo presente, non voleva iniziare a discutere proprio in un’occasione del genere, e non lì, in mezzo a sconosciuti.

Dovettero aspettare una decina di minuti prima di essere chiamati da un uomo alto e grosso con i capelli bianchi. Non avrà avuto che una cinquantina d’anni, ma li portava molto male. Aveva dei piccoli occhiali da vista sugli occhi e dei grandi baffi bianchi che gli nascondevano la bocca. Inge si avviò seguita da Tom, che si era infilato il cappuccio in testa e ancora non aveva intenzione di toglierselo. Solo una volta dentro quella stanza bianca – non tanto diversa da quella dell’altra clinica – Tom tirò un sospiro di sollievo, scoprendosi il volto.

“Allora, ditemi,” iniziò l’uomo. “Questa è la prima ecografia?”

“Diciamo di sì.” Rispose Inge, sistemandosi come da copione sul lettino e scoprendosi la pancia. Lasciò che il ginecologo le spalmasse quel gel e guardò Tom, perché si avvicinasse per vedere lo schermo, ma lui borbottò qualche parola, giustificandosi che preferiva rimanere lì vicino alla finestra alla quale si era appoggiato appena entrato e da cui non si sarebbe allontanato per il resto della visita.

“Ah, che scortese, non mi sono presentato.” Sorrise il medico, forse captando quell’aria pesante che sembrava essersi creata in quella stanza. “Sono il Dottor Schreiber, ma voi potete chiamarmi tranquillamente Herbert.”

“D’accordo.” Gli sorrise di rimando Inge, sebbene il comportamento di Tom non le permettesse di mostrarsi rilassata come avrebbe voluto.

Il dottor Schreiber prese in mano la sonda e iniziò a passarla sulla pancia della ragazza, che dopo un’ultima occhiata a Tom, che ancora non dava cenni di volersi interessare seriamente alla visita, si concentrò sullo schermo. Tra la confusione che vi vedeva proiettata, riuscì subito ad individuare quei due puntini al centro dell’immagine e subito un sorriso le nacque sulle labbra per l’emozione di vedere per la seconda volta i bambini.

“Oh!” si rallegrò il dottore. “Ma guarda un po’! Ci sono addirittura due bambini qua dentro!” e si voltò verso Tom. “Le sconvolgeranno la vita, ragazzo.” Gli sorrise. “Ma non si allarmi troppo, i bambini sono sempre una benedizione del Cielo.”

Inge poté benissimo leggere sulla faccia di Tom quello che molto probabilmente stava tentando di non dire all’uomo: “Ci mancava solo la tua opinione religiosa, come se già io non sapessi cosa mi aspetta!” Però Tom tentò di ripagare il sorriso del ginecologo con un semplice abbozzo e annuendo, mantenendo sempre quelle stramaledette distanze da Inge e dai suoi figli. La ragazza provò la voglia di alzarsi, prenderlo per il collo della felpa e trascinarlo vicino a sé, ma si dovette controllare respirando profondamente.

“E lei, signorina, si prepari a vedersi lievitare.” Ridacchiò. “Con due bambini, inoltre la gravidanza diventerà sempre più pesante da affrontare, dovrà sopportare il peso di due vite dentro di sé, sa?”

“Già.” Sorrise.

“Quindi, mi raccomando: non si affatichi troppo durante i prossimi mesi, soprattutto gli ultimi. Deve stare attenta a mantenere un alto livello di ferro nel sangue, perché deve portare ossigeno ad entrambi i bambini, questo è molto importante! Inoltre deve tenere sotto controllo il proprio peso. Saranno necessarie più visite rispetto ad una normale gravidanza, ma non si preoccupi troppo, non è la prima donna a cui succede una cosa del genere. È solamente necessaria un po’ più di attenzione. E lei,” si rivolse a Tom. “Sia sempre presente. Ai bambini fa bene sentire anche la presenza paterna. E anche alla madre, no?”

Tom annuì silenziosamente, abbassando la testa sui propri piedi.

