Allora, questa oneshot avrebbe dovuto far parte della challenge di
Halloween indetta da Fanworld, con il promt
“vampiro”. Purtroppo
a causa di un infortunio all'occhio sinistro, non ho potuto
avvicinarmi al pc. Solo da poco infatti, riesco a starci un poco.
Comunque sia, di Kuukaku e Yoruichi avevo già parlato tempo
addietro
ne “la nostra solida amicizia” quindi questa shot
è da
considerarsi un suo seguito oltre che “antefatto”
di un'altra
storia, ossia “old job”.
Il mio intento qui era parlare di un tema delicato qual è le
malattie degenerative. Nel testo non specifico di che malattia si
tratta, quindi potete solo fare ipotesi. Il mio intento era quello di
mostrare il lato introspettivo della cosa partendo dalla metafora del
vampiro.
Quindi spero di aver fatto un lavoro abbastanza decente e non
ridicolo. Spero. Confido in una vostra recensione.
La canzone scelta per questa oneshot è dei Muse ed
è time is
running out.
our time is running out (how did it come to this?)
E il nostro
tempo sta scadendo
Non puoi spingerlo sottoterra
Non possiamo
impedirgli di urlare
Tu risucchierai la mia vita
L'ufficio di Kira Izuru
era decisamente piccolo.
Pochi metri e tanto
disordine, tipico degli avvocati di ufficio come lo era lui.
Tra le pile di scartoffie,
registri consunti, mobili pieni di polvere e libri, era pure presente
una scrivania rivestita in linoleum verde dove era solito lavorare.
A Kuukaku Shiba quel posto
che sapeva di naftalina e polvere decisamente non
piaceva, al
contrario di Yoruichi Shihoin che, seduta accanto a lei, pareva
raggiante e ottimista.
No, decisamente a Kukkaku
stava seriamente sulle scatole stare li per avere notizie di quel
coglione di suo fratello minore Ganju. Ma era stata la simpatica
personcina al suo fianco che l'aveva convinta ad interessarsi.
Yoruichi aveva sempre
avuto una parlantina sciolta e un modo accattivante di ottenere
sempre qualcosa, peccato che con lei non era mai riuscita ad ottenere
nulla.
Solo negli ultimi tempi la
Shiba si era ritrovata con il carattere ammorbidito di qualche tacca
– lo dimostrava il fatto che fosse li in quell'ufficio
polveroso –
ma i motivi che l'avevano spinta ad un cambiamento quasi istintivo
del proprio carattere, erano per lei fonte di estremo
disagio.
“Ahh... Si. Dunque, il
caso Shiba Ganju è questo...”
si ridestò giusto in
tempo per vedere quel biondo di un avvocato uscire fuori da dietro
una catasta di cartelle, con una di quelle già citate
cartelle
straripanti di fogli e cartacce tra le mani.
Kuukaku non poteva
permettersi un avvocato decente per far uscire suo fratello dalla
prigione – sempre a fare casini quello – quindi non
le rimaneva
che quello d'ufficio fornito dalla polizia.
Aveva sentito dire che un
tempo Kira Izuru lavorava per una grossa casa farmaceutica, ed era il
secondo di un pezzo da novanta li dentro.
La donna però,
disinteressata com'era, non sapeva che il pezzo da novanta era un
certo Gin Ichimaru, che aveva disertato l'azienda e se ne era andato
via con Sosuke Aizen e Tousen Kaname per fondarne un'altra di
altrettanto potente. Lasciando il povero Kira da
solo di punto
e in bianco con una mole di problemi.
E dato che non era
riuscito a reggere il peso di tutta quella pressione burocratica,
l'avvocato aveva deciso (visto costretto) di abbandonare
tutto(cacciato per inefficienza) e di dedicarsi a casi più
semplici
(costretto a spalare merda).
Ma a questo piccolo
particolare della sua insignificante vita, la cliente se ne fregava
altamente. Da dietro spessi occhiali da sole e avvolta da un poncho
di lana grezza, la Shiba maggiore lo scrutava marmorea.
Dura e inflessibile,
pareva che la lettura degli atti giudiziari non le stesse affatto
piacendo.
“In pratica, mi sta
dicendo che mio fratello non può uscire di
galera...?!”
“Ecco... Uhm... –
deglutì quasi rumorosamente nel darle la spiegazione finale
– è
esattamente così. Ha accumulato troppi reati che vanno oltre
la
produzione di fuochi d'artificio illegale, s-spiazzando dal traffico
di suddetti articoli, alla ricettazione... Poi al furto di materiale
primo e... Urgh!!”
