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Autore: Stregatta    23/11/2010    8 recensioni
Sarebbe stato uno degli outing più curati dello show-business, con tanto di sceneggiatura e comparse scelte con cura – Chris e Tom avrebbero presenziato assieme ai capi della WMG, sotto sua esplicita richiesta. Non era così ingenuo da credere che l'omosessualità del sessantasei per cento dei Muse riguardasse solo il sessantasei per cento dei Muse.
Se Matthew avesse mostrato di pensarla allo stesso modo, sarebbe stato senz'altro più tranquillo.

{Matthew si arrende. Anche Dominic.}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hearts in a Cage'
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Spiral Static



A storm growing strong and it's coming my way



Il bordo bianco del water era tondo e rassicurante come un salvagente; Dominic lo strinse spasmodicamente ad entrambi i lati, come un naufrago perso in mare senza prospettive più concrete di salvezza di fronte a sé.
Chiuse bocca ed occhi, ingoiando furtivamente un singhiozzo nel timore che qualcuno potesse entrare in bagno e sorprenderlo in preda ad un principio di crisi isterica.
Affannosamente, si tirò in piedi con le gambe molli e la fronte imperlata di sudore freddo, tirando poi la catenella dello sciacquone.
Lo scroscio d'acqua si portò via il risultato di una nottata passata per lo più in bianco, una colazione troppo pesante per lui che di mattina non amava prendere altro se non una tazza di fumante caffé nero ed una mezza lite consumatasi dietro i vetri oscurati e sui viscidi sedili in pelle nera di una lussuosa limousine.


Matthew era rimasto silenzioso per almeno tre quarti del viaggio verso la sala conferenze della Warner, il volto rigido e gli occhi sul retro del berretto dello chaffeur di fronte a sé.
Era impossibile che non si accorgesse di come, al suo fianco, Dominic si torcesse le mani e dondolasse un piede freneticamente – forse era la prima volta in più di dieci anni che il batterista mostrava tanto platealmente d'essere nervoso e preoccupato prima di un incontro con dei giornalisti.
Ogni tanto, gettava un'occhiata di sottecchi al frontman, studiandone il profilo pallido contro il finestrino chiuso e buio.
Persino mentre era in California lo aveva percepito meno distante da sé, meno distaccato.
Magari, si disse per tranquillizzarsi, era l'agitazione a renderlo preda di presentimenti che in fondo erano solo paure bisognose di venire a galla sotto una qualsivoglia forma, ma in realtà sapeva che non si trattava più di questo.
Matt, molto semplicemente, non c'era e non aveva mai desiderato esserci. Non aveva mai voluto che arrivasse quel momento, e dentro di sé probabilmente stava cercando ancora di comprendere perché invece per Dominic fosse di vitale importanza essere lì, seduti in auto, in viaggio verso un'arena di taccuini, registratori e flash che avrebbero registrato impietosamente ogni attimo di ogni loro smorfia, esitazione e sguardo colpevole.
Non che non avesse studiato adeguatamente la propria parte – aveva impiegato ore ed ore ad istruirlo su ogni possibile obiezione e domanda pruriginosa allo scopo di elaborare un discorso che fosse chiaro ed esaustivo per chiunque, dal fan quindicenne che li considerava alla stregua di semidei all'anziana casalinga memore dei tempi in cui la sodomia era un reato di non poco conto, moralmente e penalmente.
Dominic aveva pensato a tutto, prima depennando di volta in volta le alternative propostegli da Tom - vuoi convocare una conferenza stampa? Vuoi vendere l'esclusiva ad un giornale? Vuoi farlo prima o dopo essere tornati in studio? Aspettiamo l'ultima data del tour, in caso tu voglia farlo prima? Vuoi farlo on stage? Ti risulterebbe più facile? - e poi delegando al manager solo i dettagli prettamente organizzativi della conferenza, pur non potendo fare a meno di supervisionarlo.
In sostanza, si era comportato in maniera molto professionale. Sarebbe stato uno degli outing più curati dello show-business, con tanto di sceneggiatura e comparse scelte con cura – Chris e Tom avrebbero presenziato assieme ai capi della WMG, sotto sua esplicita richiesta. Non era così ingenuo da credere che l'omosessualità del sessantasei per cento dei Muse riguardasse solo il sessantasei per cento dei Muse.
Se Matthew avesse mostrato di pensarla allo stesso modo, sarebbe stato senz'altro più tranquillo.
Certo, che ormai conoscesse a memoria il copione della recita, che lo avesse assecondato in ogni suo desiderio e disposizione fin da quando lo aveva informato che avrebbe rinunciato persino al suo posto all'interno della band, pur di mettere il mondo al corrente del loro legame e che non avesse protestato minimamente all'idea era indubbio.
Matthew aveva modi più sottili di far pesare la sua volontà, e di sbattergli in faccia il suo rifiuto ostinato di sostenerlo.
Il suo aspetto, per esempio.
Quel giorno il suo completo in grisaille era ben stirato, la camicia abbottonata ordinatamente e la cravatta intonata al resto degli abiti; i suoi capelli erano puliti ed ordinati, la barba rasata con cura; quando lo aveva baciato, prima di uscire dall'appartamento, aveva colto l'aroma intenso del profumo che gli aveva regalato lo scorso Natale e che Matthew utilizzava col contagocce, in rare occasioni.
Non un dettaglio fuori posto, come fosse un bambino abbigliato dalla madre per la messa domenicale.
Un travestimento, un costume teatrale. Splendidamente falso.


