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Autore: Bianca Wolfe    21/11/2010    4 recensioni
In qualsiasi festività, Neville Paciock viene accompagnato dalla nonna, Augusta, all'ospedale di San Mungo per Malattie e Ferite Magiche. E, ogni volte, non riesce a dire che qualche parola biascicata. Questa volta, però, dopo il suo quinto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, avrà qualcosa da dire. Qualcosa di davvero importante. NdA: Ho questo progetto in testa da un po' e volevo assolutamente scrivere questa One-Shot. Spero che sia gradita a qualcuno :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Neville Paciock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Varcare la porta che lo avrebbe condotto in quei corridoi era sempre un’esperienza deprimente. Ma, ormai, da quasi sedici anni della sua vita, Neville Paciock li aveva percorsi tante, e tante volte, per cause di forza maggiore. Sua nonna lo aveva sempre accompagnato all’ospedale di San Mungo per Ferite e Malattie Magiche, nella stanza dove Frank e Alice Paciock vivevano, impazziti dal dolore che la maledizione Cruciatus, scagliatagli contro da Bellatrix Lestrange, gli aveva provocato.
Ma, quella volta, sua nonna non c’era. Lui le aveva chiesto se poteva andare da solo, quella volta. Forse sarebbe riuscito a parlar loro, a dirgli cos’era successo al Ministero… A renderli orgogliosi di lui.
C’era anche la possibilità che, però, nessuno dei due avrebbe capito, ridotti com’erano. Ma lo dovevano sapere. Dovevano sapere che aveva affrontato la donna che li aveva torturati in tal modo, colei che aveva fatto in modo che una famiglia venisse sradicata. Ebbene, dovevano sapere anche che non aveva avuto paura. No. In un primo momento, semmai, si era sentito perso, terrorizzato. Ma appena aveva visto quel volto maligno, che lo guardava e rideva della sua sorte e di quella dei suoi genitori, ogni pensiero era scomparso e solo una voglia matta di vendetta aveva aleggiato nella sua mente.
Passò davanti al capo-reparto senza nemmeno avvertire che era lì. Né il capo-reparto gli chiese qualcosa: era abituato alla sua presenza, ormai. Perciò camminò dritto verso la stanza del signore e della signora Paciock. Un’infermiera lo precedette, però, annunciando loro il suo arrivo. Era comunque la prassi ordinaria.
Neville entrò. Non sapeva se sorridergli oppure no, se il gesto avrebbe aiutato a farli sentire meglio. Nell’indecisione, ne uscì fuori una smorfia poco convinta. Entrambi i suoi genitori risposero a quel mezzo sorriso, senza dire una parola. Erano muti da anni: uno dei tanti effetti che la maledizione aveva loro inflitto. Il ragazzo si sedette su una sedia messa a disposizione dalla stanza, e si sistemò al centro dello spazio tra gli unici due letti, in modo che sia il padre che la madre lo avessero visto per bene in volto. Entrambi si limitarono a fissarli incuriositi.
« Ciao, mamma » incominciò, rivolto alla donna. Poi spostò il suo sguardo verso l’uomo, e aggiunse: « Ciao, papà ».
Come se non avesse detto nulla, Frank Paciock si distese sul letto, supino, mentre Alice Paciock iniziava a canticchiare e a girovagare per la stanza. Non era la prima volta che accadeva.
Proprio quando il padre era lì lì per addormentarsi, e la madre stava per uscire e spostarsi in corridoio, Neville disse brusco: « Ho incontrato Bellatrix Lestrange, il mese scorso ».
Fu come far scattare un meccanismo. Quel nome, quel nome orrendo quasi come le terribili azioni che la sua proprietaria aveva commesso, attirò l’attenzione dei due, che ascoltarono il figlio come se di nuovo sani di mente, come un tempo. Allora Neville iniziò finalmente il suo racconto. Raccontò di Harry Potter, e dell’esercito che aveva creato nel quale lui faceva parte, l’Esercito di Silente; raccontò di quanto fosse migliorato nelle arti magiche, e di quanto non fosse più ritenuto uno sfigato – epiteto ormai a lui molto comune a Hogwarts – da molti dei suoi compagni; e poi raccontò delle vicende avvenute al Ministero della Magia, di come aveva combattuto contro i Mangiamorte, di come, seppur torturato, proprio come loro, non avesse tradito i suoi amici. Una volta finita la spiegazione, nei quattro occhi che lo fissavano, sconvolti, riuscì a vedere una luce, forse di consapevolezza.
E mentre quella si spense subito negli occhi di Frank, facendolo così tornare a stendersi sul letto, quella stessa luce persistette negli occhi di Alice che abbracciò suo figlio, gesto che non aveva mai compiuto in sedici anni. Durò poco, in quanto anche la donna tornò come prima, canticchiante e incapace d’intendere e di volere.
Neville pianse. Non per tristezza, o angoscia, ma per gioia e fierezza: sua madre lo aveva riconosciuto. Sua madre lo aveva abbracciato. La speranza si accese nel suo animo, calda e buona, e lo rese cosciente del fatto che non solo i suoi genitori potessero davvero guarire, ma che erano orgogliosi di lui, proprio come desiderava.
Guardò un’ultima volta entrambi, prima di salutarli e uscire. Sua nonna lo aspettava all’ingresso e, quando lo vide, piangente ma con un sorriso stampato in volto, gli chiese preoccupata: « Nipote mio, cos’è successo? ».
Neville guardò la nonna, felice. « I miei genitori sono orgogliosi di me ».
« Oh, tesoro, lo sono sempre stati » replicò lei, abbracciandolo forte. « Non serviva combattere contro Bellatrix Lestrange, o Tu-Sai-Chi in persona ».
Augusta Paciock sorrise, mettendo in ordine i capelli del nipote. Neville rimuginò sulle parole che sua nonna aveva appena pronunciato. Aveva ragione: non c’era bisogno che si ficcasse in un pericolo mortale perché i suoi genitori lo riconoscessero. Iniziò a capire che sua madre lo aveva riconosciuto perché, finalmente, si era deciso a parlare, si era fatto avanti.
In quel momento,il suo sorriso si allargò e nulla poteva guastare quel momento di felicità.




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Un po' corta, ma ci tenevo davvero a scriverla. Mi sono sempre chiesta se Neville avesse detto ai suoi genitori che aveva affrontato Bellatrix Lestrange. E allora mi sono detta: "Perché non ci scrivi su una One-Shot?". Ed eccomi qui :)
Spero che almeno a qualcuno sia piaciuta x)

Baci, Sara.
   
 
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