Kira in quel momento, non
aveva considerato che la donna potesse scattare in un moto d'ira per
cingergli il colletto della sua camicia antiquata, con una
velocità
degna di un velocista collaudato.
Evidentemente, lui non
conosceva bene Kuukaku.
La Shiba si era
letteralmente alzata in piedi con uno scatto fulmineo, così
velocemente da sorprendere la sua accompagnatrice e facendo persino
cadere la sedia di semplice legno consumato, su di un pavimento che
l'accolse con un suono sordo.
Il volto nascosto dagli
occhiali da sole si indurì maggiormente mentre l'uomo
catturato
iniziava a lanciare piccoli gridolini di sorpresa
mista a
paura, fermata unicamente dalla mancanza del
braccio destro –
il poncho lo nascondeva bene la menomazione, altrimenti lo avrebbe
preso a pugni – e da una Yoruichi non più propensa
a rimanere a
guardare.
“Ok... Ok! Kuukaku,
basta così! Dai, lascialo stare – si
alzò in piedi e si apprestò
a sganciare la donna dal biondo con delicatezza e decisione –
non
ha senso accanirsi così... Lascialo adesso, ok?!”
gemendo di frustrazione,
la donna piena d'odio lasciò andare quell'avvocato
smidollato che
quasi cadde all'indietro, voltandosi di scatto offesa e abbandonando
immediatamente quell'ufficio schifoso. Immergendosi presto nel caos
del distretto.
“Kuukaku!” gridò la
donna dalla pelle ambrata.
Ma la compagna decisamente
sorda ai suoi richiami un po' polemici, continuò la sua
falcata fino
all'uscita – attirandosi qualche occhiata perplessa dai
dipendenti
– e a Yoruichi non rimase che sbuffare tra il seccato e
sconsolato,
chiedendo sbrigativamente scusa ad un Kira ancora sconvolto per
quell'assalto improvviso, prima di correre e raggiungerla.
La vita dell'avvocato di
ufficio, se possibile, era ancor più stressante di quella da
manager.
[…]
Shiba Kuukaku aveva sempre
avuto una grande attrattiva per i fuochi d'artificio. Difatti assieme
alla sua famiglia, possedeva una fabbrica fiorente che si protraeva
ormai da generazioni.
Poi durante il
confezionamento di una serie di petardi successe il fattaccio... E la
donna perse così il braccio destro e pure la fabbrica. Ma
come le
aveva sempre detto Yoruichi: “meglio aver perso il braccio
che la
testa in quell'esplosione, no?!”
Si, in effetti aveva
ragione, benchè il suo più che un ammonimento era
una autentica
battuta di spirito. Ma quella donna era fatta così, un
caratteraccio
troppo libero per essere sopportato dagli altri.
Imprenditrice
di se stessa che da più di quindici anni – dal
giorno dello
spiacevole incidente al braccio di Kuukaku – gestiva assieme
a lei
un pub tra i più... Malfamati di tutta
la città.
“C'era per forza bisogno
di quella... Dimostrazione di virilità
da parte tua, Shiba
bo?! – sbuffò spensierata portandosi le
braccia dietro la
testa – bastava che gli ringhiassi contro in modo sexy e te
lo
giocavi...”
Una volta fuori dalla
centrale le due si diressero a casa. Camminando l'una a fianco
dell'altra sotto un viale alberato ingiallito dalle prime foglie
autunnali.
Sotto i loro piedi le
foglie mormoravano suoni umidi ogni volta che venivano calpestate,
l'aria infatti era fresca e umida tipica delle giornate autunnali.
“Piantala gattaccia.
Sono solo... Nervosa ok? Mio fratello è un
coglione!”
suo fratello Ganju, a
discapito delle tante raccomandazioni della famiglia, non aveva
voluto cedere a cambiare per forza di cose un mestiere secolare.
No, lui era nato per fare
i fuochi artificiali e ci sarebbe morto nel farli. Anche se la
fabbrica di famiglia era esplosa e i risparmi se li erano mangiati
per curare le ferite della sua sorellona.
Sorella che ora aveva più
di una luna storta e lo avrebbe lasciato volentieri in galera qualche
anno.
“Uff... Sarà! Ma sei
decisamente poco femminile –
iniziò a sgambettare
allegramente quasi a prenderla in giro – abbiamo da fare
stasera,
ricordi?! Voglio che sia tutto pronto!”
