Qualcosa era successo alla notte. Il cielo indaco cosparso di stelle, all’improvviso era diventato nero come la pece e privo di luci: le stelle, la luna, i lampioni nebulosi ai due capi del vicolo erano scomparsi. Il lontano rombo delle auto e il vento che ululava erano scomparsi. Il mondo si era ovattato e lui, Dudley, sentiva di essere rinchiuso in una bolla insieme a quel deficiente di Potter.
Che cavolo stava succedendo?
La voce gli si strozzò in gola e riuscì ad emettere in un sibilo terrorizzato solo questo, balbettando:”C..che cavolo s..stai fac…facendo? Sm…smettila subito!”
“Non sto facendo niente! Adesso taci e stai fermo” gli rispose sprezzante
Come al solito lo trattava come un demente e questo lo faceva imbufalire come una bestia. Non era stupido, insomma!
“N…non ci vedo! E n..non ci sento! Sono diventato cieco e sordo ed è sicuramente colpa tua! Smett…”
“Stai zitto ti ho detto!” lo sgridò furioso Harry, serissimo
Un qualcosa dentro di lui gli disse di obbedire, perché quella volta non era uno dei suoi stupidi scherzi con quel bastoncino di legno. Chiamalo istinto di sopravvivenza se vuoi.
Il freddo era così intenso che lo intirizziva fin dentro le ossa, oltrepassando senza nessuno sforzo la maglietta più grande di lui di diverse taglie che aveva addosso, e il suo spesso strato di muscoli-grasso. Si ritrovò a tremare come una foglia, con i peli delle braccia tutti ritti. Si sfregò più volte le mani sugli arti e si guardò intorno, cercando di scorgere qualcosa, qualunque cosa, gli suggerisse che tutto ciò non era reale. Era fin troppo inquietante ed il suo sguardo vacuo vagava, senza incappare in niente.
Il cugino borbottò alcune parole a bassa voce e la bacchetta gli si illuminò di una calda e confortante, fievole lucina. Sospirò di sollievo e alzando lo sguardo sul suo volto notò che era a dir poco terrorizzato e sembrava in attesa di qualcosa, con gli occhi sgranati all’inverosimile e tutti i sensi all’erta.
“Lo d..dirò a papà! Stanne certo! E poi c..che stai fac..” cercò di suonare convinto e minaccioso, ma sembrava più la vaga imitazione di un pigolare di un pulcino spaurito
“Zitto, per favore! Sto cercando di sent…” gli sibilò rabbioso e all’improvviso tacque, fissando un punto imprecisato davanti a se, dietro Dudley, a cui aveva rivolto il volto
Una vaga consapevolezza e rassegnazione aleggiava sul suo volto e Dudley cercò nuovamente di parlare e di imporsi, detestava non sapere le cose e non capirle, soprattutto. Lui era Big D! E tutti gli dovevano portare rispetto.
“P..piantala! Ti giuro che ti do un cazzotto se non l…lo fai!”
“Dudley, chiudi quella raz..” disse Harry in fretta, agitato
D’improvviso non ci vide più dalla rabbia e con tutta la forza che aveva, caricò il braccio all’indietro e gli sferrò un pugno in pieno stomaco. Lui si piegò e la bacchetta rotolò a terra, mentre la lucina si allontanava, affievolendosi.
“Ma che sei scemo?!” gli urlò contro suo cugino, con il fiato ancora affannoso, cercando a tentoni di recuperare la bacchetta
Dudley gli aveva appena sferrato un pugno in pieno stomaco, a proposito un gran bel pugno, e quel deficiente cercava la bacchetta invece di dargli ragione e piegarsi ad implorare pietà e a finirla con quello stupido scherzo?
Bah…
Basta, era stanco di quella situazione e a casa sarebbe andato diretto a dire tutto a papà. Oh, si. Stavolta si che quel deficiente sarebbe finito in guai grossi. Già con il sapore della vittoria in bocca, avanzò a tentoni con le braccia in avanti per evitare di sbattere e, all’improvviso, un freddo ancora più prorompente di quello presente nel vicolo gli gelò tutto ciò che di caldo gli era rimasto in corpo, mentre un sudore umidiccio e freddo gli faceva incollare la maglietta e i capelli alla pelle. Avanzò ancora, con la voglia di raggiungere il più in fretta possibile casa e, ad ogni passo nel buio, un groppo gli si andava formando ed ingrandendo sempre più in gola.
