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Autore: Gillywater    13/11/2010    13 recensioni
La storia tra Sana e Akito è finita da tre lunghi anni. Lei ora sta con Naozumi e lui, come sempre, cerca di fare chiarezza nel caos che ha in mente. Ma cosa potrebbero mai combinare, quei due, senza l'aiuto provvidenziale degli amici?
"Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si erano lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SHE IS
 
 
Capitolo 10 : We'll make it last
 
Flash forward and we're takin'
on the world together
And there's a drawer of my things
at your place
You learn my secrets and you figure out
why I'm guarded (...)
You are the best thing that's ever been mine
                   Mine – Taylor Swift
 
-Qualcuno mi aiuti –
L’ormai ben noto gruppetto di amici si soffermò ad osservare Hisae che stava – nel gergo – triturando un innocente tartina con salsa di tonno spalmata sopra.
-Ti serve aiuto a mangiare? – azzardò Fuka.
Marzo era finalmente arrivato e con lui le belle giornate. Per festeggiare i ragazzi avevano organizzato una cena in grande, con ogni tipo di cibaria possibile ed immaginabile. Immancabile, ovviamente, la quintupla porzione di sushi che Akito aveva consumato ovviamente da solo, in religioso rispetto. E non perché il giorno in questione fosse santo o chissà cos’altro, quanto piuttosto per quel piatto che lui riteneva giusto e doveroso venerare.
Hisae scosse il capo – No. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti a trovare un insulto adatto da rivolgere a Gomi in questo momento –
L’intero gruppetto voltò il capo verso la vetrata del salotto, che si affacciava sulla terrazza immensa. Gomi dava sfoggio di una maturità ineguagliabile. Infatti stava ricorrendo un innocente piccione, brandendo un forchettone – di quelli che si usano per girare la carne e che Hisae avrebbe utilizzato volentieri per ucciderlo – gridando dietro al poverino “Fermati, che ti voglio cucinare”.
Nemmeno il piccione potesse capirlo.
-A volte mi chiedo che problemi abbia – disse Hisae scuotendo la testa e muovendo da una parte e dall’altra i riccioli d’oro profumati che aveva sistemato apposta per la serata.
-Penso che Gomi sia un problema vivente – asserì Sana convinta, addentando un boccone di sushi che aveva rubato dal piatto del suo ragazzo.
-Ehi – la rimbeccò quest’ultimo – Mangia dal tuo piatto –
-Sei sempre il solito pedante –
-E tu la solita scroccona –
Il borbottio di Fuka andò, per una volta almeno, a favore di Sana –Senti chi parla –
Akito si imbronciò e non proferì più parola. Sana si rabbuiò.
Qualche giorno prima avevano litigato a causa del suo lavoro – sempre il solito motivo – e i due si rivolgevano a malapena la parola, nonostante Sana le provasse tutte per allentare la tensione.
Le cose erano semplici : Sana doveva lavorare con Naozumi. E ad Akito, ovviamente, la cosa non andava giù. Era un po’ come lo sciroppo all’olio di fegato di merluzzo della nonna : si bloccava in gola e non ne voleva sapere di scendere.
-Perché non vai a recuperarlo? – propose Aya, alzandosi in piedi per andarsi a sedere sul più comodo divano. Ormai il suo bel pancione si intravedeva distintamente aldilà del velluto grigio del vestitino che aveva deciso di indossare quella sera. Per di più il fatto che l’abito fosse un po’ troppo corto per una donna nelle sue condizioni, aveva scatenato il malcontento di Tsuyoshi. La nascita della bambina era prossima e tutti non stavano più nella pelle.
-Ti prego, vallo a recuperare – affermò quest’ultimo – Mi vergogno io per lui... –
Hisae sbuffò esasperata e si alzò dalla sedia diretta verso il terrazzo.
- Ragazzi, io dovrei andare – costatò Fuka, dando una veloce occhiata al suo orologio da polso – L’ultima metropolitana è tra venti minuti –
Tsuyoshi sbadigliò ed annuì – Hai ragione. Aya, forse è meglio che andiamo anche noi. È tardi e non ti fa bene stancarti –
Aya sbuffò, ma alla fine, seppur controvoglia, si alzò a fatica dal divano – E va bene. Ti preoccupi così tanto per me, non potevi pensarci prima, è tutta colpa tua se sono in queste condizioni – sbottò la ragazza, strappando letteralmente di mano a Tsuyoshi la giacca che le stava porgendo.
Sana, Akito e Fuka rimasero letteralmente basiti, per non parlare dello stesso Tsu, che sembrava – decisamente – prossimo alle lacrime.
-Tesoro – balbettò dopo un interminabile momento – Ma che stai dicendo? –
Aya storpiò il naso e gli fece il verso – Tesoro, gnegnè – sbottò – Piuttosto, vuoi che ce ne andiamo, no? Vedi di muoverti –
Detto questo si avviò verso la porta di ingresso e la spalancò, con pochissima eleganza – Allora? – lanciò un urletto, alla fine.
Fuka scoppiò in una debole risatina e si coprì la bocca con la mano – Aya tesoro, avviamoci – le disse divertita, per poi raggiungerla e prenderla a braccetto.
-Tsuyoshi, tesoro – berciò Aya, intonando quel “tesoro” in modo che sembrasse più che altro un insulto – Muoviti –
Fuka ingranò – Sì, Tsuyoshi. Una mossa –
Il poveretto – sotto lo sguardo sempre più allucinato di Sana e Akito – sbuffò esasperato e disse – Arrivo, arrivo –
