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Autore: Malitia    22/11/2010    1 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato l'uso del tag b se non in casi particolari, come per segnalare vittore (primo posto) in concorsi.
Rinoa81, assistente amministratrice.

La vita di Marguerite cambia quando, indotta dalla sorella, accetta all'età di 15 anni di diventare la moglie di un uomo maturo e senza scrupoli. Trasformata in una creatura rancorosa e furente, si trasferisce a Parigi tre anni dopo aver contratto il suo sfortunato matrimonio, e qui incontra per la prima volta l'amore. Ma potrà sfuggire dalle grinfie del marito?
Dall'ultimo capitolo:
Marguerite socchiuse gli occhi, confidando che il buio non rivelasse quell’attimo di debolezza. - Dei, santi, angeli, Madonne, papati…cosa ci danno? Ore di preghiere, false speranza, fiducie mal riposte. Bianco e nero, male e bene, inferno e paradiso, dov’è la giustizia? Un dio che permette le guerre, che chiude gli occhi davanti ad omicidi, truci dazioni, sangue, stupri! Un diavolo tentatore che diffonde i male, che si bea del dolore, che agisce impunito. L’unico modo per sopravvivere è cedere all’odio, corrompersi e dimenticare la coscienza, ma al prezzo della propria anima. Chi, in questo mondo, si mantiene ancora puro? Chi merita il paradiso? Bambine vendute a ricchi mercenari senza scrupoli, società ipocrite, sporche e sanguinarie! Bugia, non v’è altro che bugia in questo e quell’altro mondo, niente in cui credere, niente per cui valga la pena lottare. Il lercio contamina il puro, la notte eclissa il sole. Nè bene, né male, una sola unica creatura. Né inferno, né paradiso, soltanto questa terra meschina, e null’altra certezza se non quella della morte-. Marguerite continuò a tendere gli occhi chiusi, il battito incessante del proprio cuore che le assordava i timpani. Sentì che Lemaire si stava avvicinando e li riaprì controvoglia. Era a pochi centimetri da lei, evidentemente scosso. La sua fredda impassibilità si era sgretolata. - Niente per cui valga la pena di lottare, Madame? E l’amore?-.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20 Non appena entrati nella serra, Celine aveva cominciato a guardare con la coda dell’occhio il fratello. 
Era innegabile che tra lui e Madame Rimbaud ci fosse stata una riconciliazione, il modo felicemente imbarazzato con cui si guardavano non lasciava spazio a dubbi. Tirò un sospiro di sollievo e rivolse l’ennesimo solare sorriso ad Hugo Rimbaud. 
Jacques aveva proprio ragione, era insopportabile. 
Si era lanciato in una filippica dalla vena vagamente scientifica in cui dimostrava –più che altro ne aveva l’intenzione- i benefici di un particolare concime proveniente da New York... New Orleans… o era il New Jersey?
Celine si meravigliò di come facesse sua moglie a tollerarlo addirittura da tre anni, ad aver generato una bambina e a guardarlo in faccia ogni mattina. Celine non avrebbe potuto starlo a sentire un minuto di più.
- E queste sono le mie rose!- lo interruppe ad un tratto, senza curarsi della valanga di parole che le aveva rigettato addosso. – Non sono meravigliose? Mi curo di loro come se fossi la loro mamma…-- Magnifiche, davvero magnifiche!- asserì Rimbaud, facendo cadere ancora una volta lo sguardo sul suo decolleté. – E sono sicuro che siete una mamma molto premurosa!-.
Il modo ingordo con cui si umettò le labbra le fece venire i brividi. Cosa doveva sopportare per il bene di Adrien…

La zia Josephine osservava lo svolgersi degli eventi con la solita imperscrutabilità. Sembrava volesse rimproverare l’esosità della nipote, ma in qualche maniera e per qualche oscuro motivo, evitava di farlo. Di certo, questo non era un suo tipico atteggiamento.
Mai una volta Josephine Binet aveva risparmiato dure critiche ai modi vivaci delle sorelle Lemaire. Celine in particolare, la più piccola, era il suo tallone d’ Achille. 
Sfrontata e indomabile come la madre. 
E altrettanto graziosa, doveva ammettere pur questo. 
Somigliava molto ad Adrien, con quegli occhi acuti e grandi, spensierati o pensierosi. Louise invece, che, forse per l’età un po’ più grande, era leggermente più contenuta, somigliava tutta a lei e al padre. Povero Guillame, pace all’anima sua… Amava i figli come nient’altro al mondo, e non aveva avuto il tempo sufficiente di vederli maturare, sposare e procreare a loro volta degli eredi.
Tutto era finito nelle mani di Adrien troppo presto… Si sentiva già un uomo per la cospicua rendita che possedeva e per il ruolo che esercitava adesso all’interno della famiglia, ma era ancora un ragazzo. 
Mademoiselle Binet guardava e taceva.
Fu a lei che parlò Hugo, per scrupolo, si presume, di non rivolgere proprio tutte le attenzioni a Celine. 
- E voi, Madame? Non coltivate fiori come la vostra amabile nipote?-.
Zia Josephine riuscì, tirando con tutte le forze le pieghe del viso abitualmente marmoree, a far comparire sul viso un sorriso affabile. 
- Gli unici fiori che coltivo, signore –fu la risposta- sono i crisantemi da deporre sulla tomba dei miei nemici-.
Il silenzio calato sull’allegra combriccola sarebbe stato senz’altro imbarazzante se non fosse stato interrotto dal pianto acuto e improvviso di una bambina.
Charlotte infatti, tra le braccia di Louise, aveva cominciato a strillare convulsamente.
Il visino pallido era diventato d’un tratto livido, e le labbrucce apparivano contratte in una smorfia di sbigottito smarrimento. Tuttavia non era questo che avrebbe potuto turbare, quanto il modo rantolante con cui aveva cominciato a respirare.
La piccola inoltre agitava disordinatamente le braccia e tossiva con forza. 
I suoi spasmi erano aumentati fino a toglierle completamente l’aria.

Marguerite abbandonò ogni romantica velleità e corse immediatamente dalla nipote.
La confusione che regnava nella sua testa non le permetteva nemmeno di distinguere le voci degli altri che correvano a chiamare il medico.
Non capiva cosa stesse succedendo, era forse malata? Perché Georgette non le aveva detto nulla? Perché Charlotte non riusciva a respirare? 
La prese tra le braccia e cercò di calmarla.
La bambina, che si era sempre aggrappata a lei con tenacia, adesso la allontanava, cercare respiro, e questo sembrava invece farsi più sottile e irraggiungibile, come il nodo di una fune che l’avrebbe stretta fino alla fine. 
Marguerite versava calde lacrime e urlava e si chiedeva perché, e pensava che era colpa sua, solo colpa sua che l’aveva tolta alla madre naturale per un capriccio ed era stata un mostro, soltanto un mostro, ed un’egoista, ma non voleva che quella dolcissima bambina la pagasse per questo. 
Più passava il tempo più pensava che non l’avrebbero salvata, più la stringeva, più lei voleva liberarsi e gridava e si divincolava. 
Adrien tentò di toglierle Charlotte dalle braccia ma lei non voleva, e qualcuno la tirò da un’altra parte finché non lasciò scivolare il corpicino tra le mani di uno sconosciuto. 
Poi si perse, si abbandonò al buio, e l’ultima immagine che vide fu quella del viso di Charlotte, diventato cadaverico, condotto via da un uomo che non aveva mai visto.

  
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