Spiral Static
A
storm growing strong and it's coming my way
Matthew
era rimasto silenzioso per almeno tre quarti del viaggio verso la
sala conferenze della Warner, il volto rigido e gli occhi sul retro
del berretto dello chaffeur di fronte a sé. L'auto
aveva appena svoltato in Kensington Church Street, quando Dominic si
allungò con la massima calma verso il pulsante che
permetteva di
isolare l'autista dai passeggeri seduti sul sedile posteriore. Tom
lo individuò subito, lasciando la sua postazione di fianco
alla
porta aperta della sala conferenze già gremita di gente; gli
venne
incontro di corsa nel corridoio, stringendogli un braccio ed
avvertendolo sbrigativamente: - Cominciamo fra cinque minuti...
Dov'è
Dom? - Gli
studios non erano poi così labirintici o estesi da potervisi
perdere
all'interno – o nascondersi tanto a lungo. L'ipotesi che
Dominic
fosse già uscito a bere un caffé da qualche parte
o in viaggio
verso casa per prendere tutte le sue cose e lasciargliele sul
pianerottolo senza nemmeno infilarle in valigia non era da scartare. Quindi,
i dubbi rimanevano intatti. Solo, li aveva tenuti per sé
fino a quella mattinata. Ovviamente,
il tutto si era risolto in un colossale fallimento. Dominic non era
certo uno stupido, od incapace di cogliere certi segnali. Doveva
essere davvero sconvolto per starsene seduto sul pavimento di un
bagno pubblico maschile, proprio lui che di natura rasentava la
maniacalità riguardo igiene ed ordine personali.
Chiuse
bocca ed occhi, ingoiando furtivamente un singhiozzo nel timore che
qualcuno potesse entrare in bagno e sorprenderlo in preda ad un
principio di crisi isterica.
Affannosamente,
si tirò in piedi con le gambe molli e la fronte imperlata di
sudore freddo, tirando poi la catenella dello sciacquone.
Lo
scroscio d'acqua si portò via il risultato di una nottata
passata
per lo più in bianco, una colazione troppo pesante per lui
che di
mattina non amava prendere altro se non una tazza di fumante
caffé
nero ed una mezza lite consumatasi dietro i vetri oscurati e sui
viscidi sedili in pelle nera di una lussuosa limousine.
Era
impossibile che non si accorgesse di come, al suo fianco, Dominic si
torcesse le mani e dondolasse un piede freneticamente – forse
era
la prima volta in più di dieci anni che il batterista
mostrava tanto
platealmente d'essere nervoso e preoccupato prima di un incontro con
dei giornalisti.
Ogni
tanto, gettava un'occhiata di sottecchi al frontman, studiandone il
profilo pallido contro il finestrino chiuso e buio.
Persino
mentre era in California lo aveva percepito meno distante da
sé,
meno distaccato.
Magari,
si disse per tranquillizzarsi, era l'agitazione a renderlo preda di
presentimenti che in fondo erano solo paure bisognose di venire a
galla sotto una qualsivoglia forma, ma in realtà sapeva che
non si
trattava più di questo.
Matt,
molto semplicemente, non c'era e non aveva mai desiderato esserci.
Non aveva mai voluto che arrivasse quel momento, e dentro di
sé
probabilmente stava cercando ancora di comprendere perché
invece per
Dominic fosse di vitale importanza essere lì, seduti in
auto, in
viaggio verso un'arena di taccuini, registratori e flash che
avrebbero registrato impietosamente ogni attimo di ogni loro smorfia,
esitazione e sguardo colpevole.
Non
che non avesse studiato adeguatamente la propria parte –
aveva
impiegato ore ed ore ad istruirlo su ogni possibile obiezione e
domanda pruriginosa allo scopo di elaborare un discorso che fosse
chiaro ed esaustivo per chiunque, dal fan quindicenne che li
considerava alla stregua di semidei all'anziana casalinga memore dei
tempi in cui la sodomia era un reato di non poco conto, moralmente e
penalmente.