L'auto aveva appena svoltato in Kensington Church Street, quando Dominic si allungò con la massima calma verso il pulsante che permetteva di isolare l'autista dai passeggeri seduti sul sedile posteriore.
La lastra di separazione non era ancora del tutto arrivata a coprirli da attenzioni indesiderate, quando Dominic mormorò con apparente indifferenza: - Perché vuoi scaricare tutta la responsabilità su di me? -
Voleva recriminare, esatto. Dopo essersi fatto il culo per giorni – ad onor di cronaca, per anni – progettando il modo perfetto di ferire e ferirsi il meno possibile per mano dei loro stessi sentimenti, meritava un minimo di considerazione.
Matthew non si scompose più di tanto: scrollò le spalle, senza guardarlo.
- Ti sto solo dando carta bianca, Dom... Ho sempre guidato io, nel nostro rapporto. Ora ho deciso che è giusto darti spazio. -
Il batterista digrignò i denti, a bocca chiusa.
La voce gli si incrinò quasi, nell'accusarlo sotto forma di domanda: - Ti stai vendicando? Vuoi darmi una lezione? -
- No. -
Dominic inspirò profondamente un paio di volte, prima di pronunciare in un mormorio teso: - Mi stai lasciando solo quando ho più bisogno che tu mi stia accanto. -
Come in molte altre occasioni, nei giorni addietro, Matthew rispose all'attacco con l'arma che sapeva maneggiare meglio: un silenzio assurdo e raggelante, una protesta ottusa e fastidiosa sistematicamente ignorata da Dominic per molto tempo nonostante facesse male, e paura.
Ma proprio quella mattina, non poteva far finta di nulla... Perché era finita.
In venti minuti di macchina, erano finiti cinque anni di sotterfugi e sveltine. Di party in maschera e cuccette di tourbus. Di doppi sensi e carezze nascoste.
E di qualche illusione di troppo.
- Non ci sarà bisogno di dirlo a nessuno... La questione è chiusa. - annunciò Dominic in un soffio, quando la limousine parcheggiò di fronte alla WMG.
L'autista spalancò lo sportello posteriore, mettendosi poi da parte per lasciar passare il batterista; Matthew lo trattenne per una mano, impedendogli di uscire e bisbigliando: - Che significa? -
Dominic fissò le dita pallide dell'uomo ferme sulle proprie, considerando che forse quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbero toccato.
- Che mi arrendo. Hai vinto tu. -
Di nuovo, e definitivamente.