Allegramente – e con una
punta di strafottenza che non sfuggì all'altra –
Yoruichi estrasse
dalla borsa quello che era un pipistrello di gomma. Un semplice
balocco di gomma nero e con occhi e denti che la Shihoin aveva
definito simpatici e buffi. Per Kuukaku invece, erano solo degli
stupidi portachiavi giganti da appendere sotto la veranda di casa per
la notte di Halloween.
“Yoruichi... Tu hai una
visione della femminilità che è a dir poco imbarazzante!
E
comunque, fatti aiutare da Ulquiorra a mettere in veranda quella
roba!”
Di tutta risposta, la
donna dalla pelle d'ebano affilò lo sguardo con furbizia
maliziosa
ridendosela di gusto per quell'ostinata durezza.
Erano amiche da una vita,
quindi sapeva come prendere la Shiba per il verso giusto. Per questo,
ridendosela di estremo gusto – quasi a
fare le fusa –
volle irritarla maggiormente scatenandole un moto di gelosia.
“Oh si... Magari mi
faccio aiutare da quelle sue manine d'oro... Non cred...”
Una smorfia.
Una smorfia che Kuukaku
conosceva assai bene, si materializzò sul volto di Yoruichi.
Gli occhi dorati le si
chiusero nell'immediato brucianti e carichi di lacrime, le narici si
allargarono per istinto nell'esatto momento in cui la gola le si
chiuse. E il volto si trasformò ben presto in una maschera
di
sofferenza quasi irriconoscibile.
Poi un gorgoglio. Un suono
umido e strozzato che le veniva dal profondo della trachea
iniziò a
svilupparsi sempre più, fino a raggiungere
l'intensità voluta di un
fortissimo colpo di tosse.
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
Sotto lo sguardo congelato
della Shiba, Yoruichi tossiva con così tanta forza che era
quasi
possibile vedere tutto il suo corpo tremare violentemente nonostante
gli abiti pesanti indossati. Nonostante il cappotto nero e i jeans
spessi per il freddo portato dall'autunno.
Addirittura – e la donna
menomata se lo ripeteva spesso – le sembrava quasi che i
polmoni
dell'amica volessero scappare via dal suo corpo da
tanto che
erano violenti e crudeli quei colpi di tosse.
“Yoru...
– deglutì sentendo gocce di sudore freddo
scivolarle giù per la
schiena – Yoruichi...”
Dio, quanto odiava quei
momenti. Quanto odiava essere così schifosamente impotente.
Ogni volta che accadeva,
spesso e volentieri con sempre più frequenza da circa sei
mesi a
quella parte, la donna non sapeva più che cosa fare.
Se non altro, di starsene
ferma a guardare mentre l'amica se ne rimaneva li con quasi i polmoni
sputati nelle mani a furia di tossire come una indemoniata. E manco
un bicchiere d'acqua riusciva più a fermare quelle scosse
frenetiche. Non arrivati a quel punto ormai.
Quanto odiava la
Shihoin quando tossiva a quel modo...
“Uh... Ahh... –
tossicchiò ancora benchè il peggio fosse passato
– … V-va tutto
bene ora, ahh... Tranquilla, va bene ora! Sto bene visto? Era solo
tosse, non star li a fare quella faccia preoccupata
per me!!
Ti fa sembrare solo più vecchia...”
Accompagnò quell'ultima
parte con un lieve gorgoglio seguito a breve dall'atto di
stropicciarsi gli occhi arrossati dalle lacrime, prima di ritornare a
camminare allegramente senza neppure voltarsi a
guardarla.
Se non altro, Yoruichi
aveva ancora dei tempi di ripresa eccezionali. Seppur pure quelli
stessero ormai subendo colpi critici da quei sofferti colpi di tosse.
Ad ogni modo, sempre e
comunque, ciò che succedeva erano sempre avvenimenti di
pochi
secondi e che prendevano la Shiba completamente alla sprovvista.
E lei odiava non sapere
cosa fare.
Detestava il sentirsi
dannatamente impotente, in particolare se di mezzo c'era una Yoruichi
che spegneva i riflettori in modo così repentino,
apparentemente non
accettando aiuti da nessuno.
Schifandosene per
giunta.
A quel punto quindi, a
Kuukaku non rimaneva che ingoiare un maledetto nodo pieno di spine
presente in gola e avanzare a testa bassa per quel delizioso viale
alberato, nel tentativo di raggiungerla.
[…]
“Esattamente a che
servono?!”
