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Autore: Lehal    14/11/2010    0 recensioni
Gabriel è un ragazzo più che normale con i suoi interessi e la sua vita noiosa e monotona, ma per via di forze maggiori finisce con l'immischiarsi in cose che forse sarebbe stato meglio non conoscere e che tramuteranno irriversibilmente la sua vita.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era esattamente la mia giornata si. Al dire il vero non esisteva per me una giornata si che comprendeva
l'essere sballottolato su un mezzo pubblico.Me ne stavo appallottolato sul sedile scomodo, il busto contro quello schienale
imbottito e il capo premuto contro il vetro.Non ero una persona eccessivamente vitale come quelli nei posti di dietro che ballavano per il corridoio.Ma non ero nemmeno neanche uno zombie uscito da quei film di terza categoria.Ero un pò pallido, ora come ora tendente al verde, ma era solo per il mal d'auto.
La mia vita non la si può dire delle più complicate nè delle più esaltanti.Avevo degli amici con i quali avevo formato un piccolo gruppo, non particolarmente famoso, ma stranamente stavamo iniziando a farci conoscere un pò in tutti ilicei.Era in uno di quei licei che stavamo andando.Jeremy aveva affittato un autobus, per la mia felicità , e aveva venduto i posti
anche ai nostri fan, se così si possono chiamare.Purtroppo la mia idea di andare in macchina era decisamente fallita e ora pagavo a mie spese la mia debolezza di stomaco.Il fatto che Jeremy avesse deciso a priori di andarci con l'autobus mi dava da pensare.Dopotutto mi conosceva da una vita e sapeva perfettamente del mio mal d'auto.
Eravamo come fratelli.
I nostri padri lavorano insieme in una società  informatica.
Si erano conosciuti quando mio padre era arrivato in America con me ancora in fasce.Io non sono un americano come lui, nemmeno di sangue.Sono per metà  Giapponese e per metà  italiano.Cosa assai insolita da vedere.
Mia madre, Maria, morì per darmi alla luce e mio padre, Yoshi un paio di mesi dopo, non riuscendo più a rimanere in
Italia chiese un trasferimento in America.Cosa che gli costò l'odio perenne dei miei nonni.Ho un vago ricordo di loro così come di mia madre che vidi solamente nelle foto.Fu lei però a darmi il nome che porto, o almeno così mi aveva detto mio padre.
L'arcangelo Gabriele, ripeteva mia madre indicandomi.
Tenshi Gabriel, è questo il mio nome per ironia della sorte.Nonostante questo nome prettamente divino per molti io sono di natura demoniaca.All'età  di sette anni sapevo leggere, tradurre e parlare correttamente il latino cosa che mi costò
un esorcizzazione da parte del parroco della parrocchia del luogo.Ma nonostante questo episodio si bisbigliava dietro le mie spalle da tempo.Tutto perchè senza avere una ragione precisa sapevo a priori cose che in realtà  avrei dovuto ignorare.Non ho mai capito perchè la gente avesse così paura del mio insolito dono.Jeremy era l'unico che non faceva domande sulle mie facoltà  nè su la provenienza del mio nome così singolare.Egli era stato l'unico a vedermi come una
persona normale.Solo in prima media mi chiese di non parlare di queste cose solo per farmi accettare dagli altri.Cosa che funzionò dopotutto. Tenshi Gabriel era diventato una persona molto conosciuta insieme a Jeremy.Però non comprendevo.
Perchè l'autobus?
Forse perchè qualche settimana prima gli avevo detto che avevo ricordato di nuovo qualcosa che effettivamente non dovevo e non potevo ricordare?
Al solo pensiero sentii la depressione assalirmi ancora una volta e con essa la sensazione di aver perso qualcosa di importante.Era una sensazione che mi accompagnava fin da quando ero nato.Pensavo fosse legato all'assenza di una madre. Ero fermamente convinto dei miei sensi di colpa. Dopotutto lei era morta per mettermi al mondo ed era una cosa che non mi ero mai perdonato.Ma non era solo l'assenza di mia madre.
