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Autore: _Syn    19/11/2010    7 recensioni
Wolfstar
[...]Perché Remus, con i suoi occhi di miele, non compensava solo la mancanza, non la rendeva meno amara, ma mandava indietro il tempo, poi lo fermava sul presente, e d’un tratto si ritrovavano fuori da casa Potter, Sirius con una mano infilata nel mantello di Remus per il freddo e l’altra in tasca, e quest’ultimo con il cappuccio tirato quasi fino agli occhi. [...]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Notacolo(?) di AlexielFay [a.k.a. _BellaBlack_]: Wolfstar fresca fresca di produzione =D Un po’ triste e un po’ molto fluff. I personaggi non mi appartengono, altrimenti nessuno dei due sarebbe morto e sarebbero felici e contenti.

Alexiel.



Mani sotto il mantello


Andando indietro negli anni, Remus dovette ammettere che l’ultima volta che Sirius aveva avuto quell’espressione inebetita, che diceva “sono fuori controllo, attento, potrei prendere un barattolo di miele e farmi biondo e poi dare la colpa a te quando mi sarò ripreso” era stato quando era nato Harry e gli si era addormentato sul petto, con James morto di sonno dall’altro lato del divano, distrutto dai turni dell’ordine. Lui si era goduto la scena mentre ricontrollava i documenti che Dumbledore gli aveva passato. Sirius era ubriaco di quel bambino, lo era stato per un anno intero, e Remus si ritrovava sempre a scuotere il capo quando uscivano da casa Potter e lo vedeva scurirsi in viso. Quando andavano a trovare James era come se il mondo fuori dalla porta diventasse estraneo e ci voleva sempre un po’ di tempo prima che Sirius si riprendesse e tornasse quello di sempre. Adesso che scherzava e rideva insieme al suo figlioccio, di nuovo, praticamente stravaccato su un divano con un bicchiere di Whisky Incendiario in mano, Remus poteva ancora affermare che non era l’alcol a renderlo tale. Era Harry.

E per quanto loro due fossero intimi, molto più intimi di quanto Harry sapesse o volesse sapere, forse, Remus non riusciva mai a entrare in quella bolla di sapone che si costruivano attorno quando erano insieme. Ma era giusto così, perché valeva la stessa cosa quando Sirius era con lui. Era di nuovo un mondo diverso, solo che ogni tanto vedeva Sirius alzare la testa e guardarlo, pregandolo di aspettarlo lì una volta finita. Perché Remus, con i suoi occhi di miele, non compensava solo la mancanza, non la rendeva meno amara, ma mandava indietro il tempo, poi lo fermava sul presente, e d’un tratto si ritrovavano fuori da casa Potter, Sirius con una mano infilata nel mantello di Remus per il freddo e l’altra in tasca, e quest’ultimo con il cappuccio tirato quasi fino agli occhi. Diventavano goffi come maghi Confusi e barcollavano per le strade solo un po’ prima di Smaterializzarsi. Una volta Sirius aveva tentato di infilare entrambe le mani sotto il mantello di Remus, costringendo entrambi a camminare in maniera improponibile, ma alla fine erano entrambi caduti sull’asfalto umido, Sirius imprecando e Remus rimproverandosi per avergli permesso di fare qualcosa di così sciocco.

Remus pensò che sarebbe stato bello poter uscire insieme a lui e andare almeno oltre il marciapiede di Grimmauld Place in quel modo. Ma non era possibile.

Perciò aspettava che Harry andasse a dormire al piano di sopra e lasciasse Sirius sul divano, ubriaco di passato e desideroso di una libertà che solo rare volte riusciva a dimenticare per diventare prigioniero delle vecchie sensazioni. Aspettava che il sogno finisse e poi andava da lui, sedendoglisi accanto con una tazza di cioccolata calda in cui Sirius avrebbe cercato di far gocciolare un po’ di Whisky. Vent’anni prima avrebbe cercato di fargliene bere un bicchiere intero, finendo ubriaco fradicio prima che Remus potesse rifiutare per la terza volta. Eppure, nonostante i suoi occhi diventassero lucidi e il suo alito infernale, Remus riusciva sempre a scorgere qualcosa nei suoi occhi che non l’abbandonava mai.

La voglia di alzarsi dalla sedia del pub, di casa Potter o di un qualunque altro luogo, fosse anche stato un marciapiede lurido, e infilargli le mani nel cappotto, per ritrovare il calore che perdevano sempre quando si incantava, di nascosto, a fissarlo. Dimenticava di infilarle in tasca per soffermarsi sui lineamenti fini di Remus, su suoi occhi dolci, sulle labbra che si muovevano ordinate – Sirius era convinto che Remus fosse ordinato mentre parlava – e sui capelli castano chiaro che assorbivano ogni riflesso di luce.

Remus lo sapeva, ma non diceva nulla. Nemmeno quando Sirius, ancora infreddolito, lo costringeva a entrare in casa con lui perché non ne voleva proprio sapere di levare le mani di lì. Si addormentavano così. Scambiandosi calore, scambiandosi la sicurezza che neanche una volta quel desiderio di restare vicini, consapevoli che un briciolo di calore avrebbe sempre fatto la differenza, sarebbe mai svanito.

Remus?”

Che c’è, Sirius?”

Grimmauld Place era fredda come il ghiaccio.

E’ caldo il tuo maglione?”

Remus sorrise ed era sicuro che per un attimo quel sorriso somigliasse al passato. Sorrideva ma l’amarezza lo paralizzò per una frazione di secondo. Bastò affinché Sirius la sentisse a sua volta. Bastò affinché annuisse, lasciando che l’amico, l’amante, il compagno si avvicinasse a lui sul divano e gli infilasse le mani sotto il maglione di lana rovinato. Aveva le mani fredde, come sempre, e sullo stomaco caldo di Remus trovarono conforto.

E’ caldo.” affermò Sirius, con un sorriso stanco. E Remus, in cuor suo, sperava che quell’espressione non cessasse mai di fargli battere il cuore in quella maniera, perché se avesse smesso, allora, quel cuore non avrebbe più saputo come rimettersi in moto per creare quel calore che Sirius amava tanto.





  
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