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Autore: ElderClaud    09/11/2010    2 recensioni
“Ehy... Ulquiorra... – sogghignò ancora una Yoruichi in vena di scherzi – … me ne daresti un po' di quel frappè...?!”
girandosi un poco sulla sedia, allungò una gamba per andare a toccargli i capelli neri che a stento cadevano sulle spalle, con il piede avvolto da quel calzare osceno.
Un lieve suono, un “toc” udibile solo in quella stretta circostanza, si propagò piano quando il piede della donna andò a colpire quella testa con una malizia a dir poco infantile.
Kuukaku borbottò seccata per quel suo atteggiamento che ostentava – invano – sensualità, roteando gli occhi spazientita e posando sul tavolo una tazza ormai vuota di cioccolato.

[Kuukaku-Yoruichi-Ulquiorra]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Schiffer Ulquiorra, Yoruichi Shihoin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raining Stones'
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Allora, questa oneshot avrebbe dovuto far parte della challenge di Halloween indetta da Fanworld, con il promt “vampiro”. Purtroppo a causa di un infortunio all'occhio sinistro, non ho potuto avvicinarmi al pc. Solo da poco infatti, riesco a starci un poco.
Comunque sia, di Kuukaku e Yoruichi avevo già parlato tempo addietro ne “la nostra solida amicizia” quindi questa shot è da considerarsi un suo seguito oltre che “antefatto” di un'altra storia, ossia “old job”.
Il mio intento qui era parlare di un tema delicato qual è le malattie degenerative. Nel testo non specifico di che malattia si tratta, quindi potete solo fare ipotesi. Il mio intento era quello di mostrare il lato introspettivo della cosa partendo dalla metafora del vampiro.
Quindi spero di aver fatto un lavoro abbastanza decente e non ridicolo. Spero. Confido in una vostra recensione.
La canzone scelta per questa oneshot è dei Muse ed è time is running out.


our time is running out (how did it come to this?)

E il nostro tempo sta scadendo
Non puoi spingerlo sottoterra
Non possiamo impedirgli di urlare
Tu risucchierai la mia vita


L'ufficio di Kira Izuru era decisamente piccolo.
Pochi metri e tanto disordine, tipico degli avvocati di ufficio come lo era lui.
Tra le pile di scartoffie, registri consunti, mobili pieni di polvere e libri, era pure presente una scrivania rivestita in linoleum verde dove era solito lavorare.
A Kuukaku Shiba quel posto che sapeva di naftalina e polvere decisamente non piaceva, al contrario di Yoruichi Shihoin che, seduta accanto a lei, pareva raggiante e ottimista.
No, decisamente a Kukkaku stava seriamente sulle scatole stare li per avere notizie di quel coglione di suo fratello minore Ganju. Ma era stata la simpatica personcina al suo fianco che l'aveva convinta ad interessarsi.
Yoruichi aveva sempre avuto una parlantina sciolta e un modo accattivante di ottenere sempre qualcosa, peccato che con lei non era mai riuscita ad ottenere nulla.
Solo negli ultimi tempi la Shiba si era ritrovata con il carattere ammorbidito di qualche tacca – lo dimostrava il fatto che fosse li in quell'ufficio polveroso – ma i motivi che l'avevano spinta ad un cambiamento quasi istintivo del proprio carattere, erano per lei fonte di estremo disagio.
“Ahh... Si. Dunque, il caso Shiba Ganju è questo...”
si ridestò giusto in tempo per vedere quel biondo di un avvocato uscire fuori da dietro una catasta di cartelle, con una di quelle già citate cartelle straripanti di fogli e cartacce tra le mani.
Kuukaku non poteva permettersi un avvocato decente per far uscire suo fratello dalla prigione – sempre a fare casini quello – quindi non le rimaneva che quello d'ufficio fornito dalla polizia.
Aveva sentito dire che un tempo Kira Izuru lavorava per una grossa casa farmaceutica, ed era il secondo di un pezzo da novanta li dentro.
La donna però, disinteressata com'era, non sapeva che il pezzo da novanta era un certo Gin Ichimaru, che aveva disertato l'azienda e se ne era andato via con Sosuke Aizen e Tousen Kaname per fondarne un'altra di altrettanto potente. Lasciando il povero Kira da solo di punto e in bianco con una mole di problemi.
E dato che non era riuscito a reggere il peso di tutta quella pressione burocratica, l'avvocato aveva deciso (visto costretto) di abbandonare tutto(cacciato per inefficienza) e di dedicarsi a casi più semplici (costretto a spalare merda).