Sentivo come se mi mancasse qualcuno in particolare.
Solo che non sapevo chi.
E tutto ciò non faceva altro che martoriarmi il cervello e deprimermi perchè mi era impossibile trovare una qualche risposta all'enigma.
- Ehi! Ne vuoi una?-
Chiese la voce di Jeremy facendomi trasalire. Alzai lo sguardo su di lui sentendo la nausea salire solo guardandolo.Era seduto all'incontrario sul sedile e mi stava offrendo un pacchetto di caramelle gommose dall'odore fortissimo.Era l'odore più dolce che avessi mai sentito, non so cosa mi trattenne dal rimettere la colazione.
- ma come fai?-
Chiesi in un fil di voce arricciando il naso disgustato. Lui chinò appena il capo di lato
- come faccio cosa?-
Chiese lui sadico con quel sorrisetto innocente. Come se non sapesse del mio malore dovuto agli scossoni dell'autobus.
- a non vomitare!-
Lui ridacchiò ritirando verso di se il pacchetto per prendere una manciata di caramelle che masticò con pazienza.Jeremy era una persona molto allegra.Era un pò massiccio, ma dubitavo avesse del grasso in corpo.Era un fascio di muscoli alto un
metro e novanta dall'aspetto di un armadio a quattro stagioni.Ogni tanto mi chiedevo come potesse stringere fra quelle manone callose la chitarra senza spezzarla in due.Doveva richiedere uno sforzo di autocontrollo enorme.
- perché non ti prendi qualcosa per il mal d'auto?-
Mi domandò con gentilezza osservandomi attentamente con i suoi occhi neri. Io mugolai appena senza rispondere poggiando il capo contro il finestrino freddo che mitigava leggermente il mio malessere sebbene i piccoli scossoni mi facevano picchiare la testa contro il vetro... davvero fastidioso.Non avevo la forza di rispondergli.Rimasi a guardare le persone al di là del vetro cercando di ignorare il fatto che se l'autobus non si sarebbe fermato entro una decina di minuti probabilmente avrei rivisto la colazione.
Fu allora che sentii il mio cuore perdere un battito.
Era una strana sensazione come se mi avessero percorso con una scossa elettrica svegliandomi con talmente tanta forza da rubarmi il respiro.
Lei era là.
Spiccava fra la folla come una statua immobile.Non avevo bisogno di chiedermelo: lei stava guardando me.
La vidi solamente per un attimo, eppure quell'attimo sembrò durare un'eternità .Nella mia mante la sua immagine venne sovrapposta da moltissime altre che si susseguivano con talmente tanta velocità e forza da non farmi notare alcun dettaglio rivelante, finchè non mi rimase impressa la figura delle sue labbra rivolte verso il basso.All’improvviso la tristezza mi invase lasciandomi andare il respiro.Era come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, come ogni volta che scavavo nei miei falsi ricordi.
- Gabriel?-
Mi chiamò con voce vibrante di rabbia e preoccupazione Jeremy.Io mi accorsi solo in quel momento che mi ero appiccicato al
finestrino premendo le mie mani contro di esso.Era bastato un battito di ciglia a far sparire quella figura fittizia.Con un sospiro mi appoggiai nuovamente al sedile.Ancora, era successo di nuovo senza che io volessi.
Per quanto mi sforzassi quei ricordi ritornavano nella mia mente senza il mio permesso.
- stai bene?-
Mi chiese avvicinandosi di più a me.Alzai lo sguardo su di lui, se si fosse sporto un altro pò si sarebbe ribaltato.Io annuii più volte prima di tornare guardare la gente fuori dal finestrino come se sperassi di rivedere quella figura ancora.Eppure al di là  del vetro vi erano solo persone indaffarate che velocemente perdevano la loro giornata fra la casa e
l'ufficio.