Tom lo individuò subito, lasciando la sua postazione di fianco alla porta aperta della sala conferenze già gremita di gente; gli venne incontro di corsa nel corridoio, stringendogli un braccio ed avvertendolo sbrigativamente: - Cominciamo fra cinque minuti... Dov'è Dom? -
Matthew sollevò lo sguardo sul volto dell'amico, con un accenno di fiatone duro ad estinguersi.
- Matt...? -
- Non lo trovo. -
Il manager sbiancò letteralmente, lasciando la presa.
- … come sarebbe a dire? -
- Noi... -
- Avete litigato? -
Il cantante annuì in silenzio; Tom si infilò entrambe le mani fra i capelli, borbottando un attonito: - Porca troia... -
- È entrato qui, ma non so dove diavolo sia... Ho chiesto ovunque e non risponde al cellulare. - spiegò rapidamente Matthew, mentre l'altro si mordicchiava il labbro inferiore – a giudicare dall'espressione che aveva messo su, la sua mente stava lavorando a pieni regimi per trovare una soluzione al problema.
Alla fine gettò un'occhiata in fondo al corridoio, prima di proporre: - Vi bastano dieci minuti, per non mandare tutto a monte? -
- Non so... -
- No, Matt, devi saperlo. Tutta quella gente non è certo qui per me. -
- Ti dico che non lo so! È incazzato nero! -
- Problemi tuoi... Io devo sapere se la conferenza ci sarà o meno. -
Fissando il manager dal basso verso l'alto, Matthew non riuscì a trattenersi dall'apostrofarlo con sarcasmo: - Molto professionale, signor Kirk. - ricevendo la fulminea rimbeccata di Tom: - A differenza tua. -
L'uomo si addolcì appena nel dare al frontman una breve pacca di incoraggiamento sulla spalla.
- Riportalo qui, vado ad avvertire che siete in ritardo. -


Gli studios non erano poi così labirintici o estesi da potervisi perdere all'interno – o nascondersi tanto a lungo. L'ipotesi che Dominic fosse già uscito a bere un caffé da qualche parte o in viaggio verso casa per prendere tutte le sue cose e lasciargliele sul pianerottolo senza nemmeno infilarle in valigia non era da scartare.
In realtà, però, si sentiva abbastanza sicuro del fatto che fosse ancora lì ad attenderlo da qualche parte – in fondo, se non avesse desiderato andare fino in fondo non avrebbe infilato il portone della WMG a passo di carica, lasciandosi dietro uno chaffeur perplesso ed un cantante assolutamente raggelato.
Matthew non l'aveva seguito immediatamente. Era rimasto fermo a guardarlo, senza fare nulla – e cosa c'era di nuovo in tutto ciò?
Per forza di cose, quindi, lo aveva perso di vista: fra l'altro non gli era neanche parso necessario corrergli dietro, convinto com'era di trovarlo già a confabulare freneticamente con Tom e Chris al suo arrivo in sala conferenze.
Ma Dominic non c'era.
Dominic, che quasi aveva preteso di scrivergli un intervento da recitare di fronte alla stampa, che non dormiva per più di quattro o cinque ore per notte da una settimana a causa dello stress, che lo incoraggiava, lo stimolava a parlare e ad esporre le proprie preferenze circa i giornalisti da invitare.
Dominic: zelante, impegnato, entusiasta e completamente sordo.
Fino a quella mattina, Matthew dubitava che il batterista si fosse accorto della sua apatia e dei lunghi silenzi – da lui si era aspettato una qualche forma di rimprovero almeno la sera prima, quando a cena non era stato in grado di festeggiare la vigilia del loro outing con lo stesso loquace impegno che aveva impiegato il suo partner.
Sperava, a dirla tutta, in una chance qualsiasi di poter dire che questa cosa, quest'imbarazzante cerimonia avrebbe scatenato solo un vespaio di polemiche, battutacce, insinuazioni a danno di qualcosa che era altro rispetto a quello che chiunque al di fuori della loro relazione potesse immaginare.
A trattenerlo, aveva contribuito in gran parte anche ciò che leggeva da qualche settimana sul volto di Dominic.
Nonostante le ore di sonno perdute ed il ritmo frenetico che si era imposto sovrintendendo personalmente all'organizzazione della conferenza, il suo uomo era raggiante, energico, sicuro.
In altre parole, Dominic non sembrava così felice da molto, troppo tempo... E Matthew aveva semplicemente cercato di perseverare nella sua idea - folle, insensata, il risultato imprevedibile dato dall'immane spossatezza che lo permeava sin dal suo ritorno da Los Angeles - di non rabbuiarlo, di non imporsi una volta di più.
Era pienamente consapevole di quanto ciò fosse rischioso, ma aveva deciso che Dominic avrebbe ottenuto ciò a cui teneva. Non avrebbe finto di condividere il suo punto di vista, ma l'avrebbe lasciato fare perché... Perché forse, nonostante non fosse per nulla persuaso di ciò, era questa la strada da intraprendere per arrivare ad una soluzione degna di tale appellativo e, per la prima volta in vita sua, non aveva un piano B abbastanza convincente da proporre in alternativa a quello di Dominic.

