Apro
gli occhi ed il
Sole sta per sorgere e la sua luce mai è stata
così lontana. Apro
gli occhi e sento sui miei arti il massonico velo del sogno.
Così
inizio a sussurrare - per affogarlo nell'oblio e renderlo eterno.
Nella
città dell'Inverno, quando la neve stava cadendo copiosa,
ricoprendo
i nostri cuori, oramai troppo stanchi per poter battere ancora e
scrollarsi di dosso quel cancro bianco, mentre vagavo sperduto,
inseguendo l'effluvio di una felicità che credevo mi fosse
stata
promessa e non solo vagheggiata, mentre barcollavo stordito ed ebro
di solitudine ti vidi. Figlia della terra | madre della terra | gist
of the earth. Ti vidi piangere alle porte del castello del re folle,
impazzito di grida e d'amore ceduto all'ombra di un aprile. I tuoi
singhiozzi non erano in grado di far vibrare la terra, oh!, quanta
neve fu necessaria perché ciò accadesse?
Abbastanza da gelare
l'Ade, mia fulgida pulsazione - Contadini ciechi e cenciosi ti
camminavano accanto e non si voltavano alle tue lacrime; donne
d'amaro amore strisciavano vicino ai tuoi piedi e non venivano
bagnate dalla pioggia che sgorgava dal tuo cuore. Oh! Nel regno
dell'Inverno tu eri invisibile. Ma io ti vidi e mi avvicinai, spirito
maligno e subdolo, traditore di promesse d'oscurità. E tu mi
vedesti
e cinerei spettri d'amici perduti mi avvolsero, fuggiti dai tuoi
occhi d'erba secca. Sabbia cadeva lenta dai miei pugni socchiusi. E
non potevo aprire la mano o chiuderla. Granelli di lenta sabbia erano
destinati a cadere a terra e smarrirsi nel vento e nella neve, uno
dopo l'altro, con la precisione del fato e della storia. Come spire
di consunta brace simili spettri fuggivano dall'erba circondata da
sanguigno fuoco di lacrime degli occhi tuoi | e mi urlarono, mi
gridarono, mi accusarono degli amici che avevo perduto, delle mani
che avevo abbandonato, dei sussurri che avevo ignorato. Ed al centro
di quel cosmico vorticare di ciniglia grida vi era la tua voce.
Nessuna sordità mi avrebbe mai potuto salvare da quella
giusta
punizione per le azioni che non avevo scelto di commettere. E tu mi
offristi l'inaspettata redenzione che mai avevo agognato: ti
lasciasti avvolgere dalle mie mani sdrucciolanti granelli di dorata
sabbia. Senza alzare il tuo volto, smarrito nelle pieghe del mio
petto, dicesti, con la voce del prete che assolve l'aborigeno
peccatore: << Hai un'erezione >>. E io,
senza alzare il
mio volto, affogato nei tuoi capelli di tramonto magmatico, ti
risposi con la voce del condannato a morte che riceve la grazia
dall'ammazzato: << Siamo manichini, non ricordi?
>>. | E
ti sentii sorridere e baciare il mio petto e la mia pelle, e
sussurrare il mio nome che da troppo tempo sapevo smarrito. Ripetesti
il mio nome così tante volte che divenne un'ultima disperata
preghiera verso nessun Dio e verso tutte le Dee. E il mio cuore,
nella città dell'Inverno, te stretta alla mia vita, i tuoi
occhi
finalmente celati, la cenere di spettri perduta in siderali universi
d'oblio, le mie mani chiuse, la sabbia tornata ad essere bagnata da
oceani di malva, riprese, silenzioso e maestoso, a battere. E il tuo
con il mio. E l'abisso si tramutò in cosmo e
c'inghiottì in
galassie di sospiri e d'ambrosia. E i nostri petti, finalmente
incendiati da libere fiamme, tremarono e pulsarono e vibrarono e
vissero. |Fino a quando l'oscurità non squarciò
nuovamente la neve.