Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Angel666    24/11/2010    3 recensioni
Longfic. Elise è una ragazza che non hai mai creduto alle storie fantastiche che raccontava sua madre Alice. E' sempre stata una ragazza razionale e controllata finché anche lei a sua volta finirà nel Paese delle Meraviglie, dove scoprirà che quelle non erano solo favole. Dovrà sconfiggere una volta per tutte la Regina Rossa, che sta radunando una truppa, ed ha intenzione di tornare dall'esilio e riconquistare Sottomondo. Tra mille nuove avventure, vecchi amici, e un po’ di romanticismo.....la storia di una ragazza riflessiva che imparerà che un po’ di follia nella vita porta solo felicità! PLEASE R&R. [personaggi: un pò tutti]
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Squilli di trombe risuonarono attraverso i vetri smerigliati della camera in cui mi trovavo. L’ora era giunta.
Come al solito il riflesso che mi guardava dallo specchio non sembravo io.
L’armatura di metallo lucido brillava nelle prime luci dell’alba: era la stessa che aveva indossato mia madre quando aveva sconfitto il Ciciarampa.
Era bella, e mi faceva sentire invincibile: lucida, semplice, pesante. La spada pendeva al mio fianco immobile, in attesa di essere sguainata.
Tre colpi risuonarono alla porta: pensavo fosse il Cappellaio, invece la chioma bionda di mia madre fece capolino dalla porta “Tesoro?”
La vidi sgranare gli occhi e rimanere a bocca aperta “Sembri davvero una paladina.” Disse orgogliosa avvicinandosi.
“Sembrare non è abbastanza.” Sussurrai.
Lei iniziò a pettinarmi i capelli scuri in una lunga treccia, in silenzio, come quando ero piccola.
“Dove sarai tu, durante la battaglia?” chiesi all’improvviso.
“Sempre dietro di te, a coprirti le spalle.” Mi sorrise dolcemente.
Mi faceva quasi ridere l’idea che una donna come mi madre fosse una guerriera.
“Voglio che tu mi dica sinceramente quante possibilità abbiamo di vincere.” Dissi voltandomi e fissandola negli occhi.
“Quasi nessuna, logicamente. Ma come ti ho già detto tesoro, qui le cose non funzionano in modo logico.” Il suo volto era sereno.
“Ok.” Tentai di mandare giù la saliva, con scarso successo.
Mia madre mi prese le spalle e mi strinse “Lascia le tue paure in questa stanza, perché laggiù non ti serviranno. Ho detto alla Regina Bianca che vuoi tornare a casa….ha ancora un po’ di filtro Tornindietro, ma per completarlo serve una piccola parte della tua nemica. E’ la tua unica possibilità.”
Annuii con forza e l’abbracciai, in fondo era quello che volevo.
“Sono pronta.”


Scesi la lunga scalinata di marmo assieme a mia madre: gli altri erano già lì ad aspettarmi, in tenuta da guerra.
La Regina Bianca si avvicinò con l’Unicorno al suo fianco.
“Ha insistito perché tu lo cavalcassi in battaglia” sussurrò.
Sorrisi involontariamente: quell’animale era in grado di infondermi una calma profonda.
“Ciao…” accarezzai il suo candido muso.
“Paladina, ci rincontriamo dunque. Permettimi l’onore di essere il tuo destriero durante questa battaglia, ti prometto che cavalcherò più veloce del vento e che schiverò tutte le frecce dei Giganti.” Rimasi sorpresa dal suo ardore; avevo quasi un timore reverenziale a salire sulla sua groppa.
“Non temere, attaccati alla mia criniera.” Disse.
Quando ero piccola, ero solita cavalcare nei parchi del Sussex con il cavallo che era stato di mio padre. Amavo correre per le praterie coi capelli sciolti e il vento che mi schiaffeggiava violentemente. Sognavo di essere un valoroso comandante alle prese con dei perfidi nemici…chi avrebbe mai pensato che prima o poi avrei davvero combattuto in un mondo assurdo in groppa a un Unicorno?
Alla fine montai e guardai tutti dall’alto verso il basso, memorizzando bene ogni singolo dettaglio dei loro visi. Quando i miei occhi incontrarono i suoi verde smeraldo, una morsa mi strinse lo stomaco. Non potevo cedere adesso.
“Paladina, i Giganti attaccheranno dalle mura ovest, poiché è il lato della foresta incantata e saranno più coperti dalle nostre frecce. I topolini e gli animali più piccoli si occuperanno di loro, infiltrandosi nel sottobosco e spingendoli verso la radura, in prossimità del fiume. Gli aironi a capo degli altri uccelli si preoccuperanno di rilasciare nell’aria la pozione, che li farà rimpicciolire e li renderà innocui.
I soldati si occuperanno di difendere le mura dagli esiliati e dai traditori che si sono uniti a lei.
