Prologo
E così si ritrovò a correre il più velocemente possibile,lontano da quella stanza, lontano da quella porta. Non sopportava il fatto di essere stato respinto, di vedere quello sguardo tradito in quegli occhi. Non riusciva a sopportare il peso nel petto che gli aveva procurato quell’implicito rifiuto e così aveva deciso che la cosa migliore fosse fuggire, per se stesso, per il suo cuore andato in mille pezzi.
Lo sentiva fremere nel petto, spezzato e ferito, incapace di rimettere insieme i cocci. Non si era mai sentito così in imbarazzo prima d’ora, nemmeno così tradito e offeso.
Il suo orgoglio protestava, ricordandogli che doveva reagire, che doveva combattere perché non sopportava di essere calpestato, ma d’altra parte il suo cuore gli urlava di scappare, di trovare un posto dove rannicchiarsi per potersi leccare le ferite in santa pace, proprio come un animale ferito.
Non gli importava se le gambe gli facevano male, non gli importava se i suoi polmoni urlavano per l’assenza di aria, non gli importava della vista appannata dall’assenza d’ossigeno e dalle lacrime che gli cadevano copiose, incuranti di tutto il resto. In quel momento gli importava solo il suo dolore e l’andare il più lontano possibile da quella stanza che era stata il teatro della sua disfatta.
Sentì qualcosa graffiargli il braccio, una botta leggera sul fianco destro, e poi su quello sinistro. Capì che stava barcollando, che non riusciva a camminare in linea retta, forse troppo disorientato dalle lacrime e dalla sensazione di ovatta che gli oscurava tutti i sensi.
Non sapeva dove stava andando e neanche gli importava.
Nei corridoi c’era il completo silenzio, l’unica cosa che rompeva la quiete di quella notte era il suo respiro affannato, i suoi gemiti sommessi e il rumore del suo cuore spezzato che cercava di continuare a battere.
Si ritrovò costretto a fermarsi, a lasciarsi cadere a terra, per poter esprimere tutto il suo dolore, per poter finalmente lasciarsi andare. Credeva, sperava, di essere abbastanza lontano, di poter essere al sicuro. Voleva solo essere lasciato lì a piangere e a chiedersi perché!
‘Perché? Perché proprio a me!’ continuava a chiedersi nella mente, mentre le sue labbra erano troppo impegnate a sfogare la sua angoscia per poterle ripetere ad alta voce, ma dopo poco tempo, insieme ai suoi gemiti, iniziarono anche a uscirgli urli strozzati, che se ascoltati attentamente sembravano comporre la parola ‘perché’.
Era quella semplice e innocua parola che lo tormentava. Non riusciva a capire il motivo di quel rifiuto, o meglio, lo sapeva, ma non voleva accettarlo.
No, era meglio continuare a negare, continuare a credere che fosse per qualche altra stupida ragione e non perché fosse solo un povero sciocco.
Mai
abbastanza, mai.
Non poteva essere abbastanza! Era solo uno stupido ragazzino, un bambino che non sapeva nulla della vita, una nullità che non valeva niente, non se a confronto suo! No, non poteva mai essere abbastanza e questo lo distruggeva ancora più del rifiuto.
Si sentiva inutile, illuso e sciocco. Sapeva che sarebbe andata a finire così, lo sapeva, perché lui non era alla sua altezza, ma ci aveva provato lo stesso e adesso doveva pagarne lo scotto.
Non sapeva come avrebbe continuato ad andare avanti, non sapeva come avrebbe fatto a fronteggiarlo ogni giorno, a parlargli ancora, a guardarlo negli occhi…
Era tutto così complicato! Con tutto il suo cuore avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo, cambiare quell’unico secondo in cui era cambiato tutto il suo mondo.
Per colpa di un piccolo errore aveva perso tutto e si sentiva così spaurito e… Solo.
La solitudine sembrava schiacciarlo, rendendolo ancora più piccolo di quello che era. Si sentiva fragile, come una bambola, come un pezzo di vetro già spezzato e aggiustato troppe volte, un pezzo di vetro che non poteva più essere più rimesso insieme poiché anche la più forte colla non sarebbe bastata ad aggiustare il danno.
Voleva rimanere solo in quell’oblio, voleva essere lasciato in pace per sempre e cadere nel vuoto, sparendo completamente dall’umanità.
Chi avrebbe sentito la sua mancanza, in fondo?
I suoi genitori? Forse, ma avevano altri figli e presto si sarebbero dimenticati di lui.
I suoi amici? Certo che no, in fondo lui non era insostituibile e l’avrebbero presto dimenticato.
I suoi professori? No, sarebbe stato solo un sollievo, un alunno in meno a cui insegnare.
Lui? Oh no, lui sarebbe stato il primo a volerlo cancellare dalla faccia della terra! Chissà quante risate si sarebbe fatto, chissà come sarebbe stato sollevato da non averlo più tra i piedi, a non avere più un cagnolino troppo impiccione che lo seguiva ad ogni sua mossa.
Si, decisamente sarebbe stato meglio lì, immobile, nell’oscurità. Forse finalmente in pace.
Angolo Autrice:
Salve a tutti! Questo capitolo è molto breve, lo so, ma
è solo il prologo, quindi capirete anche voi che non
può essere lungo quanto un capitolo normale (o almeno io non
ci sono mai riuscita)
Questa è la mia nuova FF, la prima long-fiction che sto cercando di portare a termine. La storia è molto diversa da quella dei libri, visto che cambia un evento fondamentale, ma ve lo lascerò capire da soli! Vi avviso solo che ci sarà una relazione adulto/minore, anche se solo platonica, quindi niente di fisico, ma se questo vi crea problemi meglio che non la leggiate, perché sarà molto incentrata su questo.
Inoltre
sarà Slash, ma con un altro personaggio, non quello
maggiorenne, quindi in quello potete stare tranquilli!
Se avete qualsiasi domanda chiedete, sarò felice di
rispondervi! Inoltre mi
farebbe molto piacere sentire le vostre opinioni in merito a questa ff.
Spero che vi possa piacere. Al prossimo aggiornamento!