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Autore: Haemoglobin    11/11/2010    1 recensioni
Capitolo 14
- Allora.
Disse Jack qualche ora dopo, mentre sedevamo in un bar, aspettando il pranzo
- Qualche commento a caldo?
- Che sono impazzito.
- Oh, grazie.
Disse con un sorriso stupito dipinto in viso. Scossi la testa
- No, non intendevo in quel senso. Intendevo impazzito nel senso di “Cosa ho fatto, come l’ho fatto”…
- … “Finirò all’inferno”…
- No, quella fase l’ho superata già da un po’.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

Capitolo 13

 

 

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Get through this night there are no second chances/
This time I might/
To ask the sea for answers.

 

Mettiamoci in testa che stanotte non ci sono altre possibilità/
Questa volta potrei/

Domandare al mare delle risposte.

(Placebo, Ask for Answers)

 

-------------------------------------------

 

 

 

 

 

 

Mi svegliai di soprassalto nel bel mezzo della notte col cuore che andava a mille, ansimando come se avessi corso la maratona.

Jack, che dormiva accanto a me, si spostò impercettibilmente e, sempre dandomi la schiena, chiese

- Hai fatto un incubo?

Io annuii e deglutii, mi resi conto che non poteva vedermi e gli risposi a voce. Jack si girò a guardarmi; aveva gli occhi annebbiati per il sonno e la voce impastata

- Sono due settimane di seguito ormai.

Notò, quindi sbadigliò e si stiracchiò. Era vero; avevo preso l’abitudine di farlo dormire a casa mia almeno due volte a settimana, e lui si era rivelato felicissimo della cosa, benchè non facessimo sesso. Ormai la mia maglietta dei The Kinks e i miei pantaloni blu erano il suo pigiama a tutti gli effetti.

Però c’erano gli incubi.

Facevo incubi che mi facevano svegliare con il fiato corto, senza che mi ricordassi nulla una volta in piedi. Succedeva una notte su due da ormai due settimane, ed era francamente insopportabile.

Vidi che Jack si alzava e frugava nella sua borsa, quindi gli domandai con voce secca

- Che cerchi?

- Camomilla e pastiglie.

Fu la risposta. Dopo qualche secondo tirò fuori un sacchetto con dentro delle bustine ed un contenitore di medicine.

- Non sapevo se avevi camomilla a casa.

Disse a di giustificazione

- E poi questa è biologica.

- E le pastiglie?

Chiesi, indicando con un cenno della testa il barattolino

- Uh? Ah, è valeriana. E’ piuttosto blanda come cosa, ma con me funziona. Stai fermo qui, torno subito.

- Non mi muovo.

Assicurai chiudendo gli occhi.

 

 

Mentre aspettavo che la camomilla infondesse, riflettei su quegli incubi.

Erano cominciati più o meno quando io avevo cominciato a restare ospite fisso per dormire, quindi forse c’entravo qualcosa. Presi l’appunto mentale di chiedere a Janette, che era psicologa, se la cosa avesse qualche fondamento logico, quindi afferrai una tazza, ci versai dentro la camomilla rovente e tornai nella stanza. Mentre passavo per il salotto feci in tempo ad accorgermi che Patti si era riuscita a sollevare su quella zampette cicciotte abbastanza per salire sul divano, ma decisi di non badarci fino al mattino seguente.

- Tieni.

Dissi, porgendo la tazza a Tyki, che la guardò sospettoso, ma ad un mio cenno affermativo bevve, quindi fece una smorfia

- Non sa di niente.

Si lamentò. Io mi strinsi nelle spalle

- E’ biologica.

Dissi; per me spiegava tutto. Lui, guardando la tazza con ancora più sospetto, mi domandò

- Sei sicuro che questa roba funzioni?

- E’ un rilassante, quindi sì. Non voglio più passare una nottata con te che ti rigiri come un kebab sullo spiedo perché non riesci a dormire, per cui ingoia anche queste.

Sentenziai, allungandogli due pastiglie. Lui, rassegnato, le buttò giù con la camomilla.

Mentre aspettavo che finisse di bere, seduto sul letto con le gambe incrociate, mi buttai

- Forse potrei, hem, non venire più. Per un po’.

 

 

- Perché?

