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Autore: Alex91    12/11/2010    0 recensioni
Una donna, stanca di essere quello che è. Un tormento interiore e un peso sulla coscienza da portare per l’eternità. Un ragazzo, anch’egli stanco della sua vita, della sua normalità; vorrebbe diventare un essere perfetto, vorrebbe lasciarsi alle spalle tutte le sofferenze. Due esistenze destinate ad incrociarsi, a mescolarsi, a capirsi. Alla fine di questa loro avventura entrambe ne usciranno stravolte, la donna e il ragazzo otterrano ciò che desideravano.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è una malattia, è una maledizione! Html

“Andiamo a caccia insieme stasera?”
È una cosa che ho sempre odiato fare, ma ne ho bisogno per sopravvivere. Mi correggo: il mio corpo ne ha bisogno. Non conta niente quello che provo io nel farlo, non conta niente l’orrore che mi assale mentre affondo i denti nella carne di qualcuno per nutrirmi, con la consapevolezza che da lì a pochi istanti morirà e che ad ucciderlo sono stata io. Il sangue umano mi tiene in vita, se così si può definire la mia esistenza.
Mi rigiro il foglietto con il messaggio della mia amica tra le mani valutando la mia situazione: ho la bocca secca, sono inutili i miei tentativi di inumidirla passando la lingua sulle labbra. Eppure è un gesto che mi viene ancora sponteneo. Sento il sapore del veleno, del mio veleno, nella bocca; ha cominciato a fluire antipaticamente dai miei canini affilati e doverlo ingoiare è fastidioso. Si, credo di aver proprio bisogno di bere questa notte.
Odio doverlo fare!
Non mi piace uccidere, ma non ho altra scelta. So di essere un mostro, mi sento un mostro e cerco di alleviare questa sensazione, i sensi di colpa, nutrendomi solamente quando ce n’è davvero la necessità.
È strano per una creatura come me? Beh, sono un vampiro giovane, sono stata trasformata da poco più di tre decenni e la mia natura umana ha ancora un briciolo di controllo su di me per fortuna.
“Ci vediamo al parco a mezzanotte” scrivo in risposta consegnando il biglietto al pipistrello in attesa sul davanzale della finestra della mia camera. Lo osservo volare via per un lungo tratto fino a che diventa troppo lontano da scorgere anche per la mia vista acutamente sviluppata.
Mi alzo dalla sedia e mi avvicino all’armadio. Devo scegliere i vestiti per questa sera, al solito avrebbe dovuto essere qualcosa di comodo, ma allo stesso tempo provocante. Alla fine indosso una minigonna rossa in pelle e un top nero attillato, un velo di trucco leggero e i capelli corvini lunghi e lisci lasciati cadere morbidi sulle spalle. Sono imprigionata nel mio corpo da diciottenne e va bene così, perché so di poter sembrare anche qualche anno più grande all’occasione. Passando davanti allo specchio vorrei poter sorridere alla mia figura riflessa, proprio come facevo sempre, molto tempo fa. Passo due dita sulla superficie liscia del piccolo ornamento rotondo che non ho mai tolto dalla parete sebbene sia inutile. Non so precisamente il motivo per cui non l’abbia ancora fatto, forse perché ogni giorno mi possa ricordare che non sono più normale. Come se non ce ne fossero anche troppi di elementi che me lo ricordano in continuazione.
Spicco un balzo fuori dalla finestra aperta e atterro delicatamente sull’erba sottostante. Mi dirigo a passo deciso verso il centro della città.
C’è poca gente in giro per le strade, forse un po’ per l’ora tarda o forse perché siamo in autunno e le serate qui sono già molto fredde, almeno questo è quello che sento dire. Non provo più nessuna delle sensazioni fisiche umane dalla trasformazione.
Arrivata al luogo dell’incontro, non ho nessun problema a vedere Sam appoggiata ad un albero nella parte maggiormente al buio. Avvicinandomi la saluto con un cenno della testa e un semplice “ciao”.
