Gabriel è un ragazzo più che normale con i suoi interessi e la sua vita noiosa e monotona, ma per via di forze maggiori finisce con l'immischiarsi in cose che forse sarebbe stato meglio non conoscere e che tramuteranno irriversibilmente la sua vita.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Voci si diffondevano per la piccola palestra sovraffollata. Grida risa e il continuo suono dei vari strumenti che venivano accordati. Avevano spento tutte le luci principali lasciandone quelle di scena che ancor non rischiavano il palco dove io mi muovevo nervoso. Era sempre così alla vigilia di un concerto ... calpestai con forza il compensato sotto ai miei piedi
prima di voltarmi nervoso in direzione di Jeremy che nella semioscurità mi sorrise sollevando lo sguardo sulla sua chitarra che stava cercando di accordare.Cercai di rilassarmi ma sentendo quella confusione elettrizzata mi sentii semplicemente peggio.Strinsi appena le labbra.
- ci sei Gabriel?-
Mi chiese il batterista impaziente.Ingoiai a vuoto abbassando lo sguardo sulla folla senza volti.
- si -
Borbottai chiudendo la mano sul microfono così che la mia voce non venisse amplificata. Mi sentivo come un animale in gabbia... chissà se potevo ancora scappare
- senti ancora nausea?-
Chiese il bassista di certo preoccupato all'idea che potessi rimettere il pranzo piuttosto che cantare.
Sbuffai appena
-tranquillo ce la faccio-
Gli risposi. Finchè non mi trovavo su un autobus stavo bene quindi non rischiavo di fare pasticci, almeno in quel senso.Feci un respiro profondo stringendo il microfono.La solita strana sensazione mi stava intorpidendo lasciando
scivolar via la paura. Fu in quel momento che mi accorsi che una figura tra la folla.Una figura che mi guardava con più intensità degli altri.Il mio istinto era quello di saltare giù dal palco per andar lei incontro, ma al mio orecchio giunsero le prime note del pezzo che dovevamo suonare.Strinsi con più forza il microfono.Quella sensazione era sparita. Sollevai lo sguardo e quella presenza sembrava non esserci mai stata. Ingoiai a vuoto concentrandomi sulle battute della
musica.
Stava per arrivare la mia parte.
Strinsi il microfono liberando l'amplificatore dalle mie dita.Socchiusi le labbra inspirando e automaticamente la mia voce si unù alla musica.La mia mentre si estraniò del tutto dal mondo che mi circondava. Non mi rendevo conto di quello che stava succedendo. C'ero solo io e quella musica che premeva contro le mie orecchie.Non mi accorsi neppure che ero io a cantare. La melodia sembrava aver preso vita propria crescendo ed espandendosi nell'aria come una creatura serpentina. Poi nella melodia avvertì una nota stonata.
Qualcuno aveva sbagliato.
Era qualcosa di minimo, una nota su un milione però me ne accorsi immediatamente e non potei fare a meno di chiedermi che cosa fosse successo.Lanciai un occhiata alle mie spalle.Gli altri mi guardavano con aria decisamente smarrita come se non stessimo più suonando la stessa canzone. Eppure io non compresi subito cosa c'era che non andava. Forse perchè io traducevo direttamente le parole. La mia voce stava formulando la canzone in latino.Certo per qualche assurda ragione la melodia non era affatto cambiata, ma era più che chiaro che quella lingua era sconosciuta a molti.Provai a pensare a come tornare al testo originale ma non ci riuscii.Era come se qualcun altro si fosse impadronito del mio corpo.Ebbi la sensazione che anche volendo non avrei potuto cambiare il corso degli eventi.Sentii su di me lo sguardo furente di Jeremy e terrorizzato non osai voltarmi verso di egli almeno finchè il concerto non fu finito.
Come c'era da aspettarsi una volta ritirati al sicuro dalle luci del palco gli altri membri del gruppo esigerono delle
spiegazioni che non sapevo dare loro.
Rimasi in silenzio tutto il tempo mentre loro mi tartassavano di domande sperando in una risposta che era sconosciuta anche a me. Ma più di tutte temevo la reazione di Jeremy. Avevo l'impressione che si stesse trattenendo dall'assalirmi mentre mi fissava senza dire una sola parola. Poi quando al mio ennesimo "non lo so" vidi il batterista che era pronto per colpirmi con le bacchette qualcosa cambiò nella sua aria truce.
- Ormai il danno è fatto-
Disse con quella sua aria severa quasi come se mi stesse lanciando una frecciatina che io non colsi.