Quindi, i dubbi rimanevano intatti. Solo, li aveva tenuti per sé fino a quella mattinata.

Ovviamente, il tutto si era risolto in un colossale fallimento. Dominic non era certo uno stupido, od incapace di cogliere certi segnali.
E aveva otto minuti di orologio per cercare di rimediare all'ennesimo, involontario disastro nel quale aveva trascinato entrambi a forza.


Doveva essere davvero sconvolto per starsene seduto sul pavimento di un bagno pubblico maschile, proprio lui che di natura rasentava la maniacalità riguardo igiene ed ordine personali.
Era chiuso in una posizione che lo faceva rassomigliare un po' ad un bambino – le gambe magre puntellate contro il torace e circondate dalle braccia, il volto poggiato sulle ginocchia e gli occhi chiusi.
Matthew lo conosceva da abbastanza tempo per notare quanto invece fosse uomo, quel giorno. Per leggere in ogni ruga d'espressione, anche la più piccola, quanto male avesse sopportato semplicemente stringendo i denti e lavorando sodo.
In quel momento, l'angoscia dell'averlo sconfitto definitivamente lo attanagliava senza lasciargli respiro – doveva riflettere, doveva trovare dentro di sé le parole giuste per aiutarlo a comprendere il suo punto di vista, visto che fino ad allora nessun discorso per quanto apparentemente sensato sembrava aver funzionato.
Abbozzando un sorriso scettico, Matthew si mosse dalla soglia del bagno quasi barcollando.
Era conscio del dolore di Dominic in maniera quasi tattile, esattamente come il suo amante doveva avvertire la sua presenza pur senza muovere un muscolo per accertarsene concretamente.
- Dominic Howard e Matthew Bellamy dei Muse stanno insieme. Sono innamorati l'uno dell'altro. Sono gay. -
Se la verità cruda ed impietosa di un titolo da tabloid non funzionava...
- ... dimmi se ti riconosci in almeno una di queste affermazioni. -
Adagio adagio, Dominic sollevò sull'altro un paio di occhi rossi e gonfi di pianto e rancore.
- Mi fai sentire così sporco, e idiota. - gracchiò, prima di schiarirsi rumorosamente la voce.
Sospirando profondamente, Matthew si passò una mano sul volto.
- Mi fai sentire uno stronzo ipocrita. -
- Lo sei. -
- Non fare discorsi da bambino, ti prego. - la voce di Matthew venne fuori come il lamento esasperato di chi aveva già dovuto affrontare simili argomentazioni diverse volte, in passato.
Sapeva che Dominic non intendeva farlo sentire un mostro, era troppo intelligente per arrivare a credere sul serio che i suoi fossero solo gli ostinati capricci di un bambino che desiderasse la botte piena e la moglie ubriaca – la rispettabilità ed un amante che si prendesse cura delle sue voglie, anche quelle di cui non era a conoscenza... Perché in quei cinque anni si erano messi a nudo fisicamente, moralmente, mentalmente in una sorta di crescita accelerata che li aveva trasformati in due persone completamente diverse dai due adolescenti conosciutisi al Den per un puro caso fortuito o dai ventenni inebriati dal successo ottenuto con quel concentrato acerbo di rabbia e suoni distorti del loro album d'esordio o ancora dai party animals malati di protagonismo di Origin of Symmetry.
Le esperienze che avevano collezionato, la loro alleanza ed il bene assolutamente sincero e viscerale che legava loro l'uno all'altro, ancor prima di iniziare a scopare gioiosamente in qualunque momento disponibile della giornata, quello era l'unico dato certo dal quale far partire un confronto fra lui e Dominic. Un confronto degno di questo nome, non una vuota rivendicazione di diritti e doveri che-Dio, ce n'era bisogno?
- Smettiamo di scopare. -