-Ciao Lilith!- dice con un sorriso quasi divertito. Ha notato che sono di umore nero.
-Avanti, andiamo.- taglio corto. Voglio finire questa cosa il più in fretta possobile.
Sam si allontana dall’albero e varca il cancello del parco sapendo che l’avrei seguita. -Da quanto tempo è che non ti nutri Lilith?- mi chiede con un sorriso. -Il tuo carettere diventa davvero instabile quando sei in astinenza-. Continua a camminare in cerca di un buon posto per attaccare. Il parco è una zona popolata in qualsiasi periodo dell’anno e a qualsiasi ora si possono trovare coppie o gruppi di amici che passeggiano.
-Da una settimana,- rispondo svogliatamente -ma sai che non è l’astinenza il mio problema, almeno non per il motivo che pensi tu. È proprio l’opposto: è il dovermi nutrire che mi rende nervosa.-
-Si, lo so, me lo ripeti ogni volta-. La vedo sorridere con un pizzico di calcolata malizia ad un ragazzino che ci fissa mentre gli passiamo davanti. Non è il suo tipo, pure troppo giovane, può essere un quindicenne. Eppure attiriamo anche la loro attenzione. Ora che ci faccio caso, mi accorgo che Sam indossa un vestitino blu notte che mette in risalto le sue forme perfette, lascia la schiena scoperta e anche una buona parte delle cosce e ha un paio di scarpe dal tacco a spillo vertiginoso, i capelli biondi corti dal taglio sbarazzino. È normale che attiriamo l’attenzione; il nostro abbigliamento e il nostro bell’aspetto dovuto al fatto che siamo vampiri, creano un mix perfetto a cui nessuno può resistere. D’altronde è così che attiriamo le nostre prede, è un fattore biologico, le persone sono attratte da noi per un istinto naturale che non si sanno spiegare; è un po’ come il canto delle sirene, solo che noi non abbiamo bisogno di cantare.
Ci siamo inoltrate molto nel parco e qui c’è molta più gente. Il loro odore, l’odore degli umani, comincia a farsi più intenso; mi penetra nelle narici risvegliando in me istinti primordiali che minacciano di prendere il sopravvento. Mi impongo di non perdere il controllo, non posso perdere il controllo. Finalmente incrociamo due uomini piacenti, sulla trentina. Io e Sam ci scambiamo una rapida occhiata d’intesa e sorridiamo soddisfatte. Ovviamente sono loro ad abbordarci; come è strano il mondo a volte, pensavano di essere predatori questa sera e invece diventeranno le prede. È proprio crudele il destino.
Li conduciamo nel fitto di alcuni alberi, lontano da occhi indiscreti.
Adesso la sete si è fatta prepotente; ho voglia di sangue.
Devo restare lucida! È solo un bisogno fisico.
-Il biondo è mio.- sussurra eccitata Sam. Il suo tono è decisamente troppi decibel sotto la soglia udibile e i due tizi non si sono nemmeno accorti che ha parlato, ma io l’ho sentita chiaramente e le sorrido.
Non voglio perdere altro tempo, passo una mano tra i capelli scuri dell’altro ragazzo e lo attiro a me reclinandogli la testa all’indietro, mettendo in esposizione il suo collo che assaporo passando lentamente la lingua sulla pelle bronzea. Lui stupidamente ride, poggiando le mani sulla mia vita e tirandomi a se per i fianchi.
Nel frattempo vedo che Sam spinge il suo uomo su una panchina sedendocisi sopra a cavalcioni. A lei piace giocare con le sue vittime, prima.