Ma a questo piccolo particolare della sua insignificante vita, la cliente se ne fregava altamente. Da dietro spessi occhiali da sole e avvolta da un poncho di lana grezza, la Shiba maggiore lo scrutava marmorea.
Dura e inflessibile, pareva che la lettura degli atti giudiziari non le stesse affatto piacendo.
“In pratica, mi sta dicendo che mio fratello non può uscire di galera...?!”
“Ecco... Uhm... – deglutì quasi rumorosamente nel darle la spiegazione finale – è esattamente così. Ha accumulato troppi reati che vanno oltre la produzione di fuochi d'artificio illegale, s-spiazzando dal traffico di suddetti articoli, alla ricettazione... Poi al furto di materiale primo e... Urgh!!”
Kira in quel momento, non aveva considerato che la donna potesse scattare in un moto d'ira per cingergli il colletto della sua camicia antiquata, con una velocità degna di un velocista collaudato.
Evidentemente, lui non conosceva bene Kuukaku.
La Shiba si era letteralmente alzata in piedi con uno scatto fulmineo, così velocemente da sorprendere la sua accompagnatrice e facendo persino cadere la sedia di semplice legno consumato, su di un pavimento che l'accolse con un suono sordo.
Il volto nascosto dagli occhiali da sole si indurì maggiormente mentre l'uomo catturato iniziava a lanciare piccoli gridolini di sorpresa mista a paura, fermata unicamente dalla mancanza del braccio destro – il poncho lo nascondeva bene la menomazione, altrimenti lo avrebbe preso a pugni – e da una Yoruichi non più propensa a rimanere a guardare.
“Ok... Ok! Kuukaku, basta così! Dai, lascialo stare – si alzò in piedi e si apprestò a sganciare la donna dal biondo con delicatezza e decisione – non ha senso accanirsi così... Lascialo adesso, ok?!”
gemendo di frustrazione, la donna piena d'odio lasciò andare quell'avvocato smidollato che quasi cadde all'indietro, voltandosi di scatto offesa e abbandonando immediatamente quell'ufficio schifoso. Immergendosi presto nel caos del distretto.
“Kuukaku!” gridò la donna dalla pelle ambrata.
Ma la compagna decisamente sorda ai suoi richiami un po' polemici, continuò la sua falcata fino all'uscita – attirandosi qualche occhiata perplessa dai dipendenti – e a Yoruichi non rimase che sbuffare tra il seccato e sconsolato, chiedendo sbrigativamente scusa ad un Kira ancora sconvolto per quell'assalto improvviso, prima di correre e raggiungerla.
La vita dell'avvocato di ufficio, se possibile, era ancor più stressante di quella da manager.

[…]

Shiba Kuukaku aveva sempre avuto una grande attrattiva per i fuochi d'artificio. Difatti assieme alla sua famiglia, possedeva una fabbrica fiorente che si protraeva ormai da generazioni.
Poi durante il confezionamento di una serie di petardi successe il fattaccio... E la donna perse così il braccio destro e pure la fabbrica. Ma come le aveva sempre detto Yoruichi: “meglio aver perso il braccio che la testa in quell'esplosione, no?!”
Si, in effetti aveva ragione, benchè il suo più che un ammonimento era una autentica battuta di spirito. Ma quella donna era fatta così, un caratteraccio troppo libero per essere sopportato dagli altri. Imprenditrice di se stessa che da più di quindici anni – dal giorno dello spiacevole incidente al braccio di Kuukaku – gestiva assieme a lei un pub tra i più... Malfamati di tutta la città.