Domandai, buttando giù l’ultimo sorso di camomilla. Jack si agitò, a disagio.

- , questi incubi sono cominciati quando ho cominciato a dormire qui, per cui… Forse…

- Continua.

- Forse se non vengo più per qualche settimana e poi smettono, ecco, sappiamo il perché. E poi tra…

Si fermò a pensare un attimo

- …Tra tre settimane è il tuo compleanno. Non voglio che ci arrivi con le occhiaie fino al mento.

Io annuii. Il mio compleanno, era pure vero.

- Che fai per natale?

Domandai. Jack scosse la testa

- Vado da mamma e papà. Tu?

- Mamma, papà e sorella vengono da me.

- Figo! Per quanto?

- Solo qualche giorno. Odiano Londra con tutto il cuore.

Jack riflettè su questo, poi mi chiese

- Cosa fai a capodanno, invece?

- Niente, al momento… Ma sai, gli inviti arrivano sempre all’ultimo. Tu che fai?

- Non festeggio capodanno da circa sei anni.

Sorrise lui, al che io tossii

- E perché, scusa?

Lui tentennò

- Perché mi sembra tristissimo festeggiare l’addio ad un anno, e poi… , sei praticamente obbligato ad andare ad una festa, altrimenti sembri uno sfigato e poi… Insomma, hai capito.

- Penso di sì.

Annuii, poi sbadigliai. La camomilla faceva effetto, forse?

- Buona notte.

Dissi, stendendomi. Jack si accomodò a sua volta e chiuse gli occhi.

Più avanti nella nottata, si girò e mi abbracciò nel sonno. Io non mi sottrassi.

-------

 

Quando Lavi entrò mi vide con la testa sulla scrivania, i capelli spettinati (non che mi fosse realmente possibile pettinarli) e il respiro regolare che andava al ritmo del sonno.

- Ma che fai?!

La sua esclamazione mi fece tornare alla realtà in modo improvviso e, oserei dire, scioccante. Scattai come un tappo da spumante, gli occhi aperti e vigili e la schiena dritta, e quando vidi che era lui mi rilassai.

- Scusa.

Bofonchiai, stiracchiandomi. Lavi mi guardò incredulo

- Da quando in qua ti addormenti al lavoro? Sei impazzito?

- Stai calmo.

Sbadigliai, scompigliandomi i capelli per tenerli lontani dagli occhi

- E’ solo che stanotte non ho dormito bene… Tutto qua.

Effettivamente, pillole e brodaglia mi avevano fatto entrare in un piacevole stato di dormiveglia, che tuttavia non era sfociato nel sonno. A beffa mia, Jack aveva dormito benissimo, senza ausilio di infusi o pasticche.

- Soffri di insonnia?

Domandò Lavi, sedendosi sul bordo della scrivania

- No, mai sofferto. Prima d’ora, intendo.

Per ribadire il fastidio che la situazione mi creava, sbadigliai di nuovo.

- Sarà lo stress lavorativo.

- Sarà.

Gli feci eco, appoggiando la testa tra le mani e chiudendo gli occhi di nuovo.

- Che belle occhiaie.

Ghignò Lavi, al che gli tirai addosso un portapenne vuoto, che lui schivò e che quindi si andò a schiantare contro la parete producendo un rumore sordo. Bum!

- Una volta mi beccavi.

Fece Lavi con una punta d’ammirazione, probabilmente rivolta a sé stesso.

- Una volta riposavo.

Replicai, alzandomi e facendo per uscire: una tazza di caffè.

Forse sarebbe servita a svegliarmi un po’.

 

 

Composi il numero di cellulare di Tyki ed aspettai pazientemente che rispondesse

- Ti va un servizio di caffetteria a domicilio?

Gli domandai quando rispose

- Sono al lavoro.

- Lo so, per questo mi offro. Starbucks?

- Cappuccino con cannella?

Disse, con un filo di speranza.

- Rischierò la vita per procurartelo.

Assicurai, facendo per riagganciare, ma Tyki mi fermò

- Aspetta, aspetta… Lavi chiede se gli puoi prendere un caffè nero in tazza grande.

Sospirai con un mezzo sorriso.

- D’accordo.

- Cerca di arrivare prima delle undici e mezza, d’accordo?

- Agli ordini.

- Lo dico per te.