Annuso il collo della mia cena e tutta la concentrazione e la buona volontà che avevo fino a questo momento vanno a farsi benedire lasciando posto alla Bestia che è in me; e il mio gesto non è più solamente quel bisogno fisico, qualcosa da fare, ma diventa piacere, puro piacere! L’adrenalina mi pervade, sento la carotide pulsare sempre più velocemente sotto il tocco delle mie labbra che scorrono ancora delicate a massaggiare il collo del moro, sento il sangue caldo scorrere impetuoso come a chiamarmi. È tutto così stimolante e io non rifiuto quell’invito suadente; subito i miei denti affondano nella pelle, lacerano la carne e sento un brivido di eccitazione lungo tutto il mio corpo mentre il liquido denso mi entra in bocca riempiendomi completamente, ed è così… piacevole
Nel bagno di casa mia mi lavo i denti con foga; il dentifricio che sputo nel lavandino ha assunto un colore rosato. Dopo essermi sciacquata la bocca chiudo il rubinetto e mi poggio alla parete, mi lascio scivolare a terra facendo strofinare la schiena contro le mattonelle. Mi detesto! Se fossi umana in questo momento starei versando lacrime amare. Non sopporto la gioia, la facilità, con cui uccido le persone quando vengo dominata dalla mia natura di vampiro. È orribile! Chiudo gli occhi buttando la testa all’indietro contro il muro. Quando li riapro mi accorgo di essere stata immobile per parecchie ore; un pallido sole è già spuntato in cielo.
Mi alzo con un sospiro e mi preparo per raggiungere Sam alla stazione della metropolitana. Non ho nessuna voglia di uscire oggi, ma so che sarebbe peggio restare a casa senza fare niente. Indosso la divisa scolastica e in un paio di minuti sono accanto a Sam ad aspettare il treno. Potremmo arrivare ovunque in un lampo se solo volessimo, ma usare i mezzi di trasporto ci fa sembrare normali agli occhi della gente, soprattutto per arrivare a scuola, così evitiamo che gli altri ragazzi ci facciano o si facciano domande inutili come era già successo un anno tanto tempo fa. Anche frequentare la scuola ci da una parvenza di normalità. Sam dice che non le interessa apparire normale, ma che è solo un passatempo e un modo per conoscere altre persone. Siamo arrivate alla nostra fermata, basta uno sguardo d’intesa e insieme ci dirigiamo verso il ciglio della strada opposto, all’ombra.
Il sole non ci scioglie, come dicono alcune credenze naturalmente sbagliate, però ci indebolisce e un’esposizione prolungata potrebbe anche ucciderci si, ma non è un fatto immediato, quindi possiamo uscire anche di giorno.
Seguire le lezioni mi distrae per un po’ dai miei pensieri cupi, forse potrei addirittura non pensare più a niente, almeno fino al prossimo pasto.
La campanella che indica la fine delle lezioni mattutine suona e gli alunni si fiondano in cortile per l’ora di meritato riposo. Prendo la mia cartella ed esco anche io dall’aula. Mi siedo al mio solito posto, all’ombra di un ampio faggio. Sam è seduta poco distante, assieme ad altri ragazzi. Lei è un tipo molto estroverso; ama sempre essere circondata da decine di persone. Io invece preferisco la solitudine. Prendo dalla borsa il mio libro e comincio a leggere, dopo pochi minuti però non riesco più a concentrarmi sulle parole scritte nella pagina; mi sento come osservata. Alzo gli occhi e subito incrocio lo sguardo di un ragazzo; è poggiato contro il muro, un piede alzato e le mani in tasca. Non sposta gli occhi, non cerca di nascondere che mi sta fissando. Io continuo a guardarlo aspettando di capire cosa vuole da me, ma lui viene chiamato da un altro ragazzo e io torno quindi alla mia lettura. Dopo nemmeno una decina di pagine sento dei passi venire verso di me e avverto la presenza di quello stesso ragazzo, silenziosamente mi si siede vicino. Non alzo nemmeno gli occhi dalla pagina, anche se un poco mi incuriosisce. È lui a parlare per primo.
-Ciao, hai fame?- mi chiede offrendomi qualcosa dal cestino del suo pranzo.
-No grazie, ho già mangiato.- rispondo senza ancora guardarlo.
-Non è vero. Tu non mangi.- È la sua risposta secca.
A questo punto alzo la testa, voltandomi nella sua direzione. -Scusa?- gli chiedo posando il libro.