Le ragazze si avviarono verso l’ascensore e Tsuyoshi si affrettò a raggiungerle. Quando fu sulla porta di casa, si voltò verso i suoi amici e aggiunse – Scusatela. Gli ormoni... –
E poi sparì.
Sana rise e scosse il capo, concentrandosi su un’innocente foglia di insalata, ancora abbandonata nel suo piatto, quando Akito parlò. Spiazzandola.
-Donne e ormoni. Che accoppiata – costatò, l’ombra di una risata tra le sue parole.
Sana si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi – Ehi – ribatté – Aya ha una creatura dentro di sé e Tsuyoshi la stanca in maniera assurda. Mi pare legittimo da parte sua incavolarsi, no? –
Akito fece spallucce – Io ho visto solo che l’ha trattato malissimo, senza motivo
-Senza motivo? Aya è stanca – ribadì il concetto – E Tsuyoshi non migliora la situazione –
Akito si irritò – Lui si preoccupa solo per lei. E lei... – si fermò a pensarci su – Lei non se ne rende conto
Sana inclinò il capo da un lato per far in modo che i suoi neuroni facessero contatto e l’aiutassero a formulare un pensiero di senso compiuto. Poi si raddrizzò, strinse i punti e seccata sbottò – Certo che se ne rende conto. Ma lui pretende da lei delle cose assurde –
Akito si domandò per un secondo se stessero ancora parlando solo di Aya e Tsuyoshi. Giusto per un secondo, però, poi ribatté – Ah si? Quali cose assurde? –
Sana spalancò gli occhi – Non apparecchiare la tavola. Non lavare i piatti. Non toglierti la giacca – si bloccò e si concesse una pausa, molto, ma molto, eloquente – Ma stiamo scherzando? – domandò, retorica, infine.
Akito scosse il capo – Lo trovo premuroso
Sana gli si avvicinò – Io lo trovo assurdo
Entrambi se ne resero conto : no, decisamente non stavano più parlando dei loro amici.
Stavano a dieci centimetri l’uno dall’altra e si guardavano negli occhi, con la paura di compiere anche un solo passo verso l’altro. Come due perfetti idioti.
Finché Sana parlò – Non puoi chiedermi di lasciare il mio lavoro. È assurdo
Akito annullò la distanza tra i loro corpi e le posò le mani sui fianchi – Non voglio dare a un imbecille qualsiasi, nel nostro caso Kamura, un pretesto per saltarti addosso. È premuroso
Sana gli passò le braccia intorno al collo;  pochi centimetri dalle sue labbra gli sussurrò – Sei soltanto un idiota –
Sana lo baciò e Akito la strinse ancora di più a sé, facendole compiere un mezzo giro su se stessa.  Un urlo secco li interruppe ed entrambi si voltarono verso il balcone.
- Gomi sei un cretino
- Io? Ma piantala, sei tu che hai paura di uno stupido uccello
- Lo stupido uccello se ne sarebbe andato via, se solo tu non lo avessi provocato –
- Guarda che lui ha capito che stavo solo giocando. Di fatti se l’è presa solo con te, sai perché? –
- Oh, sentiamo. Perché mai? –
-Perché ha percepito la tua diffidenza! –
- Oddio, Gomi! Ti rendi conto che stai parlando di un uccello? –
- Certo. Oh, ragazzi... –
Il duetto parve finalmente accorgersi di Sana e Akito, mezzi intontiti, per via del bacio di qualche attimo prima – incredibile come solo un bacio fosse in grado di farli partire per un altro pianeta – che li fissavano, indecisi se essere arrabbiati o sconvolti.
- Diteglielo – li interpellò Gomi – Diteglielo, a questa pazza, che gli uccelli sono intelligenti –
Sana si scostò da Akito e si rivolse al suo amico – Gomi, veramente noi... –
Hisae sbuffò – Sei davvero un cretino, non vedi che li hai interrotti. Ragazzi, scusateci, togliamo subito il disturbo – concluse, afferrando l’idiota... Ehm, Gomi per un braccio e trascinandoselo dietro.
-Ma veramente io... –
-Taci! –
Una volta che la porta di casa si fu chiusa – definitivamente? – Akito spiccò una corsa olimpica in sua direzione. Diede quattro mandate con la prima chiave, con la seconda, serrò lo spioncino, sistemò il chiavistello e – se solo ci fosse stata – sicuramente avrebbe digitato anche il codice segreto per sigillare la porta stessa.
Sana rise – Ma che fai? – gli domandò .
Akito si girò furioso verso di lei – Senti. Questa è anche casa mia adesso, giusto? – ringhiò, avvicinandosi alla sua ragazza – Bene – si rispose da solo – Allora voglio un certo potere decisionale in merito a chi mette piede in casa mia – continuò posandole, di nuovo, le mani sui fianchi – Non voglio essere interrotto quando ti bacio –
Ancora ridendo, Sana si lasciò accarezzare le labbra da quella bocca – tanto amata, tanto odiata, tanto desiderata – così dolce.
Quando si scostarono, lo guardò negli occhi e dopo un lungo istante sussurrò – Potere accordato –
Giusto in quel mentre, il campanello suonò e Akito pronunciò un’imprecazione davvero irripetibile.
- Non ho alcuna intenzione di aprire – mormorò, tornando a baciare Sana.
Una cascata di pugni cominciò ad abbattersi sulla porta – a Sana ricordò terribilmente la scena di qualche mese prima. Il primo bacio suo e di Akito dopo tre anni di astinenza.
- Akito, Sana! – urlò una voce che entrambi riconobbero come quella di Tsuyoshi – Ad Aya si sono rotte le acque. Dobbiamo andare in ospedale –
Senza nemmeno pensarci, Sana e Akito afferrarono la giacca e corsero fuori.
Akito pensò proprio che la figlia di Aya e Tsu, un giorno, gliel’avrebbe pagata.
 
