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Autore: waferkya    15/11/2010    1 recensioni
Daniel era lì quando Bible non era ancora neppure nato e Billy Blake catalogava in ordine alfabetico tutta la letteratura dell’universo. Gli anni Ottanta stavano tramontando come un temporale di metà luglio, violenti e improvvisi com’erano comparsi in un cielo altrimenti anche bello, ma questo a Daniel non l’aveva detto nessuno, e nessuno gli aveva fatto sapere che John Lennon e Bob Marley se li era portati via la pioggia. Daniel, d’altra parte, s’interessava solo di fumare e strimpellare cose senza senso su quella carcassa di chitarra che portava appesa a una spalla.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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— T-Company! 
— Conteggio parole: 3637 (W)

— 14/vi/2010

 

~ Così maledettamente felice.



Yo busqué, para darte, por mi pecho
las letras de marfil que dicen siempre,
siempre, siempre: jardín de mi agonía,
tu cuerpo fugitivo para siempre,
la sangre de tus venas en mi boca,
tu boca ya sin luz para mi muerte.


Cercai, per darti, nel mio cuore
le lettere d'avorio che dicono sempre,
sempre, sempre: giardino della mia agonia,
il tuo corpo fuggitivo per sempre,
il sangue delle tue vene nella mia bocca,
la tua bocca già senza luce per la mia morte.


Federico Garcia Lorca, Gazzella dell'amore imprevisto


 

Daniel era lì quando Bible non era ancora neppure nato e Billy Blake catalogava in ordine alfabetico tutta la letteratura dell’universo. Gli anni Ottanta stavano tramontando come un temporale di metà luglio, violenti e improvvisi com’erano comparsi in un cielo altrimenti anche bello, ma questo a Daniel non l’aveva detto nessuno, e nessuno gli aveva fatto sapere che John Lennon e Bob Marley se li era portati via la pioggia. Daniel, d’altra parte, s’interessava solo di fumare e strimpellare cose senza senso su quella carcassa di chitarra che portava appesa a una spalla.

Daniel era il tipo di ragazzo con la faccia bruciata dall’alcol che dà l’idea di saper contare solo sei corde e dodici tasti, e che l’unica cosa di cui gl’importa di leggere siano i pentagrammi. Daniel era il tipo di ragazzo che non ti stupiresti d’incontrare in metropolitana, magari di notte; faresti attenzione alla valigia che ti porti dietro, al portafogli, a tua figlia di dodici anni. Daniel era il tipo di ragazzo che terresti discretamente d’occhio durante il tragitto, e poi ne cancelleresti il ricordo, la smorfia insofferente che gli storce le labbra, i tatuaggi, senza neppure farci caso. Daniel era il tipo di ragazzo che quando Billy l’ha incrociato davanti alla biblioteca s’è detto beh, si sarà perso, e quando l’ha visto lì di nuovo, il giorno dopo, buttato per terra come un sacco di giocattoli vecchi esattamente sullo stesso rettangolo di marciapiede, Billy s’è detto ok, magari è solo matto.

E quando Daniel ha cominciato ad apparirgli davanti ogni santo giorno, e a starsene lì immobile come uno stoccafisso, gli occhi neri seri come la morte e nessuna espressione sulla faccia, solo le dita a muoversi distrattamente lungo le curve della chitarra, Billy s’è detto va bene, va bene, tutti abbiamo bisogno di uno svitato, nella nostra esistenza (“Sacrosanta verità,” avrebbe commentato Daniel, quasi un anno dopo, soffiando violento una boccata di fumo contro la luna).

Billy Blake era vecchio già allora – già marcio come Dio, già allora. Aveva già letto tutto, fumato tutto, bevuto tutto, e le uniche cose che gli fossero rimaste dentro, a parte sangue e budella – che pure avevano tentato di strappargliele, e un paio di volte anche con forza e convinzione sufficienti a far pensare al vecchio Billy che forse era giunto il momento di tirare per davvero le cuoia, - erano il sapore del brandy e due versi di García Lorca, che una mano malferma di donna aveva scarabocchiato lungo il bordo di un volume dell’Educazione Sentimentale.