“C'era per forza bisogno di quella... Dimostrazione di virilità da parte tua, Shiba bo?! – sbuffò spensierata portandosi le braccia dietro la testa – bastava che gli ringhiassi contro in modo sexy e te lo giocavi...”
Una volta fuori dalla centrale le due si diressero a casa. Camminando l'una a fianco dell'altra sotto un viale alberato ingiallito dalle prime foglie autunnali.
Sotto i loro piedi le foglie mormoravano suoni umidi ogni volta che venivano calpestate, l'aria infatti era fresca e umida tipica delle giornate autunnali.
“Piantala gattaccia. Sono solo... Nervosa ok? Mio fratello è un coglione!”
suo fratello Ganju, a discapito delle tante raccomandazioni della famiglia, non aveva voluto cedere a cambiare per forza di cose un mestiere secolare.
No, lui era nato per fare i fuochi artificiali e ci sarebbe morto nel farli. Anche se la fabbrica di famiglia era esplosa e i risparmi se li erano mangiati per curare le ferite della sua sorellona.
Sorella che ora aveva più di una luna storta e lo avrebbe lasciato volentieri in galera qualche anno.
“Uff... Sarà! Ma sei decisamente poco femminile – iniziò a sgambettare allegramente quasi a prenderla in giro – abbiamo da fare stasera, ricordi?! Voglio che sia tutto pronto!”
Allegramente – e con una punta di strafottenza che non sfuggì all'altra – Yoruichi estrasse dalla borsa quello che era un pipistrello di gomma. Un semplice balocco di gomma nero e con occhi e denti che la Shihoin aveva definito simpatici e buffi. Per Kuukaku invece, erano solo degli stupidi portachiavi giganti da appendere sotto la veranda di casa per la notte di Halloween.
“Yoruichi... Tu hai una visione della femminilità che è a dir poco imbarazzante! E comunque, fatti aiutare da Ulquiorra a mettere in veranda quella roba!”
Di tutta risposta, la donna dalla pelle d'ebano affilò lo sguardo con furbizia maliziosa ridendosela di gusto per quell'ostinata durezza.
Erano amiche da una vita, quindi sapeva come prendere la Shiba per il verso giusto. Per questo, ridendosela di estremo gusto – quasi a fare le fusa – volle irritarla maggiormente scatenandole un moto di gelosia.
“Oh si... Magari mi faccio aiutare da quelle sue manine d'oro... Non cred...”

Una smorfia.

Una smorfia che Kuukaku conosceva assai bene, si materializzò sul volto di Yoruichi.
Gli occhi dorati le si chiusero nell'immediato brucianti e carichi di lacrime, le narici si allargarono per istinto nell'esatto momento in cui la gola le si chiuse. E il volto si trasformò ben presto in una maschera di sofferenza quasi irriconoscibile.
Poi un gorgoglio. Un suono umido e strozzato che le veniva dal profondo della trachea iniziò a svilupparsi sempre più, fino a raggiungere l'intensità voluta di un fortissimo colpo di tosse.
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
Sotto lo sguardo congelato della Shiba, Yoruichi tossiva con così tanta forza che era quasi possibile vedere tutto il suo corpo tremare violentemente nonostante gli abiti pesanti indossati. Nonostante il cappotto nero e i jeans spessi per il freddo portato dall'autunno.
Addirittura – e la donna menomata se lo ripeteva spesso – le sembrava quasi che i polmoni dell'amica volessero scappare via dal suo corpo da tanto che erano violenti e crudeli quei colpi di tosse.
Yoru... – deglutì sentendo gocce di sudore freddo scivolarle giù per la schiena – Yoruichi...”
Dio, quanto odiava quei momenti. Quanto odiava essere così schifosamente impotente.
Ogni volta che accadeva, spesso e volentieri con sempre più frequenza da circa sei mesi a quella parte, la donna non sapeva più che cosa fare.
Se non altro, di starsene ferma a guardare mentre l'amica se ne rimaneva li con quasi i polmoni sputati nelle mani a furia di tossire come una indemoniata. E manco un bicchiere d'acqua riusciva più a fermare quelle scosse frenetiche. Non arrivati a quel punto ormai.
Quanto odiava la Shihoin quando tossiva a quel modo...
“Uh... Ahh... – tossicchiò ancora benchè il peggio fosse passato – … V-va tutto bene ora, ahh... Tranquilla, va bene ora! Sto bene visto? Era solo tosse, non star li a fare quella faccia preoccupata per me!! Ti fa sembrare solo più vecchia...”
Accompagnò quell'ultima parte con un lieve gorgoglio seguito a breve dall'atto di stropicciarsi gli occhi arrossati dalle lacrime, prima di ritornare a camminare allegramente senza neppure voltarsi a guardarla.
Se non altro, Yoruichi aveva ancora dei tempi di ripresa eccezionali. Seppur pure quelli stessero ormai subendo colpi critici da quei sofferti colpi di tosse.
Ad ogni modo, sempre e comunque, ciò che succedeva erano sempre avvenimenti di pochi secondi e che prendevano la Shiba completamente alla sprovvista.
E lei odiava non sapere cosa fare.
Detestava il sentirsi dannatamente impotente, in particolare se di mezzo c'era una Yoruichi che spegneva i riflettori in modo così repentino, apparentemente non accettando aiuti da nessuno.
Schifandosene per giunta.
A quel punto quindi, a Kuukaku non rimaneva che ingoiare un maledetto nodo pieno di spine presente in gola e avanzare a testa bassa per quel delizioso viale alberato, nel tentativo di raggiungerla.