Il tuo compito e quello di individuare e raggiungere mia sorella il prima possibile e di annientarla. Possiamo batterli ma è necessario che non abbiano coordinazione. Non temere,” disse accarezzando la criniera argento dell’unicorno “ci sarà sempre qualcuno a proteggerti le spalle.”
Il mio sguardo incontrò gli occhi limpidi di mia madre, ma subito scivolarono nel verde della persona al suo fianco.
Detta in questo modo sembrava quasi una passeggiata, ma non appena i pesanti portoni di Marmorea si aprirono trovai schierati migliaia di soldati pronti a combattere. Animali, carte, uomini, tutti erano disposti nel grande cortile del castello, e ancora sulle mura.
“Che cosa succede se riescono a entrare nel castello?” chiesi sottovoce.
“Temo che allora saremmo perduti.” Sospirò la Regina.
In quel momento planò davanti a noi uno stranissimo uccello azzurro che non avevo mai visto. “Vostra Maestà” disse facendo un profondo inchino “La traditrice si trova in un insenatura sul promontorio ovest, così può tenere d’occhio la battaglia dall’alto.”
“Capisco. Ti ringrazio.” Disse la Regina Bianca.
“Che cosa stiamo aspettando?” chiesi, sempre più agitata.
“Il segnale d’inizio alla battaglia. Questa volta non ci saranno contrattazioni.”
Non pensavo che potesse essere una donna così determinata; invece adesso mi faceva quasi paura.
“Che cosa farete con i prigionieri?” sussurrai.
“Ce ne preoccuperemo se ci saranno prigionieri.”
Proprio in quel momento il lungo suono di un corno vibrò nell’aria. Strinsi le briglie dell’Unicorno con tutte le mie forze, fino a conficcarmi le unghie nei palmi.
‘Lascia la paura dietro di te ’ aveva detto mia madre. Bene, era arrivato il momento di pagare tutti i debiti che avevo con questo mondo e di portare a termine la mia missione.


Il cielo era scuro e minaccioso sopra di noi, come se Sottomondo stesso volesse partecipare alla battaglia, cosa di cui non mi sarei sorpresa più di tanto. Dall’altra parte del muro sentivo il rumore delle truppe nemiche: era forte come il ronzio di uno sciame minaccioso.
“Rimani indietro; tutti si aspetteranno di vederti combattere in prima linea, ma il tuo scopo è solo quello di raggiungere Iracebhet, quindi agirai per vie retrostanti.” Mi ordinò la Regina.
Annuii senza parlare.
Le nuvole si stavano abbassando e soffiava un vento gelido. Al cenno della Regina le truppe iniziarono a marciare verso l’uscita del Parco, dove l’enorme ponte levatoio si stava abbassando. “Resta qui per ora. Sarà lo Stregatto a dirti quando procedere.”

Lentamente vidi tutti allontanarsi di fronte a me, fino a che non sparirono al di fuori del castello e il ponte non iniziò a rialzarsi. Nel Parco eravamo rimasti solo io, mia madre e il Cappellaio. Sui bastioni in alto gli arcieri erano pronti a lanciare le frecce e tirare pozioni ustionanti a chiunque avesse osato oltrepassare i nostri confini.
“E’ ridicolo.”sbottai. “Come possiamo stare qui senza fare nulla, mentre lì fuori c’è gente che combatte?” perfino l’Unicorno si muoveva irrequieto.
Non ottenni risposta.
Chiusi gli occhi e mi concentrai sul vento che soffiava nelle mie orecchie, così forte da annullare ogni mio pensiero, finché non sentii un leggero rumore davanti a me: come una foglia che cadeva. Aprii gli occhi e davanti a me, nel vuoto cortile di pietra, perfettamente al centro, rividi il curioso uccello azzurro che mi fissava immobile tanto da sembrare impagliato.
“Sai cavalcare veloce?” mi chiese.
Annuii in silenzio.
“Infondo al parco c’è una grande fontana con una cascata: dietro la cascata c’è un tunnel che porta fuori dal castello. Ti ritroverai a Nord, nella Foresta Incantata. Dovresti essere parzialmente coperta dagli alberi, ma non per questo devi stare meno attenta: potrebbero esserci spie della traditrice.” “Ho capito. Come procede la battaglia fuori?” mi interessai.
“Questo non è un problema che deve preoccuparti al momento.” Rispose con voce ostile, prima di spiccare il volo e sparire dietro le nubi acciaio.
Non fui sorpresa dal suo tono, se ci eravamo ritrovati in questa situazione era colpa mia, che non ero stata capace di fermare prima la Regina Rossa nelle Lande Desolate.
Questo, se possibile, mi fece arrabbiare ancora di più. L’Unicorno percepì il mio nervosismo e fece uno scatto in avanti. “Che facciamo paladina?” chiese.
Guardai mia madre e il Cappellaio al mio fianco, poi strinsi lo sguardo davanti a me “Andiamo.”