Si difese Tyki

- Sai cosa ti fa il mio capo se vede te, sconosciuto, che molesti sessualmente un suo impiegato durante delle ore che non sono di pausa?

- Mi appende per le tonsille?

- Possibile.

Confermò lui, prima di salutarmi e riattaccare.

 

 

- Appena in tempo.

Commentò Lavi quando Jack entrò nel mio ufficio con il fiatone ed un cartone di Starbucks contenente quattro tazze di plastica.

- Scusa tanto.

Replicò quest’ultimo, aprendosi il cappotto, accaldato per il passaggio improvviso di temperatura.

- L’hai trovato alla cannella?

Domandai, prelevando il cartone dalle sue mani intirizzite. Lui annuì e tirò fuori dalla tasca del cappotto delle bustine

- Zucchero, zucchero di canna, dolcificante, dolcificante biologico e…

Guardò l’ultima serie di bustine con espressione interrogativa

- … Dolcificante biochimico?

Tirò ad indovinare, porgendomele tutte. Io scelsi lo zucchero normale, Lavi quello di canna, e Jack invece il dolcificante. Si accomodò sedendosi sul bordo della mia scrivania, come aveva fatto Lavi prima, e cominciò a bere.

Lavi, dal canto suo, dopo qualche minuto di chiacchiere, prese il suo bicchiere ed uscì; quando fu uscito, Jack bevve rumorosamente dalla sua tazza

- Ora che non ci sono testimoni puoi baciarmi? Non mi hai neanche salutato.

Disse, buttando il bicchiere nel cestino vicino alla scrivania. Io mi avvicinai e gli diedi un bacio sulle labbra, staccandomi quasi subito.

- E’ sempre meglio essere discreti.

Dissi come spiegazione rivolta allo sguardo annebbiato che mi aveva rivolto.

 

 

Io annuii contrariato… Ma d’altronde non mi aspettavo che mi saltasse addosso. Mi stiracchiai e ripresi sciarpa e cappotto

- Meglio che vada.

Dissi, avvolgendomi la sciarpa di lana rossa attorno al collo ed infilandomi i guanti lisi.

- Non ti sarai mica offeso per questo?

- Figurati. Ma devo davvero filare.

Assicurai, abbottonandomi il cappotto ed uscendo dall’ufficio salutandolo. Mentre aspettavo l’ascensore mi si affiancarono diverse persone, tra cui Lavi, che mi salutò sorridendo; risposi al saluto e, una volta in ascensore, presi a canticchiare.

My name is Jorge Regula, I’m walking down the street, I love you… let’s go to the beach.

Sognare di spiagge e posti caldi durante il mese più freddo dell’anno era rinfrancante, pensai mentre attraversavo a piedi i dieci isolati che separavano i palazzi con gli uffici dalla fermata della metropolitana. Una volta in metro, mi squillò il cellulare… Era Tyki, ovviamente. Che mi chiedeva di restare a dormire a casa sua quella notte.

- Anche stanotte?

Domandai, genuinamente stupito e senza riuscire a nasconderlo. Tyki rise al telefono

- Devo dedurre che è un no?

- Figurati, è solo che è, come dire, strano. Cioè, capiscimi… Abbassati alla mia posizione e dimmi che dovrei pensare.

- Niente di torbido, tranquillo.

- E gli incubi?

Mi lasciai sfuggire. Tyki rimase in silenzio per un po’

- Può darsi che stasera non ne abbia.

Disse, poco convinto persino lui.

 

 

Ovviamente ne ebbi, e ovviamente non me ne ricordai neanche mezzo secondo. Jack, ormai abituato, si era solo girato a guardarmi con gli occhi cisposi di sonno.

- Niente camomilla?

Avevo chiesto, deglutendo a fatica e bevendo un sorso d’acqua da una bottiglia vicino al letto. Lui aveva scosso la testa e si era stiracchiato

- Non mi pare che abbia funzionato la volta scorsa.

Notò, con un acume che gli era insolito alle due del mattino. Io annuii ed appoggiai la schiena alla tastiera del letto, coprendomi gli occhi con entrambe le mani; Jack mi si era avvicinato e mi aveva abbracciato, appoggiandomi la testa sul costato

- Dammi un bacio.

Disse all’improvviso, voltando la testa verso di me

- Cosa?