Feci un lieve sospiro socchiudendo gli occhi.
Mi sentivo intontito e incapace di pensare lucidamente.Stringendo appena le labbra diedi automaticamente la colpa al concerto che stava per aver luogo di lì a poco.Non ero una persona molto socievole, anzi ero piuttosto discreto e timido. Eppure Jeremy aveva ben deciso di farmi entrare nel suo gruppo come cantante e seconda chitarra.Non ero molto bravo, non
facevo altro che ripeterglielo, ma lui era felicissimo di condividere con me quella passione. Dopotutto a parte la band e il lavoro dei nostri genitori non avevamo molto in comune.Lui era il tipico giocatore di football biondo e con gli occhi neri. Le ragazze gli morivano dietro, non era particolarmente bravo a scuola e amava terribilmente divertirsi e suonare il rock.Io ero il tipico ragazzo mingherlino, il secchione della situazione con capelli sempre disordinati e occhi neri, la pelle pallida e con una discreta passione per la matematica e le scienze.
Insomma eravamo gli opposti.Tantè che molte persone andavano dicendo che lui gironzolava attorno a me solamente per i
compiti di matematica, cosa che sapevo bene non essere vera.Ma dopotutto non ero il tipo così popolare, ero solo il tipo della lezione di matematica.O almeno era così finchè un giorno Jeremy non mi portò davanti al suo gruppo. Sul momento gli altri iniziarono a lamentarsi dicendo che non volevano sottopormi al provino, che avrei rovinato solamente l'immagine del gruppo (cosa con cui io concordavo pienamente), iniziarono perfino ad insinuare che Jeremy lo facesse solamente per poter avere i miei compiti di matematica.Come se ne avesse avuto bisogno!Li copiava da me ogni mattina.Dopo quella frase
però Jeremy reagì in maniera assai insolita.Senza aggiungere altro piantò un pugno in faccia al batterista (uno ragazzo che era il doppio di me) e stranamente dopo tale episodio furono tutti più che lieti di ascoltarmi.Peccato che io non riuscivo nemmeno a parlare per la tensione.Non avrei mai voluto fare quel provino, stavo benissimo lì dove ero: lontano dalle luci della ribalta.
Però non appena mi diede la chitarra in mano qualcosa cambiò in me.Automaticamente vennero cancellate tutte le mie paure e io iniziai il provino a mia insaputa.Mi presero immediatamente nel gruppo, ma iniziarono a darmi consigli su come avrei dovuto apparire al pubblico perchè essendo io in prima fila ero la loro immagine, il biglietto da visita.E di certo non potevo presentarmi con gli abiti che ero solito utilizzare.Fu così che mi rinnovarono, per così dire, costringendomi ad utilizzare abiti che di solito avrei totalmente ignorato.La cosa più strana che mi colpì fu l'effetto che ebbe la mia entrata ella band nella mia vita sociale.Man mano che il nostro gruppo acquisiva fama le ragazze, che prima mi ignoravano, iniziarono a ronzarmi attorno con l'unico scopo di risplendere un pò sotto il riflesso di una luce che non apparteneva loro.Provavo un certo fastidio nel vedermi circondato da quelle cacciatrici di gloria, sebbene Jeremy insisteva a dirmi che
dopotutto avrei potuto anche cedere un pò alle lusinghe di coloro che non volevano starmi vicino perchè mi ritrovavano interessante ma solo perchè ero un cantante.Ma era più forte di me, non riuscivo a sopportarle.
- che cosa ha Gabriel? Si sente male?-
Chiese una voce cinguettante vicino a me.Permasi in silenzio senza rispondere consapevole che la mia carnagione al momento tendeva al verdastro.