*
 
- Stammi lontano, schifoso maschio ipocrita –
Aya era stata sempre una ragazza composta, dolce e sensibile. Evidentemente la gravidanza, oltre ad averla irrimediabilmente provata, aveva avuto un impatto alquanto negativo sulla sua bella personalità.
I ragazzi erano rimasti un bel po’ nella stanza di Aya, facendole compagnia e godendosi ogni singolo insulto che rivolgeva all’esasperante – ed esasperato -  Tsuyoshi.
Il poverino aveva le lacrime agli occhi, ma quando incontrava lo sguardo di uno dei suoi amici sorrideva, dicendo – Avevo messo in conto anche questo
Purtroppo, ad un certo punto, una dottoressa vecchia e acida, con il naso adunco e i capelli raccolti in una treccia, li aveva cacciati via dicendo che erano in troppi.
Adesso se ne stavano in sala d’attesa e Gomi leggeva un giornale sportivo, ma non sembrava capirci molto. Di tanto in tanto lanciava occhiate preoccupate all’indirizzo della sala parto e sospirava.
- Secondo voi a Tsu verrà una crisi esistenziale sentendosi insultare in questo modo? –
Fuka, sigaretta (ovviamente spenta) tra le dita della sinistra, sorseggiava con studiata tranquillità un caffè – Potrebbe darsi. Sempre che non perda la testa prima, quando vedrà la bambina –
In quel momento un urlo acuto ruppe l’aria e Aya insultò ancora il povero fidanzato – Tu, maledetto bastardo, te lo puoi anche solo sognare di avvicinarti ancora alla sottoscritta, dopo stasera –
- Hai perfettamente ragione, tesoro, ma adesso devi spingere più forte che puoi – gridò Tsuyoshi, sovrastando la voce di Aya. Sembrava che stesse piangendo.
 - Spingi la tua testa nel water e poi tira l’acqua! – gridò Aya, ansimando.
Un crack molto sinistro echeggiò nell’aria e poi...
- Mi ha rotto una mano! Mi ha rotto una mano! – urlò la voce di Tsuyoshi.
Gomi impallidì – Ma fate tutte così quando partorite? – domandò all’indirizzo delle ragazze.
Fuka, Hisae e Sana – che in quel momento se ne stava seduta sulle gambe di Akito, con la testa abbandonata sulla sua spalla – lo guardarono non male. Di più.
- Oh cara – disse Tsu a voce alta – Non hai idea di quanto io stia soffrendo – (*)
Seguì un lungo silenzio, molto eloquente e poi Tsuyoshi gridò di nuovo – Amore, spingi –
Numerose urla rimbombarono per l’ospedale, nuovi insulti, nuovi incoraggiamenti e nuovi rumori, sempre più sinistri.
Probabilmente Aya era riuscita nell’impresa di fare Tsuyoshi a pezzi.
In quel momento la futura neo mamma comunicò a tutta Tokio e dintorni che la madre di Tsu, come mestiere, faceva la passeggiatrice professionista. Giusto per essere eleganti.
- Ho appena deciso che non avrò mai un figlio – disse Fuka seriamente. Persino lei, donna tutto d’un pezzo, sembrava sconvolta in quel momento.
Akito strinse ancora di più Sana a sé e mormorò, in modo tale che solo lei potesse udirlo – Tanto meglio. Un Matsui in meno sulla faccia del pianeta –
Sana sorrise.
Improvvisamente il suo cellulare squillò e la ragazza si alzò in piedi.
- Scusate – disse, assonnata, rivolta agli amici – Vieni con me? – domandò poi ad Akito, che annuì.
Insieme si allontanarono velocemente verso una finestra di un corridoio antistante. Passando davanti alla sala parto, Aya li deliziò ancora con la sua voce.
- Disgustoso stronzo schifoso... –
 