Dominic
aveva pensato a tutto, prima depennando di volta in volta le
alternative propostegli da Tom - vuoi convocare una
conferenza
stampa? Vuoi vendere l'esclusiva ad un giornale? Vuoi farlo prima o
dopo essere tornati in studio? Aspettiamo l'ultima data del tour, in
caso tu voglia farlo prima? Vuoi farlo on stage? Ti risulterebbe
più
facile? - e poi delegando al manager solo i dettagli
prettamente
organizzativi della conferenza, pur non potendo fare a meno di
supervisionarlo.
In
sostanza, si era comportato in maniera molto professionale. Sarebbe
stato uno degli outing più curati dello show-business, con
tanto di
sceneggiatura e comparse scelte con cura – Chris e Tom
avrebbero
presenziato assieme ai capi della WMG, sotto sua esplicita richiesta.
Non era così ingenuo da credere che
l'omosessualità del sessantasei
per cento dei Muse riguardasse solo il sessantasei per cento dei
Muse.
Se
Matthew avesse mostrato di pensarla allo stesso modo, sarebbe stato
senz'altro più tranquillo.
Certo,
che ormai conoscesse a memoria il copione della recita, che lo avesse
assecondato in ogni suo desiderio e disposizione fin da quando lo
aveva informato che avrebbe rinunciato persino al suo posto
all'interno della band, pur di mettere il mondo al corrente del loro
legame e che non avesse protestato minimamente all'idea era indubbio.
Matthew
aveva modi più sottili di far pesare la sua
volontà, e di
sbattergli in faccia il suo rifiuto ostinato di sostenerlo.
Il
suo aspetto, per esempio.
Quel
giorno il suo completo in grisaille era ben stirato, la camicia
abbottonata ordinatamente e la cravatta intonata al resto degli
abiti; i suoi capelli erano puliti ed ordinati, la barba rasata con
cura; quando lo aveva baciato, prima di uscire dall'appartamento,
aveva colto l'aroma intenso del profumo che gli aveva regalato lo
scorso Natale e che Matthew utilizzava col contagocce, in rare
occasioni.
Non
un dettaglio fuori posto, come fosse un bambino abbigliato dalla
madre per la messa domenicale.
Un
travestimento, un costume teatrale. Splendidamente falso.
La
lastra di separazione non era ancora del tutto arrivata a coprirli da
attenzioni indesiderate, quando Dominic mormorò con
apparente
indifferenza: - Perché vuoi scaricare tutta la
responsabilità su di
me? -
Voleva
recriminare, esatto. Dopo essersi fatto il culo per giorni –
ad
onor di cronaca, per anni – progettando il modo perfetto di
ferire
e ferirsi il meno possibile per mano dei loro stessi sentimenti,
meritava un minimo di considerazione.
Matthew
non si scompose più di tanto: scrollò le spalle,
senza guardarlo.
-
Ti sto solo dando carta bianca, Dom... Ho sempre guidato io, nel
nostro rapporto. Ora ho deciso che è giusto darti spazio. -
Il
batterista digrignò i denti, a bocca chiusa.
La
voce gli si incrinò quasi, nell'accusarlo sotto forma di
domanda: -
Ti stai vendicando? Vuoi darmi una lezione? -
-
No. -
Dominic
inspirò profondamente un paio di volte, prima di pronunciare
in un
mormorio teso: - Mi stai lasciando solo quando ho più
bisogno che tu
mi stia accanto. -
Come
in molte altre occasioni, nei giorni addietro, Matthew rispose
all'attacco con l'arma che sapeva maneggiare meglio: un silenzio
assurdo e raggelante, una protesta ottusa e fastidiosa
sistematicamente ignorata da Dominic per molto tempo nonostante
facesse male, e paura.
Ma
proprio quella mattina, non poteva far finta di nulla...
Perché era
finita.
In
venti minuti di macchina, erano finiti cinque anni di sotterfugi e
sveltine. Di party in maschera e cuccette di tourbus. Di doppi sensi
e carezze nascoste.