Ci buttammo tutti e tre al galoppo nel grande cortile di pietra e poi nel parco del castello.
L’Unicorno doveva conoscere la strada, perché non ci fu bisogno di guidarlo.
Alla fine di un lungo viale di ciliegi, a ridosso del muro di cinta, mi apparve la fontana dorata descritta dal messaggero.
Mentre cavalcavo a gran velocità sotto gli alberi, il vento faceva cadere i loro candidi petali, che turbinavano nell’aria prima di posarsi sul suolo polveroso.
La fontana era sempre più vicina e solo ora mi rendevo conto del suo sfarzo e della sua grandezza: alti pilastri di marmi bianco la incorniciavano formando una grande porta e in alto, sopra lo sgorgare della cascata c’era un gruppo di statue dorate raffigurante una scena bucolica con ninfe e creature dei boschi. La cascata finiva in un piccolo laghetto abbellito da ninfee azzurre e bianche.
In un’altra occasione sarei rimasta affascinata a fissare questa meraviglia, ma l’Unicorno andava così veloce che non riuscii a cogliere bene nessun particolare.
Chiusi gli occhi e mi preparai allo scontro con l’acqua corrente e gelida della cascata, ma con mio immenso stupore quando la oltrepassai al posto dell’acqua sentii solo un grande getto di aria tiepida. Ero perfettamente asciutta.
“L’acqua della cascata è incantata per ingannare i visitatori.” Mi spiegò l’Unicorno.
Ci trovavamo all’interno di un lungo tunnel di pietra nera: le pareti erano illuminate dalla tremolante luce di alcune fiaccole e il pavimento era di terra morbida. La mia testa sfiorava quasi il soffitto e l’odore di muffa mi pervase le narici facendomi tossire.
Mia madre e il Cappellaio non sembravano minimamente a disagio, piuttosto guardavano il nero davanti a noi con curiosità, come dei bambini che scrutano la forma del pacchetto per scoprire cosa c’è dentro il loro regalo.
Strinsi con forza le briglie e l’Unicorno iniziò a camminare lentamente verso l’ignoto. “Quanto sarà lungo questo tunnel?” chiesi.
“Di certo meno della tana del Bianconiglio…speriamo!” sbottò il Cappellaio.
Il senso di disagio aumentava ad ogni passo: avevo paura a rimanere qua dentro, ma avevo anche paura ad uscire, perché sapevo che al di fuori mi aspettava la mia acerrima nemica.
Continuai a camminare in silenzio; il tunnel proseguiva dritto nel buio e io oramai avevo fatto la mia scelta.
Dopo un po’ il Cappellaio prese a intonare sottovoce uno strano motivetto ‘Come diavolo fa a rimanere così tranquillo?’pensai stizzita. ‘Infondo anche lui conosce bene gli orrori della guerra.’ Mi fermai di botto: davanti a me c’era una parete di pietra liscia.
“Siamo arrivati?” chiese Tarrant stralunato.
“Siamo in trappola.” Sussurrai con orrore.
Smontai dall’Unicorno e presi a tastare febbrilmente la parete in cerca di una leva o di un’apertura, ma la parete fredda sotto le mie dita era liscia come il marmo.
“No! No, no, no…..” iniziai a dare pugni col rischio di spaccarmi le mani; era la seconda volta che quella donna aveva la meglio su di me. Tutte quei soldati sul capo di battaglia….e noi intrappolati sotto terra!
“Fermati o ti romperai una mano.” Mia madre mi afferrò con forza e mi costrinse a voltarmi.
“Sono sicura che esiste una soluzione.” Disse con calma.
Avevo voglia di urlare e di sbatterla sulla parete, ma il mio proverbiale autocontrollo mi costrinse a ricacciare indietro le lacrime di rabbia e a sibilare “Quale, di grazia?”
“Mmm; parole che iniziano per m…te ne viene in mente qualcuna Elise?” disse il Cappellaio iniziando a camminare su e giù e roteando il suo bastone.
‘Ci risiamo…’ Non potevo competere con la loro follia “Si: maledizione!” urlai.
“Parola indubbiamente interessante, ma io pensavo più che altro a….magia.” detto questo si avvicinò alla parete e la colpì tre volte col suo bastone. Quella iniziò a tremare e a scendere nel terreno, arrivando all’altezza delle mie ginocchia. La luce del sole mi colpì debolmente in faccia attraverso i rami che coprivano la grotta dove ci trovavamo, e con esso anche delle piccole gocce d’acqua: aveva iniziato a piovere.
Guardai Tarrant sbalordita e lui mi restituì il suo classico sorriso rotto prima di scavalcare il muretto e sparire nel bosco.
“Magnifico! Devi sempre avere fiducia in chi ti accompagna, tesoro.” Disse allegramente mia madre prima di seguire il Cappellaio a sua volta.
“Chissà come sta andando la battaglia.” Chiesi dopo un po’ che camminavamo nel bosco.