“Ad ogni modo, ora vediamo di fare un esame più attento.” Disse il medico, concentrandosi maggiormente sull’immagine che veniva proiettata sullo schermo. “Dunque, siamo alla nona settimana…” iniziò. “Quindi la data di concepimento risale più o meno all’ultima settimana di Aprile, da cui si può dedurre anche la data della nascita, che sarà verso l’ultima settimana di Dicembre, perché il parto gemellare stimola molto il collo dell’utero, inducendo il travaglio prima dei normali nove mesi.” L’uomo poi si zittì per concentrarsi meglio e dopo qualche minuto tornò a sorridere soddisfatto a Inge. “Gli embrioni non hanno alcun tipo di problema, sono correttamente posizionati nell’utero e tutto sembra procedere regolarmente.”

Inge sorrise, grata dell’informazione. In quel periodo apprendere di un problema durante la gravidanza sarebbe stata la ciliegina sulla torta per radere completamente al suolo ogni tipo di rapporto. I giorni che precedettero quella visita, Inge pensava seriamente che Tom avesse accettato la cosa – attenzioni eccessive a parte – ma era da quella mattina che le sue certezze avevano iniziato a vacillare. Tom era più silenzioso del solito, non si era avvicinato nemmeno ad osservare quei due puntini e non dava il minimo accenno a voler anche solo parere eccitato della gravidanza.

“La prossima ecografia sarebbe opportuna farla tra la sedicesima e la ventesima settimana, quindi penso proprio che ci rivedremo da qualche mesetto.” Offrì un pezzo di stoffa alla ragazza per pulirsi e si mise a compilare dei fogli ad un tavolo dall’altra parte della stanza.

La ragazza si tolse il gel dalla pancia e se la ricoprì con la maglietta. Scese dal lettino e si diresse verso Tom.

“Sei uno stronzo.” Gli soffiò rabbiosa, mentre prendeva il giacchetto e la borsa, posati su una sedia vicino a lui.

“Cosa?” balbettò lui, impreparato a quell’accusa.

“Avevi detto che mi saresti stato vicino.” Gli rinfacciò, guardandolo delusa, ma senza evitargli il suo tipico sguardo truce. “E invece oggi – che ne avevo più bisogno che tutti gli altri giorni – nemmeno ti sei avvicinato a me, non hai nemmeno guardato lo schermo.” Tentava di non farsi sentire dall’uomo, ma la voce colma di rabbia ogni tanto la tradiva e lei non riusciva a reprimere delle note più acute dovute a quello che stava covando dentro.

“Scusa, ma non sono riuscito ad avvicinarmi.” La sua voce aveva un tono indecifrabile. Era come se volesse parere sincero, mostrandosi però al tempo stesso del tutto disinteressato. E Inge intercettò questa sua indifferenza più che tutti gli altri sentimenti che vi potevano essere celati dietro.

“Non raccontare cazzate. Se tu l’avessi voluto, ti saresti avvicinato senza problemi!” ruggì lei. “Purtroppo penso di aver capito: non te ne frega niente di tutto questo.”

“Ah, ora mi dici anche cosa sto pensando?” tentò di ribattere lui, adirandosi a sua volta.

“Vaffanculo, Tom.” Ruggì Inge. “Sai benissimo che questa visita è importante per me, e avrebbe dovuto esserlo anche per te.”

“Mi dispiace,” rispose acido. “Ma tutto questo non mi ha emozionato quanto te.”

“Quindi il tuo ‘stare vicino’ era una cazzata!” tuonò, dimenticandosi di non essere sola in quella stanza. “Certo, come potevo pensare che in sole poche settimane tu potessi essere cambiato a tal punto?” Soffiò una risata di delusione e gli voltò le spalle. Andò verso il ginecologo, che si era allontanato, probabilmente per dare la privacy di cui avevano bisogno, e prese una busta che doveva essere la stampa dell’ecografia. Ringraziò, chiedendo scusa per la scenata a cui l’aveva fatto assistere e uscì dalla stanza. Tom le stava dietro, il cappuccio di nuovo a coprirgli la testa. Nessuno dei due parlava più, allontanandosi dalla clinica in un silenzio assordante.