-Da tutto il tempo che sei in questa scuola, non ti ho mai vista pranzare.- È tranquillo, sembra che stia quasi seguendo un discorso già impostato nella sua testa. Mi chiedo dove voglia andare a parare.
-Il fatto che tu non mi veda, non vuol dire che io non mi nutra.- rispondo calcolando bene le parole.
-Voglio diventare ciò che tu sei.- taglia corto.
-Mi dispiace, non riesco a seguirti.- Dico alzando un sopracciglio, anche se in me comincia ad insinuarsi un’idea assurda. Ma non può esserre…
-So cosa sei.-
-Continuo a non capire.- affermo, anche se non è vero, sperando che lui lasci cadere il discorso credendo di essersi sbagliato. Sorride con espressione furba dipinta sul volto, non credo che si arrenderà tanto facilmente.
-La tua pelle è candida come la neve, non cambi per niente con il passare degli anni, non hai bisogno di mangiare…- sembra voglia aggiungere qualcos’altro, ma ci ripensa. -Voglio che trasformi anche me in un vampiro.- conclude deciso.
Sfodero una risata divertita. -Ti sei bevuto il cervello stamattina a colazione per caso? Di cosa stai parlando?!-
-Ti ho vista questa notte. Nel parco.- I suoi occhi sono incatenati ai miei, sa che non posso più negare l’evidenza.
Ogni traccia di divertimento scompare dalla mia faccia, adesso la mia espressione è dura. -Allora non dovresti stare qua a parlare con me.-
-Te l’ho detto, voglio essere come te.-
Mi alzo di scatto e lui mi imita. Mi sento furiosa. -Vorresti diventare un mostro? Un assassino? Vivere una vita che non è vita? Vorresti davvero essere così? Io non credo…-
-Io voglio essere immortale, voglio non dover essere legato ai bisogni fisici come il dormire, bere o mangiare, voglio non dover subire gli effetti del tempo… Voglio essere perfetto.- Mi parla normalmente, è calmo, come se stesse discutendo di quanto è bella la giornata oggi.
-Tu non sai di cosa stai parlando.- dico piano, mi sono calmata anche io. La campanella suona, bisogna rientrare. -Devo andare a lezione adesso. Ciao.- Mi volto e torno in alula.
-Ci vediamo all’uscita.- Sussurra. Sa che l’ho sentito.

Seduta al banco sto mangiucchiando una matita, non riesco a stare attenta. Manca mezz’ora al termine delle lezioni. Devo ammettere che sono rimasta turbata dalle parole di quel ragazzo, come si può volere un’esistenza come la mia? In fondo è giovane, non può capire appieno le conseguenze di questo suo desiderio. È l’impeto degli adolescenti che gli fa credere che sia una cosa bella l’essere vampiro. All’inizio anche io ne ero affascinata, era una bella novità non dover dormire avendo molto più tempo a disposizione per fare qualsiasi altra cosa; era esaltante avere i sensi così maggiormente sviluppati. Questo devo dire che ancora mi piace; riuscire a sentire il minimo fruscio di ogni foglia, percepire la presenza delle persone senza il bisogno di doverle vedere. Mi chiedo come ho fatto a non accorgermi la notte scorsa che non eravamo sole e ben nascoste nel parco. Forse ero troppo impegnata a combattere contro l’istinto e così facendo ho indebolito o annullato pure i miei sensi. L’ultima campanella della giornata suona, distogliendomi dai miei pensieri. Esco dall’istituto, consapevole di dover affrontare un’altra discussione con il ragazzo. Incrocio Sam, le dico che oggi non faccio la strada del ritorno insieme con lei.
-Si, ho visto che a pranzo ti sei fatta un nuovo amichetto.- ammicca.
-Si è avvicinato lui.- rispondo noncurante con un’alzatina di spalle. Non mi va di dirle niente per ora, non mi va che sappia che qualcuno conosce il nostro segreto; si agiterebbe. E prenderebbe decisioni drastiche.
-Certo, certo. Intanto adesso è laggiù che ti aspetta.- sorride.