Ulquiorra Shiffer maneggiò
con scrupolosa curiosità mista ad una sana dose di
perplessità, uno
dei tanti pipistrelli di gomma comprati da Yoruichi quella mattinata
(prima di essere passate dall'avvocato).
Sotto l'ampio porticato di
casa in un ridente quartiere di villette a schiera, un uomo e una
donna – lei in piedi su di una piccola scaletta in legno e
lui
accanto al tavolo con quei cosi – stavano
abbellendo tale
spazio aperto per poter accogliere al meglio gli ospiti della notte
stregata.
“Servono a fare solo
scena, Ulquiorra! Aiutami ad appenderne qui...”
“Si ma perchè proprio
questi?!”
Sordo alle orecchie di una
burbera Kuukaku, il giovane uomo continuava imperterrito a fissare
uno di quei pupazzi senza apparentemente capire il significato di
tale addobbo.
La donna sospirò
esasperata e scese dalla scaletta per strapparglielo di mano, non
riuscendo comunque ad estrapolargli una qualche espressione da quel
suo volto pallido come la neve.
“Non lo so... A Yoruichi
piacciono i vampiri! Li trova affascinanti e boh... –
ritornò
sulla scaletta per appendere al filo di spago il pupazzo –
dice che
le ispirano sesso... I vampiri umani intendo... Ma
valle a
dare retta, quella è tutta scema”
Nonostante a Kuukaku
mancasse il braccio destro – cosa nascosta da una protesi
estetica
– riusciva comunque a fare tutti i lavoretti di casa e quelli
del
lavoro con grande maestria. Che fosse stato quello di servire birre
al bancone o di cacciare via – a pedate – clienti
molesti o ormai
ubriachi, ci riusciva anche senza quel braccio di carne.
Anzi, pareva quasi che
quella perdita non l'avesse minimamente scalfita.
Shiba Kuukaku era una
donna forte. In vita infatti, aveva dovuto sopportare dolori ben
maggiori come il lutto di uno dei suoi fratelli – Kaien, per
lei e
Ganju, era un madornale punto di riferimento
– ed aveva
tirato avanti sempre a testa alta.
Cose ben più profonde e
fastidiose come lo erano le relazioni umane, erano così
toste come
sfide da far apparire quindi la perdita di un arto come una cosa
quasi insignificante.
Oppure semplicemente
tentava di non pensarci, quella donna non si era mai aperta molto con
Ulquiorra. Quindi lui, come in quel preciso momento, faceva solo
delle supposizioni su di lei. Tenendo aperte tutte le strade
possibili.
“Francamente, questi non
sono dei vampiri... Hanno l'aspetto di pipistrelli europei –
estrasse dalla busta un altro pupazzo per osservarlo meglio –
e
trovare affascinanti dei vampiri lo trovo un po' azzardato. Loro
bevono il sangue fino ad ucciderti... Tutto il resto
raccontato nei romanzi odierni, è solo spazzatura”
Affermazioni quelle del
giovane uomo, che portarono a far riflettere la donna
anziché
portarla a sbottare contro di lui. Guardando per un breve istante il
vuoto attorno a lei, lasciando così che il vento fresco
della sera
incombente portasse gli addobbi già appesi e i ninnoli
presenti da
molto più tempo, a oscillare dolcemente emettendo suoni di
campanellini delicati.
Ulquiorra Shiffer era un
ragazzo decisamente solitario, che da circa due anni coabitava con
loro in un monolocale ricavato in soffitta.
Yoruichi era quel tipo di
donna che un bel mattino si svegliava e sentiva la misteriosa urgenza
di ri-arredare da zero la casa oppure, come in quel caso, di
aumentare gli introiti ristrutturando la soffitta e renderla
abitabile.
Pertanto, non aveva fatto
tante domande a quell'uomo quando si presentò per vedere
l'appartamento. Ma se lui andava bene a quella donna furba quanto una
gatta, allora poteva andare bene pure a lei.
E fino a quel momento
Ulquiorra non aveva dato nessun tipo di problema, portando loro
sempre e comunque un certo rispetto.
Non aveva legato in
particolar modo con nessuna delle due, tuttavia per Kuukaku era
azzardato pensare che con lei avesse una
“confidenza” un po' più
sentita. Dato che alla domanda: “che lavoro facevi prima di
venire
qui in città?!”, solo a lei aveva seccamente
risposto “il
ginecologo”.
E ora invece era un
contabile pagato con il contagocce.
Un grande balzo di
qualità, non c'è che dire. E
la cosa le aveva fatto inarcare
un sopracciglio in un misto di curiosità mista a
perplessità.