Il sangue, diceva quella grafia incerta, terribile e nera sulla carta sottile e ingiallita del libro, il sangue delle tue vene nella mia bocca; la tua bocca, continuava, lo stesso inchiostro nero e terribile sulla pelle bianca e sottile dei fianchi di Daniel, la tua bocca già senza luce per la mia morte. Billy ha riscritto con le dita e poi con la lingua quelle parole, la prima volta che Daniel s’è sfilato la maglietta e gli si è premuto addosso, come recitando una preghiera; ilsangueilsangueilsanguelaboccalaboccalabocca, lamortelamortelamorte.

Ricorda che Daniel si lamentava spesso del fatto che nessuno era riuscito a procurarsi un inchiostro rosso che restasse rosso abbastanza a lungo sotto la sua pelle; “Riesci a immaginare,” diceva, il tono sognante e scocciato insieme, quello stesso tono che aveva convinto Billy ad aprirgli la porta della biblioteca, un giorno che pioveva come nemmeno durante il diluvio universale, “Cristo, B’, riesci a immaginare come sarebbe, un tatuaggio rosso? Rosso, come se me lo fossi scavato nella carne viva. Te lo immagini, B’?”

E Billy Blake credeva di riuscire ad immaginarselo, un tatuaggio che è più una cicatrice aperta – riusciva ad immaginarselo piuttosto bene, bene abbastanza da non riuscire a dormire per due notti di fila, perseguitato da lampi di rosso, nero e di bianco, e del sorriso scanzonato di Daniel, - poi è arrivato Bible, è arrivata la guerra, e Bible e la guerra hanno brindato, ridendo assieme della patetica fantasia di Billy Blake.

Pioveva in quel modo asfissiante e spaventoso che raramente le nuvole concedono alla California, e aveva cominciato dal nulla; Daniel probabilmente era l’unico, in tutta la città, a non essere stato colto da un attacco di panico. Billy lo stava guardando, quando il primo lampo ha squarciato il telo di plastica che tiene chiuso il mondo, ed è rimasto a guardarlo come a voler saggiare la sua pazienza, poi gli ha aperto la porta, e Daniel lo ha guardato.

Era successo solo un’altra volta che Daniel lo guardasse, più o meno una settimana prima: Billy stava leggendo e camminando, in un parco diroccato dall’altra parte della città, e gli era andato addosso – Daniel veniva dalla direzione opposta, troppo concentrato sulla sua sigaretta per accorgersi di qualsiasi altra cosa. Erano finiti per terra entrambi, ed eccoli, occhi negli occhi, e il petto di Billy comincia a dare di matto. “Scusa,” aveva detto Daniel, scocciato, sognante. “Ci vediamo dopo,” l’aveva salutato Billy, caustico, arrogante dei suoi centomila anni in più.

Si sono visti, dopo, e, ancora, il giorno seguente, senza scambiarsi una parola o un altro sguardo, e avanti così, fino a quando non s’è messo a piovere così disgraziatamente e Billy ha aperto il portone, invitando Daniel a entrare. E Daniel è entrato. E, nemmeno un minuto dopo, Daniel lo ha baciato, ma Billy lo stava già baciando da mesi.

“Sei bellissimo,” ha detto Daniel, la schiena premuta contro la bibliografia completa di Dostoevskij e le mani perse sul corpo di Billy. “Sei, Dio, sei bellissimo.” Ed è come se dalla sua bocca possa piovere soltanto verità, come se le uniche bugie della sua vita Daniel se le porti tatuate addosso – un’ancora sul ventre, una Madonna sorridente sul braccio, teschi fiamme ragnatele giù fino al polso e dall’altro lato una donna, e Billy ha appena finito di divorargli la pancia di baci quando gli appaiono quelle poche parole, quei versi appesi all’osso sporgente del fianco di Daniel. Solleva lo sguardo per guardarlo, lo vede sorridere e sa che Daniel, in qualche maniera assurda, sa.

Daniel sapeva sempre tutto.

Daniel era il tipo di ragazzo che lo vedi e pensi, poveraccio. Daniel era il tipo di ragazzo che quando lo conosci e ti chiami William Blake capisci che, per la verità, il poveraccio sei solamente tu, perché se c’è una cosa che non puoi comprare né coi libri, né con i soldi né praticamente con nient’altro, neppure te stesso, beh, quella cosa è una vita tranquilla con Daniel, o anche soltanto una vita in cui Daniel decida di restare, decida di darti, con quella bocca, qualche parola d’avorio, che dica sempre, sempre, sempre.