“Non devi preoccuparti per loro, ora concentrati sul tuo scopo.” Mia madre iniziava ad essere tesa. Piccole rughe tiravano la sua pelle candida agli angoli della bocca, come se avesse qualcosa di amaro incastrato in gola: paura.
Riuscivo a sentire il cozzare della armi e le grida dei Giganti in lontananza, e il promontorio dove mi attendeva Iracebeth era sempre più vicino.
Il sottobosco ci copriva parzialmente ad occhi nemici, ma alla base del colle di roccia la vegetazione scompariva del tutto, esponendoci.
“Ci sono due Giganti di guardia.” Sussurrai.
In effetti, per quanto enormi, i Giganti non avevano un’aria molto sveglia; erano appoggiati mollemente ad alcuni massi, intenti ad acchiappare gli uccelli che volavano sulle loro teste. “Loro non sono un problema. Ci penso io a distrarli.” Esordì il Cappellaio.
Lo afferrai per un polso e lo costrinsi a voltarsi “Ricorda la promessa, Tarrant.” dissi con voce minacciosa; era l’unico modo in cui ero in grado di dirgli di stare attento.
La sua pelle era gelida come sempre, ma i suoi occhi calmi e profondi sembravano vigili come non mai.
Non so se questo mi fece paura o mi tranquillizzò. “Tu pensa a correre Paladina.” Uscì allo scoperto dagli alberi e iniziò a sbracciarsi urlando “Ehiiiii brutti Giganti sono quiii!!! Che c’è non avete mai visto un Cappellaio? O forse non ne avete mai visto uno Matto?” e iniziò a lanciare pietre addosso. Quelli per tutta risposta si guardarono e si avventarono su di lui senza pensarci due volte.
Mi coprii gli occhi e inizia a pregare dentro di me che non gli facessero del male; ma non sentendo urla provenire da quella parte sbirciai tra le dita: Tarrant correva tra le gambe di entrambi confondendoli così che loro anzi che colpire lui si picchiavano tra ,oro.
“Andiamo.” La voce di mia madre mi riscosse.
Molto silenziosamente sgusciammo via tra gli arbusti, circondando la radura, per poi correre con tutta la forza che avevamo in corpo.
Quando, dopo un tempo che mi sembrava infinito raggiungemmo la parte di pietra alle basi del promontorio, potei finalmente riprendere fiato. Quella maledetta armatura era più pesante del previsto: mi portai una mano sul fianco e mi accascia per respirare. Sentivo il cuore in gola che stava per scoppiarmi. Mi voltai verso mia ,madre: anche lei aveva il fiato corto e i capelli spettinati: ma stava bene e mi sorrise incoraggiante.
“Devi restare nascosta qui.” Dissi. “E’ arrivato per me il momento di agire da sola: se senti che qualcosa va storto prendi l’Unicorno e cavalca più veloce che puoi fino al tunnel: da li in poi ti sarà più facile raggiungere il castello e avvertire la Regina Bianca di prepararsi al peggio.” Lo avevo sempre saputo: certe cose le devi affrontare da sola e per me era giunto il momento di combattere i miei demoni. Senza dirmi nulla mia madre mi buttò le braccia al collo stringendomi.
“Lo sai? Tuo padre sarebbe molto fiero di vedere la donna che sei diventata.” Disse con un nodo in gola. Non sapevo cosa dire per non tradire le lacrime che premevano agli angoli degli occhi; così mi limitai a stringerla a mia volta, pregando che non fosse l’ultima.
Mi staccai a malincuore da lei e mi appiatti alla parte di roccia: salii piano verso la cima del promontorio senza mai voltarmi indietro. In lontananza sentivo le urla della battaglia e il cozzare delle armi dei nemici; ogni tanto sopra di me passava qualche airone con un secchio pieno di pozione appeso al becco diretto verso il fiume. “Ce la possiamo fare.” Pensai. La pioggia cadeva forte sul terreno adesso fendendolo scivoloso, ma se non altro copriva il rumore dei miei passi e camuffava il mio odore.
Finalmente giunsi in cima e la vidi per la seconda volta: la Traditrice era in piedi al limite del precipizio, rivolta verso la battaglia, in assoluta immobilità e silenzio. Il vestito da carcerata ora era coperto da una pesante e candida pelliccia di ermellino, che faceva risaltare ancora di più il colore vermiglio dei suoi capelli;la catena insanguinata era ancora appesa lì al suo polso. Era sola, fatta eccezione di uno strano animale al suo fianco: sembrava un uccello con lunghissime e sottilissime zampe, era nero e da subito sotto il suo collo si apriva una membrana fatta ad ombrello, con il quale stava riparando Iracebhet.
Strinsi la spada e uscii allo scoperto, ma lei non si voltò.
“Ho dovuto impiegare più forze del previsto…..è furba mia sorella e avevo trascurato un piccolo dettaglio: tua madre.” Disse con voce squillante “ Ma sono ancora ottimista sugli esiti di questa battaglia.”