*
 
 
Akito odiava il lavoro di Sana. Dopo più di dieci anni che la frequentava - inizialmente come amici, sempre che lo fossero mai stati, e poi come fidanzati - il concetto era ormai talmente calcificato che nemmeno martello e scalpello avrebbero potuto intaccarne l'estrema solidità.
Odiava la televisione, i riflettori e tutti quelli che facevano lo stesso lavoro della sua donna.
Insomma, finge la vita di qualcun'altro -  l'attrice - che cosa assurda, c'è già così poco tempo per vivere la propria, di vita, per quale assurdo motivo cercare di risolvere quella di un altro personaggio - peraltro inventato. Così diceva lui.
Anche in quel momento, mentre Sana stava al telefono con il signor Rei – che proprio non aveva potuto fare a meno di telefonarle nel cuore della notte – tutto quello che riuscì a fare fu costringersi a non strappare in mille pezzi il copione – di Sana, ovviamente – che stringeva tra le mani.
La ragazza l’aveva tirato fuori dalla borsa mentre parlava, gli aveva dato un’occhiata  e poi aveva cominciato a sbraitare qualcosa in merito ai costumi. O al trucco. O a qualche altra diavoleria. Poi l’aveva passato ad Akito, che avrebbe tanto voluto correre in bagno, buttarlo nel cesso e tirare lo sciacquone – proprio come aveva consigliato di fare Aya a Tsu con la sua testa.
Non riuscendo a trattenersi, sfogliò distrattamente alcune pagine : dopo aver letto appena un paio di battute, non solo gli si rizzarono i capelli sulla testa, ma desiderò uccidere qualcuno – chiunque fosse, andava bene – come mai aveva desiderato in tutta la sua vita.
Quando Sana pigiò il tasto rosso sul suo telefonino e chiuse la chiamata, gli si avvicinò, l’espressione molto testa e arrabbiata in volto.
Ovviamente, Akito in quel momento aveva altro a cui pensare.
- Hasato io ti amo e non posso vivere senza di te -
Akito decisamente faceva pena come attore. Fortuna che la sua sopravvivenza non dipendeva da quello.
Certo, il fatto che, copione di Sana stretto in mano, stesse leggendo ed intonando le sue battute con ironia, poteva - forse - influire in qualche modo sulla recitazione.
Ma neanche poi tanto.
Una risata che sembrava molto di più il latrato di un cane e riprese - Voglio fare l'amore con te. Non lasciarmi sola stanotte -
Con faccia disgustata - giusto per usare un eufemismo e non scendere nei dettagli, per decenza - Akito storse il naso e lanciò il copione su un seggiola lì vicino - E ti pagano così tanto per dire queste porcherie? - domandò secco.
Sana, ancora livida per la telefonata di poco prima, sbottò soltanto - Oh che noia Akito, non cominciare  -
Serve a qualcosa specificare che lui nemmeno l'ascoltò? Chiaramente...
- No - riprese lui - Sto parlando seriamente. E poi, siamo onesti, a Kamura esploderà il cuore quando gli dirai tutte queste paroline dolci - scherzò, divertito fino ad un certo punto.
Sana sbuffò nuovamente - Basta adesso -
Akito annuì - Hai ragione. Più che il cuore, sarebbe meglio se esplodesse lui -
Dopo di che inscenò un teatrino degno di merito : dopo un "puff" molto scenografico - che doveva rappresentare l'esplosione del povero Naozumi - Akito si lasciò cadere per terra come un sacco di patate, imitando la morte del suddetto.
Una coppia di arzilli vecchietti gli passò accanto e lo guardò come se non fosse propriamente normale : come biasimarli?
Sana rimase a fissarlo perplessa e con un sopracaglio inarcato – Hai finito? – gli domandò secca alla fine.
Akito tornò a sedersi, sul pavimento, e si finse offeso - Ma come? Non ti è piaciuto? - si lamentò - Guarda che Kamura non è l'unico che può recitare, qui - riprese con un ghigno - Ti ho appena fatto vedere che sono capace anch'io - 
Sana si puntò le mani sui fianchi – Akito sei noioso, dico davvero. Devi veramente finirla di essere così geloso di Naozumi – inclinò il capo da un lato e riprese – Disgraziatamente adesso sto insieme a te e, se solo tu me lo permettessi, vorrei continuare a starci. Quindi piantala, per piacere! –
Akito, sguardo - finto -  innocente di un bimbo colto in fallo, sbatté un paio di volte le palpebre e poi protestò – Io non sono geloso –
Sana constatò quanto, di un discorso lungo, logico e pieno di buoni propositi, i maschi fossero in grado, sempre, di captare solo i particolari meno rilevanti.
Uomini.
- Ma fammi il piacere. Potrei anche crederci, se solo fossi un tantino più convincente e poi – si interruppe per puntargli un dito contro – sei tu che tutte le mattine mi fai una scenata perché devo incontrarmi con Kamura agli studi. Lasciatelo dire, Hayama, sei ridicolo
Fu a quel punto che la discussione prese una piega completamente diversa.
Akito si alzò in piedi, l’aria divertita di pochi attimi prima, improvvisamente scomparsa – Cosa sarei io? –
Sana fece una smorfia eloquente – Hai capito benissimo –
Il ragazzo strinse i pugni lungo i fianchi e, quando parlò, la sua voce vibro di rabbia. Di tanta rabbia – Io sono ridicolo, eh Sana? – le domandò, aggressivo – Io, che sarò costretto a vedere l’ennesimo film smielato tra te e quell’idiota – Akito soppresse i tentativi di protesta di Sana, quando sentì definire il suo amico un’idiota – E mi ritroverò davanti la scena a cui ho assistito negli ultimi tre anni della mia vita, sarei ridicolo? –
Sana rimase in silenzio, giusto un secondo per concedergli – e concedersi – di chetare la rabbia spropositata che avevano dentro. Entrambi.
Poi esplose – Ti ho già detto mille volte che questo è il mio lavoro. Per me le parole e le mosse scritte sul copione, non hanno nessun significato. Ma forse – inarcò le sopracciglia, cominciando a provocare  - Dietro a questo tuo comportamento dovrei leggerci una totale mancanza di fiducia da parte tua. Cosa dici? –
E Akito la pronunciò.
Quella conferma, che in una discussione come questa non andrebbe mai data, che mette in dubbio la solidità di tutto il palazzo, lasciando le persone a chiedersi se, forse,  non ci sia qualcosa che non va nelle fondamenta stesse.
-Può darsi – le rispose soltanto.
Sana era senza parole. La rabbia era improvvisamente scomparsa, non era nemmeno delusa dalla reazione del suo ragazzo, che qualche mese prima – per l’appunto – le aveva fatto scoppiare il cuore con una tacita proposta che li avrebbe legati l’uno all’altra in eterno.
- Bene – sbottò dopo un lungo attimo – Benissimo. Se è così allora cos’altro ho da dirti? Vattene Akito. Vattene, è meglio davvero –
Rimasero immobili, a cinquanta centimetri esatti di distanza, a fissarsi negli occhi, cercando di capire il significato esatto di quelle parole.
Poi Akito scrollò le spalle.
Poi Akito infilò, con fare ribelle, le mani in tasca.
Poi Akito, dopo aver lanciato un veloce sguardo a Sana – nessuna scusa era rimasta intrappolata tra quelle ciglia – le voltò le spalle e se ne andò lungo il corridoio.
Proprio come aveva fatto tre anni prima.
 
