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Autore: Samaele    16/11/2010    1 recensioni
Apro gli occhi ed il Sole sta per sorgere e la sua luce mai è stata
così lontana. Apro gli occhi e sento sui miei arti il massonico velo del sogno. Così inizio a sussurrare - per affogarlo nell'oblio e renderlo eterno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi ed il Sole sta per sorgere e la sua luce mai è stata così lontana. Apro gli occhi e sento sui miei arti il massonico velo del sogno. Così inizio a sussurrare - per affogarlo nell'oblio e renderlo eterno.

Nella città dell'Inverno, quando la neve stava cadendo copiosa, ricoprendo i nostri cuori, oramai troppo stanchi per poter battere ancora e scrollarsi di dosso quel cancro bianco, mentre vagavo sperduto, inseguendo l'effluvio di una felicità che credevo mi fosse stata promessa e non solo vagheggiata, mentre barcollavo stordito ed ebro di solitudine ti vidi. Figlia della terra | madre della terra | gist of the earth. Ti vidi piangere alle porte del castello del re folle, impazzito di grida e d'amore ceduto all'ombra di un aprile. I tuoi singhiozzi non erano in grado di far vibrare la terra, oh!, quanta neve fu necessaria perché ciò accadesse? Abbastanza da gelare l'Ade, mia fulgida pulsazione - Contadini ciechi e cenciosi ti camminavano accanto e non si voltavano alle tue lacrime; donne d'amaro amore strisciavano vicino ai tuoi piedi e non venivano bagnate dalla pioggia che sgorgava dal tuo cuore. Oh! Nel regno dell'Inverno tu eri invisibile. Ma io ti vidi e mi avvicinai, spirito maligno e subdolo, traditore di promesse d'oscurità. E tu mi vedesti e cinerei spettri d'amici perduti mi avvolsero, fuggiti dai tuoi occhi d'erba secca. Sabbia cadeva lenta dai miei pugni socchiusi. E non potevo aprire la mano o chiuderla. Granelli di lenta sabbia erano destinati a cadere a terra e smarrirsi nel vento e nella neve, uno dopo l'altro, con la precisione del fato e della storia. Come spire di consunta brace simili spettri fuggivano dall'erba circondata da sanguigno fuoco di lacrime degli occhi tuoi | e mi urlarono, mi gridarono, mi accusarono degli amici che avevo perduto, delle mani che avevo abbandonato, dei sussurri che avevo ignorato. Ed al centro di quel cosmico vorticare di ciniglia grida vi era la tua voce. Nessuna sordità mi avrebbe mai potuto salvare da quella giusta punizione per le azioni che non avevo scelto di commettere. E tu mi offristi l'inaspettata redenzione che mai avevo agognato: ti lasciasti avvolgere dalle mie mani sdrucciolanti granelli di dorata sabbia. Senza alzare il tuo volto, smarrito nelle pieghe del mio petto, dicesti, con la voce del prete che assolve l'aborigeno peccatore: << Hai un'erezione >>. E io, senza alzare il mio volto, affogato nei tuoi capelli di tramonto magmatico, ti risposi con la voce del condannato a morte che riceve la grazia dall'ammazzato: << Siamo manichini, non ricordi? >>. | E ti sentii sorridere e baciare il mio petto e la mia pelle, e sussurrare il mio nome che da troppo tempo sapevo smarrito. Ripetesti il mio nome così tante volte che divenne un'ultima disperata preghiera verso nessun Dio e verso tutte le Dee. E il mio cuore, nella città dell'Inverno, te stretta alla mia vita, i tuoi occhi finalmente celati, la cenere di spettri perduta in siderali universi d'oblio, le mie mani chiuse, la sabbia tornata ad essere bagnata da oceani di malva, riprese, silenzioso e maestoso, a battere. E il tuo con il mio. E l'abisso si tramutò in cosmo e c'inghiottì in galassie di sospiri e d'ambrosia. E i nostri petti, finalmente incendiati da libere fiamme, tremarono e pulsarono e vibrarono e vissero. |Fino a quando l'oscurità non squarciò nuovamente la neve.
  
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