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Autore: Mameofan    21/11/2010    2 recensioni
Francesca, medico strutturato di un importante ospedale veterinario ha un carattere duro, a tratti burbero, odiata dalla maggior parte dei suoi colleghi.
Negli anni ha lasciato fuori dal suo mondo tutti, tranne la sua migliore amica Valentina che cerca in tutte le maniere di convincerla a mostrare anche agli altri il lato buono di sè.
Un giorno particolare nato sotto i peggiori auspici le mostrerà, grazie ad un sogno rivelatore, il volto della sua metà platonica e per lei diventerà un'ossessione...
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mio destino'
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E' la prima storia che pubblico su questo sito, non la prima che scrivo. Questo racconto è nato per caso mentre ero in auto: ho immaginato un dialogo e da li ho fatto venire fuori questa storia. Non so ancora quanti capitoli saranno, forse 3-4, non è molto lunga ma se vi piace come scrivo, ho pronte altri racconti da condividere con voi. Lascio il posto allo scritto, sperando che sia di vostro gradimento...Buona lettura!



Ancora un’ora. Ancora una stramaledettissima ora.
Sono appena le 7 e mezza di domenica mattina e mentre la maggior parte della persone riposa ancora sotto calde coperte, io devo aspettare la fine del mio turno.
Da una finestra del corridoio dell’ospedale veterinario, luogo in cui lavoro da qualche anno come medico strutturato, vedo il parcheggio per gli studenti illuminato solo dalla luce artificiale dei lampioni ed ovviamente non gira anima viva.
Finalmente riesco a respirare un attimo dopo una nottata decisamente movimentata anche per colpa di quella sottospecie di tirocinanti che mi hanno affidato che non sa neanche fare una sutura.
Alla loro età noi tirocinanti non potevamo permetterci le dimenticanze e le leggerezze che si permettono loro e così stanotte non ce l’ho più fatta ed ho urlato tutta la mia frustrazione… probabilmente questi idioti mi odieranno per sempre. Meglio così, non sono mica la loro bambinaia.
Un sospiro: maledetta me quando ho accettato il doppio turno per permettere alla mia collega di uscire a cena con il suo fidanzato per festeggiare il loro anniversario.
Quando le ho detto di si pensavo che il lavoro mi potesse distrarre, mi permettesse di dimenticare il vero motivo per cui non sto ferma un attimo da 5 giorni, da quando la mia ragazza (ragazza? Meglio dire Ex-ragazza) mi ha mollato così su due piedi.
Il vero motivo di questo addio ancora non l’ho capito bene , forse sono stata troppo dura con lei, forse avrei dovuto stare zitta ma odio l’ipocrisia ed odio ancora di più mentire.
Se preferisce le sue amiche a me, se crede a loro e non a me, vuol dire che qualcosa fra di noi è morto o addirittura non è mai nato dopo 10 appassionati mesi… allora che vada al diavolo. Lei e le sue amiche.
Com’è che dice il detto? “Morto un papa se ne fa un altro”. Però , adesso, mi manca.
Accenno un sorriso annegando nei ricordi mentre mi stiracchio i muscoli indolenziti sognando ad occhi aperti il mio caldo lettino che mi sta aspettando a casa e penso “ ancora un piccolo sforzo ed è finita”.
Poi il pensiero corre al mio vicino: se anche stavolta ha la musica a tutto volume quando arrivo, è la volta buona che faccio una strage. Intanto delle voci dalla adiacente stanza di rianimazione mi riportano alla realtà e mi incammino cominciando a correre quando uno degli “idioti” corre nella mia direzione chiamandomi a gran voce.
Un’ora. Devo resistere ancora un’ora.