L’avevo visto anche io, contro il muro nella stessa posizione in cui era qualche ora fa. Adesso che lo guardo meglio noto che è un bel ragazzo. Moro, occhi verdi, attraente. Mi fa un cenno di saluto con la testa.
-Dai, vai. Non farlo aspettare oltre.- Mi esorta Sam.
-Ok, ciao. Ci vediamo.- la saluto girandomi.
-Stanotte?- mi domanda speranzosa.
-Non credo.- Un’altra caccia? No grazie!
Non appena gli sono vicino mi sorride rasserenante. Ha un bel sorriso. -Abbiamo cominciato con il piede sbagliato oggi, io sono Drake.- mi tende la mano.
Non la stringo. -Lilith.- rispondo. La sua decisione mi rende ancora ostile.
-Facciamo due passi?- comincia a camminare, senza aspettare una mia risposta. -Hai pensato a quello che ti ho detto?-
-Anche se ci avessi pensato, il mio pensiero non cambierebbe.- forse dovrei cercare di prenderlo con le buone e convincerlo a cambiare idea.
-Perché non vuoi capire? Io voglio cambiare! Non ti sembra un gesto egoista non trasformarmi? Solo tu vorresti avere questa fortuna?-
-Fortuna?!- sbotto -Lo sai quanto rimpiango io di non essere più umana? Di non poter vivere una vita normale… se si potesse avere l’opportunità di tornare indietro lo farei! Sono addirittura arrivata al punto di provare ad uccidermi in diversi modi,- mi accorgo che la sua attenzione adesso è aumentata. -ma sai, un vampiro non può suicidarsi.- mi calmo. -Tanti anni fa ho anche chiesto alla mia amica di farmi morire, la supplicavo, non sopportavo di avere ogni notte la bocca sporca del sangue di qualche vittima innocente, non sopportavo di avere sempre quella sete implacabile. Lei naturalmente cercava di dissuadermi, mi è stata vicino e mi ha aiutato a superare quel momento. Ma non del tutto, ancora a volte bramo la morte.- mentre parlo mi rendo conto che quel desiderio prepotente di morire che avevo io, non è molto diverso dal desiderio di Drake di diventare un vampiro. Anche se riuscissi a fargli cambiare idea adesso, gli rimarebbe comunque il rimpianto di non avere insistito. Le mie parole lo hanno colpito, rimane in silenzio per un po’. Ci sediamo sull’erba di un prato, è pieno di persone, soprattutto bambini, nell’aria aleggiano le loro vocine allegre, le risate. Da giovane sognavo anche di avere una famiglia.
-Troveremo una cura.- dice Drake distogliendomi dai miei pensieri. -Ti aiuterò se tu in cambio mi rendi una creatura eterna.-
Mi sfugge una risatina amara. -Il vampirismo non è una malattia, è una maledizione! Non puoi parlare di cure.-
-Io ho sentito che esistono dei metodi…- esclama con entusiasmo.
-E hai sentito anche se funzionano?- ribatto scettica.
-Questo non te lo so dire, ma possiamo provarci!-
Non mi sfiora nemmeno l’idea di poter tornare umana, non nutro false speranze, ma non glielo dico, è così determinato.
-Quanti anni hai?- mi chiede poi.
-Cinquanta.-
-Li porti proprio bene!- scherza.
