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Autore: Aisu Yuurei    13/11/2010    0 recensioni
Io e lui eravamo gemelli, ma non equivocate. Non avevamo nemmeno una traccia di quel legame che unisce due creature omozigoti. (Ho modificato il titolo della storia. Mi sono accorta di aver chiamato il protagonista Pendulus erroneamente, ho modificato il nome nei capitoli, scusate l'errore.)
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le luci dei lampioni illuminavano quella città, quadro di una disperazione celata in malo modo, espressa per metà e uccisa per intero

Le luci dei lampioni illuminavano quella città, quadro di una disperazione celata in malo modo, espressa per metà e uccisa per intero.

Mentre Louise apriva la porta, un presentimento le fece prevedere ciò che poi effettivamente accadde.

Un uomo. Con la pistola. La voleva. Uccidere.

L’unica azione che le venne in mente di fare fu quella di ridere. Una strana risata, malferma, poco lucida. L’uomo dal canto suo la guardò per qualche istante, poi sorrise.

<< Vedo che trovi tanto divertente il fatto che io ti stia puntando una cazzo di arma nel centro della testa. Bene perché ti farà più ridere il grosso buco che ti farò da qui a poco nel cervello.>>

Ma Louise non riusciva a smettere. Era indubbiamente una risata piena di nervosismo, ma era stanca di tremare, piangere, dimenarsi, urlare e disperarsi.

Cosa rimaneva se non ridere?

Ma l’uomo non sparò, fino a che Louise non smise di ridere, solo allora lei si rese conto di quanto quella sua azione avesse messo in serio pericolo la sua vita.

<< Bene, vedo che sei rinsavita, mi sorprende il fatto che tu non mi abbia ancora chiesto per quale motivo io lo stia facendo. D’altronde tu non sei Jack...>>

Louise chiuse gli occhi. Ma non parlò. Non c’era più nessuna traccia d’ilarità nel suo volto.

<< Qualunque cosa sia successa, uccidermi non la risolverà, la persona che hai perso non tornerà comunque in vita.>> disse Louise dopo che il silenzio si era fatto pesante. Dicendo queste parole aveva assunto uno sguardo duro e lo guardò dritto negli occhi.

Jimmy tremò da capo a piedi, un po’ per la rabbia, un po’ per il terrore, un po’ per il freddo di quella maledetta sera.

Lui tremò.

<< Ma cosa cazzo ne vuoi sapere tu? Eh? Cosa vai blaterando? Dici cose senza senso, ma te ne rendi conto? >>

<< Hai ragione, non so nulla, non so niente di te, della persona che Jack ha ucciso, della tua famiglia né della tua storia. Ma è così per tutti, la vendetta non ha mai portato a nessun fine logico. Ti svuota, ma non ti rende felice. Ti senti meglio, ma non ti ridà la persona che hai perso. Allora ricaschi nell’oblio dei sensi e tutto ritorna come prima. E’ questo che vuoi? Jimmy?>>

L’uomo sbiancò.

<< C-come fai a sapere il mio nome? M-maledetta, sei una strega, si, una strega!!>>

urlò, ormai non c’era più nulla da fare, nella sua mente si era spento il meccanismo.

Louise sorrise.

<< Un giorno mentre controllavo la posta, mi arrivò una lettera strana, che commentava la mia ultima fatica. Quel tale mi disse di chiamarsi Jimmy e che molte volte pensava esattamente le cose che io avevo scritto. In allegato c’era una poesia che mi fece tremare da capo a piedi. Mi rimase impresso l’uso appropriato del linguaggio, la melodia e le sensazioni che quelle parole ti marcavano a fuoco dentro. Ricordo perfettamente che finiva con queste parole: “ Se dall’inferno non si può fuggire, dalla vita si può morire. Meglio che niente.”, ricordo che m’innamorai di questo verso. Avrei voluto risponderti, ma davvero mi mancavano le parole, e dirti che era solamente bella avrebbe offeso quel capolavoro. Inoltre nella lettera c’era una foto e una frase. “ Salutami, se mi vedi, mia cara scrittrice.”, allora lasciati salutare, Jimmy.>>

Piangeva, perché quell’uomo tanto fragile lo stava facendo.

Ad ogni parola che pronunciava il suo volto si trasformava sempre più in una maschera di dolore e, quando finì, non poté fare a meno di abbracciarlo.