DOMENICA MATTINA: Ore 8.31

Finalmente è finita. Letto sto arrivando.
Improvvisamente rianimata da una forza inaspettata mi incammino con buona lena verso l’auto per tornare a casa.
Sto per salire nell’abitacolo della macchina quando il cellulare si mette a suonare. Mia madre. Perfetto, penso mentre rispondo alla chiamata.
< Ciao mamma >
< Ciao Franci. Come stai? Ti ho chiamato a casa ma..cosa ci fai in giro a quest’ora di domenica mattina? >
< Sto bene. Sai, ho un lavoro coi turni e mi è toccata la notte. Stavo andando a casa a dormire.> Le rispondo con un po’ di nervosismo.
< Ah, ok. Senti, quando ti deciderai a farmi conoscere la tua ragazza!>
Sospiro profondamente. Mi mancava solo questa. Come le faccio a dire che ci siano lasciate? E se ricominciasse ad organizzarmi appuntamenti con baldi giovani? No, non potrei sopportarlo nuovamente.
< Mamma ascolta. Io lavoro, lei lavora. Appena possiamo veniamo, te l’abbiamo promesso…> cerco di non innervosirmi più di tanto dando fondo a tutta la mia residua lucidità.
< Ho capito. Allora avevo ragione io, non vuoi farmela conoscere> Vuole litigare, la solita storia, devo restare calma.
< Non dire così, ti prego. Senti: sono distrutta, ho appena finito un turno massacrante qui in ospedale. I tirocinanti me ne hanno combinate di tutti i colori, tanto che ho passato più tempo a risolvere i loro casini che fare il lavoro per cui sono pagata. Ne possiamo riparlare oggi pomeriggio? Adesso ho solo voglia di toccare il letto>
< Va bene..> mi risponde poco convinta
< Perfetto, Ti chiamo io. Salutami papà> e butto giù il telefono prima che possa replicare.
Sarò stata un po’ troppo stronza con lei ma la conosco e se le rispondevo a tono, sarei arrivata a casa mia per l’ora di pranzo.
Mentre poso il telefono, il visore si illumina di nuovo. E’ la mia migliore amica Valentina, l’unica donna a cui ho permesso di conoscermi così a fondo.
Rispondo allo squillo sorridendo e spengo il cellulare: per questa mattina basta scocciatori sono veramente esausta.
Metto finalmente in moto osservando dallo specchio il polo ospedaliero che si fa sempre più piccolo mentre le ruote della mia macchina macinano la strada di fronte a me a grande velocità.
Le strade sono, per fortuna, deserte e una dolce musica alla radio mi tiene compagnia durante il breve viaggio, impedendomi di addormentarmi al volante.
Con le ultime forze rimaste parcheggio, chiudo l’auto e mi trascino fin su all’ascensore dove mi lascio cullare dalle vibrazioni che mi anticipano un buon sonno.
Per fortuna il vicino di casa sembra tranquillo e, rinfrancata, apro casa e mi butto ancora vestita sul grande letto matrimoniale dove il contatto fra il mio viso ed il cuscino fresco di bucato mi fa addormentare all’istante.

... Sono in una spiaggia. Guardo il mare mentre il vento mi scombina i capelli ed le narici si saturano di sale marino.
C’è silenzio. Un silenzio rumoroso. Solo il dolce rumore delle onde che si infrangono sugli scogli poco distanti lo riempie.
Un paio di occhiali da sole mi impedisce di godere appieno dei colori caldi dell’estate e piccole gocce di sudore percorrono la mia pelle ancora chiara procurandomi intesi brividi lungo la schiena.
In questo paradiso spunta improvvisamente una donna, mai vista, che si avvicina a passi lenti verso di me.
E’ alta, mora, con un corpo mozzafiato da far perdere la testa a qualsiasi essere vivente sulla terra.
Provo ad alzarmi ma non ci riesco. Provo a tenderle la mano… stessa sorte.
Si ferma ad un paio di metri da me e riesco ad osservarla meglio perdendomi all’istante quando i nostri sguardi si incrociano. Il mio cuore batte alla velocità della luce, il cervello è in stand-by anche lui distratto da tale perfezione.
Mi guarda dolce ma senza muovere un passo. Restiamo così per un tempo interminabile: forse secondi, forse minuti..forse il tempo ha deciso di fermassi in questo meraviglioso momento.
L’ istante dopo si gira e si butta in mare.
Nello stesso attimo che il pelo dell’acqua va in frantumi, il mio corpo ricomincia a muoversi e corro verso di lei ma è troppo tardi. Ormai è irraggiungibile.
Mi sorride e sento pronunciare le sue uniche parole che mi inquietano l’anima: “ Sei nel mio destino..”
Infine un ultimo dolce sorriso prima di cadere giù in fondo al mare, senza lottare, lasciandomi impotente a fissare quell’orrenda scena...



< Nooo…> urlo svegliandomi di soprassalto e tenendo forte il cuscino.
Mi guardo attorno ma tutto è tranquillo: dai finestroni della mia mansarda si sente un rumore incessante di pioggia ma con la luce del giorno che illumina debolmente la mia stanza.
Quel sogno mi ha lasciato un senso di agitazione che non mi ha ancora abbandonato e mi accorgo di avere ancora i vestiti addosso.
Mi alzo con paura quando l’orologio segna appena le 9.15 e mi cambio infilandomi sotto le coperte.
La stanchezza non è andata per nulla via tanto che neanche il brutto sogno di prima mi impedisce di addormentarmi nuovamente appena chiudo gli occhi.

Drin Drin Drin

Lo squillo del telefono di casa mi sveglia dopo neanche 5 minuti che mi ero appisolata. Contro voglia mi alzo: adesso veramente basta.
Prendo il cordless ripromettendomi di non assalire subito il mio interlocutore:
< Pronto?>
< Ciao dormigliona.> la voce di Valentina mi fa perdere tutto lo spirito combattivo. Come potevo arrabbiarmi con lei?
< Ciao rompiscatole> rispondo con umorismo.
< Sei ancora a letto? Dai vestiti che usciamo e niente storie. Ti vengo a prendere sotto casa fra mezz’ora.>
Neanche il tempo di risponderle che ha già chiuso la chiamata. Guardo il mio letto e gli dico ad alta voce: “ Amico mio, mi sa che dovremo aspettare.”
  
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