Rido. È la prima vera risata che faccio dopo anni. Non lo so perché mi viene da ridere in questo modo, è tutto così assurdo. Mai nessuno ha saputo chi sono veramente, non mi sono mai sentita realmente me stessa con nessun’altro a parte Sam. Ora è come se fossi un po’ più libera, sento di poter essere me stessa anche con Drake. Lui mi guarda sorridendo, riesco a leggere la curiosità nei suoi occhi. Decido di raccontargli qualcosa di me. -Sono diventata un vampiro quando avevo diciotto anni.- ricordare quella sera mi fa sempre male. -Ero a casa con la mia famiglia, avevamo finito di cenare e stavamo guardando la televisione in salotto. Ad un tratto tre persone sono piombate in casa dalla finestra rompendo i vetri; mio padre minacciava di chiamare la polizia, mia madre gridava, non si capiva niente, era tutto confusione. Io non sapevo cosa fare, ero paralizzata dalla paura; avevo visto i loro denti appuntiti e avevo capito che eravamo spacciati, tutti condannati a morire. Ma non volevo stare con le mani in mano, coperta dal trambusto sono riuscita a rompere una sedia e ho conficcato una grossa scheggia di legno nella schiena del vampiro che teneva fermo mio padre. Si è subito polverizzato. Non appena mia madre ha capito cosa fossero, ha cominciato a gridare il mio nome intimandomi di scappare. Uno dei due vampiri rimasti mi ha bloccato. Sono stata costretta a guardare mentre ai miei genitori veniva succhiato via tutto il sangue dalle vene. Poi quello che credevo fosse il capo mi si è avvicinato, ha cominciato a parlare di qualcosa che al momento non capivo, ero sconvolta, pensavo che da lì a pochi attimi sarei morta e non riuscivo ad immaginare come poteva essere, quali sensazioni avrei provato, quanto sarebbe durato. Mi disse che non voleva uccidermi, che in me vedeva una predestinata: Lilith era stato il nome del primo vampiro. Vedeva in me un carattere forte e deciso, proprio quello che serviva per essere una di loro. Mi morse, iniettandomi il suo veleno. È stato doloroso, sentivo il sangue che bruciava, il cuore battere talmente veloce che credevo sarebbe scoppiato… e poi più niente, si è fermato. Mi sentivo come se mi fossi svegliata da un lungo sonno, la percezione di tutto ciò che mi circondava era diversa, vedevo e sentivo in maniera strana. Era tutto al buio, eppure mi sembrava di essere in pieno giorno, sentivo i sussurri delle persono lontane come se fossero accanto a me. Poi c’era il bruciore insopportabile alla gola, la sete che mi faceva sentire come se avessi ingoiato una candela accesa. Mi portarono a caccia. La mia prima vittima fu un bambino di dieci anni e subito dopo la madre. Ricordo ancora l’orrore nei suoi occhi, mentre vedeva quella creatura mostruosa che beveva dal collo di suo figlio; la disperazione per la perdita. Dopo aver placato la sete ero più lucida, riuscì a pensare a ciò che era successo. Vendicai i miei genitori uccidendo i due vampiri.- concludo. Continuiamo a parlare finchè non si fa notte.
-Ti chiedo solo una settimana, una settimana per capirmi, vedere attraverso i miei occhi.- mi dice prima di andarsene.
Gli concedo anche più di una settimana, passiamo le giornate insieme per un mese intero. Cerca di trovare la soluzione per me, ma non c’è niente da fare; ogni cosa che proviamo è inutile. Aveva ragione, adesso conoscendolo riesco a capire meglio la sua decisione; ha avuto una vita difficile ed è rimasto completamente solo.
-Sei sicuro?- gli chiedo per l’ennesima volta. -Non si torna più indietro, lo sai.-
Annuisce. È un po’ teso, ma ancora deciso. Mi avvicino mostrandogli i denti, poggio un bacio delicato prima di mordere il collo. Non avevo mai trasformato nessuno prima, riesco però a capire subito quello che devo fare e quando devo fermarmi. Aspetto il tempo della trasformazione accanto a lui, gli tengo stretta le mano, mi sembra di rivedere la mia sofferenza. Ci occupiamo della sua sete.
Questo pomeriggio l’ho passato assieme a Sam, l’ho salutata cercando di non farle capire le mie intenzioni, ho chiesto a Drake di dirglielo poi.
-Sei sicura?- rimarca. -Mi potresti stare accanto.-
Forse sarebbe diverso insieme, non sarei più sola. Sono stata bene in questo periodo assieme a lui, ma ci sarebbe sempre il fatto degli omicidi. -Si, sono sicura.- rispondo. Mi bacia, prima di mantenere la sua promessa; prima di piantarmi il paletto lì dove avrebbe dovuto esserci il cuore.

   
 
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