“Ch..che succ..succede” borbottò affannosamente, mentre un senso di angoscia gli opprimeva il petto e vecchi ricordi, ormai sepolti e dimenticati in fondo alla mente, emergevano e lo sommergevano al ritmo di un lungo respiro roco spezzato.
“…Era bambino, nel
cortile della scuola, e si abbuffava tranquillamente del suo panino con triplo
condimento e doppie salse.
“Ehi ciccio! Da qua il
panino!” una voce derisoria lo fece alzare di scatto la testa, mentre masticava
tranquillamente la sua merenda
“Perché mi chiami
così?” gli chiese innocentemente
Un gruppetto di
quattro ragazzi muscolosi gli rise in faccia e colui che aveva parlato gli
rispose:”Certo che tutto quel grasso deve averti anche soffocato quel poco di
cervello che avevi. Ma non ci arrivi al collegamento? Ciccione”
Altra risata
derisoria, mentre gli altri gli levavano il panino dalle mani, buttandoglielo
per terra.
Dudley sentì gli occhi
inumidirsi di lacrime e balbettò:”L..la mia mamma dice che sono bello così e
che questa è l..la fase d..della crescita”
“Classica frase che si
dice al figlio grasso e ciccione. Abituati ciccio!” ribattè perfidamente il
capo della mini gang e Dudley abbassò il capo, osservando distrattamente il
panino per terra e tutto il condimento sparso tra la polvere e la terra.
“Che c’è? Hai ancora
fame? Ma guardatelo il piccolo come se lo mangia con gli occhi la sua merenda”
berciò all’improvviso uno rimasto nelle retrovie
Il capo si ritrovò
d’accordo con lui e mentre gli altri sghignazzavano buttò a terra il povero
Dudley con uno spintone, obbligandolo a restare inginocchiato, con la bocca ad
un millimetro del panino, mentre lui cominciava a singhiozzare
“Mangia ciccio! Su! E
poi ce ne andremo, per oggi. Prometto” gli promise il capo, sussurrando queste
parole all’orecchio e Dudley si ritrovò ad obbedire, umiliato mentre in bocca
gli si mischiava il sapore del pane, della terra, quello salato delle lacrime, della maionese, della terra e della vergogna.
Al ritmo delle risate
de bulli…”
Dudley respirò più affannosamente a quel ricordo uscito fuori all’improvviso da chissà dove. Aveva cercato in tutti i modi di dimenticare gli insulti che i compagni gli rivolgevano a scuola, diventando lui stesso artefice di quegli scherzi, ma evidentemente non era riuscito a sotterrare per bene tutto.
Avanzò barcollando sempre di più, mentre un gelo ancora peggiore del precedente gli inondava le membra, facendogli sbattere i denti.
Altro respiro spezzato, ulteriore ricordo…
“…Rieccolo alla festa
dei suoi 12 anni. I suoi genitori gli avevano organizzato un mega party e lui,
con gli occhietti che gli brillavano dalla gioia, guardava la torta piena di
glassa e di cioccolato che troneggiava sul tavolo, vicino alla piccola montagna
di regali che aveva ricevuto da suoi compagni e parenti.
“Bravo didino! Come sono
orgogliosa di te!” disse la mamma felice, donandogli un abbraccio stritolatore
e una miriade di baci sulla faccia, lasciando qualche segno di rossetto al suo
passaggio.
Lui le sorrise felice e
dietro di lei vide la solita gang di bulletti, presenti su invito della mamma
che aveva fatto venire più o meno tutta la scuola, fare segno di vomitare e
indicarlo con il dito facendo sghignazzare tutti gli invitati, a quella scena.
Il piccolo Dudley si
ritrovò gli occhietti inumiditi da una nuova vergogna e spinse via malamente la
sua mamma, l’unica veramente buona con lui, e le ordinò di far sparire via
tutti i parenti perché si sentiva ormai abbastanza grande per fare una festa
senza adulti.
Lei acconsentì un po’
delusa e dopo che tutti i grandi furono spariti i bulletti si ritrovarono a
dirigere la festa, umiliandolo ancora di più e facendo fare un coro apposta per
lui che tutti gli altri, come le pecore intonarono, insultandolo ancora e
divertendosi un mondo quando lo videro scappare con le lacrime che gli rigavano
le guancie…”
Scosse la testa furiosamente e un dolore sordo nel petto lo avvertì che non ce la faceva più a camminare e si accucciò per terra, cullato dal ritmo e da un sinistro conforto che proveniva da qualche parte davanti a lui, mentre un altro ricordo emergeva dalla sua testa…
“…Sempre nel cortile
della scuola, durante la ricreazione, Dudley era insieme ad una ragazzina con
una lunga coda bionda e delle sbarazzine lentiggini intorno al naso.