[…]

“Esattamente a che servono?!”
Ulquiorra Shiffer maneggiò con scrupolosa curiosità mista ad una sana dose di perplessità, uno dei tanti pipistrelli di gomma comprati da Yoruichi quella mattinata (prima di essere passate dall'avvocato).
Sotto l'ampio porticato di casa in un ridente quartiere di villette a schiera, un uomo e una donna – lei in piedi su di una piccola scaletta in legno e lui accanto al tavolo con quei cosi – stavano abbellendo tale spazio aperto per poter accogliere al meglio gli ospiti della notte stregata.
“Servono a fare solo scena, Ulquiorra! Aiutami ad appenderne qui...”
“Si ma perchè proprio questi?!”
Sordo alle orecchie di una burbera Kuukaku, il giovane uomo continuava imperterrito a fissare uno di quei pupazzi senza apparentemente capire il significato di tale addobbo.
La donna sospirò esasperata e scese dalla scaletta per strapparglielo di mano, non riuscendo comunque ad estrapolargli una qualche espressione da quel suo volto pallido come la neve.
“Non lo so... A Yoruichi piacciono i vampiri! Li trova affascinanti e boh... – ritornò sulla scaletta per appendere al filo di spago il pupazzo – dice che le ispirano sesso... I vampiri umani intendo... Ma valle a dare retta, quella è tutta scema”
Nonostante a Kuukaku mancasse il braccio destro – cosa nascosta da una protesi estetica – riusciva comunque a fare tutti i lavoretti di casa e quelli del lavoro con grande maestria. Che fosse stato quello di servire birre al bancone o di cacciare via – a pedate – clienti molesti o ormai ubriachi, ci riusciva anche senza quel braccio di carne.
Anzi, pareva quasi che quella perdita non l'avesse minimamente scalfita.
Shiba Kuukaku era una donna forte. In vita infatti, aveva dovuto sopportare dolori ben maggiori come il lutto di uno dei suoi fratelli – Kaien, per lei e Ganju, era un madornale punto di riferimento – ed aveva tirato avanti sempre a testa alta.
Cose ben più profonde e fastidiose come lo erano le relazioni umane, erano così toste come sfide da far apparire quindi la perdita di un arto come una cosa quasi insignificante.
Oppure semplicemente tentava di non pensarci, quella donna non si era mai aperta molto con Ulquiorra. Quindi lui, come in quel preciso momento, faceva solo delle supposizioni su di lei. Tenendo aperte tutte le strade possibili.
“Francamente, questi non sono dei vampiri... Hanno l'aspetto di pipistrelli europei – estrasse dalla busta un altro pupazzo per osservarlo meglio – e trovare affascinanti dei vampiri lo trovo un po' azzardato. Loro bevono il sangue fino ad ucciderti... Tutto il resto raccontato nei romanzi odierni, è solo spazzatura”
Affermazioni quelle del giovane uomo, che portarono a far riflettere la donna anziché portarla a sbottare contro di lui. Guardando per un breve istante il vuoto attorno a lei, lasciando così che il vento fresco della sera incombente portasse gli addobbi già appesi e i ninnoli presenti da molto più tempo, a oscillare dolcemente emettendo suoni di campanellini delicati.
Ulquiorra Shiffer era un ragazzo decisamente solitario, che da circa due anni coabitava con loro in un monolocale ricavato in soffitta.
Yoruichi era quel tipo di donna che un bel mattino si svegliava e sentiva la misteriosa urgenza di ri-arredare da zero la casa oppure, come in quel caso, di aumentare gli introiti ristrutturando la soffitta e renderla abitabile.
Pertanto, non aveva fatto tante domande a quell'uomo quando si presentò per vedere l'appartamento. Ma se lui andava bene a quella donna furba quanto una gatta, allora poteva andare bene pure a lei.
E fino a quel momento Ulquiorra non aveva dato nessun tipo di problema, portando loro sempre e comunque un certo rispetto.
Non aveva legato in particolar modo con nessuna delle due, tuttavia per Kuukaku era azzardato pensare che con lei avesse una “confidenza” un po' più sentita. Dato che alla domanda: “che lavoro facevi prima di venire qui in città?!”, solo a lei aveva seccamente risposto “il ginecologo”.
E ora invece era un contabile pagato con il contagocce.
Un grande balzo di qualità, non c'è che dire. E la cosa le aveva fatto inarcare un sopracciglio in un misto di curiosità mista a perplessità.
Ma era certa che se lo avesse detto a Yoruichi... Le attenzioni e le buffonate di quella donna ai danni di quel ragazzo sarebbero di sicuro aumentate. Quindi anche se presente li da poco tempo, le era chiaro che quel tizio non fosse tanto stupido e chiuso.