- Ho detto scendi da lassù e dammi un bacio, per favore.

- No.

- E perché?

- Perché sì?

- Perché voglio un bacio, anche solo sulla fronte. E poi, perché no?

Replicò lui, accomodando di nuovo la testa sul mio fianco, rassegnato. Dopo cinque minuti si era già riappisolato, ed io cercavo di staccarmelo delicatamente di dosso per non svegliarlo; ovviamente, durante una delle mie manovre, lui si svegliò.

- Bastava dire che eri scomodo.

Commentò, allontanandosi il più possibile da me. Io sospirai e gli misi una mano sulla spalla per chiamarlo

- Che c’è?

- Non ero scomodo.

Dissi. Jack mi guardò disinteressato

- E allora perché mi staccavi? Vorrei ricordarti che mi hai chiesto tu di restare.

- Lo so.

- E ti rifiuti pure di baciarmi. Anche in assenza completa di testimoni.

- Lo so.

Ripetei, abbassando la testa. Sentii che Jack si stendeva, dandomi la schiena

- So che è tardi e che abbiamo sonno tutti e due, ma vorrei dirti una cosa importante e vorrei che tu mi ascoltassi seriamente. Non puoi farmi venire qui e farmi restare per la notte aspettandoti che me ne stia in un angolo solo per fare da tappezzeria di compagnia, non puoi rifiutarti all’infinito di mostrarmi in pubblico, non puoi nasconderti all’infinito e non puoi nasconderci all’infinito. Non puoi andare a giornata, un giorno decidi di fare l’espansivo e l’altro invece ti rifiuti di toccarmi, perché io ne esco scemo e più confuso di te. Non puoi, non è giusto, ed io non ci sto.

Puntai gli occhi sulla sua schiena, una vaga curva obliqua resa grossolana dalle coperte pesanti

- Tutto questo solo perché non ho voluto baciarti?

- No, è una cosa più generale.

- Io non credo.

- E io non credo che mi importi che tu ci creda o no, il messaggio immagino tu l’abbia recepito. Buonanotte.

Chiuse il discorso, zittendosi e chiudendo gli occhi. Dopo qualche minuto il suo respiro si fece più profondo e regolare, e quando mi avvicinai per guardarlo mi accorsi che si era addormentato, con gli occhi serrati e la bocca semiaperta. Gli scostai i capelli dalla tempia e gli diedi un bacio leggero ed impalpabile come zucchero filato, poi mi girai dal mio lato e mi addormentai, con la sua schiena che premeva contro il mio fianco.

Chissà, forse quel bacio che tanto aveva agognato si sarebbe depositato nel suo inconscio, e il mattino dopo si sarebbe svegliato contento.

 

 

Mi svegliai presto, diciamo prima delle sette, mi girai sulla schiena e, guardando il soffitto, mi misi a riflettere.

Certo, tutti quanti consideravano cosa sentiva e pensava Tyki, ma io? Anche io ero in un bel casino. Lo so che nei confronti di Tyki sembrava una cosa banale, della serie “Lo so che a te hanno sparato il sale, Joe, ma io avevo quella dannata unghia incarnita!”, ma era quello che sentivo.

Mettersi nei miei panni, più che confusionario, era snervante, perché si andava a periodi come le maree: durante l’alta marea ricevevo baci, abbracci, carezze e anche qualcosina di più, durante la bassa nisba. Ed è dura fare a meno di certe attenzioni una volta che ti ci sei abituato; è dura fare a meno anche di un abbraccio, se ti sei abituato a riceverne come niente.

Pensando a questo mi girai sulla pancia, puntellandomi sul materasso coi gomiti, e guardai Tyki che dormiva steso sulla schiena, con il viso voltato verso destra. Rimasi per un po’ ad osservarlo ammirato, come un appassionato d’arte può guardare una scultura particolarmente ben riuscita, poi presi coraggio e, sperando di non svegliarlo, mi avvicinai, avvicinandomi al suo viso quanto più possibile.

Non so cosa mi prese dopo, so solo che ero a cavalcioni sopra di lui, ben attento a non toccarlo, e Tyki ancora dormiva. Che sonno pesante, pensai avvicinando nuovamente il mio viso al suo.