E
di qualche illusione di troppo.
-
Non ci sarà bisogno di dirlo a nessuno... La questione
è chiusa. -
annunciò Dominic in un soffio, quando la limousine
parcheggiò di
fronte alla WMG.
L'autista
spalancò lo sportello posteriore, mettendosi poi da parte
per
lasciar passare il batterista; Matthew lo trattenne per una mano,
impedendogli di uscire e bisbigliando: - Che significa? -
Dominic
fissò le dita pallide dell'uomo ferme sulle proprie,
considerando
che forse quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbero
toccato.
-
Che mi arrendo. Hai vinto tu. -
Di
nuovo, e definitivamente.
Matthew
sollevò lo sguardo sul volto dell'amico, con un accenno di
fiatone
duro ad estinguersi.
-
Matt...? -
-
Non lo trovo. -
Il
manager sbiancò letteralmente, lasciando la presa.
-
… come sarebbe a dire? -
-
Noi... -
-
Avete litigato? -
Il
cantante annuì in silenzio; Tom si infilò
entrambe le mani fra i
capelli, borbottando un attonito: - Porca troia... -
-
È
entrato qui, ma non so
dove diavolo sia... Ho chiesto ovunque e non risponde al cellulare. -
spiegò rapidamente Matthew, mentre l'altro si mordicchiava
il labbro
inferiore – a giudicare dall'espressione che aveva messo su,
la sua
mente stava lavorando a pieni regimi per trovare una soluzione al
problema.
Alla
fine gettò un'occhiata in fondo al corridoio, prima di
proporre: -
Vi bastano dieci minuti, per non mandare tutto a monte? -
-
Non so... -
-
No, Matt, devi saperlo. Tutta quella gente non
è certo qui
per me. -
-
Ti dico che non lo so! È
incazzato nero! -
-
Problemi tuoi... Io devo sapere se la conferenza ci sarà o
meno. -
Fissando
il manager dal basso verso l'alto, Matthew non riuscì a
trattenersi
dall'apostrofarlo con sarcasmo: - Molto professionale, signor Kirk. -
ricevendo la fulminea rimbeccata di Tom: - A differenza tua. -
L'uomo
si addolcì appena nel dare al frontman una breve pacca di
incoraggiamento sulla spalla.
-
Riportalo qui, vado ad avvertire che siete in ritardo. -
In
realtà, però, si sentiva abbastanza sicuro del
fatto che fosse
ancora lì ad attenderlo da qualche parte – in
fondo, se non avesse
desiderato andare fino in fondo non avrebbe infilato il portone della
WMG a passo di carica, lasciandosi dietro uno chaffeur perplesso ed
un cantante assolutamente raggelato.
Matthew
non l'aveva seguito immediatamente. Era rimasto fermo a guardarlo,
senza fare nulla – e cosa c'era di nuovo in tutto
ciò?
Per
forza di cose, quindi, lo aveva perso di vista: fra l'altro non gli
era neanche parso necessario corrergli dietro, convinto com'era di
trovarlo già a confabulare freneticamente con Tom e Chris al
suo
arrivo in sala conferenze.
Ma
Dominic non c'era.
Dominic,
che quasi aveva preteso di scrivergli un intervento da recitare di
fronte alla stampa, che non dormiva per più di quattro o
cinque ore
per notte da una settimana a causa dello stress, che lo
incoraggiava, lo stimolava a parlare e ad esporre le proprie
preferenze circa i giornalisti da invitare.
Dominic:
zelante, impegnato, entusiasta e completamente sordo.
Fino
a quella mattina, Matthew dubitava che il batterista si fosse accorto
della sua apatia e dei lunghi silenzi – da lui si era
aspettato una
qualche forma di rimprovero almeno la sera prima, quando a cena non
era stato in grado di festeggiare la vigilia del loro outing con lo
stesso loquace impegno che aveva impiegato il suo partner.