I was a flight risk, with a fear of fallin'
Wonderin' why we bother with love
 if it never lasts
                   Mine – Taylor Swift
 
*
 
Akito se ne stava con i gomiti appoggiati al davanzale di una finestra. Guardava fuori, assorto, gli alberi che cominciavano a fiorire.
Aveva sempre pensato che la primavera non gli dispiacesse. Ed era così.
In compenso odiava l’autunno.
 
 
Scrivo il tuo nome senza il mio,
oggi nel giorno dell’addio,
anche se inevitabile,
mi chiedo ancora adesso,
“sono pronto a perderti,
a rinunciare a te?”
                   Cielo e Terra - Nek
 
L'odio che nutriva nei confronti di Naozumi Kamura non era un semplice vezzo, un passatempo divertente con cui intrattenersi nei momenti di noia.
No, non era semplicemente quello.
Dopotutto doveva pur mangiare, almeno così gli avevano detto quelle poche persone che aveva accettato di incontrare in quegli ultimi due mesi, che avevano scandito giorno dopo giorno ogni attimo passato lontano da lei.
E non la vedeva da secoli.
I polmoni si stringevano nel suo corpo e aveva spesso avuto l'impressione che respirare fosse diventato improvvisamente difficile. Impossibile. E forse anche un bel po’ inutile.
 
Senza respiro cerco te,
senza respiro e sento che
non c’è un colpevole, lo sai?
Né un innocente solo
                   Cielo e Terra - Nek
 
Era un giorno come un altro, c'era il sole e le foglie sugli alberi avevano cominciato ad ingiallire già da un bel pezzo, lasciandosi poi cadere ai piedi degli alberi e formando un folto tappeto con sfumature gialle e rosse.
Osservava quello spettacolo della natura, non riuscendo a vederlo per davvero.
 Alzò lo sguardo e un secondo dopo avrebbe preferito non averlo fatto.
Lei gli stava davanti, bella come non se la ricordava, i capelli lasciati sciolti che catturavano ogni raggio di luce che il sole ancora regalava.
Si era fermato senza nemmeno rendersi conto del suo gesto. E qualcosa dentro di lui gli suggeriva che fosse solo questione di secondo prima che lei si accorgesse di lui.
Stringeva tra le mani i sacchetti della spesa. Le mani erano strette a pugno. Granito, non pelle.
Lei non era da sola, stava ridendo alle parole di qualcuno alle sue spalle.
Un ragazzo alto, dai capelli e gli occhi chiari, che con la sua semplice presenza attirava un sacco di sguardi curiosi e innamorati. Ragazzine idiote che sospiravano a pieni polmoni.
Se non l'avesse riconosciuto sarebbe stato meglio.
Un raggio di sole gli colpì gli occhi, spostò di nuovo lo sguardo su Sana e finalmente si accorse che lei lo stava fissando a sua volta.
Vide il sorriso sulle sue labbra cancellarsi poco a poco, come la gomma su un foglio di carta che elimina le tracce del passaggio di una matita.
Alzò una mano per salutarlo e lui ricambiò con un cenno del capo.
Chissà cosa stava provando lei quel momento, quali pensieri correvano dietro quegli occhi scuri che ora cercavano di sfuggirgli.
Chissà se anche lei, dentro, si sentiva morire come lui al pensiero di non poterla più avere.
 