“Voltati.” Dissi digrignando i denti. Volevo finire il prima possibile.
“Per quale motivo? Non ti sto forse facilitando il lavoro?” sussurrò.
Potevo sentire che stava sorridendo, e questo mi bruciava sulla pelle come acido: non aveva paura.
“Non attacco i miei nemici alle spalle: non sono una codarda.” Dissi cercando di mantenere la calma.
“No, certo che no. Tu sei una paladina!” sputò con disprezzo.
Sarebbe stato così facile avvicinarmi e buttarla di sotto, ma i miei piedi erano incollati al terreno. Finalmente si voltò: come avevo immaginato stava sorridendo.
“Riconosco quella armatura: è la stessa del giorno Gioiglorioso. “ sussurrò. “Che cosa aspetti?” sbraitò tornando in se.
“Non posso credere che tu ti stia arrendendo così facilmente.” Obbiettai.
“Sai Elise, per quanto mi addolori ammetterlo sono stanca. Credevo che riconquistare tutto mi avrebbe fatto sentire meglio: rientrare in possesso del mio regno, dei miei sudditi e del mio castello avrebbero di nuovo fatto di me una Regina. Ma nel vedere il modo in cui le persone si fanno massacrare volontariamente in nome di mia sorella mi fa capire che io non sarò mai bene accetta comunque.”
“Non lo fanno per Mirana, lo fanno per la pace. Nessuno vuole vivere nella paura.” risposi.
“Certo, ma le persone danno per scontato che uno non possa realmente cambiare non è vero? Io sono la cattiva e tale devo rimanere, tu sei la paladina e come tale ti devi comportare.” Disse annoiata.
“Sei giunta qui con una schiera di giganti con l’intento di radere tutto al suolo: sei stata tu ad ammettere che è meglio essere temuti piuttosto che essere amati!” feci esasperata.
“Certo!” urlò stringendo i suoi piccoli pugni.”Perché il mio cuore è stanco di sanguinare. Sono entrata con qualcosa di gran lunga più grosso di me perché solo in questo modo posso attirare l’attenzione di questo popolo di pazzi.”
“Perché ti dai tanto da fare a governarli se li odi?” chiesi incredula.
“E’ una questione di principio: sono io la maggiore e a me spetta il diritto di regnare. Sono venuta semplicemente a riprendermi quello che mi è stato tolto.” Disse con foga.
“Il popolo ha scelto, preferiscono la bontà e la gentilezza di Mirana alla tua crudeltà. Perché non riesci ad accettarlo?”
“Ci avevo provato sai? Ad essere una buona regina. Ma a loro non andava mai bene nulla…tutto quello che volevano era divertirsi e fare feste: come può andare avanti un regno così? Non ci siamo mai intesi ed io ho perso la fiducia in loro. Sai perché ora ci troviamo in questa posizione tu ed io Elise? Perché io sono troppo sana di mente per essere capita ed accettata da questo mondo e tu, che sei come me, sei la loro unica speranza. Ti stanno usando….altrimenti perché credi che ti avrebbero salvata? Alice o non Alice saresti affogata, ma la tua mente è quella che serviva per giungere fino a me.”
“Ti stai sbagliando: io e te non siamo uguali, per niente!” dissi con orrore.
Lei per tutta risposta allargò il suo sorriso mostrando i denti aguzzi al di sotto “Anche tu ti stai sbagliando su una cosa: io non mi sto arrendendo.”
Balzò in avanti così velocemente che non feci in tempo ad alzare la spada; me la ritrovai attaccata addosso che mi mordeva un polso con tutte le sue forze. Sentii i suoi denti affondare nella mia carne, lacerandola, proprio dove finiva l’armatura.
Caccia un urlo così forte da rimbombare sulle pareti di pietra e sovrastare il tuono scoppiato in quel momento. La spada cadde, ed io insieme a lei.
Quando mi accorsi di quello che stava succedendo era troppo tardi: Iracebhet era sopra di me, con le piccole mani tozze attorcigliate attorno al mio collo intente a levarmi l’aria e il suo volto mi apparve nel buio del temporale così pallido, con il mio sangue che le gocciava dalla bocca mentre rideva felice.
“E’ la fine paladina!! Non mi importa se vinco o perdo questa battaglia: tutto quello che mi interessa è la vendetta e tu sei la prima pedina del gioco che mangerò.”
La pioggia battente si mischiava alle mie lacrime di dolore: nella caduta la spada era scivolata lontano e io non sapevo cosa fare. Provavo a colpirla con la mano non ferita, ma i miei colpi erano troppo deboli, e lei troppo euforica per riuscire a sentire dolore.
‘Ecco la fine gloriosa della loro paladina’ pensai. L’aria non arrivava più al mio cervello e la vista mi sera totalmente offuscata. Lasciai cadere il braccio a terra e mi preparai al peggio, aspettando la morte.