Ma era certa che se lo
avesse detto a Yoruichi... Le attenzioni e le buffonate di quella
donna ai danni di quel ragazzo sarebbero di sicuro aumentate. Quindi
anche se presente li da poco tempo, le era chiaro che quel tizio non
fosse tanto stupido e chiuso.
Scendendo finalmente dalla
scaletta, dopo quel mezzo minuto di tempo speso a pensare, Kukkaku
rivolse ancora ad un Ulquiorra impassibile, la parola.
“Tzè... E te che ne sai
di come sono fatti per davvero i vampiri?!”
Le stava un po' antipatica
quella sua costante... Saccenza.
Di tutta risposta
l'interpellato mise le mani nelle tasche dei pantaloni neri,
rispondendole di seguito.
“Io so che di vampiri se
ne parla per la prima volta in una leggenda sumera... Non fare quella
faccia, non sforzarti di ricordare chi siano perchè
è irrilevante –
si allontanò di due passi da lei guardandola di scorcio
–
piuttosto dovrebbe interessarti sapere che quelle
creature
bevevano il sangue e divoravano l'anima delle loro vittime,
perseguitandole nel sonno. La loro era una lenta tortura che non
aveva nulla di piacevole”
E perchè avrebbe
dovuto interessarle quel piccolo particolare?
A Kukkaku tutto quel
discorso, invece che illuminarla sulla questione, dette enormemente
un gran fastidio. Perchè non solo le sue risposte erano
sempre
devianti e lasciavano sempre – ma velatamente –
intendere che lui
sapesse più di quel che loro discutevano
alle volte senza
interpellarlo direttamente.
Lui sapeva. Ma era così
schifosamente sibillino che ti faceva sentire inferiore oppure, come
in quel caso, ti riempiva di rabbia repressa in modo assurdo.
Fu quindi in un secondo
moto di rabbia frustrata di quella giornata che la Shiba si
lasciò
travolgere, lasciando perdere di sistemare gli ultimi addobbi per
raggiungere Shiffer a grandi passi e prenderlo per il colletto della
maglia di lana.
Spintonandolo di scatto,
portò la sua schiena a poggiare contro la parete in legno
della
casa.
Ancora una volta, non un
lamento oppure una emozione trapelò dal volto impassibile di
Ulquiorra.
“E perchè dovrebbe
interessarmi, eh?! Dovresti farti gli affari tuoi!”
“Hm, curioso. Se non ti
interessa allora perchè questa reazione?”
Kuukaku chiuse gli occhi
per un minuto piena di nervosismo e ansia, prima di deglutire conscia
che quello che stava facendo non era propriamente giusto.
Anzi, era completamente
sbagliato.
Per questo sbuffando, dopo
un mezzo minuto di interminabile silenzio calato in seguito a quei
gesti tesi e nervosi, decise di liberarlo dalla presa al maglione di
lana.
“Dicevo... Dovrebbe
interessarti principalmente perchè per il vampiro non
è mai
esistita una cura efficace – si sistemò
il colletto alto con
parsimonia senza neppure guardarla in faccia – il vampiro si
beveva
la vittima un po' per volta fino a seccarla del tutto. E una volta
arrivati a quel punto le portava via l'anima”
Era un po' arrugginito con
le culture antiche, poiché Shiffer aveva studiato
prettamente
medicina. Poteva anche darsi che stesse commettendo degli errori
nella sua descrizione... Ma il succo era quello.
E persino la donna stava
iniziando a capire quanto fosse pesante la sua totale impotenza.
Sbuffò rammaricata e a
fatica borbottò uno “scusa” al ragazzo
che si stava avviando
alla porta di ingresso, che replicò con un'ultima frase
prima di
ritirarsi in casa.
“Donna... Ricorda che
solo gli ignoranti pensano che esista una cura per il vampiro”
Kuukaku odiava sentirsi in
colpa, soprattutto quando lei di colpe non ne aveva.
[…]
“Uff... Fa freddino
eh?!”
A sera inoltrata, con un
cielo notturno limpido e sgombro di nuvole, il trio di inquilini si
riposava in veranda seduto su delle vecchie sedie in metallo dalla
vernice artisticamente scrostata.
“Gattaccia... Forse
sentiresti meno freddo se ti fossi coperta un po' di
più”
Kuukaku sbuffò così
sorseggiando la sua tazza di cioccolata calda, mentre in risposta
Yoruichi sogghignò malevola sporgendosi in avanti per
osservarla. In
mezzo alle due, un Ulquiorra impassibile a gambe incrociate
sorseggiava il suo frappè con una cannuccia diligentemente
piegata e
centrata nel bicchiere di carta.