-soffre il mal d'auto-
Rispose prontamente Jeremy. Sentivo i loro sguardo addosso, mi pungevano con insistenza come a voler richiamare la mia attenzione ma io semplicemente me ne stavo voltato dall'altra parte facendo finta che i due non esistessero, ma a quanto pare l'intero pullman non sembrava voler fare lo stesso. Ben presto mi ritrovai circondato da sguardi curiosi
- ma davvero sta male?-
- ce la farà  a cantare vero?-
Sentii una mano afferrarmi per una spalla e automaticamente feci un gran respiro profondo voltandomi verso la piccola folla che si stava accalcando attorno. Alcune ragazze mi guardavano con apprensione, ma fra tutti spiccava il volto sornione di
Jeremy che fingeva più preoccupazione del dovuto.
- va tutto bene... è solo un pò di ... -
Non feci in tempo a finire la frase che l'autobus virò bruscamente per via di una pericolosissima curva.Temetti di non poter più contenere l'impulso di rilasciare la mia colazione che stava facendo a pugni con il mio stomaco
- ah! Non si sente bene!-
Esclamò una voce femminile e prima ancora di comprendere cosa stava succedendo delle braccia andarono a stringermi il capo
spingendolo contro qualcosa di morbido.Ero troppo confuso per comprendere cosa era successo.Sentivo solo terribilmente caldo e l'aria stava iniziando a scarseggiare.Sentii fra i vari borbottii la risata soffocata di Jeremy e in quel momento compresi contro cosa mi era stata premuta la faccia.
Automaticamente cercai di divincolarmi
- non riesco a respirare!-
Esclamai spingendo via la ragazza dai lunghi capelli neri che mi guardò con rammarico ... quel movimento stava diminuendo di gran lunga il mio limite di sopportazione.
- Gabriel?come va?-
Domandò preoccupato Jeremy facendo mettere da parte la ragazza senza tanto sforzo. Io feci una smorfia alzando lo sguardo
verso il tettuccio dell'autobus
- fa che arriviamo al più presto-
Borbottai fra le risate generali.


Voci si diffondevano per la piccola palestra sovraffollata. Grida risa e il continuo suono dei vari strumenti che venivano accordati. Avevano spento tutte le luci principali lasciandone quelle di scena che ancor non rischiavano il palco dove io mi muovevo nervoso. Era sempre così alla vigilia di un concerto ... calpestai con forza il compensato sotto ai miei piedi
prima di voltarmi nervoso in direzione di Jeremy che nella semioscurità  mi sorrise sollevando lo sguardo sulla sua chitarra che stava cercando di accordare.Cercai di rilassarmi ma sentendo quella confusione elettrizzata mi sentii semplicemente peggio.Strinsi appena le labbra.
- ci sei Gabriel?-
Mi chiese il batterista impaziente.Ingoiai a vuoto abbassando lo sguardo sulla folla senza volti.
- si -
 Borbottai chiudendo la mano sul microfono così che la mia voce non venisse amplificata. Mi sentivo come un animale in gabbia... chissà  se potevo ancora scappare
- senti ancora nausea?-
Chiese il bassista di certo preoccupato all'idea che potessi rimettere il pranzo piuttosto che cantare.
Sbuffai appena
-tranquillo ce la faccio-
Gli risposi. Finchè non mi trovavo su un autobus stavo bene quindi non rischiavo di fare pasticci, almeno in quel senso.Feci un respiro profondo stringendo il microfono.La solita strana sensazione mi stava intorpidendo lasciando
scivolar via la paura. Fu in quel momento che mi accorsi che una figura tra la folla.Una figura che mi guardava con più intensità  degli altri.Il mio istinto era quello di saltare giù dal palco per andar lei incontro, ma al mio orecchio giunsero le prime note del pezzo che dovevamo suonare.Strinsi con più forza il microfono.Quella sensazione era sparita. Sollevai lo sguardo e quella presenza sembrava non esserci mai stata. Ingoiai a vuoto concentrandomi sulle battute della
musica.
Stava per arrivare la mia parte.