Il suggerimento cadde atono dalla bocca di Dominic, una soluzione ridicola e disperata che Matthew accantonò immediatamente scuotendo il capo: - Non cambierebbe nulla. -
- Falla finita. Cinque anni fa le ha cambiate eccome, le cose. - affermò con tono seccato il batterista, deciso evidentemente a restare sulla difensiva.
Matthew si lasciò scivolare contro le piastrelle grigie della parete dietro di lui, sedendosi a terra e mormorando a mezza bocca: - Qualche volta vorrei che non fosse successo. -
La testa bionda di Dominic scattò verso l'alto, e l'uomo lo insultò con pesante sarcasmo: - Eccolo che ricomincia, lo stronzo ipocrita... -
Nonostante i buoni propositi iniziali, Matthew concesse al partner proprio la reazione che desiderava provocare: picchiando rabbiosamente il palmo di una mano contro il pavimento, il frontman dei Muse ruggì: - Fottiti, dannazione! -
Il suono del suo sfogo rimbombò nel piccolo ambiente circostante, ma Dominic non parve particolarmente impressionato: innervosito, l'altro si tirò su per avvicinarglisi e prendergli le mani, parlando a pochi centimetri al suo viso.
- Sei seduto sul pavimento di un cazzo di cesso, a piangere! Non piangevi da quando tuo padre è morto! Cosa diavolo ti preoccupi a fare della nostra cazzo di relazione se pensi che questo non mi faccia alcun effetto? Non ce la faccio più neanch'io, te lo vuoi mettere in testa? Io so che soffri, e che soffri per colpa mia e che non posso cambiare questo stato di cose perché non sono in grado di andare di là, prenderti per mano e cinguettare “Salve a tutti, siamo amanti!” come se nulla fosse! -
Per un istante, Dominic non aprì bocca per replicare.
Batté debolmente le palpebre, schiudendo le labbra per sussurrare su quelle di Matthew: - Io preferisco esplodere, piuttosto che implodere. -
- E io preferisco salvarci, piuttosto che vederci esplodere. - Finalmente poteva dirlo.
La collisione non era mai parsa tanto inevitabile come allora. La sensazione che non ci sarebbe stato nulla da salvare, una volta usciti da quel maledetto cesso pubblico, era altrettanto tangibile.
- Ci affibbieranno un'etichetta. Diventeremo un modello da seguire per tutti i ragazzi e le ragazze segretamente omosessuali che ci ammireranno per il coraggio con il quale combattiamo per difendere il nostro amore vero. Un cazzo di esempio da tirare in ballo quando ci sarà da discutere sui diritti dei gay e sull'omofobia. -
- E poi adotteremo dei bambini cambogiani e ci faremo chiamare BellDom, come i Brangelina. - ritorse Dominic con un sorrisetto storto, lo stesso dei tempi migliori, al quale Matthew rispose con uno sbuffo leggero, una risatina mascherata da sospiro.
- Dom... Siamo più di così, altrimenti non avremmo resistito tanto a lungo. -
- Hai ragione, siamo più che amanti... Siamo un enigma psicanalitico, direi. -
In effetti, quale freudiano convinto non si sarebbe esaltato all'idea di affondare fino alla cintola nel groviglio acquitrinoso di motivazioni più o meno inconsce il quale costituiva la chiave di volta della loro relazione?
Ghignando all'improvvisa reminescenza dei termini “fase anale” e “fase orale” ed applicandoli non molto scientificamente al loro caso specifico, Matthew si riscosse solo quando Dominic lo chiamò sottovoce, dolcemente.
- Matt... -
Si aspettava una rassicurazione, a quel punto, come già era successo in passato.
Funzionava così, tra loro. Ogni lite portava con sé soltanto un ulteriore rinvio della pena da scontare, di una resa dei conti che sembrava ogni volta mostrare i muscoli senza decidersi ad atterrarlo definitivamente.