Per la notte di Halloween
era ormai tutto pronto, con i pipistrelli – vampiri
– a dare il
benvenuto a chi sarebbe passato da quelle parti e i dolci comprati
già da una settimana in una cesta sopra il tavolo.
“Siete due musoni! Non
vi siete neanche travestiti da qualcosa!”
La donna dall'esotica
pelle d'ebano iniziò ad agitarsi come una bambina annoiata
sulla
sedia, raccogliendo le gambe in grembo e poggiando il mento sulle
ginocchia.
A quel gesto la gonna di
seta scivolò del tutto, mostrando al vento gelido della
notte le
carni delicate.
“Yoruichi, Ti si vede il
culo così!” sbottò ancora una volta,
con noia, una Shiba stretta
nel poncho.
L'unica persona li in
mezzo ad essersi “travestita” da qualcosa era
Yoruichi. Anche se
definirla una maschera era qualcosa di molto azzardato.
Una vestaglia di seta
nera, abbinato con un boa di piume di struzzo rosa, e sandali con il
tacco decorati da medesime piume, in aggiunta un cerchietto con delle
orecchie da gatta, quello per la Shihoin era un travestimento
più
che perfetto.
“Uffa... Speravo che di
tale dettaglio se ne accorgesse lui – puntò con il
dito indice un
Ulquiorra totalmente indifferente – almeno si sarebbe
divertito un
po' ma pare che quel frappè sia più
interessante...”
“Lo è” mormorò
freddamente l'interpellato.
Tornandosene ben presto ad
assaporare quel dolce nettare tramite la cannuccia e scrutando con i
suoi occhi smeraldini il vialetto del quartiere, per notare se
arrivasse qualcuno disposto a sopportare quelle due
donne.
“Ehy... Ulquiorra... –
sogghignò ancora una Yoruichi in vena di scherzi –
… me ne
daresti un po' di quel frappè...?!”
girandosi un poco sulla
sedia, allungò una gamba per andare a toccargli i capelli
neri che a
stento cadevano sulle spalle, con il piede avvolto da quel calzare
osceno.
Un lieve suono, un “toc”
udibile solo in quella stretta circostanza, si propagò piano
quando
il piede della donna andò a colpire quella testa con una
malizia a
dir poco infantile.
Kuukaku borbottò seccata
per quel suo atteggiamento che ostentava – invano –
sensualità,
roteando gli occhi spazientita e posando sul tavolo una tazza ormai
vuota di cioccolato.
Inconsciamente lo sguardo
le cadde verso l'alto. Ma tutto ciò che notò fu
quegli odiosi
vampiri che dondolavano lievemente appesi alle travi in legno.
Come avvoltoi notturni,
parevano aspettare in religioso silenzio l'accasciarsi della loro
preda.
“Diavolo Yoruichi... Ma
perchè hai voluto queste... Queste schifezze – non
le veniva il
nome da tanto che ormai le facevano schifo quelle cose – non
potevi, che so, mettere qualcosa come delle zucche?!”
Li odiava quei cosi. Li
odiava.
“Le zucche non sono
affascinanti come i vampiri – puntellò ancora la
testa di
Ulquiorra che rimase indifferente – i vampiri succhiano il
sangue
fino ad ucciderti, è questo il loro bello e...”
Trasalì.
La Shiba si ritrovò a
rabbrividire a quelle parole dette, come se chi le avesse pronunciate
sapesse – si, sapesse in quel senso
– cosa realmente
andavano ad indicare quelle piccole creature.
Era difficile comprendere
Yoruichi perchè metteva il tutto sul piano delle
semplificazioni e
delle burle. Ma la compagna sapeva quando c'era ironia fatta per
scherzare e basta – come il provare a stuzzicare Shiffer
– oppure
in quel specifico caso il motivo di tanta fissazione.
Quel breve pensiero
chiaritone durò si e no un paio di secondi nella testa di
Kuukaku –
poco, davvero troppo poco – perchè il tutto venne
ancora una volta
soffocato dalla smorfia di dolore della Shihoin e dal suo portarsi
una mano in gola.
E dall'espressione
sofferta che coprì il suo volto precedentemente allegro e
strafottente, si aggiunse un gorgoglio umido e cupo.
Un suono grave che portò
Ulquiorra a smettere di bere frappè, per girare gli occhi
– solo
quelli – verso una donna che si preparava ancora una volta a
vomitare i suoi stessi polmoni.