Sperava,
a dirla tutta, in una chance qualsiasi di poter dire che questa cosa,
quest'imbarazzante cerimonia avrebbe scatenato solo un
vespaio di polemiche, battutacce, insinuazioni a danno di qualcosa
che era altro rispetto a quello che chiunque al di fuori della loro
relazione potesse immaginare.
A
trattenerlo, aveva contribuito in gran parte anche ciò che
leggeva da
qualche settimana sul volto di Dominic.
Nonostante
le ore di sonno perdute ed il ritmo frenetico che si era imposto
sovrintendendo personalmente all'organizzazione della conferenza, il
suo uomo era raggiante, energico, sicuro.
In
altre parole, Dominic non sembrava così felice da molto,
troppo
tempo... E Matthew aveva semplicemente cercato di perseverare nella sua
idea - folle, insensata, il risultato imprevedibile dato dall'immane
spossatezza che lo permeava sin dal suo ritorno da Los Angeles
- di non rabbuiarlo, di non imporsi una volta di
più.
Era
pienamente consapevole di quanto ciò fosse rischioso, ma
aveva
deciso che Dominic avrebbe ottenuto ciò a cui teneva. Non
avrebbe finto di condividere il suo punto di vista, ma l'avrebbe
lasciato fare perché... Perché forse, nonostante
non fosse per nulla persuaso di ciò, era questa la strada da
intraprendere per arrivare ad una soluzione degna di tale appellativo
e, per la prima volta in vita sua, non aveva un piano B abbastanza
convincente da proporre in alternativa a quello di Dominic.
E
aveva otto minuti di orologio per cercare di rimediare all'ennesimo,
involontario disastro nel quale aveva trascinato entrambi a forza.
Era
chiuso in una posizione che lo faceva rassomigliare un po' ad un
bambino – le gambe magre puntellate contro il torace e
circondate
dalle braccia, il volto poggiato sulle ginocchia e gli occhi chiusi.
Matthew
lo conosceva da abbastanza tempo per notare quanto invece fosse uomo,
quel giorno. Per leggere in ogni ruga d'espressione, anche la
più
piccola, quanto male avesse sopportato semplicemente stringendo i
denti e lavorando sodo.
In
quel momento, l'angoscia dell'averlo sconfitto definitivamente lo
attanagliava senza lasciargli respiro – doveva riflettere,
doveva
trovare dentro di sé le parole giuste per aiutarlo a
comprendere il
suo punto di vista, visto che fino ad allora nessun discorso per
quanto apparentemente sensato sembrava aver funzionato.
Abbozzando
un sorriso scettico, Matthew si mosse dalla soglia del bagno quasi
barcollando.
Era
conscio del dolore di Dominic in maniera quasi tattile, esattamente
come il suo amante doveva avvertire la sua presenza pur senza muovere
un muscolo per accertarsene concretamente.
-
Dominic Howard e Matthew Bellamy dei Muse stanno insieme. Sono
innamorati l'uno dell'altro. Sono gay. -
Se
la verità cruda ed impietosa di un titolo da tabloid non
funzionava...
-
... dimmi se ti riconosci in almeno una di queste affermazioni. -
Adagio
adagio, Dominic sollevò sull'altro un paio di occhi rossi e
gonfi di
pianto e rancore.
-
Mi fai sentire così sporco, e idiota. - gracchiò,
prima di
schiarirsi rumorosamente la voce.
Sospirando
profondamente, Matthew si passò una mano sul volto.
-
Mi fai sentire uno stronzo ipocrita. -
-
Lo sei. -
-
Non fare discorsi da bambino, ti prego. - la voce di Matthew venne
fuori come il lamento esasperato di chi aveva già dovuto
affrontare
simili argomentazioni diverse volte, in passato.