Salirono in macchina e Inge puntò lo sguardo fuori dal finestrino per evitare di guardare Tom. Era stata stupida a pensare che a lui potesse seriamente importare qualcosa di quello che stava succedendo. Quella visita era stata la prova definitiva e lui aveva fallito in pieno. Anche tutte quelle attenzioni… Non volevano dire niente per lui.

“Inge, ascolta,” tentò Tom, sospirando.

Lei non prestò minimamente attenzione alle sue parole, continuando a fissare i palazzi che si susseguivano per quella strada che stavano percorrendo. Avrebbe voluto tirargli uno schiaffo, sapeva che non sarebbe cambiato nulla, ma almeno si sarebbe sfogata, ma pensò che uno schiaffo soltanto non sarebbe stato sufficiente a fargli capire come si sentisse lei in quel momento.

“Hai sentito?” le chiese Tom, imboccando la strada per arrivare a casa.

Inge non lo degnò nemmeno di un accenno ad una risposta. Per ora e per chissà quanto altro, lui non esisteva più. Prima di meritarsi nuovamente il suo saluto, avrebbe dovuto chiedere scusa in ginocchio e dichiarare di essere stato uno stronzo.

“Ascolta, Inge, non volevo essere così duro.” Continuò lui. “Ma devi capirmi, non so come comportarmi.”

“Ma provaci almeno!” sbottò Inge, non riuscendo più a contenere la sua rabbia.

“Ti garantisco che ci provo!”

“No, tu stai solo cercando di non affrontare il problema!” lo accusò. “Non ti sei nemmeno avvicinato a noi, stai facendo di tutto per evitare che tutto questo sia per te totalmente vero. E non provare a negare, perché ti è impossibile!” Attese un attimo, sperando che in realtà lui negasse, provasse a controbattere per farle capire che invece per lui tutto questo era vero, che lui pensasse a loro… Qualunque cosa che avrebbe potuto aggiustare quei pezzi del loro rapporto che stava piano piano sgretolandosi sotto i loro occhi.

“Non hai nemmeno chiesto come stessero…” aggiunse poi, prendendo atto della sua incapacità a ribattere. Non era da lui lasciare che le accuse lo colpissero in pieno, quindi significava che lei aveva ragione, e non poté far a meno di provare un’estrema delusione.

“Sono ancora dei gamberetti, Inge,” rispose lui. “Come vuoi che stiano?” quelle parole sembravano tanto delle scuse per non precipitare nell’oscuro baratro senza ritorno a cui si stava avvicinando sempre di più. Ma per Inge, lui era proprio sul bordo, e ci sarebbe mancato pochissimo perché lui vi cadesse per non uscirne più.

“Saranno pure dei gamberetti, ma sono tuoi figli.” Concluse lei. Tom non replicò nemmeno questa volta.

“Credi che potremo andare avanti così?” chiese Inge, dopo aver fatto trascorrere qualche minuto di silenzio.

“Non lo so, Inge.” Mormorò lui. “Non lo so davvero.”

 

***

 

Bill li aveva osservati a lungo e a lungo aveva quasi sperato che fosse solo un brutto incubo, ma la situazione tra i due era peggiorata. E tanto. Da quando erano rientrati da quella loro prima ecografia, Inge e Tom si erano allontanati, ma non come poteva essere successo tempo fa, che nemmeno si parlavano, semplicemente sembravano essere diventati degli estranei, dei coinquilini che hanno in comune solo il tetto sopra la testa. Inge era tornata a dormire nella sua camera, ogni tanto Alex le andava a fare compagnia, e Tom era rimasto nella sua, in perfetta solitudine. Ma si parlavano e Bill quasi trovava questa loro situazione più snervante della totale indifferenza che avevano mostrato solo qualche settimana prima. Era insopportabile come loro potessero continuare a parlarsi senza mai affrontare quel problema che chiaramente li stava massacrando, perché Bill ne era convinto: c’era qualcosa che entrambi avrebbero voluto dirsi, purtroppo ancora una volta il loro orgoglio aveva creato troppi ostacoli.