Proprio quando perfino il dolore si tramutò in un ricordo sbiadito, sentii un colpo sopra di me e l’aria tornò subito nei miei polmoni con forza.
“Respira ragazzina avanti! Non puoi mollare proprio adesso.”
Quella voce così graffiata e roca…non era possibile!
Sentii artigliarmi una spalla e rivoltarmi su un fianco. “Non abbiamo molto tempo, avanti!” la Lince era preoccupata. Le orecchie mi fischiavano in modo assordante, ma ero viva: pian piano l’ossigeno tornò a circolare nelle mie vene.
Un conato di vomito mi colse all’improvviso, sciogliendomi lo stomaco.
“Avanti Elise, ci sono qui io adesso.” Volevo piangere di gioia e ringraziarlo, ma tutto quello che mi usciva dalla gola un rantolo alla ricerca dell’ultima molecola di ossigeno.
La spada giaceva ai miei piedi e la Regina qualche metro più in la si stava rialzando. Nella caduta aveva perso la pelliccia e il sudicio abito a righe ora era attaccato dalla pioggia al suo corpo magro e deformato.
“Brutto bastardo dopo di lei sarai il primo a pagare!” urlò fuori di se.
“Vieni a prendermi pazza.” Si avventò su di lui e fu tutto un calci morsi e graffi fino a che Iracebeth non lo colpi con la pesante catena di ferro tra le costole.
Sentii un mugolio e lo vidi accasciarsi privo di sensi.
Avevo perso fin troppo tempo; era arrivato il momento di finirla: senza pensarci due volte raccolsi la spada e mi fiondai sopra di lei. Iniziammo a combattere come pazze: non assestavo colpi forti a causa della ferita al polso e al peso della spada, ma erano precisi e studiai. Davanti a me c’erano il corpo di mia madre ferita, la Lince priva di sensi, il Cappellaio caduto in guerra.
“Preparati a soccombere paladina” con una mossa del braccio incastrò la mia spada con la catena e mi ritrovai attaccata al suo corpo. Seppi con esattezza che la sua immagine di quella notte avrebbe tormentato i miei incubi negli anni a venire. “Questo mondo non funziona secondo la logica comune: il bene non vince sempre.” Sussurrò sorridendo. “Arrenditi e ti darò una morte rapida e indolore” gridò.
Ma il suo grido fu sovrastato da un urlo di gioia proveniente dalla foresta sottostante. In un attimo che parve infinito lanciai uno sguardo verso il fiume: non c’erano più giganti in giro e nemmeno altre strane creature mostruose. La consapevolezza ci mise un attimo a prendere forma: avevamo vinto! Sbottai a ridere senza ritegno e vidi il volto della traditrice trasfigurare per l’ira “Nooooo!!!! Maiiii!”
Orami tutto mi sembrava più semplice la spinsi per togliermela di dosso e lei perse l’equilibrio precipitando nel burrone.
L’unica cosa che la teneva attaccata alla vita era la catena di ferro incastrata alla mia spada. Mentre ero piegata in due per il peso i miei occhi si fusero coi suoi. Era arrivato il momento di scegliere: lasciarla cadere e compiere il mio dovere, o salvarle la vita ed evitare alla mia anima di diventare un assassina?
“C’è sempre una scelta.” Le parole di mia madre mi risuonarono in testa. “ Tuo padre sarebbe fiero della donna che sei diventata.”
Davvero? Sarebbe fiero di avere una figlia con le mani sporche di sangue? La risposta era li davanti a me, c’era sempre stata: no. Non lo ero e non volevo diventarlo.
Avevamo vinto, oramai non aveva più importanza, avrei portato la traditrice dalla Regina Bianca e avrebbe deciso lei cosa farne. Ero certa che avrebbe capito.
“Che cosa diavolo stai aspettando? E’ la tua occasione. Uccidimi!” urlò a mo di sfida.
Per tutta risposta tirai su la catena “Co- cosa stai facendo?” sembrò sconvolta e disorientata.
“Ti do sto dando la seconda occasione che bramavi tanto. “ risposi “e la dimostrazione che io non sono come te.”
“Tu sei debole.” Mi provocò.
“Forse; ti porterò dalla Regina e sarà lei a decidere cosa fare di te.” Dissi portandola in salvo.
In quel momento sentii un sussurro dietro di me “Elise”.
Mi voltai di scatto, riconoscendo quella voce, e lo vidi : con il cappello in testa e più pallido del solito, ma vivo e vegeto.
Le lacrime mi salirono agli occhi “Sei salvo!”
Lui annuì come se fosse un cosa ovvia “Abbiamo vinto!” ma a me non importava più, non ora che lui era li davanti a me.
Tutto quello che riuscii a fare fu sorridere tra le lacrime e lasciarmi annegare in quel verde.
“Che ne facciamo di lei?” la voce roca della lince mi riportò alla realtà.