 

Adesso piove come pioveva quel giorno, quella prima volta, ed è colpa dell’acqua e dell’odore di brandy se Bible è tornato così tanto indietro nel tempo. Sta osservando il modo in cui la pioggia riempie le buche delle granate, affogando il terriccio, e si lascia accarezzare dal ricordo lontanissimo di pozzanghere ai margini della carreggiata, in cui Daniel si divertiva a saltare a piedi uniti, ridendo di sé per la propria stupidità e di quelli che lo guardavano severamente, per la loro inutile severità.

L’immagine gli lascia una sensazione insolitamente dolceamara; in genere, di Daniel ricorda il sesso e quei fianchi spigolosi sfregiati dalla tremenda tragedia di vita di Lorca, il modo in cui mugolava di piacere oppure i folli comizi che imbastiva quand’era ubriaco – li ricorda tutti, quelli, uno per uno, parola per parola, come un insegnante un padre un amante devoto. Di Daniel ricorda l’arrivo e la partenza, ma quasi mai quello che è stato nel mezzo, ed è un po’ assurdo e molto triste ripensarci adesso – uno, due, tre passi nella melma e Bible si volta, interrotto a metà della riflessione dall’arrivo di qualcunoqualcunoqualcuno, ah, è Mac. Naturalmente. Eccone un altro che né i libri né i soldi né niente possono comprare, ammorbidire o che altro.

“Ehi,” si annuncia il tenente, azzardando un cenno di saluto che Bible intuisce, più che vedere, nel debole rosa dell’alba. Rosa. È tutto molto rosa e bagnato, nota improvvisamente Bible, e se nella luce ci fosse una punta in più di nero sarebbe tutto molto rosso e bagnato, sarebbe sangue – ma non c’è bisogno di farlo piovere dal cielo, ilsangueilsangueilsangue è già ovunque, su Bible, su Mac, sul brandy, sull’erba, nell’aria. “Abbiamo ordini?”

“Secondo te?” replica Bible, guardandolo da sotto in su – lui è seduto, Mac è in piedi, nervosamente ghiacciato sull’attenti, - e si fa scappare un sorriso, è più forte di lui. “Naturalmente no, nulla di nuovo. Suppongo che al quartier generale debbano ancora capire con esattezza dove siamo.”

Mac si acciglia per la rivelazione, poi sbuffa, probabilmente troppo incazzato anche solo per bestemmiare a dovere. Bible rimane a guardarlo torcersi le dita per un po’, poi gli fa posto sulla panca improvvisata che ha montato l’altra notte.

“Se non hai intenzione di andartene,” dice, e nel suo tono non si troverebbe un filo di scontrosità neanche a pagarlo oro, “almeno non startene così impalato.”

Mac brontola qualcosa tipo “E dove vuoi che me ne vada?”, e poi si siede accanto a lui, troppo vicino, nota Blake, persino per lo spazio angusto delle tre assi inchiodate tra loro che hanno sotto il culo. Tutto il fianco destro di Mac è premuto contro il fianco sinistro di Blake, ed è una sensazione per niente spiacevole, nonostante la sua divisa sia bagnata e sporca, mentre quella del maggiore è ancora miracolosamente asciutta e pulita come il giorno in cui gliel’hanno consegnata.

“Prima o poi dovrai spiegarmi com’è che fai,” ridacchia Mac, cincischiando con l’elmetto e rifiutandosi di alzare gli occhi sul diluvio che si sta riversando sulle trincee e quindi sulle teste dei suoi commilitoni.

“Com’è che faccio a fare cosa?”

“La divisa, Will. Cristo, noialtri sembriamo una marea di topi di fogna che la parola ‘pulizia’ non saprebbero cercarla neanche sul vocabolario, e tu invece sembri uscito dritto dritto da una lavanderia. Di’ la verità, hai fatto un patto col diavolo o che altro?”