Scendendo finalmente dalla scaletta, dopo quel mezzo minuto di tempo speso a pensare, Kukkaku rivolse ancora ad un Ulquiorra impassibile, la parola.
“Tzè... E te che ne sai di come sono fatti per davvero i vampiri?!”
Le stava un po' antipatica quella sua costante... Saccenza.
Di tutta risposta l'interpellato mise le mani nelle tasche dei pantaloni neri, rispondendole di seguito.
“Io so che di vampiri se ne parla per la prima volta in una leggenda sumera... Non fare quella faccia, non sforzarti di ricordare chi siano perchè è irrilevante – si allontanò di due passi da lei guardandola di scorcio – piuttosto dovrebbe interessarti sapere che quelle creature bevevano il sangue e divoravano l'anima delle loro vittime, perseguitandole nel sonno. La loro era una lenta tortura che non aveva nulla di piacevole”
E perchè avrebbe dovuto interessarle quel piccolo particolare?
A Kukkaku tutto quel discorso, invece che illuminarla sulla questione, dette enormemente un gran fastidio. Perchè non solo le sue risposte erano sempre devianti e lasciavano sempre – ma velatamente – intendere che lui sapesse più di quel che loro discutevano alle volte senza interpellarlo direttamente.
Lui sapeva. Ma era così schifosamente sibillino che ti faceva sentire inferiore oppure, come in quel caso, ti riempiva di rabbia repressa in modo assurdo.
Fu quindi in un secondo moto di rabbia frustrata di quella giornata che la Shiba si lasciò travolgere, lasciando perdere di sistemare gli ultimi addobbi per raggiungere Shiffer a grandi passi e prenderlo per il colletto della maglia di lana.
Spintonandolo di scatto, portò la sua schiena a poggiare contro la parete in legno della casa.
Ancora una volta, non un lamento oppure una emozione trapelò dal volto impassibile di Ulquiorra.
“E perchè dovrebbe interessarmi, eh?! Dovresti farti gli affari tuoi!”
“Hm, curioso. Se non ti interessa allora perchè questa reazione?”
Kuukaku chiuse gli occhi per un minuto piena di nervosismo e ansia, prima di deglutire conscia che quello che stava facendo non era propriamente giusto.
Anzi, era completamente sbagliato.
Per questo sbuffando, dopo un mezzo minuto di interminabile silenzio calato in seguito a quei gesti tesi e nervosi, decise di liberarlo dalla presa al maglione di lana.
“Dicevo... Dovrebbe interessarti principalmente perchè per il vampiro non è mai esistita una cura efficace – si sistemò il colletto alto con parsimonia senza neppure guardarla in faccia – il vampiro si beveva la vittima un po' per volta fino a seccarla del tutto. E una volta arrivati a quel punto le portava via l'anima”
Era un po' arrugginito con le culture antiche, poiché Shiffer aveva studiato prettamente medicina. Poteva anche darsi che stesse commettendo degli errori nella sua descrizione... Ma il succo era quello.
E persino la donna stava iniziando a capire quanto fosse pesante la sua totale impotenza.
Sbuffò rammaricata e a fatica borbottò uno “scusa” al ragazzo che si stava avviando alla porta di ingresso, che replicò con un'ultima frase prima di ritirarsi in casa.
Donna... Ricorda che solo gli ignoranti pensano che esista una cura per il vampiro”
Kuukaku odiava sentirsi in colpa, soprattutto quando lei di colpe non ne aveva.