“Ehm.. Claire v..vuoi…
posso darti un bac..bacetto?” domandò tutto rosso, guardandola di sottecchi
Lei rimase muta e lui,
prendendolo come un permesso gli si avvicinò, arricciando le labbra e
socchiudendo gli occhi.
“Ma che sei scemo?! Io
non mi faccio mica baciare da ciccio il ciccione! Vattene via!” strillò
scandalizzata, facendo voltare almeno mezza scuola nella loro direzione
Lui arrossì ancora di
più e stavolta le lacrime gli rigarono direttamente le guancie, senza neanche
chiedergli il permesso.
“Vai a sbaciucchiarti
con mammina tua, ciccio! Lei mi sa che è l’unica malata di mente a cui verrebbe
in mente di toccarti!”gli urlò contro il solito bullo e Dudley cominciò a
singhiozzare, scappando via…”
Da molto lontano, in quello strano mondo ovattato e con quel sinistro conforto affianco a lui, sentì la voce del cugino sussurrata, con uno strano eco, arrivare al suo cervello:”Dudley, tieni la bocca chiusa! Qualunque cosa tu faccia!”
Perché doveva tenere la bocca chiusa? Che cavolata…
In quel momento si rese conto, toccandosi distrattamente il volto, di avere la bocca spalancata in un muto grido di angoscia e le guancie bagnate.
Si sforzò di ubbidire, il suo istinto era d’accordo con lui, ma… c’era qualcosa, una forza misteriosa che gli impediva di far lavorare insieme i suoi neuroni e adesso era ridotto peggio di un feto, accucciato in un angolo di quella strada buia, avvolto tra le braccia di un insidioso respiro mozzo e roco che stava succhiando la notte e che gli faceva tintinnare qualcosa nella testa, sbloccando tutte le serratura in cui aveva rinchiuso a doppia mandata tutti quei ricordi spiacevoli dell’infanzia…
Stava sempre venendo più vicino a lui, avvolgendolo sempre più stretto e tutto ad un tratto desiderò di voler morire.. l..lui era ciccio il ciccione! Nessuna ragazza aveva mai voluto baciarlo e… n..non meritava niente… voleva morire… mettere stop a quella vita insulsa una volta per tutte.
Il cappio gli si fece sempre più stretto intorno al corpo e giurò pure di aver sentito nell’aria un odore putrido che sapeva di morte e che lo avvolgeva sinuosamente, spingendolo a sollevare la testa verso l’alto mentre la sua bocca, sempre aperta a quel grido, veniva attratta da qualcosa… o qualcuno…
Sentiva di stare per svenire, mentre le ultime tracce di felicità venivano risucchiate via da lui, sostituita dal suono di tutte quelle risate…quei ciccio… e.. e…
“Expecto Patronum!” improvvisamente la voce del cugino gli smosse una minima parte ancora attiva del cervello, arrivando da una grande distanza.
La morsa di gelo gli si fece sempre più vicino e davanti gli apparì la faccia di Claire, quella bambina che da piccolo lo aveva umiliato più di tutti e lui sporse sempre più le labbra per arrivare a quel bacio… quel bacio che sapeva di putrido, di angoscia, di vergogna e di voglia di morire…
All’improvviso una forma argentata gli sfrecciò davanti e l’abbraccio consolatrice e sinistro di cui era stato vittima scomparve, lasciandogli lo spazio di respirare liberamente, libero dal putrido.
Luna, stelle e lampioni si riaccesero ed una calda brezza spazzò il vicolo, mentre gli alberi ricominciarono a frusciare per il confortante venticello estivo e le auto ricominciarono a rombare.
Un nuovo ritorno alla vita.
Una rinascita.
se non avete niente da fare e volete passarvi il tempo facendo un'opera buona, potete cliccare qui . è una What If... sempre su Harry Potter, su cosa sarebbe successo se Harry non avesse accettato di essere un mago e che credesse che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto degli zii... se vi ho incuriositi leggete anche questa.. XD XD...
baci :-*