E ancora per  un attimo,
tra noi lo stesso battito,
quell’impressione che di nuovo sia
ancora una volta...
                   Cielo e Terra - Nek
 
- Akito? – una voce lo chiamò timidamente.
Subito dopo, la mano gentile di Tsu si depositava sulla sua spalla. Akito si voltò nella sua direzione e l’osservò per un momento.
Aveva la mano destra fasciata, l’espressione del viso stravolta, ma era davvero felice. I suoi occhi non tradivano mai.
- E’ nata la bambina? – domandò secco Akito, senza nemmeno preoccuparsi di come stesse il suo amico, a cui Aya aveva gentilmente polverizzato le ossa.
Tsuyoshi scosse il capo – No. Non è nata la bambina. È nato un maschio –
Hayama inarcò un sopracciglio – Ma come... –
- Non so, avranno sbagliato le analisi, penso –
Akito sospirò e tornò a guardare fuori dalla finestra.
- Senti... Io devo dirtelo – disse Tsuyoshi, l’aria grave in viso – Sana si è sentita male –
Il ragazzo si voltò di scatto e guardò l’amico in viso, con gli occhi sbarrati.
- Cosa? –
- Ci ha detto che avete discusso, ha avuto un giramento di testa ed è svenuta. Fortuna che siamo in ospedale, adesso i medici si stanno prendendo cura di lei – concluse, con un sorriso.
Evidentemente, Tsu ritenne di essere tranquillizzante, perché cominciò a farneticare qualcosa a proposito del bambino, che aveva gli occhi di Aya, ma che era identico a lui.
Akito lo bloccò subito – Portami da lei – gli ordinò.
E dopo un secondo di smarrimento, Tsuyoshi annuì e si avviò lungo il corridoio.
 
*
 
Sana era seduta sul letto con un fagottino azzurro tra le braccia.
- Ciao Jo – lo salutò con una voce dolce – Oh Aya, è bellissimo –  (**)
Fuka sorrise al piccolo che dormiva beato e si sporse un po’ sulla spalla di Sana per poterlo guardare bene in faccia – Sì è bellissimo. Anche se non è una femmina e assomiglia a Tsuyoshi come una goccia d’acqua –
Aya ridacchiò. Era seduta su una sedia a rotelle e, non appena aveva saputo che Sana si era sentita male, aveva mosso mari e monti per andarla a trovare.
Quando l’amica aveva riaperto gli occhi, lei e il suo bambino erano state le prime persone che aveva visto. E aveva sorriso.
- Hai deciso di cadere a terra come una pera cotta proprio oggi, eh? – Aya prese in giro Sana, congratulandosi per il suo solito tempismo.
Hisae sbuffò – Sono secoli che le dico di farsi vedere – borbottò, allungando le mani verso Sana per prendere in braccio il piccolo Jo – Continua a star male –
Alla fine, la ragazza regalò un sorriso particolarmente ebete al piccolo che riposava placidamente tra le sue braccia esili.
- Dov’è finito Gomi? – le domandò Sana, notando la mancanza di qualcuno.
Hisae sbuffò ancora – Ha detto che non gli andava di entrare perché siamo tutte donne – spiegò – Credo che arrivati a questo punto possa solo peggiorare, no? –
Le amiche risero.
All’improvviso Aya si fece seria – Allora, Sana. Ci vuoi dire cos’è successo tra te e Akito? Perché avete litigato? – chiese.
Sana rimase per un momento a fissare le lenzuola bianche del letto su cui era seduta.
Se fosse entrata l’infermiera l’avrebbe costretta a sdraiarsi, perché ancora troppo debole : quando prima le avevano fatto il prelievo di sangue, Sana si era sentita, se possibile, peggio. Lei e gli aghi proprio non andavano d’accordo.
- Allora? – incalzò Fuka.
- È sempre la solita storia, che si può riassumere  in tre semplici parole : lavoro, Naozumi, gelosia. Gelosia immotivata, aggiungerei – spiegò con un tono di voce stanco.
Le sue amiche si lanciarono veloci occhiate e lasciarono che a parlare fosse Fuka.
- Senti Sana – cominciò, secca come una bastonata in testa – sarò molto breve e schietta. Akito ha paura di perderti. Tre anni fa lui era geloso di Kamura. Vi siete lasciati e poi... Ricordi cos’è successo? – domandò acida – Con quel damerino ti ci sei messa insieme – rispose al posto di Sana – Quindi non dire che la gelosia di Akito è immotivata. A te, ora come ora, Naozumi potrà non interessare. Ma tu a lui piaci Sana. Lo sappiamo tutti e anche te. Quindi, se potessi darti un consiglio, ti direi di stargli alla larga, se puoi –
Aya annuì con vigore.
Hisae se ne infischiò altamente della bella morale di Fuka e cominciò a cullare Jo, percorrendo a piccoli passi la stanza di Sana.
- Ha una paura folle di perderti – confermò Aya, annuendo e allungando una mano per accarezzare il viso di Sana – Quando vi siete lasciati, un giorno io e Tsu siamo andati a trovarlo a casa sua. Non mangiava, non dormiva, non si lavava... –
Hisae parve disgustata da quell’ultima notizia.
- Cerca di venirgli incontro, Sana. Adesso vi siete ritrovati. Non potete rovinare tutto, di nuovo – mormorò Aya, abbassando lo sguardo.
Prima che Sana potesse dire alcunché, entrò la dottoressa con una grossa cartella medica tra le mani – Ho qui i risultati delle analisi –
Calò il silenzio, interrotto soltanto da una breve risatina di Sana, che evidentemente si faceva beffe della propria salute – Ebbene? – domandò.
La dottoressa parve incerta, non sapeva se fosse conveniente o meno parlare davanti a tre sconosciute più il bambino.
Sana sbuffò – Sono mie amiche. Può confermarmi che ho avuto solo un banale calo di zuccheri dovuto alla stanchezza, davanti a loro? Così la pianteranno di tormentarmi l’anima –
La dottoressa scambiò uno sguardo feroce con Hisae, che la stava guardando come se fosse stata un insetto ripugnante e poi parlò – Lei è incinta. Già da tre mesi a dire il vero, non capisco come abbia fatto a non rendersene conto prima. Congratulazioni – disse, mentre un gigantesco sorriso compariva sul suo viso.
A questo, risposero solo quattro bocche spalancate.
Poi Jo cominciò a piangere.
 