[…]

“Uff... Fa freddino eh?!”
A sera inoltrata, con un cielo notturno limpido e sgombro di nuvole, il trio di inquilini si riposava in veranda seduto su delle vecchie sedie in metallo dalla vernice artisticamente scrostata.
“Gattaccia... Forse sentiresti meno freddo se ti fossi coperta un po' di più”
Kuukaku sbuffò così sorseggiando la sua tazza di cioccolata calda, mentre in risposta Yoruichi sogghignò malevola sporgendosi in avanti per osservarla. In mezzo alle due, un Ulquiorra impassibile a gambe incrociate sorseggiava il suo frappè con una cannuccia diligentemente piegata e centrata nel bicchiere di carta.
Per la notte di Halloween era ormai tutto pronto, con i pipistrelli – vampiri – a dare il benvenuto a chi sarebbe passato da quelle parti e i dolci comprati già da una settimana in una cesta sopra il tavolo.
“Siete due musoni! Non vi siete neanche travestiti da qualcosa!”
La donna dall'esotica pelle d'ebano iniziò ad agitarsi come una bambina annoiata sulla sedia, raccogliendo le gambe in grembo e poggiando il mento sulle ginocchia.
A quel gesto la gonna di seta scivolò del tutto, mostrando al vento gelido della notte le carni delicate.
“Yoruichi, Ti si vede il culo così!” sbottò ancora una volta, con noia, una Shiba stretta nel poncho.
L'unica persona li in mezzo ad essersi “travestita” da qualcosa era Yoruichi. Anche se definirla una maschera era qualcosa di molto azzardato.
Una vestaglia di seta nera, abbinato con un boa di piume di struzzo rosa, e sandali con il tacco decorati da medesime piume, in aggiunta un cerchietto con delle orecchie da gatta, quello per la Shihoin era un travestimento più che perfetto.
“Uffa... Speravo che di tale dettaglio se ne accorgesse lui – puntò con il dito indice un Ulquiorra totalmente indifferente – almeno si sarebbe divertito un po' ma pare che quel frappè sia più interessante...”
“Lo è” mormorò freddamente l'interpellato.
Tornandosene ben presto ad assaporare quel dolce nettare tramite la cannuccia e scrutando con i suoi occhi smeraldini il vialetto del quartiere, per notare se arrivasse qualcuno disposto a sopportare quelle due donne.
“Ehy... Ulquiorra... – sogghignò ancora una Yoruichi in vena di scherzi – … me ne daresti un po' di quel frappè...?!”
girandosi un poco sulla sedia, allungò una gamba per andare a toccargli i capelli neri che a stento cadevano sulle spalle, con il piede avvolto da quel calzare osceno.
Un lieve suono, un “toc” udibile solo in quella stretta circostanza, si propagò piano quando il piede della donna andò a colpire quella testa con una malizia a dir poco infantile.
Kuukaku borbottò seccata per quel suo atteggiamento che ostentava – invano – sensualità, roteando gli occhi spazientita e posando sul tavolo una tazza ormai vuota di cioccolato.
Inconsciamente lo sguardo le cadde verso l'alto. Ma tutto ciò che notò fu quegli odiosi vampiri che dondolavano lievemente appesi alle travi in legno.
Come avvoltoi notturni, parevano aspettare in religioso silenzio l'accasciarsi della loro preda.
“Diavolo Yoruichi... Ma perchè hai voluto queste... Queste schifezze – non le veniva il nome da tanto che ormai le facevano schifo quelle cose – non potevi, che so, mettere qualcosa come delle zucche?!”
Li odiava quei cosi. Li odiava.
“Le zucche non sono affascinanti come i vampiri – puntellò ancora la testa di Ulquiorra che rimase indifferente – i vampiri succhiano il sangue fino ad ucciderti, è questo il loro bello e...”

Trasalì.