- Temo che dovrai scrivere i testi sia in inglese che in... -
Aggrottò le sopracciglia come a volermi chiedere silenziosamente un aiuto.Non era mai stato un granchè bravo con le lingue morte. Io sospira rassegnato ormai all'andare al patibolo
- latino ...-
Borbottai come se avessi commesso chissà quale reato.
- in latino... a quanto pare piace parecchio... -
Scrollò le spalle come se la cosa non lo toccasse minimamente e semplicemente si voltò lasciandomi là incapace di intendere e di volere.Gli altri sembrarono rilassarsi tant'è che non avvertii più i loro sguardi accusatori, anzi, sembrarono accettare di buon grado il cambiamento improvviso della lingua dei testi... a quanto pare finchè eravamo considerati popolari, loro non temevano alcun cambiamento.Ero l'unico realmente turbato da quello che avevo fatto.
L'essere non riuscito a tornare a parlare in inglese mi aveva lasciato sgomento. Era come se qualcun altro avesse fatto uso del mio corpo impedendomi di fare quello che volevo.Iniziavo realmente ad avere paura di quella seconda coscienza, con i suoi ricordi e le sue informazioni che mi riempivano la testa.Se avessi potuto me ne sarei sbarazzato facilmente.Solo che per quanto mi sforzassi essa continuava a chiamarmi distraendomi dalla realtà che mi circondava
- Gabriel sei pronto ad andare?-
Mi domandò il pianista dopo quelle che a me parvero ore.Non ebbi la forza di rispondergli nè tanto meno di sollevare lo sguardo verso di lui.
Rimasi in silenzio.
Dopotutto non sapevo nemmeno io se ero pronto ad andare, non ero sicuro di avere il pieno controllo del mio corpo
- lascialo stare! Sarà sottoshock per il doppio lavoro che gli toccherà fare per questo scherzetto-
Rispose il batterista andandomi a scombinare i capelli.Sentii la sua mano ma non gli diedi loro molta retta.Ero preso dai miei problemi che di certo non si fermavano semplicemente a qualche testo in più da scrivere.Dopotutto non potevano comprendere la mia attuale paura. Una paura che mi assediava da quando ero nato.
- Gabriel?-
Mi chiamò Jeremy dopo quella che a me sembrò un eternità. Sollevai lo sguardo su quella figura che conoscevo bene.Ci fissammo per qualche secondo.Non dissi una sola parola mentre lui sembrava indeciso sul da farsi, come se avesse letto qualcosa nel mio sguardo che lo aveva fatto preoccupare.Riuscivo a vedere distintamente una leggera linea in mezzo alle sue
sopracciglia.Stava pensando a qualcosa.Aprì bocca pronto esprimere quel pensiero.
- Jeremy! Vieni a darci una mano!-
Inutile... non riuscì a parlare.Scosse il capo portando una mano sulla mia spalla.
- ne parliamo dopo-
Parlare di cosa? Aggrottai le sopracciglia osservandolo andare via senza capire.La porta si chiuse alle sue spalle.Ero rimasto solo.Non potevo fare a meno di chiedermi cosa mai mi avrebbe voluto dire Jeremy, se in un certo senso era legato alla canzone che avevo palesemente sbagliato.Mi portai una mano sul volto nascondendo una smorfia.Ancora, di nuovo quella sensazione.Era come se mi stessi scordando qualcosa che mi martellava la mente con insistenza. Però non riuscivo a comprendere.Cosa mi stavo dimenticando? E perchè?Era come cercare di andare contro la natura stessa della mia mente, costringerla a rivoluzionarla e io non ero così sicuro di voler cambiare.La mia coscienza mi metteva allerta, mi teneva lontano da quei ricordi che lottavano contro di me.
Improvvisamente quella voce mi entrò di prepotenza nella testa facendomi trasalire.Era una voce morbida e delicata che mi assalì con uno strano senso di nostalgia.Automaticamente sollevai il capo cercando la proprietaria di tale voce. Ma all'interno di quella stanza c'ero solo io. La mia immaginazione lavorava troppo.Sospirando mi alzai in piedi recuperando
la giacca che mi buttai sulle spalle.Per sicurezza controllai che non mi stessi dimenticando nulla.
Tutto apposto.
Dovevo solamente uscire.
Mi strinsi nelle spalle avviandomi verso l'uscio. Solo la mia immaginazione, mi ripetevo, allora perchè avevo quella strana
sensazione di inquietudine? Mi incamminai per i corridoi completamente bui, avevano già spento tutte le luci. Stavano per chiudere l'edificio. Strinsi le labbra cercando di non farmi suggestionare dal buio.Ero da solo in un edificio scolastico privo di luce... perfetta ambientazione per un film horror. Un brivido mi scese lungo la schiena e automaticamente scossi il capo decidendo che non era il caso rimuginarci sopra ancora per molto. Decisi di concentrarmi su i miei passi che venivano amplificati dall'edificio vuoto rimbalzando da parete a parete. Uno, due, tre... Aggrottai le sopracciglia nel sentire altri passi provenire alle mie spalle. Feci un respiro profondo, ma no... era solo l'eco. Mi fermai solamente per convincermi della cosa.
