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Autore: Samaele    19/11/2010    0 recensioni
Le ultime parole di un Dio che ha deciso di ammazzarsi. Il suo canto del cigno.
Nota: ovviamente, non ho alcuna intenzione di offendere alcuna religione. E' un Dio generico. Il Dio degli illuministi, ecco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho ingurgitato il sole circa due rotazioni d'elio fa. I pianeti che gli ruotavano impazziti intorno, figli pietrificati di un padre infuocato, sono stati digeriti da ciò che i nebulosi abitanti di quei mondi avrebbero definito millenni. Per me sono pochi frammenti, quasi non più divisibili, della mia esistenza cosmica. Ora, in questa porzione d'universo, non più grande di uno dei miei illimitati occhi, regna il nulla siderale. Eppure mi rendo conto che per chi guarderà questo cielo da infiniti miliardi di atomi di distanza, io non avrò fatto altro che cancellare un semplice, piccolo, invisibile quasi, puntino luminoso. Nessuno nel cosmo se ne accorgerà. Solo la stella che si è spenta si accorge di non brillare più. Io sono un divoratore di stelle, di galassie, di universi. Portatore delle tenebre siderali. Araldo del nulla cosmico. Io sono Dio. E sto per morire. Come si può uccidere un Dio? Lo si uccide facendogli ingoiare una Stella Danzante, partorita dal caos del nulla. Come lo so? Perché non sono il primo Dio che muore. Altri Dei sono stati ammazzati prima di me. Altri Dei si sono suicidati prima di questa notte. Con chi sto parlando ora? Non lo so: sto lanciando questo messaggio nelle profondità del cosmo, in ogni più oscuro anfratto delle pieghe del tempo, nelle intercapedini dimenticate dello spazio, nei pozzi di follia nera fra le stelle. Perché lo sto facendo? Perché un Dio sta per morire questa notte, e questa è la sua cerimonia funebre. Esisto da così tanto tempo. Ho visto quest'universo esplodere ed implodere così tante volte che la sua esistenza, fra un'esplosione ed un'implosione, ha perduto ogni suo significato intrinseco. Se mai ne ha avuto, ovviamente. Ora credo che ogni esplosione, ogni nascita, avesse il solo scopo d'implodere, di morire. Ogni foglia di ogni albero di ogni pianeta di ogni sistema solare di ogni galassia di ogni cosmo germoglia nelle primavere per appassire negli autunni. Tutti i mondi esistono per essere divorati da noi Dei. E noi Dei perché esistiamo? Noi non veniamo divorati da nulla. I nostri cadaveri sono destinati a restare immutati come le tenebre fino alla fine dell'eternità. Oltre la fine dell'eternità. I nostri cadaveri sopravviveranno all'eternità. Noi non abbiamo alcuno scopo, alcun fine, alcun motivo d'esistere se non quello di portare il nulla. La nostra esistenza è quella di spegnere stelle, di far avanzare le tenebre, di far scomparire i sogni dagli occhi dei bambini. I miei denti sono lerci delle grida di morte degli abitanti dei mondi che ho divorato; i miei occhi straripano il sangue che ho versato dagli animali silenziosi e pacifici che pascolavano in quei prati; il mio cuore è colmo di maledizioni per le lacrime delle anime che ho condannato. Io sono l'araldo del nulla e del male, effige del dolore cosmico, giullare sadico dell'esistenza. Io respiro per portare dolore. Sono marcio. Noi Dei tutti siamo marci. Per non morire, per dare un senso alla nostra esistenza, dobbiamo far scomparire le stelle del cielo. Ogni notte che una stella si spegne un Dio si accende. E per cosa poi? Per quale motivo portiamo le tenebre? Cosa può giustificare una simile crudeltà? Quale acqua può lavare i nostri peccati? Il nulla! Facciamo tutto questo per nulla! Divoriamo le stelle per divorare altre stelle. Lo scopo è la causa. La fine è il principio. E cosa può cambiare in un simile cosmo? Agisco per poter agire. Ferisco per poter ferire nuovamente. A causa mia sono state versate lacrime, cuori sono stati divorati, anime sono state infrante, corpi sono marciti, astri evaporati, e tutto questo perché? Perché nuove lacrime potessero essere versate, nuovi cuori divorati, nuove anime infrante, nuovi corpi marcire, nuovi astri evaporare. Che senso ha tutto questo? Perché non mi sono nutrito prima di una Stella Danzante? Perché ho aspettato la pioggia nel deserto cosmico. L'ho aspettata dal mio primo vagito di dolore. L'avrei aspettata per l'eternità. Ma lei non è mai giunta. E mai giungerà. Sarà un vuoto divorare fino a quando la clessidra del tempo non tornerà ad essere di pietra e noi Dei non ritorneremo ad essere che semplici granelli di sabbia nel nulla. Una volta che hai compreso ciò, come puoi non ingurgitare una Stella Danzante? Come? Mi mancherà vedere i raggi cosmici illuminare e danzare leggeri sulle porte di Trafalgore; mi mancherà il sapore dei fiori che germogliano su Alpha Centauri quando la neve sta ricoprendo i blu prati; mi mancherà il vento siderale che corre e fugge e respira fra le stelle appena nate, loro vagito di vita; mi mancherà il bagno sacro di luce di un astro che brilla per l'ultima volta e lancia nel cosmo la sua essenza di pura luce; mi mancherà il cosmo tutto. Amo il cosmo. Ma con la mia esistenza non posso fare a meno di mutilarlo insensatamente stella dopo stella, portando con ogni mio respiro una notte un po' più profonda ed un po' più fredda, allontanando con i miei occhi ogni alba giorno dopo giorno. Oh! Sento la Stella Danzante vibrare dentro di me. La sento schiudersi come un fiore che germoglia. I suoi petali di dorato nulla mi avvolgono dall'interno. Calore. Estremo, dolce, amabile, mortale – oh, mortale! - calore. Il nulla, dentro di me, sta germogliando ed avvampando. Oh! Lasciate, ora, che il nulla mi prenda nel silenzio. Addio! Addio! Addio! Un Dio questa notte è morto! Alleluia!

  
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