La Shiba si ritrovò a rabbrividire a quelle parole dette, come se chi le avesse pronunciate sapesse – si, sapesse in quel senso – cosa realmente andavano ad indicare quelle piccole creature.
Era difficile comprendere Yoruichi perchè metteva il tutto sul piano delle semplificazioni e delle burle. Ma la compagna sapeva quando c'era ironia fatta per scherzare e basta – come il provare a stuzzicare Shiffer – oppure in quel specifico caso il motivo di tanta fissazione.
Quel breve pensiero chiaritone durò si e no un paio di secondi nella testa di Kuukaku – poco, davvero troppo poco – perchè il tutto venne ancora una volta soffocato dalla smorfia di dolore della Shihoin e dal suo portarsi una mano in gola.
E dall'espressione sofferta che coprì il suo volto precedentemente allegro e strafottente, si aggiunse un gorgoglio umido e cupo.
Un suono grave che portò Ulquiorra a smettere di bere frappè, per girare gli occhi – solo quelli – verso una donna che si preparava ancora una volta a vomitare i suoi stessi polmoni.
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
La Shiba congelò il respiro nel vederla ancora una volta vibrare sotto quei pugni dovuti al vampiro che se la stava bevendo lentamente – era quello... Oh si, era quello – conscia del fatto che oltre stringere istintivamente il bracciolo della sedia con una mano, altro non poteva fare.
Quei rombi di tuono che fuoriuscivano dal corpo di Yoruichi, che improvvisamente non appariva più snella e in forma come ogni giorno ma solo fragile come una foglia secca, portavano sempre l'amica a perdere ogni singola stilla di sbruffonaggine.
Kuukaku si ritrovava a mordersi l'interno del labbro inferiore, respirando con estrema fatica bloccata com'era da un muro psicologico più forte della sua volontà di ferro.
“Ahh... Oho... Ah, va bene! Va bene, tranquilli voi! Non statevi a preoccupare per me, ho solo bisogno di un bicchiere d'acqua...”
Una volta che le scariche di tosse si furono finalmente placate, Yoruichi trovò la forza di alzarsi e di rimettersi – costringersi – in forma, per poi sparire velocemente in casa alla ricerca del tanto agognato bicchiere d'acqua.
Il tutto, ancora una volta per sommo rammarico della Shiba, non degnandoli di uno sguardo se non concedendo loro parole sbrigative.

Da quanto tempo è che non prende le medicine?”
Inflessibile, quasi malvagio se non fosse stato per il tono di voce piatto e neutrale, Ulquiorra Shiffer ridestò la donna al suo fianco dopo che, da quasi cinque minuti ormai, Yoruichi se ne era andata in casa.
“Eh... cosa?!”
Perplessa e presa di sorpresa, Kuukaku lo scrutò interrogativa. Aveva ancora la cannuccia tra le labbra e si era rimesso a bere la bevanda come se nulla lo avesse toccato.
“Ho detto – questa volta scandì meglio le parole – le prende ancora le medicine?”
Era buffo, se non ironico, sapere che qualcuno si fosse interessato di sapere se Yoruichi si stesse in qualche modo curando da quel vampiro che tanto l'affascinava in un modo al limite del morboso.
A lei piaceva scherzare. Vivere la sua vita facendo più esperienze divertenti possibili, senza dare molto peso alle cose troppo serie.
A Yoruichi piaceva innamorarsi delle cose che la stuzzicassero e poco importava se si trattavano di uomini o donne. Contrariamente a Kuukaku che con gli uomini aveva ormai chiuso fin dai tempi del liceo, alla Shihoin piaceva da matti passare da un abbraccio all'altro, per poi lasciare tutti a bocca aperta quando se ne fuggiva via per ritornare da lei.
Sempre e comunque, la Shiba era stata il suo unico e vero punto di riferimento continuo, paziente alle sue scappatelle e spesso complice dei suoi giochi.
In bilico tra complicità involontaria e quella consapevole, si limitava spesso a scrollare le spalle al suo stile di vita frivolo e a darle della “scema”.
Eppure, in quegli ultimi anni non riusciva a perdonarle quello che stava facendo. E deglutendo stancamente, mormorò ad uno Shiffer ben attento frasi lapidarie.
A dire la verità, è come se non si fosse mai curata”

[…]