Guardai Tarrant impaurita, ma non vidi preoccupazione sul suo viso.
“Non posso….” Sussurrai a mo’ di scusa.
Lui annuì sorridendo e si avvicinò, mi prese la mano e la strinse. Era bagnata a causa della pioggia, ma per la prima volta mi sembrò calda.
“Parole con la m: misericordia: vedo che finalmente hai trovato la tua moltezza paladina. Andiamo dalla Regina adesso, poi quando festeggeremo ti farò vedere come sono bravo a ballare la deliranza e ti farò quel famoso cappello che mi ha chiesto.” Disse felice tirandomi verso la strada.
Lo seguii senza pensare, Iracebhet si lasciò trascinare come un guscio vuoto senza più forze.
Camminando nel bosco verso il Castello rividi tutte le persone che mi avevano accompagnato in questo lungo viaggio: c’erano la pecora, con una zampa fasciata, e Humpty Dumpt che ripetevano concitati gli schieramenti della battaglia; Pinco Panco e Panco Pinco che litigavano su quanti nemici avessero abbattuto a testa, il Brucaliffo che fumava boccate colorate sulle capricciose rose e mi fece l’occhiolino; la Duchessa che aveva un’aria sconvolta con il porcellino sotto braccio, per la prima volta calmo. E poi tutti gli animali, le carte, le persone di quel pazzo mondo. Camminavo senza sentire nulla, come se l’audio fosse stato disattivato e il mondo scorresse a rallentatore. Tutti erano vivi e feriti lievemente, ma quando guardavano il nostro strano quartetto avanzare si zittivano di colpo impauriti.
Di certo non avevamo un bell’aspetto, soprattutto io e la Traditrice avanti a me.
Giunti in prossimità del fiume riuscii a scorgere mia madre accanto alla Regina Bianca, entrambe in assetto di guerra mi guardavano impassibili, come statue di cera. Sulla spalla della Regina era appollaiato lo strano uccello azzurro della battaglia, con un ala traforata da una freccia, ma vivo.
Solo lo Stregatto mancava all’appello, ma mi rifiutavo di credere che gli fosse accaduto qualcosa. Mi fermai a pochi metri da loro “Vostra Maestà, madre, vi ho portato la Traditrice!” dissi inchinandomi di fronte a loro.
“Non era questo il tuo compito.” Rispose Mirana atona.
Strinsi con forza la catena tra le mani, ma mantenni la calma “Lo so. Ma questa è la mia scelta. La consegno a voi così che potrete fare ciò che più ritenete giusto. Io non sono un assassina, mi dispiace, e se questo vorrà dire pagare il prezzo delle mie azioni, bhè, sono disposta a farlo.” Alzai la testa e puntai lo sguardo nei suoi occhi di ossidiana.
Restammo in silenzio, a fissarci per quella che mi sembrò un’eternità, finché alla fine la Regina sorrise. “Oggi è un giorno Gioiglorioso!” proclamò “ Non c’è motivo alcuno di renderlo funesto: il nostro regno ha ritrovato la pace e la serenità, per questo dichiaro aperti i festeggiamenti. Per quanto riguarda te Elise, hai fatto la tua scelta e io non posso biasimarla. Rintonerai a casa non appena la pozione sarà pronta.” Non mi sembrava vero. “E di lei che ne facciamo?” chiesi senza capire.
“Verrà murata viva nella torre più alta del castello, dove sarà più facile da tenere d’occhio, finché morte non sopraggiunga.” Vidi Iracebeth venir scossa da un brivido, e io stessa mi sentii a disagio. La morte immediata sembrava un sollievo rispetto a quella punizione. Me se lo meritava, cercai di convincermi. Ora non era più un problema mio. Annuii e mi alzai consegnando la Regina Rossa alle guardie.
Accadde tutto così velocemente che non me ne resi conto: nell’istante in cui mi voltai verso il Cappellaio sentii un grido inumano e un rumore metallico. Tutto quello che vidi fu l’orrore dipinto sul volto del Cappellaio prima di sentire una fitta fortissima al fianco destro.
“Preferisco la morte piuttosto che passare la fine dei miei giorni accanto a te sorella! VENDETTA!!!” urlò straziata la ex regina Rossa. Mi portai automaticamente una mano al fianco e subito sentii il fiotto caldo di sangue riempirmi la mano.
“Guarda cosa si prova a vedersi strappare via la vita assieme a tutto quello che ami di più” rise e si lanciò su Tarrant. “Nooooo!” gridai.
Fu più forte di me: senza pensarci sguainai la spada e la calai dritto di fronte a me dando un taglio netto sul suo collo. Entrambe non avevamo più nulla da perdere ormai. Avevo resistito fino a quel momento, ma l’idea di perdere l’uomo di cui mi ero innamorata superava qualsiasi remora… Avevo dato alla Regina quello che si meritava: la stessa fine che aveva inflitto a tutti quelli che si erano parati sulla strada, eppure sentivo di averle fatto un favore: forse era quello che voleva; essere uccisa subito e fare di me definitivamente una paladina. Il bene aveva vinto ancora, ma sapeva di fiele nella mia bocca.