O forse non era l’orgoglio. Dovette passare un’altra settimana perché Bill capisse che non era una semplice discussione, quella tra Inge e Tom. E il non volerne parlare non era un semplice fatto di carattere, ma qualcosa di più profondo. Per gli ultimi tre giorni era stato in procinto di chiedere spiegazioni all’uno o all’altro, ma c’era sempre stato qualcosa che gliel’aveva impedito, come l’espressione triste – quasi straziata – che Bill leggeva fin troppo chiaramente nei loro sguardi.

Indubbiamente quella situazione non si sarebbe risolta tanto facilmente e lui si ritrovava a non saper come gestire l’intera faccenda, oltre che Alex. Il bambino, infatti, non faceva altro che tartassare Tom e Inge affinché giocassero insieme, ma nessuno dei due gli dava troppa corda quando si trovavano insieme, per poi passarci ore quando invece erano da soli. Talvolta sembrava però che Alex fosse solo una difesa per non poter parlare dei propri problemi, e quindi gli stavano dietro molto più spesso, a condizione, però, che l’altro stesse facendo altro, e possibilmente in un’altra stanza.

Bill non seppe per quale miracolo squillò il telefono, un venerdì sera, ma non poté che ringraziare chiunque avesse messo la pulce nell’orecchio a sua madre.

“Ciao, mamma, come stai?” si era rinchiuso in camera, quasi a voler prendersi un po’ di tempo per parlare con persone che potessero capirlo. Certo, aveva parlato della questione anche a Georg e Gustav, ma loro non seppero cosa pensare di diverso da Bill. Tutti e tre si trovarono d’accordo sul fatto che Inge e Tom avrebbero dovuto tornare a parlarsi, ma non sapendo cosa fosse successo tra di loro e vedendo come le cose si erano incrinate, l’unica possibilità era effettivamente confidare in un qualche miracolo.

“Oh, Bill, se non chiamassi io, voi quasi vi dimentichereste di avere una madre!” sbuffò Simone, dall’altro capo del telefono. Ovviamente Bill aveva passato così tanto tempo con sua madre da capire l’ironia che spesso e volentieri faceva trapelare anche nelle lamentele. “Comunque qui è tutto a posto. Gordon è in sala a guardare la TV, e io smaniavo di sentire almeno uno di voi due,” spiegò. “Soprattutto visto cosa sta succedendo in quella casa!” esclamò eccitata in conclusione.

“Eh, già, se tu sapessi cosa sta veramente succedendo qua, ti prenderebbe un colpo!” Le parole gli fuggirono di bocca ancor prima che Bill potesse pensare a cosa aveva detto. Sapeva che se sua madre avesse sentito anche solo un minimo campanello d’allarme si sarebbe preoccupata come se le cose la riguardassero in prima persona, ma ormai era troppo tardi, e Simone aveva un sesto senso per captare anche il minimo tentennamento da parte dei figli.

“Non mi dire che Inge e Tom ancora non si parlano!” piagnucolò. “Cristo, sono passate – quante? Due settimane? Perché sono tutti e due così testardi?”

“No, mamma, guarda che avevano ripreso a parlare,” chiarì subito. Si sistemò comodamente sul letto e si preparò ad affrontare con sua madre tutti i suoi dubbi su quei due. Tanto ormai era in ballo, tanto valeva ballare, no? E soprattutto, con Simone, una volta in ballo, non potevi più tirarti indietro, era un obbligo dal quale era impossibile scappare. “Sembravano quasi tornati al rapporto di sempre,” iniziò a raccontare. “Però si vedeva che c’era qualcosa che non andava. Cioè, io l’avevo sempre sospettato, ma allo stesso tempo speravo che fossero solo idee infondate, perché che motivo ci sarebbe di continuare a essere così tesi anche in un momento del genere?”

“Tesoro, Tom è un ragazzo istintivo, lo sai quasi meglio di me,” disse la madre. “Si sente… Come dire… Braccato, sì, imprigionato in questa situazione. È comprendibile questo suo distaccamento. È questo quello che ti preoccupa?”

