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Autore: mony_spacegirl    20/11/2010    1 recensioni
Cosa farebbe un figlio pur di non dire certe cose ai genitori? Solo che quando è troppo tardi è difficile riuscire a giustificarsi...
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Evanescent Smoke
Rating: verde
Autore: mony_spacegirl
Disclaimer: la storia che ho scritto è di fantasia, e spero resti tale, vorrei dedicarla al mio papà, anche se so che non la leggerà mai...

Questa One-shot mi è parsa difficile ma allo stesso semplicissima da scrivere, l'affetto che provo per mio padre è insormontabile, credo sia la persona più importante che esista per me sulla faccia della terra.
Mi sono ispirata ad una poesia di Edgar Lee Masters intitolata Johnnie Sayre, che mio padre mi raccontava sempre da piccola e che mi ha fatto capire che non voglio deluderlo per nessun motivo al mondo.

Vorrei anche ringraziare Micky6277 perchè pur inconsciamente mi ha aiutato a esternare pensieri e sentimenti che avevo bloccati dentro e sono riuscita a tirarli fuori grazie alle sue letture. (ti voglio bene mamy <3)



Odiavo doverti sempre dire tutta la verità, ma sei stato tu a insegnarmi a non saper mentire. Anzi no. Forse era solo una caratteristica che avevo preso da te.

Te ne combinavo davvero un sacco, eh papà?

Se combinavo le mie solite stupidate cercavo di non dirtele, anche se la maggior parte delle volte eri così attento che nemmeno me ne accorgevo, e poi mi interpellavi con quel tono di voce grave e quel mezzo sorriso che non riusciva mai a trasformarsi in una ruga di rabbia e rimprovero.

“A che ora sei tornata ieri sera?!”

“Hum, vediamo...saranno state circa le...pf..2?”

Palle! Sorridevi mentre sorseggiavi quel goccio di grappa dopo aver bevuto il caffè e in realtà sapevi che ero tornata alle 4, ma non dicevi nulla.

Mi accontentavi sempre in tutto, non serviva che ti dicessi le cose 37 volte; non ti chiedevo molto, ma quello che volevo me lo hai sempre dato, e in tempi da record. Ti toglievi il pane dalla bocca per far mangiare me, la più grande, quella che “ha più bisogno”, si...perché mia sorella era viziata abbastanza da tutti.

Ti fidavi sempre di me papi, erano rare le volte in cui mi facevi le raccomandazioni, tanto comunque sapevi che avrei fatto di testa mia.

E poi quella sera...quella sera che mi stupii che tu mi avessi detto “Vai piano, mi raccomando!”, forse te la sentivi dentro, eh?

E io come sempre in tono canzonatorio ti risposi “Siiii...” e me ne andai alzando gli occhi al cielo e sbattendo la porta.

Ti fidavi di me perché sapevi che ero prudente per strada, ma non potevi mai sapere quanto gli altri non lo fossero.

Mi dispiace papà che ti abbiano chiamato alle 3 del mattino per dirti che venissi a recuperare i miei effetti personali da quel che era rimasto della mia macchina, che tu con sforzo e sacrifici mi regalasti. E mi dispiace che tu abbia visto quel deficiente incosciente che non ha rispettato il semaforo rosso ancora rantolare lì a terra, vicino al mio corpo ormai freddo e coperto da quel lenzuolo bianco così ruvido.

E mi dispiacque ancora di più che tu aprendo la mia borsa abbia trovato quel pacchetto di Winston Blue e l'accendino giallo canarino. Mi si è spezzato il cuore quando hai socchiuso gli occhi e hai scaraventato tutto contro il muro del salotto lasciandoti andare in un pianto ininterrotto.

Scusa papà. Io non volevo deluderti.

Lo so. Mi avevi sempre detto che fumare fa male e che mi avresti spaccato le gambe se solo avessi scoperto che ero una fumatrice. Eppure io ero così brava, così furba a nascondere sempre tutte le prove perché tu non scoprissi assolutamente nulla.

Non avevo tanti altri segreti con te papà.

Non ti ho mai mentito, mai.

Ma sarei stata certa che un giorno quel momento sarebbe arrivato, speravo il più tardi possibile, e che io fossi lì per farmi rimproverare, o forse per trovare una scusa.

Ti avrei detto sicuramente qualcosa del tipo “Eh, ieri sera la mia amica non aveva la borsa e mi ha chiesto se le tenevo il pacchetto, devo essermi dimenticata di tornargliele, aspetta che le mando un messaggio. Non voglio assolutamente tenere quella droga nella mia borsa.”

E invece io mi limitai a osservarti mentre le mie mani evanescenti tentavano di distrarti dall'aprirla quella borsa, e quando hai scoperto il mio più grosso reato nei tuoi confronti mi sentii certa di averti deluso fino alla punta dei capelli, anche se forse in quel momento non te ne fregava molto. Te ne sarebbe importato di certo se mi avessi avuta davanti ai tuoi occhi, o sotto le tue grinfie...

Spero tu possa perdonarmi un giorno papà. Spero davvero tu possa farlo perché io ti voglio bene, e tenterò di proteggerti sempre.

Tieni la mia patente nel tuo portafogli, come se ti servisse, e poi ci tieni anche quella foto orrenda della mia ultima carta d'identità, e quell'altra ancora, quella di quando ero un bozzolo di pochi mesi con quattro capelli neri come la pece in testa.

Te l'ho detto che ti volevo bene, mi ricordo di averlo fatto. Forse te l'avrò detto col mio solito tono scherzoso, con uno dei miei tanti sorrisi idioti stampato in faccia, ma ciò non significava che fosse una scemenza. Io ti ho voluto davvero bene papà, e te ne vorrò sempre...

Vieni tutti i giorni a posare un fiore davanti alla mia croce, e mi racconti sempre che mia sorella ti fa dannare. Lei sì che avrebbe da scrivere un libro su tutto quello che ti tiene nascosto, ma forse è meglio così, potrei vederti sbiancare in un solo istante papà, e io ti voglio bene.

Sai, a volte mi rendo conto che certe cose è meglio che tu non le sappia, così...per il quieto vivere...

  
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