- … io vado. -


Dominic era già uscito da qualche minuto, prima che Matthew osasse cambiare la posizione nella quale era stato miseramente abbandonato.
Si alzò, poggiandosi al lavabo e guardandosi allo specchio.
Poi il peso della calma prima della tempesta lo schiantò letteralmente, portandolo a ripiegarsi su sé stesso ed a cercare di nuovo il sostegno del pavimento.



Dunque, Spiral Static è una splendida canzone dei Muse, nonché la definizione più specifica di “calma prima della tempesta” (stando a quanto dice la MuseWiki, ma non riesco a trovare conferma da nessuna parte ò_o).

Matthew Bellamy, Dominic Howard, Christopher Wolstenholme e Tom Kirk nonché Charles Darwin, che mi sento di ringraziare perché è giusto così non mi appartengono, non mi stipendiano, non mi conoscono e-oh, vi prego, basta ché sto soffrendo troppo al pensiero ç_ç

Ora, wiponderò alla vostra tandwess. *O*


megalomania: prima di tutto, su le maniaaaaa per il cambio di nick *ama*

Poi, accie. Accie tantissime.

♥♥♥



conforming_on_a_monday: molto probabilmente, se Recess ti ha fatto sentire a quel modo, dopo aver letto questa ff avrai voglia di andare a cercare Dom ovunque egli sia (*cough* L.A., Palisades, Stanza di Kate*cough*) e rapirlo per il bene suo e nostro (OH, NON POSSO PREOCCUPARMI OGNI VOLTA PER LA SUA SALUTE FISICA E MENTALE QUANDO SCOMPARE DA OGNI RADAR çOç).

non dimenticare le manette, eh. *grins*

♥♥♥



aleale00: … eccolo qui, il seguito! XD

Mi spiace di aver qualche modo compromesso la tua funzionalità sul lavoro – anche se in qualche modo la cosa mi lusinga lo stesso! *rotola*

Grazie mille e spero che anche quest'episodio della Saga dell'Orrore possa aver sortito lo stesso effetto *cattivissima lei*! XD

:******


Muselover: “scavare” nella mente di Bellamy è una delle mie occupazioni preferite – è un trip infinito ed infinitamente divertente (sarà che è oggettivamente un uomo molto interessante e pontificare sugli input che ci offre è tremendamente facile *O*) XD

Grazie mille!

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Deathnotegintama: non so neanch'io se ci sarà un lieto fine, credimi :/

Il fatto è che non sono propriamente una fan dell'”happily ever after”... Ma dipende, eh. Dipende. *misteriosa*

Comunque, grazie del commento!

:******


Cydonian Kid: eh... Sono una donna, non sono una santa. [/lame joke]

Ti ringrazio della valanga di complimenti, sei gentilissima *_*

Spero che questo episodio ti piaccia altrettanto!

:******

   
 
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