Bible, per tutta risposta, si concede di dargli uno schiaffo sulla nuca che ha il solo effetto di far ridere il tenente più forte, ma va bene così. Will, sospira Bible, è sempre un po’ assurdo sentirsi chiamare Will. È stato Billy, Bill, Doppia B e persino Liam, santo cielo, ma in tutta la storia del mondo è solo Mac a chiamarlo Will, ed è assurdo, ma piacevole.

Assurdo, ma piacevole, come sapere che il modo in cui il ginocchio di Mac tocca ritmicamente il suo è assolutamente innocente, non nasconde nessun secondo fine particolare – è solo il ginocchio di un amico che tamburella una marcetta senza senso contro il ginocchio di un amico.

“Ti fa rimpiangere il deserto, questa fottuta pioggia,” brontola Mac, e tuffa una mano nel taschino della divisa in un riflesso condizionato alla ricerca delle sigarette, ma tutto quello che incontra è un mucchietto umido e inservibile di tabacco appiccicoso e cartine, e allora bestemmia parolacce sottovoce, imprecando contro le nuvole, l’alba e tutto l’universo.

Certe volte Bible ha la sensazione che la vicinanza di Mac sia identica al modo in cui Daniel trascorreva le giornate davanti alla vetrina della biblioteca; certe volte – certe volte tipo adesso che, invece delle sigarette, Bible porge al suo tenente una copia un po’ consumata de Il giovane Holden, e quello gli fa un sorriso enorme, come se sul serio gli fosse grato, e si mette a sfogliarlo prima distrattamente e poi si concentra sul quarto capitolo, che è uno di quelli che Bible saprebbe citare a memoria, - certe volte Bible ha la sensazione che Daniel non sia mai stato altro che un’anticipazione sbiadita di quello che invece ora, tiepido e premuto contro di lui, è Mac.

È solo una sensazione, la maggior parte del tempo; talvolta è una speranza.

“Dio, questo libro è un orgasmo.” Certe volte è una certezza. “Comunque, Will, dico sul serio, Will, sto cominciando ad averne abbastanza di tutto questo fango e umidità. Lo sai che dei ragazzi di Easy hanno trovato dei pesci rossi che sguazzavano tra le munizioni? Dei Cristo di pesci rossi, Will, è una cosa ridicola! E lo so che sto solo sprecando fiato, perché figurati se bestemmiare i pesci rossi ci tirerà fuori di qui più in fretta, ma quello che voglio dire è soltanto che non si può campare così, non pensi?”

“Siamo soldati, Jimmy,” replica Bible, voltando la testa da un lato per poterlo guardare e gli sembra che Mac si tenda in avanti, quando chiama il suo nome. “La nostra condizione esistenziale di definizione è non si può campare così.”

“E che miseria, però,” sbuffa Mac, poco convinto dalla lezione di semantica. “In ogni cosa esiste un limite di decenza.”

Vero, osserva Bible; una volta Daniel ha detto qualcosa del genere, però non era un tentativo di descrivere adeguatamente la legge morale che definisce il loro vivere, più probabilmente voleva convincerlo a fare qualcosa di estremamente stupido. Ma la cosa più sciocca e inutile che abbia il permesso di uscire dalla bocca di Mac è soltanto il fumo delle Lucky Strike gentilmente offerte dal governo.

Sebbene sia così presto che la Terra neppure ha ricominciato a girare su se stessa, ad un certo punto passa il buon Cal Monroe, oltre il bordo del telo impermeabile che salva Bible e Mac dal diventare due piccole spugne di forma umana. Mac impiega quattro secondi netti ad attirare la sua attenzione e farsi offrire una sigaretta, miracolosamente asciutta perché Cal ha con sé un intelligente contenitore di alluminio – ed è più o meno l’unico di tutta la spedizione ad avere di che fumare.

Dividono la sigaretta in silenzio, col campo che torna una tomba quando anche i passi incerti di Cal si allontanano troppo per essere percepiti. Mac guarda distrattamente qualcosa nel fitto degli alberi, e Bible guarda lui – soprattutto, gli guarda la bocca, laboccalaboccalabocca, perché gli piace il modo in cui le labbra di Mac diventano strette e sottili attorno al filtro e poi tornano piene e quasi sorridenti nel soffiare via il fumo; succede qualcosa, ai bordi dell’accampamento, e Bible riesce a sentirlo nel profondo delle ossa.