*
 
- Posso entrare? –
Sana fece un cenno brusco del capo. Se ne stava seduta sul davanzale della finestra della sua stanza e fissava fuori.
Akito, poteva vederlo dal riflesso del vetro, se ne stava in piedi accanto al suo letto, contorcendosi nervosamente le mani, come in preda ad uno spasmo.
- Tsuyoshi mi ha detto che... –
- Che cosa vuoi Akito? – lo interruppe bruscamente, voltandosi verso di lui per guardarlo in faccia. Lui abbassò gli occhi, colpevole, e scosse il capo.
- Sapere come stai –
- Incinta –
- Ah –
Non aveva accennato nessun segno di sorpresa, non aveva spalancato gli occhi e nemmeno la bocca, non aveva cominciato a gridare e non le aveva nemmeno chiesto come fosse possibile. Infine, non si era nemmeno dimostrato felice per la notizia.
- È tutto quello che hai da dire? – domandò caustica Sana. Quando Akito non rispose, lei proseguì – Adesso ti spiego come ci si dovrebbe comportare in queste situazioni. La maggioranza di voi maschi sviene. O urla. O si spaventa. O domanda con aria sconvolta come può essere successo – fece una pausa significativa. Come se ci fossero poi tutti questi modi di concepire un bambino – Poi ci sono quelli che sono felici della notizia, come lo fu Tsu all’epoca. Ecco, a quel punto, di norma, si sorride, si scoppia in lacrime e si comincia a dire cose senza senso – era talmente arrabbiata. Eppure, poche decine di minuti prima, la dottoressa le aveva detto che era meglio evitare forti emozioni. Rabbia inclusa – Ho dimenticato qualcosa? – si domandò, fingendo di pensarci – Ah, ma certo. Poi ci sei tu. Tu non dimostri emozioni nemmeno quando ricevi questo genere di notizie. Già perché, per la cronaca, tu sei il padre di questo bambino, Akito –
Rimase in silenzio, ansimando, attendendo una risposta. Doveva calmarsi, doveva respirare, doveva regolarizzare il battito del suo cuore.
Non che fosse possibile – o forse sì? – ma sentiva che qualcosa dentro di lei soffriva per quella situazione.
- Tu come hai reagito? – domandò Akito ad un certo punto.
Sana rimase spiazzata. Lo fissò diffidente – Ho avuto una paura pazzesca perché mi sono sentita sola – ammise candidamente – Tu te n’eri andato, di nuovo – precisò infine.
Fu come averlo schiaffeggiato più volte. Vide Akito barcollare, prima di avvicinarsi precipitosamente verso di lei.
- Io non voglio che tu muoia –
Okay, quello sì che riuscì a sorprenderla per davvero. Strabuzzò gli occhi e lo guardò come se fosse stato pazzo – Ma che dici? – sbottò, seccata.
Lui alzò lo sguardo per permetterle di studiargli gli occhi. E lei capì.
“ Mia madre è morta dandomi alla luce”. Sembrava ieri quando Akito le disse quella scomoda verità, che aveva fatto di lui un demonio. E un bambino infelice.
Si sentì un macigno sprofondare sull’anima e si maledì per essere stata così fredda con lui, poco prima.
Sana si alzò in piedi, gli andò incontro e lo abbracciò forte. Non passò molto prima che le sue braccia corsero a stringerla intorno alla vita.
- Oh Akito – sospirò Sana – Andrà tutto bene. Quello che è successo a tua madre è stato terribile, ma... Lei era molto cagionevole, ricordi? (***) Io sono sana e forte – gli spiegò ridacchiando.
Sentì le spalle di Hayama rilassarsi sotto le sue mani.
- Sul fatto che tu sia forte avrei da ridire qualcosa – borbottò Akito, scostandosi da lei per poterla guardare negli occhi.
- Hayama, senti... –
- No stammi a sentire tu. Io mi fido di te, davvero. È solo che Kamura ti gira intorno come un cane in calore e a me non va giù. Okay, sono geloso – ammise, sorprendendo Sana e facendola sorridere – Ma io mi fido di te – ripeté, spalancando gli occhi come a voler essere più credibile.
Sana si crogiolò per un attimo in una sensazione piacevole : Akito era geloso e in più si fidava di lei. Due ammissioni in un colpo solo, quando mai sarebbe ricapitato?
Si riprese bruscamente dopo un po’ – Comunque io stavo per dirti una cosa, prima che mi interrompessi
- Ho chiamato Rei. Io... non reciterò più con Naozumi in quel film. Anzi... Per un po’ mi prenderò una pausa dal mondo dello spettacolo, esclusa la trasmissione pomeridiana –
Akito rimase a fissarla incredulo per alcuni secondi.
- E’ per quello che ti ho detto io? – domandò, indecifrabile.
- Anche – ammise Sana – La realtà è che ho capito cosa è più importante per me –
 