Sapeva
che Dominic non intendeva farlo sentire un mostro, era troppo
intelligente per arrivare a credere sul serio che i suoi fossero solo
gli ostinati capricci di un bambino che desiderasse la botte piena e
la moglie ubriaca – la rispettabilità ed un amante
che si
prendesse cura delle sue voglie, anche quelle di cui non era a
conoscenza... Perché in quei cinque anni si erano messi a
nudo
fisicamente, moralmente, mentalmente in una sorta di crescita
accelerata che li aveva trasformati in due persone completamente
diverse dai due adolescenti conosciutisi al Den per un puro caso
fortuito o dai ventenni inebriati dal successo ottenuto con quel
concentrato acerbo di rabbia e suoni distorti del loro album
d'esordio o ancora dai party animals malati di
protagonismo di
Origin of Symmetry.
Le
esperienze che avevano collezionato, la loro alleanza ed il bene
assolutamente sincero e viscerale che legava loro l'uno all'altro,
ancor prima di iniziare a scopare gioiosamente in qualunque momento
disponibile della giornata, quello era l'unico dato
certo dal
quale far partire un confronto fra lui e Dominic. Un confronto degno
di questo nome, non una vuota rivendicazione di diritti e doveri
che-Dio, ce n'era bisogno?
-
Smettiamo di scopare. -
Il
suggerimento cadde atono dalla bocca di Dominic, una soluzione
ridicola e disperata che Matthew accantonò immediatamente
scuotendo
il capo: - Non cambierebbe nulla. -
-
Falla finita. Cinque anni fa le ha cambiate eccome, le cose. -
affermò con tono seccato il batterista, deciso evidentemente
a
restare sulla difensiva.
Matthew
si lasciò scivolare contro le piastrelle grigie della parete
dietro
di lui, sedendosi a terra e mormorando a mezza bocca: - Qualche volta
vorrei che non fosse successo. -
La
testa bionda di Dominic scattò verso l'alto, e l'uomo lo
insultò
con pesante sarcasmo: - Eccolo che ricomincia, lo stronzo ipocrita...
-
Nonostante
i buoni propositi iniziali, Matthew concesse al partner proprio la
reazione che desiderava provocare: picchiando rabbiosamente il palmo
di una mano contro il pavimento, il frontman dei Muse ruggì:
-
Fottiti, dannazione! -
Il
suono del suo sfogo rimbombò nel piccolo ambiente
circostante, ma
Dominic non parve particolarmente impressionato: innervosito, l'altro
si tirò su per avvicinarglisi e prendergli le mani, parlando
a pochi
centimetri al suo viso.
-
Sei seduto sul pavimento di un cazzo di cesso, a piangere! Non
piangevi da quando tuo padre è morto! Cosa diavolo ti
preoccupi a
fare della nostra cazzo di relazione se pensi che questo non mi
faccia alcun effetto? Non ce la faccio più neanch'io, te lo
vuoi
mettere in testa? Io so che soffri, e che soffri per colpa mia e che
non posso cambiare questo stato di cose perché non sono in
grado di
andare di là, prenderti per mano e cinguettare
“Salve a tutti,
siamo amanti!” come se nulla fosse! -
Per
un istante, Dominic non aprì bocca per replicare.
Batté
debolmente le palpebre, schiudendo le labbra per sussurrare su quelle
di Matthew: - Io preferisco esplodere, piuttosto che implodere. -
-
E io preferisco salvarci, piuttosto che vederci esplodere. - Finalmente
poteva dirlo.
La
collisione non era mai parsa tanto inevitabile come allora. La
sensazione che non ci sarebbe stato nulla da salvare, una volta
usciti da quel maledetto cesso pubblico, era altrettanto tangibile.
-
Ci affibbieranno un'etichetta. Diventeremo un modello da seguire per
tutti i ragazzi e le ragazze segretamente omosessuali che ci
ammireranno per il coraggio con il quale combattiamo per difendere il
nostro amore vero. Un cazzo di esempio da tirare in
ballo
quando ci sarà da discutere sui diritti dei gay e
sull'omofobia. -
-
E poi adotteremo dei bambini cambogiani e ci faremo chiamare BellDom,
come i Brangelina. - ritorse Dominic con un sorrisetto storto, lo
stesso dei tempi migliori, al quale Matthew rispose con uno sbuffo
leggero, una risatina mascherata da sospiro.