“Che c’è?” domanda Mac, improvvisamente allarmato nell’istante in cui vede il maggiore raddrizzarsi sulla panca e scrutare il bosco rosa. “Will, hai sentito qualcosa?”

L’eco degli spari risponde per Bible, e ingoiando una bestemmia tutti e due scattano in piedi, tuffandosi sotto la pioggia in direzione del rumore. Non sembra niente di grave, mentre sguazzano nel fango Bible conta ventitré spari da non più di quattro fucili differenti, una breve esplosione di mortaio e soltanto le urla concitate di chi dormiva e s’è visto svegliare dall’intrusione assolutamente casuale di gente che non aveva di meglio da fare che morire.

Il primo lo tira giù Bible quando è ancora troppo distante anche solo per vedergli il bianco degli occhi. Gli fa saltare la testa con precisione millimetrica, e il cadavere crolla sulle ginocchia e poi per metà finisce in una trincea, sfondando il telo di protezione. Qualcuno urla improperi con un accento così assurdo che dev’essere per forza Wheel, poi l’unica cosa che Bible capisce è Mac che fracassa il ginocchio del secondo invasore e poi il rombo assordante degli aerei e il fischio lontano di una bomba.

“Cristo.”

“Maggiore!” Il capitano Austen arriva correndo e incespicando nel fango, e Bible trattiene un gemito quando lo vede già sporco di sangue. “Maggiore, Cristo Bible siamo sotto attacco, non ci voleva assolutamente, gli uomini stanno praticamente dormendo e quelli che non dormono sono mezzi affogati nel fango, dobbiamo organizzare la controff—“

“Silenzio, capitano. Non è il primo attacco a sorpresa che ci riservano i nostri stimati colleghi, e di certo non sarà l’ultimo che dovremo affrontare. Ora, voglio almeno quattro M2 qui, esattamente dove mi trovo, e Xandre, dammi i migliori. Reed!” chiama, e all’istante il caporale gli compare davanti, la faccia così incrostata di fango che potrebbe essere chiunque, ma il modo in cui diventa un pezzo di ghiaccio quando Bible gli stringe una mano sulla spalla è più inconfondibile di un’impronta digitale. “Assicurati che Konrad arrivi in fretta dal generale, portacelo in spalla se devi, ma Dio Cristo fai in modo che ci arrivi, va bene?”

Reed annuisce – forse è solo il suo mento che trema come un pazzo, ma Bible non ha il tempo di assicurarsene; gli dà due pacche sulla spalla, che nel linguaggio universale sono l’autorizzazione a togliere le tende, e gli tiene gli occhi sulla schiena per un secondo intero mentre il ragazzo inciampa via, urlando il nome del suo compagno.

Intanto, dalla direzione opposta a quella imboccata da Reed compaiono i primi mitraglieri, e Bible gli va incontro prima ancora di rendersi conto di quello che sta facendo.

Mac è perso in mezzo al fuoco incrociato, ma Bible ha soffocato da un pezzo la preoccupazione per lui.

 

 

 

“Siete tutti interi, voi?”

Bible non è uomo da lasciar spazio a sentimenti di grande negatività, e poche cose hanno il potere di suscitare il suo odio; i blitz a sorpresa, però, Bible li detesta con tutto se stesso.

“Chi è rimasto ferito?”

“Figli di puttana del cazzo, ma si può sapere quand’è che dormono, quegli stronzi?!”

Per prima cosa, ritiene che siano davvero poco eleganti – non si disturba la gente nel sonno, nemmeno quando si tratta di gente che, da sveglia, non ha altra aspirazione al mondo che non sia tagliarti la gola e ballare nel tuo sangue. E comunque, la loro validità tattica è piuttosto sopravvalutata, perché, d’accordo, diffondi il panico e cazzate varie, ma quanto può durare, il panico, in una manica di gente che al panico è così assuefatta da essere in grado di sentirsi a disagio nel Nirvana?

E fai molte più vittime con uno scontro a cielo aperto, alla maniera classica, con le pietre e i bastoni – che razza di significato ha mandare tre persone su un aereo sotto il diluvio, a sganciare bombe alla cazzo sugli alberi, magari beccando più compagni che nemici?