Strinsi il microfono liberando l'amplificatore dalle mie dita.Socchiusi le labbra inspirando e automaticamente la mia voce si unù alla musica.La mia mentre si estraniò del tutto dal mondo che mi circondava. Non mi rendevo conto di quello che stava succedendo. C'ero solo io e quella musica che premeva contro le mie orecchie.Non mi accorsi neppure che ero io a cantare. La melodia sembrava aver preso vita propria crescendo ed espandendosi nell'aria come una creatura serpentina. Poi nella melodia avvertì una nota stonata.
Qualcuno aveva sbagliato.
Era qualcosa di minimo, una nota su un milione però me ne accorsi immediatamente e non potei fare a meno di chiedermi che cosa fosse successo.Lanciai un occhiata alle mie spalle.Gli altri mi guardavano con aria decisamente smarrita come se non stessimo più suonando la stessa canzone. Eppure io non compresi subito cosa c'era che non andava. Forse perchè io traducevo direttamente le parole. La mia voce stava formulando la canzone in latino.Certo per qualche assurda ragione la melodia non era affatto cambiata, ma era più che chiaro che quella lingua era sconosciuta a molti.Provai a pensare a come tornare al testo originale ma non ci riuscii.Era come se qualcun altro si fosse impadronito del mio corpo.Ebbi la sensazione che anche volendo non avrei potuto cambiare il corso degli eventi.Sentii su di me lo sguardo furente di Jeremy e terrorizzato non osai voltarmi verso di egli almeno finchè il concerto non fu finito.
Come c'era da aspettarsi una volta ritirati al sicuro dalle luci del palco gli altri membri del gruppo esigerono delle
spiegazioni che non sapevo dare loro.
Rimasi in silenzio tutto il tempo mentre loro mi tartassavano di domande sperando in una risposta che era sconosciuta anche a me. Ma più di tutte temevo la reazione di Jeremy. Avevo l'impressione che si stesse trattenendo dall'assalirmi mentre mi fissava senza dire una sola parola. Poi quando al mio ennesimo "non lo so" vidi il batterista che era pronto per colpirmi con le bacchette qualcosa cambiò nella sua aria truce.
- Ormai il danno è fatto-
Disse con quella sua aria severa quasi come se mi stesse lanciando una frecciatina che io non colsi.
- Temo che dovrai scrivere i testi sia in inglese che in... -
Aggrottò le sopracciglia come a volermi chiedere silenziosamente un aiuto.Non era mai stato un granchè bravo con le lingue morte. Io sospira rassegnato ormai all'andare al patibolo
- latino ...-
Borbottai come se avessi commesso chissà  quale reato.
- in latino... a quanto pare piace parecchio... -
Scrollò le spalle come se la cosa non lo toccasse minimamente e semplicemente si voltò lasciandomi là incapace di intendere e di volere.Gli altri sembrarono rilassarsi tant'è che non avvertii più i loro sguardi accusatori, anzi, sembrarono accettare di buon grado il cambiamento improvviso della lingua dei testi... a quanto pare finchè eravamo considerati popolari, loro non temevano alcun cambiamento.Ero l'unico realmente turbato da quello che avevo fatto.
L'essere non riuscito a tornare a parlare in inglese mi aveva lasciato sgomento. Era come se qualcun altro avesse fatto uso del mio corpo impedendomi di fare quello che volevo.Iniziavo realmente ad avere paura di quella seconda coscienza, con i suoi ricordi e le sue informazioni che mi riempivano la testa.Se avessi potuto me ne sarei sbarazzato facilmente.Solo che per quanto mi sforzassi essa continuava a chiamarmi distraendomi dalla realtà  che mi circondava
- Gabriel sei pronto ad andare?-
Mi domandò il pianista dopo quelle che a me parvero ore.Non ebbi la forza di rispondergli nè tanto meno di sollevare lo sguardo verso di lui.
Rimasi in silenzio.