<< Tu, tu sei Louise, la scrittrice che amavo tanto, tu sei lei? Tu sei la persona che ha saputo farmi piangere, che è entrata nel mio cuore senza il mio permesso? >>

<< Si, Jimmy, sono io.>>

La pioggia iniziò a battere, come a voler amalgamare quelle due persone tanto simili da ripugnarsi a vicenda, ma tanto disperate da volersi bene senza nemmeno essersi mai viste.

Jimmy singhiozzava mentre si teneva ancorato a quella donna che aveva ammirato e stimato.

<< Mio padre,>> sussurrò.

Poi rimase in silenzio.

<< Ti ascolto.>> lo incalzò Louise.

Non voleva entrare, non voleva assolutamente che quella pioggia smettesse di battere su di loro.

<< Mio padre, abusava di me, continuamente.>>

Jimmy strinse più forte.

<< E io non riuscivo ad urlare, non riuscivo ad emettere alcun suono perché ero terrorizzato, perché non capivo, perché ero convinto che papà mi facesse quello perché voleva una femmina. Io... io non riuscivo a capire. Ma non riuscivo neanche a piangere, a sfogarmi. Non lo dissi mai a nessuno. Ma indubbiamente da quegli episodi la mia mente ne soffrì le cause. Ma non sono pazzo... non lo sono. Solo Hally mi ha creduto, mi ha accolto tra le sue braccia, mi ha salvato. Solo lei credeva che io fossi normale. Ma ora lei... ora lei è morta. E IO COSA DEVO FARE?>>

<< Vivi. Vivi per lei. Vivi al posto suo e fa tutto ciò che lei desiderava fare. Fallo in suo onore e vedrai che lei ne sarà felice...>>

Ma fu in quel momento...

...che Jimmy vide Jack spuntare dall’angolo buio della strada, trafelato dalla corsa. Allora i suoi occhi si spalancarono.

La sua follia, divampò.

La sua ragione, morì.

La sua anima, si spense.

Si staccò da Louise, la scaraventò lontano e non la guardò, poi successe tutto velocemente.

La sua pistola puntò Jack.

La sua mano premette il grilletto.

La pallottola raggiunse uno sterno. Ma non quello di Jack.

Louise era corsa in silenzio, piangendo lacrime invisibili. Non poteva permettere che Jack venisse ucciso, perché Jack era tutta la sua vita. Piuttosto preferiva morire lei.

Il dolore fu atroce, lancinante e bruciante.

Ma non era dolore ciò che provava Louise, bensì sconfitta.

Umiliazione.

Mortificazione.

Rimase tra le braccia di Jack, inerme e fragile come non lo era mai stata.

Sempre più fredda.

Sempre più gelida.

Jack la guardava stralunato, sotto completo shock. In quel buio i suoi occhi sembravano due scintille.

<< Jack, cosa c’è? Perché mi guardi così?>>

Louise sorrideva, piangeva, rideva e tremava.

<< Stai... stai diventando fredda...>> sussurrò toccandole il viso.

<< Sarà che mi sono finalmente liberata di tutto quel ghiaccio che ristorava nel mio cuore, Jack, sarà che finalmente adesso sono libera...>>

 

Jimmy urlò. Si prese la testa tra le mani e scappò via. Dopo poco si sentì uno sparo.

 

Louise chiuse gli occhi.

<< Era un brav’uomo, Jack, non avercela con lui.>>

Jack non rispose.

<< E’ un peccato, però.>> osservò Louise, sempre sorridendo.

<< Cosa?>>

<< Sta piovendo, non posso vedere se ci sono lacrime, nel tuo volto. Se avessi visto delle lacrime, avrei potuto dire che hai ripreso perfettamente le emozioni, ma non posso farlo.>>

Jack, allora, singhiozzò.

<< Non morire...>>

<< Jack, io non posso morire adesso. Non ora che ti ho ritrovato.>>

<< Lou, Lou, perché diventi ancora più fredda?>>

<< Jack, il bambino...>>

Louise tossì e sputò fuori molto sangue. Poi riprese col fiatone cercando di sorridere.

<< Questo bambino, poteva vivere. Me lo ha detto il dottore. Lo sai? Potevo essere utile, ma non lo sono stata, per l’ennesima volta...>>

<< Smettila di dirlo, smettila, smettila, smettila. Per favore...>>

Louise sorrise, per l’ultima volta.

<< Anch’io sto piangendo Jack, ma di felicità. Grazie...>>

Il gelo si intensificò, Louise non c’era più.

E nemmeno Jack.

 

  
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