“Doc, quanta morfina ti resta?”

Decisamente, Bible è troppo vecchio anche per la guerra.

“Dov’è il maggiore?”

“Oddio, merda, il maggiore.”

“Cristo, ma è tutto suo quel sangue?”

“State zitti, cazzo, fatemi concentrare!”

Il rumore della pioggia è più sottile, adesso, meno invadente; Bible suppone sia così per via degli antidolorifici, e del fatto che l’hanno riportato nella sua tenda. La mano di David trema terribilmente attorno all’ago che sta ricucendo insieme quel che resta dell’addome di Bible, e non è per via del dolore che il maggiore stringe tra le dita il polso del ragazzo, ma perché non riesce a respirare se pensa che i suoi vent’anni li sta passando immerso fino ai gomiti nella vita e nel sangue di altri.

“Stai andando benissimo,” riesce a mormorare, e vorrebbe essere cieco quando si accorge che gli occhi di David sono inondati di lacrime. “Solo, piantala di tremare.”

“A-abbiamo qu-quasi finito.”

“Lo so. Coraggio.”

 

 

 

Ha smesso di piovere, il sole è sorto, sembra quasi che all’universo si sia aggiunta una nuova dimensione di insondabile calma. Bible è appena un po’ indolenzito per la ricucitura, ha la divisa strappata e zuppa di sangue ma niente di tutto questo ha importanza lungo il tragitto che lo porta accanto a Mac, in mezzo a una radura spianata dagli scontri, un po’ defilata dal campo.

“Il cielo c’è ancora,” commenta, rivolgendo un’occhiata al blu elettrico che s’intravede tra i rami sfrondati; fino a stamattina era tutto foderato di nuvole, lassù, in un modo terribile da prigione di massima sicurezza. Mac neppure alza il mento, ma segue con attenzione gli ultimi due passi di Bible e il modo in cui si assesta vicino a lui, con la stessa sicurezza di sempre di uno che è perfettamente a proprio agio nel proprio corpo.

“Sei vivo,” osserva, e Bible lo guarda. “Anche stavolta.”

“Potrei dire lo stesso di te. Ma io ho addosso i punti di sutura più belli e perfetti che il piccolo Dave Faraday abbia mai cucito in tutta la sua carriera,” replica il maggiore, e non riesce ad impedire ad un sorriso minuscolo di tendergli piano le labbra – può solo sperare che Mac non lo scorga, perso com’è sotto la barba.

“La compagnia già ti dava per spacciato,” sospira il tenente – si accende una sigaretta, dopo due tiri lentissimi la porge al maggiore. “Cristo, io ho pensato che fossi spacciato.”

“Non è niente.”

Non è niente l’abisso che gli ha squarciato il petto. Non è niente il litro e mezzo di sangue che ha colorato il bosco invece di restare dove avrebbe dovuto, lì nelle vene di Bible. Non è niente, la morte – lamortelamortelamorte.

Mac non replica se non guardandolo – Bible era capace di leggere negli occhi di Daniel come fossero stati un manifesto, ma con Mac non se ne parla, Mac ha il cuore lucchettato in fondo ad una cassa che nasconde gelosamente in fondo al petto, - e poi Bible se lo ritrova vicinissimo, le sue mani sulle spalle, la sua fronte, le sue gambe premute addosso.

“Mi devi una sigaretta,” bisbiglia Mac, mentre Bible non ha ancora deciso dove mettere le mani – alla fine si risolve per stringerlo ai fianchi e tirarlo ancora più avanti, e Mac lo asseconda senza un briciolo di esitazione. “Mi devi una sigaretta.”

“E tu mi devi più pazienza di quanta l’essere umano di media intelligenza possa concepire,” replica Bible, e Mac sbuffa una risata e poi gli dà una lieve testata contenta. Sorridono insieme, i punti di sutura sul petto di Bible appena un po’ innervositi da tutta questa attività psicofisica, e quando riprende a piovere e Mac mugola scontento, nascondendo il viso contro l’incavo del collo di Bible, il maggiore riflette distrattamente che Daniel aveva lo stesso modo di accoccolarsi su Billy, ma non di renderlo così insensatamente, maledettamente felice.

  
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