Dopotutto non sapevo nemmeno io se ero pronto ad andare, non ero sicuro di avere il pieno controllo del mio corpo
- lascialo stare! Sarà sottoshock per il doppio lavoro che gli toccherà fare per questo scherzetto-
Rispose il batterista andandomi a scombinare i capelli.Sentii la sua mano ma non gli diedi loro molta retta.Ero preso dai miei problemi che di certo non si fermavano semplicemente a qualche testo in più da scrivere.Dopotutto non potevano comprendere la mia attuale paura. Una paura che mi assediava da quando ero nato.
- Gabriel?-
Mi chiamò Jeremy dopo quella che a me sembrò un eternità. Sollevai lo sguardo su quella figura che conoscevo bene.Ci fissammo per qualche secondo.Non dissi una sola parola mentre lui sembrava indeciso sul da farsi, come se avesse letto qualcosa nel mio sguardo che lo aveva fatto preoccupare.Riuscivo a vedere distintamente una leggera linea in mezzo alle sue
 sopracciglia.Stava pensando a qualcosa.Aprì bocca pronto esprimere quel pensiero.
- Jeremy! Vieni a darci una mano!-
Inutile... non riuscì a parlare.Scosse il capo portando una mano sulla mia spalla.
- ne parliamo dopo-
 Parlare di cosa? Aggrottai le sopracciglia osservandolo andare via senza capire.La porta si chiuse alle sue spalle.Ero rimasto solo.Non potevo fare a meno di chiedermi cosa mai mi avrebbe voluto dire Jeremy, se in un certo senso era legato alla canzone che avevo palesemente sbagliato.Mi portai una mano sul volto nascondendo una smorfia.Ancora, di nuovo quella sensazione.Era come se mi stessi scordando qualcosa che mi martellava la mente con insistenza. Però non riuscivo a comprendere.Cosa mi stavo dimenticando? E perchè?Era come cercare di andare contro la natura stessa della mia mente, costringerla a rivoluzionarla e io non ero così sicuro di voler cambiare.La mia coscienza mi metteva allerta, mi teneva lontano da quei ricordi che lottavano contro di me.
Improvvisamente quella voce mi entrò di prepotenza nella testa facendomi trasalire.Era una voce morbida e delicata che mi assalì con uno strano senso di nostalgia.Automaticamente sollevai il capo cercando la proprietaria di tale voce. Ma all'interno di quella stanza c'ero solo io. La mia immaginazione lavorava troppo.Sospirando mi alzai in piedi recuperando
la giacca che mi buttai sulle spalle.Per sicurezza controllai che non mi stessi dimenticando nulla.
Tutto apposto.
Dovevo solamente uscire.
Mi strinsi nelle spalle avviandomi verso l'uscio. Solo la mia immaginazione, mi ripetevo, allora perchè avevo quella strana
sensazione di inquietudine? Mi incamminai per i corridoi completamente bui, avevano già spento tutte le luci. Stavano per chiudere l'edificio. Strinsi le labbra cercando di non farmi suggestionare dal buio.Ero da solo in un edificio scolastico privo di luce... perfetta ambientazione per un film horror. Un brivido mi scese lungo la schiena e automaticamente scossi il capo decidendo che non era il caso rimuginarci sopra ancora per molto. Decisi di concentrarmi su i miei passi che venivano amplificati dall'edificio vuoto rimbalzando da parete a parete. Uno, due, tre... Aggrottai le sopracciglia nel sentire altri passi provenire alle mie spalle. Feci un respiro profondo, ma no... era solo l'eco. Mi fermai solamente per convincermi della cosa.
Ascoltai con più attenzione. Un brivido di freddo scese lungo la mia schiena.