“Fosse solo questo non sarebbe niente.” Sospirò Bill, passandosi una mano sugli occhi. Improvvisamente si chiese quanto fosse giusto raccontare tutto alla madre. Dopotutto queste erano faccende tra Inge e Tom, loro c’entravano il giusto.

“Bill, mi stai facendo preoccupare fin troppo, quindi smettila con questi giri di parole e arriva al punto.”

“Be’, più o meno una settimana fa Inge ha fatto la prima ecografica e -”

“Davvero? Oddio, che bello! Che le hanno detto? Aveva detto mi avrebbe chiamato, ma non ho più avuto sue notizie.” Bill si sentì in colpa di dover abbattere così violentemente l’euforia della madre, ma non vedeva alternativa.

“Penso che il non averti chiamato dipenda da quello che è successo durante l’ecografia.”

“E cosa è successo?”

“Eh, boh.” Bill represse una triste risata. Cosa era successo… A saperlo, forse poteva capire molte cose del loro atteggiamento. “Da quando sono tornati, non si sono più rivolti parola. O almeno, si parlano, però è come se lo facessero per obbligo. Non si guardano quasi più negli occhi, sono sempre quasi apatici… Mamma, è una situazione di merda, ecco.”

“Apprezzo la schiettezza – la finezza un po’ meno.” Commentò per sdrammatizzare. “Quello che mi dici non mi piace per niente.”

“Nemmeno a me, e il peggio è che non so proprio cosa fare!” si lamentò. Di certo tendere un agguato ad entrambi per costringerli a parlare sarebbe stato troppo rischioso. Avrebbero potuto trovarsi momentaneamente d’accordo per sbranarlo seduta stante. Forse la metafora era un po’ troppo cruda e mal riuscita, ma il succo era quello: Bill aveva paura ad immischiarsi nelle loro faccende, in primo luogo perché non erano affari suoi, e poi perché sentiva che nel profondo aveva paura di sapere il motivo del loro comportamento. E se avessero deciso di abortire? E se Tom l’avesse convinta subdolamente ad una cosa del genere? E se avessero deciso di lasciarsi? Certamente, dopo tutto questo tempo, la vita in casa Kaulitz ne avrebbe risentito. Per non parlare di Alex.

Troppe erano le domande, i se, e troppo poche erano le risposte concrete, quelle che dovevano far capire esattamente cosa aveva portato ad una situazione del genere.

“Tesoro, vuoi che venga lì da voi?” propose Simone, facendosi più apprensiva, molto probabilmente comprendendo l’ansia e la paura di Bill.

“No, mamma, non importa.” La fermò lui prima che lei si mettesse seriamente in testa di fare una cosa simile. Molto probabilmente la sua presenza avrebbe solo peggiorato la situazione. Entrambi si sarebbero ritrovati più tesi, messi più in soggezione e più giudicati. Forse sarebbe stato meglio aspettare ancora un po’ e sperare che le cose si smuovessero da sole.

“Allora volete venire tu e Alex qui da noi?” offrì come seconda scelta.

“No, davvero. Non voglio fare pressioni su nessuno dei due.”

“E che pressioni dovresti fare? Dopotutto potresti solo dire che ho voglia di vedere mio nipote.”

“No, mamma, per favore. È meglio lasciare le cose così come sono, sono loro che devono decidersi a parlare.”

“Certo, ma se nessuno fa notare loro quanto sono stupidi ad evitare il discorso, la questione, insomma, qualunque cosa li abbia ridotti così, mi spieghi come possono pensare di chiarirsi?”

“Be’, semplicemente con un minimo di coscienza!” Ma mentre pronunciava quelle parole, Bill già sapeva che non era vero. Inge e Tom erano molto probabilmente le persone più testarde, cocciute, orgogliose e male assortite per questo, in tutto il mondo, quindi era alquanto improbabile che di testa loro decidessero di parlare, visto come si era evoluta la vicenda.