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
La Shiba congelò il
respiro nel vederla ancora una volta vibrare sotto quei pugni dovuti
al vampiro che se la stava bevendo lentamente
– era
quello... Oh si, era quello – conscia del fatto che
oltre
stringere istintivamente il bracciolo della sedia con una mano, altro
non poteva fare.
Quei rombi di tuono che
fuoriuscivano dal corpo di Yoruichi, che improvvisamente non appariva
più snella e in forma come ogni giorno ma solo fragile come
una
foglia secca, portavano sempre l'amica a perdere ogni singola stilla
di sbruffonaggine.
Kuukaku si ritrovava a
mordersi l'interno del labbro inferiore, respirando con estrema
fatica bloccata com'era da un muro psicologico più forte
della sua
volontà di ferro.
“Ahh... Oho... Ah, va
bene! Va bene, tranquilli voi! Non statevi a preoccupare per me,
ho solo bisogno di un bicchiere d'acqua...”
Una volta che le scariche
di tosse si furono finalmente placate, Yoruichi trovò la
forza di
alzarsi e di rimettersi – costringersi
– in forma, per poi
sparire velocemente in casa alla ricerca del tanto agognato bicchiere
d'acqua.
Il tutto, ancora una volta
per sommo rammarico della Shiba, non degnandoli di uno sguardo se non
concedendo loro parole sbrigative.
“Da quanto tempo
è
che non prende le medicine?”
Inflessibile, quasi
malvagio se non fosse stato per il tono di voce piatto e neutrale,
Ulquiorra Shiffer ridestò la donna al suo fianco dopo che,
da quasi
cinque minuti ormai, Yoruichi se ne era andata in casa.
“Eh... cosa?!”
Perplessa e presa di
sorpresa, Kuukaku lo scrutò interrogativa. Aveva ancora la
cannuccia
tra le labbra e si era rimesso a bere la bevanda come se nulla lo
avesse toccato.
“Ho detto – questa
volta scandì meglio le parole – le prende ancora
le medicine?”
Era buffo, se non ironico,
sapere che qualcuno si fosse interessato di sapere se Yoruichi si
stesse in qualche modo curando da quel vampiro che tanto
l'affascinava in un modo al limite del morboso.
A lei piaceva scherzare.
Vivere la sua vita facendo più esperienze divertenti
possibili,
senza dare molto peso alle cose troppo serie.
A Yoruichi piaceva
innamorarsi delle cose che la stuzzicassero e poco importava se si
trattavano di uomini o donne. Contrariamente a Kuukaku che con gli
uomini aveva ormai chiuso fin dai tempi del liceo, alla Shihoin
piaceva da matti passare da un abbraccio all'altro, per poi lasciare
tutti a bocca aperta quando se ne fuggiva via per ritornare da lei.
Sempre e comunque, la
Shiba era stata il suo unico e vero punto di riferimento continuo,
paziente alle sue scappatelle e spesso complice dei suoi giochi.
In bilico tra complicità
involontaria e quella consapevole, si limitava spesso a scrollare le
spalle al suo stile di vita frivolo e a darle della
“scema”.
Eppure, in quegli ultimi
anni non riusciva a perdonarle quello che stava facendo. E deglutendo
stancamente, mormorò ad uno Shiffer ben attento frasi
lapidarie.
“A dire la verità, è
come se non si fosse mai curata”
[…]
Erano stati fuori per un
lasso di tempo relativamente breve.
Yoruichi non tornava dalla
sua bevuta ristoratrice e Ulquiorra dopo il suo frappè dette
segni
di noia evidente.
Per farla breve,
lasciarono il cesto pieno di dolcetti in bella mostra in veranda
–
affinché nessun scocciatore andasse a suonare il campanello
di casa
– e si rintanarono tutti a letto.
Ma nonostante il calore e
la comodità offerta dal morbido piumone trapuntato, Kuukaku
non
riusciva a prendere sonno. Ed erano mesi ormai che si trascinava
stancamente nella volontà di addormentarsi.
Ogni volta, l'ora in cui
si decideva ad entrare in fase rem tristemente tardava. E se ora si
erano infilati tutti quanti nel letto alle undici, avrebbe preso
sonno solo un'ora dopo.
Nulla sembrava darle
conforto. Niente – ma proprio ormai niente ormai –
riusciva a
darle un briciolo di ottimismo e persino la sua naturale indifferenza
alle cose, si era fatta fragile come una scultura di ghiaccio.