Sentivo dei passi ma io ero ancora fermo, non mi ero mosso.Ingoiai a vuoto sentendo il panico diffondersi lungo il mio
corpo.Che stupido! sicuramente si trattava di qualche ritardatario.Ripresi a camminare aumentando la falcata avviandomi verso l'uscita di servizio.Chiunque era rimasto indietro avrebbe svoltato a sinistra smettendo così di seguirmi no? Voltai rapidamente sentendo il cuore martellarmi in petto.
Attesi.
I passi mi seguivano.
Non avevo il coraggio di voltarmi indietro.Volevo semplicemente ignorarli.Mi avviai quasi correndo in direzione della porta a vetri che si palesava alla fine del corridoio.Non avevo mai desiderato tanto di risalire sul pullman.Jeremy... dovevo tornare da lui, dovevo tornare dagli altri. La mia immaginazione stava iniziando a giocarmi brutti scherzi.A quanto pare al peggio non vi era mai fine.
I passi non desistevano. Mi seguivano senza rallentare nè aumentare l'andatura, come se fosse certo di potermi raggiungere da un momento all'altro.Dovevo smetterla di rimanere indietro in posti del genere!
Poi la vidi.
Dinnanzi alla porta vi era una figura morbida ed aggraziata, ma data l'oscurità  del luogo mi era impossibile distinguere altro oltre la sagoma.I passi dietro di me si fecero più veloci, come se quella improvvisa comparsa avesse in qualche modo interferito con i suoi piani.
Il mio cuore ebbe un fremito mentre mi costrinsi a correre.
Avevo l'impressione che sarebbe stato inutile.
Che quei passi mi avrebbero raggiunto.
E allora sarebbe stata la fine per me.
Portai le mani avanti andando a stringere la maniglia antipanico che con uno strattone feci abbassare.La porta si
spalancò e la figura iniziò a correre sotto la pioggia.
Non andava veloce, sembrava quasi invitarmi a seguirla.Corsi con tutta la forza che avevo in corpo.Sentivo il mio petto bruciare mentre il mio respiro rimaneva mozzato in gola per via di quell'aria gelida che ingoiavo avidamente.Era come cercare di ingoiare una manciata di spilli.
Davvero una sensazione sgradevole.
L'acqua mi sferzava il volto impedendomi di comprendere cosa stava succedendo.Non sentivo altro se non il rumore  della pioggia premermi contro le orecchie.La giacca mi cadde dalle spalle.Non osai voltarmi indietro a prenderla.Continuai ad avanzare avvicinandomi pericolosamente ad una rete metallica.
La figura sparì. Io impattai contro la recinzione. Le mie dita afferrarono i fili metallici che componevano la rete per ammortizzare la brusca frenata.
Il mio fiato rimase in gola.
Non riuscivo a muovere un muscolo.
Ero in trappola.
Sgranai gli occhi.I passi erano sempre più vicini.Ma erano diversi da prima erano più scostanti come se fosse in corsa verso di me.
- Gabriel!-
Urlò la voce di Jeremy.Non mi mossi.Ero rimasto paralizzato là.Nonostante stessi urlando al mio corpo di muoversi non  riuscivo a staccarmi dalla rete.Cosa stava succedendo?
- Gabriel, vieni via da lì!-
La sua voce era allarmata sembrava quasi un ringhio feroce. Era chiaro che non era stato lui a seguirmi. Mi avrebbe
chiamato, non avrebbe aspettato che mi venisse una tachicardia.Il mio cervello era in palese confusione.Non riuscivo a capire.
Avevo paura, una paura tremenda, ma allo stesso tempo avevo la sensazione di aver perso qualcosa.Dentro di me sentivo qualcosa andare in frantumi.Non seppi il perchè ma era come se una parte di me fosse morta. Sentivo unafitta lancinante al petto mentre crollavo sull'asfalto strisciando dolorosamente le dita contro la rete metallica.Sentii i miei pantaloni
inzupparsi con l'acqua ma non mi mossi incapace di tornare al mondo reale.
Delle mani mi afferrarono sollevandomi.
- non ti preoccupare, è tutto finito-
  
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