Braced myself for the goodbye
'Cause that's all I've ever known
Then you took me by surprise
You said, "I'll never leave you alone"
                            Mine – Taylor Swift
 
Akito stette zitto per un lungo istante e poi le si avvicinò. Allungò la mano destra per accarezzarle la pancia – Quindi... è vero? – domandò.
Sana inarcò un sopracciglio – Presumo di sì -
Il ragazzo si inginocchiò ai suoi piedi, le sollevò di un po’ la maglietta e posò un orecchio sulla sua pancia – Sento qualcosa – sussurrò.
A Sana venne il magone – Davvero? –
- Sì – lo vide ghignare e fissarla negli occhi beffardo – Sento il tuo stomaco che brontola. Hai fame Kurata? –
Prima che Sana riuscisse ad insultarlo, a picchiarlo, a ucciderlo, come si sarebbe ampiamente meritato, Akito parve realizzare qualcosa che fino a quel momento non aveva ancora preso in considerazione. L’afferrò bruscamente per un braccio e la costrinse a sedersi sul letto della stanza.
- Tu non devi stare in piedi – sbottò – Devi stare a riposo –
Sana si sentì spingere con non poca delicatezza verso il guanciale e poi una leggera coperta di cotone bianca le venne tirata fino al naso.
Si inalberò – Non diventerai il Tsuyoshi della situazione adesso? – sbottò contrariata.
Akito la ignorò completamente – Taci – le ordinò – Se lui sta dormendo lo sveglierai con queste tue urla da gallina –
Sana chiuse gli occhi e sorrise. Sopportare un Hayama così per i sei mesi a seguire non sarebbe stato affatto facile, l’avrebbe coccolata e viziata (a modo suo, ovviamente) fino all’esasperazione.
Ma ad essere completamente sinceri, a Sana non dispiaceva per niente.
 
Hold on, we'll make it last
Hold on, never turn back
(…)
Hold on, do you believe it?
Hold on, we're gonna make it now
Hold on, and I can see it
                   Mine – Taylor Swift
 
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(*) Frase ripresa dalla nona stagione di Friends. Il contesto era esattamente identico e ovviamente non ho potuto non ridere.
(**) Dato che in giapponese non ho trovato nessun nome che per assonanza potesse ricordare quello di “Giada” , la meravigliosa bambina di una mia amica, ho optato per Jo. Quindi il bimbo di Aya e Tsu è un omaggio alla mia stellina.
(***) Mi pare che lo dicesse Tsuyoshi a Sana in un episodio dell’Anime.
 
 
Devo scusarmi.
Non c’è alcun tipo di dubbio in merito, devo assolutamente scusarmi con tutte voi lettrici meravigliose per l’atroce ritardo con cui aggiorno.
La verità, sempre che a questo punto vi interessi, è che finalmente ho trovato un lavoro che mi piace, dove vengo trattata come un essere umano e non come uno straccio (lunga, lunghissima storia). Questo è il pro, il contro è che alla sera quando arrivo a casa sono davvero stanchissima – senza contare che, ad onor del vero, ultimamente a casa ci sono stata pochissimo, tra dentisti, spese, commissioni e affetti a cui proprio non posso rinunciare e mettere da parte.
Stamattina mi sono detta “aggiungi le due canzoni che devi aggiungere e posta”.
Dico davvero, alcune sere il PC nemmeno lo accendo perché mi viene il rigetto – pensate, otto ore di lavoro ormai si svolgono davanti ad un computer e quindi meno lo  vedo per il resto del tempo e meglio è.
 
A proposito delle canzoni, una citazione particolare va a “Cielo e Terra” di Nek che per me ha significato molto in un periodo non proprio felice della mia vita. O.O oddio quanto sto invecchiando! :D
 
Tanto per dirne una, oggi è sabato ma devo già uscire (la mia vita è come la pubblicità della Fiesta ultimamente) e perciò non riesco nemmeno a postare i ringraziamenti per le vostre recensioni stupende.
 
Il prossimo capitolo è l’ultimo e quindi ci saranno, promesso – anche perché, direi, nell’ultimo capitolo i ringraziamenti sono obbligatori, o no?
 
Comunque sia vorrei che ryanforever, roby5b, dancemylife, Deb, So smile, Bettinella, Midao, Ili91, Castiel (due canzoni nel testo, apposta per te), Smemo92 e Lisa Lawer si stritolassero con le proprie braccia immaginando che sia io ad abbracciarle, con tantissimo affetto per la pazienza che trovano ogni volta per scrivermi – e per aspettarmi, dato che ci metto i secoli ad aggiornare.
 
Davvero, grazie mille di tutto.
 
L’altra mia fiction in stato di avanzamento, “Four Seasons” è bloccata, ho una tempesta di idee al giorno, ma alla sera, quando vorrei mettermi a scrivere, mi addormento. Devo trovare un mio nuovo equilibrio – lo dico sempre, ma non lo faccio mai :D
 
Per ora è tutto, spero di risentirci al più presto con il nuovo capitolo.
 
Una nuvola di baci – dato il tempo uggioso

Gillywater
 
  
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