“Lo sai anche tu che non è vero.” Replicò Simone, quasi deridendolo.

“Già.” Sospirò Bill, sprofondando nel letto e chiudendo gli occhi. Eppure ci doveva essere qualcosa che poteva fare per far migliorare almeno un minimo le cose tra di loro. Ma cosa?

“Bill, tesoro, Gordon mi sta chiamando.” Disse Simone quasi a voler chiudere la conversazione. “Facciamo che ci sentiamo presto e vediamo di trovare una soluzione, d’accordo?”

“Ok, mamma. Salutami Gordon.” Mormorò Bill. Aveva acconsentito alla proposta della madre tanto per farla felice. Sapeva che meno ci sarebbero entrati, meglio sarebbe stato per tutti. Quella faccenda non li riguardava.

La chiamata si interruppe subito dopo e Bill affondò la testa nel cuscino. Era incredibile come la gravidanza stesse distruggendo il rapporto tra Inge e Tom e allo stesso modo distruggendo psicologicamente anche Bill. Magari lui esagerava, ma poteva sentire la tensione sempre più densa tra di loro e certe volte quasi si sentiva in imbarazzo a parlare con entrambi. Cosa avrebbe dovuto dire? Credevano forse che nessuno si fosse accorto del loro cambiamento? Era assurdo. E quindi? Avrebbe dovuto lo stesso far finta di niente?

Ma soprattutto, se lui si sentiva così, Alex come avrebbe potuto reagire se la situazione fosse ulteriormente peggiorata?

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Cavolo! Sono passati due mesi dall'ultimo capitolo! Oddio, non pensavo così tanto! Ho guardato la data di pubblicazione del capitolo precedente solo per scrupolo, ma ora più che mai mi sento in dovere di farvi le mie scuse per il ritardo! Posso solo dire due piccole paroline a mia discolpa: la prima è che ho dovuto studiare per qualche esame che tutt'ora continua a perseguitarmi, e la seconda è che ho avuto qualche problemino con l'account, ma tutto a posto, ora! E spero che voi tutte mi possiate perdonare T.T

Be', che potrei dire per intrattenervi un po' alla fine del capitolo, questa volta? Magari che questo periodo di malinconia presto finirà, eh? Sì, dai, una bella notizia ci vuole dopo tutti questi aggiornamenti di musi lunghi e paranoie. Diciamo poi che quest'ultimo proprio non spicca per l'ilarità, ecco... Ad ogni modo, dal prossimo potrete vedere un grandissimo personaggio in azione, capace di far ragionare un po' questi due, che sembra proprio non sappiano dove andare a parare con questa storia della gravidanza.

Vabbè, dai, passo subito ai ringraziamenti, che prevedo mari di parole!

memy881: Ehilà! Mi permetto di scusarmi nuovamente per il ritardo con cui ho aggiornato... E detto questo, passo a rispondere al tuo commento: eh, sì, l'orgoglio di entrambi è una brutta bestia, e in questo capitolo lo puoi vedere molto bene, anche se - come dice Bill - c'è altro oltre all'orgoglio. Passando al punto di Alex, penso che non ci sia bisogno di ripeterlo: è vero, Alex deve fare le sue esperienze ed Inge gli è particolarmente attaccata. Secondo te si capisce che un po' dipende anche dagli ormoni della gravidanza? ;) Ps: non hai idea di quanto mi stia documentando sulla gravidanza per poter scrivere questa storia! E certe volte sono convinta di continuare a lanciare ca**ate per quello che dico! XD Vabbè, al limite passatemele! :D

_Nat_91: Essì, c'è qualcosa che non va. In questo capitolo è abbastanza evidente. Entrambi non riescono più a gestire il peso della situazione in cui si sono trovati, ma forse è abbastanza normale, vista la vita che soprattutto Tom stava conducendo fino a quel momento. Ad ogni modo grazie per i complimenti! E scusa per il ritardo, mi sento una merdina T.T