Erano stati fuori per un lasso di tempo relativamente breve.
Yoruichi non tornava dalla sua bevuta ristoratrice e Ulquiorra dopo il suo frappè dette segni di noia evidente.
Per farla breve, lasciarono il cesto pieno di dolcetti in bella mostra in veranda – affinché nessun scocciatore andasse a suonare il campanello di casa – e si rintanarono tutti a letto.
Ma nonostante il calore e la comodità offerta dal morbido piumone trapuntato, Kuukaku non riusciva a prendere sonno. Ed erano mesi ormai che si trascinava stancamente nella volontà di addormentarsi.
Ogni volta, l'ora in cui si decideva ad entrare in fase rem tristemente tardava. E se ora si erano infilati tutti quanti nel letto alle undici, avrebbe preso sonno solo un'ora dopo.
Nulla sembrava darle conforto. Niente – ma proprio ormai niente ormai – riusciva a darle un briciolo di ottimismo e persino la sua naturale indifferenza alle cose, si era fatta fragile come una scultura di ghiaccio.
Neppure il respiro della compagna riusciva a destarla dai tanti . Torbidi – pensieri che il fato le aveva iniettato in testa.
Yoruichi dormiva della grossa alla sua destra, avvolta come una bambina in quelle lenzuola profumate di ammorbidente alle rose, pareva non avere mai grilli per la testa nemmeno in quei momenti tanto... Difficili.
Quel suo respiro morbido e tranquillo, che tanto piaceva alla Shiba ascoltare prima di addormentarsi, con il tempo si era fatto più strano. Più faticoso benché ancora spensierato e sazio.
La donna sbuffò spazientita e si girò di lato trovandosi così a fissare il comodino e la sveglia elettronica. Quell'aggeggio, lapidario come un referto medico, segnava le due di notte.
Quanto ancora di quel tempo restava a Yoruichi?
Se lo chiedeva da circa sei mesi, però tuttavia non riusciva a dare una data precisa a quando tutta quella sua messinscena sarebbe finita. A quando quella dannata gattaccia si sarebbe decisa q fare l'ammalata per davvero anziché continuare a godersi la vita.

Un giorno vai dal dottore e scopri che la semplice tosse che ti infastidisce da mesi, in realtà non è una semplice tosse. Non è una influenza stagionale. Ne una allergia e tanto meno puro stress.
Questa manovra del fato Kuukaku non l'aveva affatto capita. Così come non aveva mai capito il perchè le fosse stato riservato un destino tanto difficile quanto “diverso”.
Prima di tutto, ci teneva che per il mondo esterno apparissero solo come “grandi amiche”, per quanto Yoruichi prontamente cercava di rovinare questo suo piano. Quel suo modo di fare giocoso, quella sua spensierata voglia di vivere era alla base del suo amore e del suo odio per lei.
Ciò che consumavano dentro quella camera da letto erano momenti unici e privati. In quel momento smettevano di essere
solo amiche e si tramutavano in qualcosa di ben più vero e drammatico.
Ma solo ed esclusivamente li. Non al lavoro, non tra amici e manco in famiglia. Anche se tutta questa omertà risultava costantemente
frustrante per la Shihoin, dato che lei di quel che poteva dire il mondo su di loro se ne fregava altamente.
Se ne fregava di tutto quella stronza, anche del vampiro che se la stava bevendo.
Un essere strisciante che agiva nell'ombra, esattamente come descritto da quell'insensibile di Ulquiorra quella sera stessa.
E intanto la lancetta digitale della sveglia correva. E con essa anche il tempo di libertà che restava a Yoruichi.
Una libertà la sua, che adorava con tutta se stessa fino ad amarla in maniera
morbosa.
Non era naturale il decidere di smettere di prendere le medicine, perchè così facendo avrebbe vissuto il tempo che le rimaneva con assoluta serenità.
Non era da persone civili fare un torto del genere alle persone care, decidendo di vivere fino alla fine momenti bellissimi che solo più tardi sarebbero stati dolorosi come bruciature sulla carne viva. Questo almeno per chi sarebbe sopravvissuto a lei.
Per Kuukaku, non era normale tutto questo. Non era umano amare così tanto la vita prendendosi gioco di quel vampiro bastardo che aveva dentro.
Ma quella era comunque Yoruichi. E per quanto si fosse sgolata nel dirle “Cretina! Continua a curarti invece di fare la pazza”, lei avrebbe semplicemente risposto con un “tanto non servirebbe a nulla”. Il tutto con una alzata di spalle indifferente.

Erano pensieri strani quelli che le passavano per la testa a quell'ora della notte.
Erano strani, sconclusionati e brucianti come il fuoco su di una ferita aperta. Però non volevano abbandonarla, non volevano farle prendere sonno.
Nonostante non avessero quasi un filo logico se non quello di un puzzle incompleto e ammucchiato su un tavolo, era come avere a che fare con la lista della spesa giornaliera.
Esattamente come per la Shihoin, Kuukaku non avrebbe fatto ordine ai suoi stessi pensieri. Non sarebbe riuscita a domare quell'anima ribelle e libera, sapendo solo di poter accompagnare i suoi momenti fino alla fine.

Per questo con la forza della disperazione come spesso accadeva da ormai sei mesi, si costrinse ad addormentarsi soffocando una incommensurabile voglia di piangere in un cuscino morbido e profumato.

   
 
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