Ascoltai con più attenzione. Un brivido di freddo scese lungo la mia schiena.
Sentivo dei passi ma io ero ancora fermo, non mi ero mosso.Ingoiai a vuoto sentendo il panico diffondersi lungo il mio
corpo.Che stupido! sicuramente si trattava di qualche ritardatario.Ripresi a camminare aumentando la falcata avviandomi verso l'uscita di servizio.Chiunque era rimasto indietro avrebbe svoltato a sinistra smettendo così di seguirmi no? Voltai rapidamente sentendo il cuore martellarmi in petto.
Attesi.
I passi mi seguivano.
Non avevo il coraggio di voltarmi indietro.Volevo semplicemente ignorarli.Mi avviai quasi correndo in direzione della porta a vetri che si palesava alla fine del corridoio.Non avevo mai desiderato tanto di risalire sul pullman.Jeremy... dovevo tornare da lui, dovevo tornare dagli altri. La mia immaginazione stava iniziando a giocarmi brutti scherzi.A quanto pare al peggio non vi era mai fine.
I passi non desistevano. Mi seguivano senza rallentare nè aumentare l'andatura, come se fosse certo di potermi raggiungere da un momento all'altro.Dovevo smetterla di rimanere indietro in posti del genere!
Poi la vidi.
Dinnanzi alla porta vi era una figura morbida ed aggraziata, ma data l'oscurità del luogo mi era impossibile distinguere altro oltre la sagoma.I passi dietro di me si fecero più veloci, come se quella improvvisa comparsa avesse in qualche modo interferito con i suoi piani.
Il mio cuore ebbe un fremito mentre mi costrinsi a correre.
Avevo l'impressione che sarebbe stato inutile.
Che quei passi mi avrebbero raggiunto.
E allora sarebbe stata la fine per me.
Portai le mani avanti andando a stringere la maniglia antipanico che con uno strattone feci abbassare.La porta si
spalancò e la figura iniziò a correre sotto la pioggia.
Non andava veloce, sembrava quasi invitarmi a seguirla.Corsi con tutta la forza che avevo in corpo.Sentivo il mio petto bruciare mentre il mio respiro rimaneva mozzato in gola per via di quell'aria gelida che ingoiavo avidamente.Era come cercare di ingoiare una manciata di spilli.
Davvero una sensazione sgradevole.
L'acqua mi sferzava il volto impedendomi di comprendere cosa stava succedendo.Non sentivo altro se non il rumore della pioggia premermi contro le orecchie.La giacca mi cadde dalle spalle.Non osai voltarmi indietro a prenderla.Continuai ad avanzare avvicinandomi pericolosamente ad una rete metallica.
La figura sparì. Io impattai contro la recinzione. Le mie dita afferrarono i fili metallici che componevano la rete per ammortizzare la brusca frenata.
Il mio fiato rimase in gola.
Non riuscivo a muovere un muscolo.
Ero in trappola.
Sgranai gli occhi.I passi erano sempre più vicini.Ma erano diversi da prima erano più scostanti come se fosse in corsa verso di me.
- Gabriel!-
Urlò la voce di Jeremy.Non mi mossi.Ero rimasto paralizzato là.Nonostante stessi urlando al mio corpo di muoversi non riuscivo a staccarmi dalla rete.Cosa stava succedendo?
- Gabriel, vieni via da lì!-
La sua voce era allarmata sembrava quasi un ringhio feroce. Era chiaro che non era stato lui a seguirmi. Mi avrebbe
chiamato, non avrebbe aspettato che mi venisse una tachicardia.Il mio cervello era in palese confusione.Non riuscivo a capire.
Avevo paura, una paura tremenda, ma allo stesso tempo avevo la sensazione di aver perso qualcosa.Dentro di me sentivo qualcosa andare in frantumi.Non seppi il perchè ma era come se una parte di me fosse morta. Sentivo unafitta lancinante al petto mentre crollavo sull'asfalto strisciando dolorosamente le dita contro la rete metallica.Sentii i miei pantaloni
inzupparsi con l'acqua ma non mi mossi incapace di tornare al mondo reale.
Delle mani mi afferrarono sollevandomi.
- non ti preoccupare, è tutto finito-