Neppure il respiro della
compagna riusciva a destarla dai tanti . Torbidi – pensieri
che il
fato le aveva iniettato in testa.
Yoruichi dormiva della
grossa alla sua destra, avvolta come una bambina in quelle lenzuola
profumate di ammorbidente alle rose, pareva non avere mai grilli per
la testa nemmeno in quei momenti tanto... Difficili.
Quel suo respiro morbido e
tranquillo, che tanto piaceva alla Shiba ascoltare prima di
addormentarsi, con il tempo si era fatto più strano.
Più faticoso
benché ancora spensierato e sazio.
La donna sbuffò
spazientita e si girò di lato trovandosi così a
fissare il comodino
e la sveglia elettronica. Quell'aggeggio, lapidario come un referto
medico, segnava le due di notte.
Quanto ancora di quel
tempo restava a Yoruichi?
Se lo chiedeva da circa
sei mesi, però tuttavia non riusciva a dare una data precisa
a
quando tutta quella sua messinscena sarebbe
finita. A quando quella dannata gattaccia si sarebbe decisa q fare
l'ammalata per davvero anziché continuare a godersi la vita.
Un
giorno vai dal dottore e scopri che la semplice tosse che ti
infastidisce da mesi, in realtà non è una
semplice tosse. Non è
una influenza stagionale. Ne una allergia e tanto meno puro stress.
Questa
manovra del fato Kuukaku non l'aveva affatto capita. Così
come non
aveva mai capito il perchè le fosse stato riservato un
destino tanto
difficile quanto “diverso”.
Prima
di tutto, ci teneva che per il mondo esterno apparissero solo come
“grandi amiche”, per quanto Yoruichi prontamente
cercava di
rovinare questo suo piano. Quel suo modo di fare giocoso, quella sua
spensierata voglia di vivere era alla base del suo amore e del suo
odio per lei.
Ciò
che consumavano dentro quella camera da letto erano momenti unici e
privati. In quel momento smettevano di essere solo
amiche e si tramutavano in qualcosa di ben più vero e
drammatico.
Ma
solo ed esclusivamente li. Non al lavoro, non tra amici e manco in
famiglia. Anche se tutta questa omertà risultava
costantemente
frustrante per la
Shihoin, dato che lei di quel che poteva dire il mondo su di loro se
ne fregava altamente.
Se
ne fregava di tutto quella stronza, anche del vampiro che se la stava
bevendo.
Un
essere strisciante che agiva nell'ombra, esattamente come descritto
da quell'insensibile di Ulquiorra quella sera stessa.
E
intanto la lancetta digitale della sveglia correva. E con essa anche
il tempo di libertà che restava a Yoruichi.
Una
libertà la sua, che adorava con tutta se stessa fino ad
amarla in
maniera morbosa.
Non
era naturale il decidere di smettere di prendere le medicine,
perchè
così facendo avrebbe vissuto il tempo che le rimaneva con
assoluta
serenità.
Non
era da persone civili fare un torto del genere alle persone care,
decidendo di vivere fino alla fine momenti bellissimi che solo
più
tardi sarebbero stati dolorosi come bruciature sulla carne viva.
Questo almeno per chi sarebbe sopravvissuto a lei.
Per
Kuukaku, non era normale tutto questo. Non era umano amare
così
tanto la vita prendendosi gioco di quel vampiro bastardo che aveva
dentro.
Ma
quella era comunque Yoruichi. E per quanto si fosse sgolata nel dirle
“Cretina! Continua a curarti invece di fare la
pazza”, lei
avrebbe semplicemente risposto con un “tanto non servirebbe a
nulla”. Il tutto con una alzata di spalle indifferente.
Erano
pensieri strani quelli che le passavano per la testa a quell'ora
della notte.
Erano
strani, sconclusionati e brucianti come il fuoco su di una ferita
aperta. Però non volevano abbandonarla, non volevano farle
prendere
sonno.
Nonostante
non avessero quasi un filo logico se non quello di un puzzle
incompleto e ammucchiato su un tavolo, era come avere a che fare con
la lista della spesa giornaliera.
Esattamente
come per la Shihoin, Kuukaku non avrebbe fatto ordine ai suoi stessi
pensieri. Non sarebbe riuscita a domare quell'anima ribelle e libera,
sapendo solo di poter accompagnare i suoi momenti fino alla fine.
Per questo con la forza della disperazione come spesso accadeva da ormai sei mesi, si costrinse ad addormentarsi soffocando una incommensurabile voglia di piangere in un cuscino morbido e profumato.