-
Dom... Siamo più di così, altrimenti non avremmo
resistito tanto a
lungo. -
-
Hai ragione, siamo più che amanti... Siamo un enigma
psicanalitico,
direi. -
In
effetti, quale freudiano convinto non si sarebbe esaltato all'idea di
affondare fino alla cintola nel groviglio acquitrinoso di motivazioni
più o meno inconsce il quale costituiva la chiave di volta
della
loro relazione?
Ghignando
all'improvvisa reminescenza dei termini “fase
anale” e “fase
orale” ed applicandoli non molto scientificamente al loro
caso
specifico, Matthew si riscosse solo quando Dominic lo chiamò
sottovoce, dolcemente.
-
Matt... -
Si
aspettava una rassicurazione, a quel punto, come già era
successo in
passato.
Funzionava
così, tra loro. Ogni lite portava con sé soltanto
un ulteriore
rinvio della pena da scontare, di una resa dei conti che sembrava
ogni volta mostrare i muscoli senza decidersi ad atterrarlo
definitivamente.
-
… io vado. -
Dominic
era già uscito da qualche minuto, prima che Matthew osasse
cambiare
la posizione nella quale era stato miseramente abbandonato.
Si
alzò, poggiandosi al lavabo e guardandosi allo specchio.
Poi
il peso della calma prima della tempesta lo schiantò
letteralmente,
portandolo a ripiegarsi su sé stesso ed a cercare di nuovo
il
sostegno del pavimento.
Dunque,
Spiral Static è una splendida canzone dei Muse,
nonché la
definizione più specifica di “calma prima della
tempesta”
(stando a quanto dice la MuseWiki, ma non riesco a trovare conferma
da nessuna parte ò_o).
Matthew Bellamy, Dominic Howard, Christopher Wolstenholme e Tom Kirk nonché Charles Darwin, che mi sento di ringraziare perché è giusto così non mi appartengono, non mi stipendiano, non mi conoscono e-oh, vi prego, basta ché sto soffrendo troppo al pensiero ç_ç
Ora, wiponderò alla vostra tandwess. *O*
megalomania: prima di tutto, su le maniaaaaa per il cambio di nick *ama*
Poi, accie. Accie tantissime.
♥♥♥
conforming_on_a_monday: molto probabilmente, se Recess ti ha fatto sentire a quel modo, dopo aver letto questa ff avrai voglia di andare a cercare Dom ovunque egli sia (*cough* L.A., Palisades, Stanza di Kate*cough*) e rapirlo per il bene suo e nostro (OH, NON POSSO PREOCCUPARMI OGNI VOLTA PER LA SUA SALUTE FISICA E MENTALE QUANDO SCOMPARE DA OGNI RADAR çOç).
… non dimenticare le manette, eh. *grins*
♥♥♥
aleale00: … eccolo qui, il seguito! XD
Mi spiace di aver qualche modo compromesso la tua funzionalità sul lavoro – anche se in qualche modo la cosa mi lusinga lo stesso! *rotola*
Grazie mille e spero che anche quest'episodio della Saga dell'Orrore possa aver sortito lo stesso effetto *cattivissima lei*! XD
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Muselover: “scavare” nella mente di Bellamy è una delle mie occupazioni preferite – è un trip infinito ed infinitamente divertente (sarà che è oggettivamente un uomo molto interessante e pontificare sugli input che ci offre è tremendamente facile *O*) XD
Grazie mille!
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Deathnotegintama: non so neanch'io se ci sarà un lieto fine, credimi :/
Il fatto è che non sono propriamente una fan dell'”happily ever after”... Ma dipende, eh. Dipende. *misteriosa*
Comunque, grazie del commento!
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Cydonian Kid: eh... Sono una donna, non sono una santa. [/lame joke]
Ti ringrazio della valanga di complimenti, sei gentilissima *_*
Spero che questo episodio ti piaccia altrettanto!
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