Quando aprì gli occhi per poco non mi venne un attacco colpo apoplettico; a mio favore posso dire di essere rimasto completamente immobile, a sbattere le palpebre, come un coniglio ipnotizzato in mezzo all’autostrada.

- Che stai facendo?

Domandò Tyki, assumendo la mia stessa identica espressione. Io abbassai l’angolo della bocca e strinsi le spalle, non sapendo che dire; che stavo facendo, in effetti?

- Perché sei a cavalcioni sopra di me?

Chiese di nuovo Tyki, guardandosi l’addome, dove io mi ero seduto quando lui mi aveva rivolto la prima domanda. Senza rispondere, mi appoggiai più in basso e lo baciai, accarezzandogli prima il petto per poi scendere fino al bordo dei pantaloni, finchè lui non mi bloccò la mano, senza però staccarsi da me.

Per la prima volta cercai di divincolare la mano che lui stringeva; era più che contento di vedermi e di vedermi in quella posizione. Lo sapevo perché ero seduto proprio sul punto giusto per accorgermene senza margine di dubbio. Dopo poca resistenza, Tyki mi mollò la mano, così che potei finalmente passare quel bordo che mi aveva bloccato più di una volta nella mia scalata alla conquista.

Quando arrivai al bordo dei boxer lui si staccò da me, guardando la mia mano e respirando vicinissimo al mio orecchio; il suo respiro si era fatto più profondo e tremante. Lo presi come un fattore positivo e cercai di varcare anche quel bordo; ero riuscito a fargli arrivare i pantaloni fino a metà coscia, quando Tyki mi prese per entrambi gli avambracci e fece leva per rovesciarmi: trovarmi in posizione completamente contraria, lo ammetto, mi dava un senso di sottomissione che non mi piaceva. O forse sì.

- Ma che fai?

Chiese Tyki a bassa voce, sempre col respiro tremante

- Perché mi hai fermato?

Replicai serio. Tyki scosse la testa

- Perché non…

“Perché non” un corno, avrei voluto dirgli, ma mi limitai ad abbassare lo sguardo sul cavallo dei suoi pantaloni e ad alzare un sopracciglio con aria contrita. Seguendo il mio sguardo, Tyki fremette

- Non vuol dire niente.

- Come no.

Approvai. Fare il sarcastico con lui praticamente preso dal panico che mi teneva inchiodato ad un materasso per entrambe le braccia non era esattamente una furbata, ma in quel momento me ne fregai.

- Come no, non vuol dire niente che ti eccita svegliarti con me, non vuol dire niente il fatto che io dorma qui da quasi un mese, non vuol dire niente che mi baci con la stessa tranquillità con baceresti la tua ragazza, non vuol dire niente che a volte quando mi abbracci mi tocchi il culo e non vuol dire niente che tutto quello che è successo adesso ti è piaciuto.

L’ultima frase la dissi a denti stretti, ma lui sentì benissimo, visto che mi mollò e si mise seduto sul letto con la testa tra le mani. Mi misi seduto a mia volta, con gli occhi fissi sul muro. Mi si gelò il sangue quando, dopo almeno un minuto di silenzio, lo sentii sospirare profondamente. Io mi avvicinai titubante e gli tamburellai lievemente la spalla, prima di accostarmi a lui.

Per la prima volta da quando lo conoscevo, Tyki si appoggiò completamente a me, passandomi le braccia attorno alla schiena e premendo il viso contro la mia spalla. Quando vidi la sua schiena sussultare, gliela accarezzai lentamente, e quando lui alzò il viso non era più la persona con cui avevo parlato fino a due minuti prima.

Mi baciò e mi spinse con forza contro il materasso, aderendo a me con tutte le parti del corpo che poteva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scettro dell’autrice:

Mi scuso tantissimo per questo ritardo vergognoso ^^’ cerco di giustificarmi dicendo che ho avuto tantissimo da fare con la scuola. Il che è assolutamente vero.

Direi che abbiamo raggiunto il “punto” della situazione; ora non so se fare un capitolo, per così dire, sessualmente ben descritto o lasciar cadere la cosa. Consigli?

Recensioni, consigli e critiche, come sempre sono benaccetti ;)

Grazie mille ai lettori ed ai recensori, che, ho paura, nell’ultimo periodo potrebbero essersi dispersi. Grazie mille!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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