_KyRa_: Sara, carissima! Mi dispiace infinitamente per averti fatto aspettare così tanto! Spero di non toccare più certi tempi, che sono davvero osceni! Tornando alla recensione: dici bene, purtroppo, il fatto che Tom non sia pienamente convinto delle promesse fatte ha portato davvero a qualcosa di molto grosso... Più grosso di quel che forse possono sopportare come coppia. Sai, all'inizio volevo che questo capitolo avesse un che di comico - tipo Tom che si imbacucca tutto per non essere riconosciuto - ma alla fine è diventato un po' troppo serio e tendente al triste. Però ho raggiunto l'obbiettivo che mi ero prefissata. Se non avessi preso questa strada, chissà tra quanti altri capitoli sarebbero scoppiati! Sono contenta, però, di averti almeno fatta ridere nel capitolo precedente, perché troppa malinconia la reggo poco pure io. Mi sarebbe piaciuto che anche questo aggiornamento fosse un po' più frizzante, ma è andata come è andata, e forse è un bene... Cioè, alla fine questo doveva accadere, è giusto quindi che l'allegria in questo momento si sia fatta da parte. Grazie ancora una volta per i bellissimi complimenti - lo sai che mi piacciono tantissimo? XD E allo stesso tempo ti faccio nuovamente le scuse per il ritardo u.u

nikky_cullen: Ciao! Fa sempre piacere trovare nuovi commenti da persone che all'inizio seguivano in silenzio, significa che la storia ha vi ha preso abbastanza da indurvi a lasciare una traccia! XD Sai che sei l'unica che mi ha fatto notare una cosa molto importante? Che dopo tutto quello che ha passato Tom negli episodi precedenti, magari sarebbe (o avrebbe?) dovuto essere (mi sto così incasinando con queste coniugazioni dei verbi che tu non ne hai idea! XD) più maturo. Hai ragione. Però ho pensato che una cosa del genere a Tom non era mai successa - ovvero dover accudire prima la "partner" e poi i propri bambini dall'inizio - e quindi mi è sembrato quasi giusto presentarlo ancora una volta immaturo, proprio perché non ha la più pallida idea di come comportarsi. E poi non scordiamoci che ha solo vent'anni! E un'altra cosa te la devo assolutamente dire! Quando mi hai detto del furto in casa Tokio, m'è preso un colpo! Sono andata subito a documentarmi e non ho potuto far a meno di ridere - mi scuso profondamente con quei quattro ragazzacci nordici u.u - ma mi è sembrato davvero un dejà vu! XD Avvisami pure quando avvisti un bambino da loro! XD

_Princess_: Consorte, non posso altro che concordare su ogni vostra parola. Avete compreso ogni minimo risvolto di questa vicenda. Non per niente siete mia moglie, ci sarà un motivo per cui vi ho sposata, no? ;) Ad ogni modo, sì, la svolta in peggio - peggissimo! XD - deve ancora venire, e sai già quale sia, quindi non ti resta che attendere!

tittikaulitz: Non preoccuparti per il ritardo, come vedi, nessuno è in grado di battermi! (Non credo però sia un motivo di vanto... XD) E la tregua dalla pausa incerta sembra essere sfociata in un distaccamento quasi totale. Ho voluto parlare dal punto di vista di Bill, in questa seconda parte del capitolo, per far capire come possa sembrare da fuori la loro situazione. Per Tom e Inge i motivi sono spiegati in varie occasioni, e diciamo che la loro pseudo-rottura è dovuta ad un accumulo di questi motivi, mentre per Bill la questione è più complicata, come anche per Alex... Non sanno davvero come affrontarli, e quindi tutti fanno quasi finta di niente. Non è proprio una bella cosa, eh? Ad ogni modo, nel prossimo capitolo ci sarà l'apparizione di un grande personaggio che li farà un po' ragionare, vedrai ;)

Oimmena, sono incredibile! Riesco a scrivere chilometri di note d'autrice nonostante il già immenso capitolo! Sono senza speranze -.- Ad ogni modo, visto che inizia ad essere tardi e che domani dovrei svegliarmi presto, vedo di chiudere qui.

Alla prossima, bella gente!

Irina

 

 

  
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