La sua testa rotolò vicino ai piedi di Tarrant che la prese per i capelli, la guardò con sguardo affascinato prima di alzarla in aria come un trofeo.
Quello fu troppo anche per me: la vista mi si annebbiò e caddi in ginocchio , scivolando sul mio stesso sangue.
“Elise!” sentii l’urlo strozzato di mia madre come un’eco lontana.
Era finita, stavolta lo sentivo davvero; nonostante avessi portato a termine il mio compito e pagato i miei debiti con Sottomondo sentivo che avevo ancora tanto da fare. Dovevo sperimentare così tante cose prima di morire: avrei voluto riabbracciare mia madre, diventare madre a mia volta, tornare a casa…..Mi sentii girare delicatamente e il verde smeraldo prese il posto del metallo del cielo.
“Tarrant…” soffiai “ Hai visto? Ce l’ho fatta, l’ho sconfitta. Mi devi un cappello se non sbaglio” Provai a sorridere, ma il dolore era così forte da spezzarmi il fiato. Perché non c’era musica? Perché la gente non urlava di giubilo, ma solo un silenzio pesante regnava nella valle?
Accanto a Tarrant apparvero il volto di mia madre e della Regina Bianca: entrambe erano pallide e spaventate “Amore mio stai tranquilla, sono sicura che esiste un modo per….” Non riusciva neppure a parlare. Non l’avevo mai vista così sconvolta, o forse si….quando avevano portato mio padre a casa dopo la tempesta.
“Mamma, alla fine ho portato a termine il mio compito. Ero destinata a farlo, ma non potevo permettere che..ghghgh” tossii con forza e mia madre mi afferrò una mano.
“Shh amore mio non affaticarti, sei stata bravissima, ora Sottomondo è in pace grazie a te. Sono sicura che quando stari meglio ci sarà una grande festa in tuo onore e tutti balleranno e canteranno felici.” Sorrise tra le lacrime e l’azzurro dei suoi occhi parve scendere sulle sue guance pallide.
Vederla così mi faceva troppo male, così mi voltai e vidi Tarrant che mi fissava in silenzio, come se avesse intuito che qualcosa era andato storto. Volevo dire qualcosa, rassicurarlo, ma sapevo che non avrebbe avuto senso neppure per un pazzo; così mi limitai a guardare il suo viso che assomigliava alla caricatura di un clawn triste. Chissà come sarebbe stato nel mio mondo; forse non c’era posto per lui li proprio come per me qui: non eravamo destinati ad un lieto fine.
Mia madre strinse la mia mano ancora più forte, ma avevo perso la sensibilità nelle dita e non sentii dolore; i suoi singhiozzi erano sempre più alti così come la nenia che la Regina Bianca stava cantando ad occhi chiusi. “M…” lo sentii sussurrare con sguardo vacuo.
Ti prego, non pensare a quella parola, fa male se la dici ad alta voce, forse si avvera. Averi voluto urlarlo, ma oramai il gelo mi aveva bloccato la lingua. Un timido raggio di sole squarciò le nuvole e si infranse sulla mia armatura riflettendo tutto intorno. Il brusio di singhiozzi e preghiere attorno a me si trasformò ritmicamente nel ticchettio di un orologio: solo in quel momento mi venne in mente per la prima volta che nel mio lungo viaggio non avevo mai incontrato il Bianconiglio. Peccato!
Che strano pensiero prima di morire.



A\N: quanti mesi sono passati dall’ultimo aggiornamento?? Non lo so e non voglio contarli, ma vi imploro perdono. Il lavoro mi ha prosciugato qualsiasi energia e la voglia di scrivere era assai scarsa. Ma io mantengo sempre le mie promesse: se dico che finirò questa storia lo farò davvero! Vuoi la pace ritrovata, vuoi che questo mese danno il film su sky…mi è tornata voglia di Sottomondo e per farmi perdonare della lunga attesa ho scritto questo lunghissimo capitolo. Vi annuncio che la storia è quasi giunta al termine, mancano due capitoli per l’esattezza (non così lunghi tranquilli) e la cosa delle fan art è ancora valida quindi…..se c’è qualcuno che è ancora interessato a questa storia me lo faccia sapere^^ mi dispiace davvero per avervi fatto penare così tanto, come se non bastasse trovo questo capitolo non del tutto soddisfacente: un po’ splatter un po’ angst…ma i personaggi fanno quello che vogliono e mi hanno portato su una strada diversa da cio che avevo pensato all’inizio. Vabbè vi ho stancato fin troppo: se ci siete commentate e fatemi sapere che ne pensate!!!! Graze lo stesso se arrivate in fondo al capitolo. Stavolta non farò passare altri 9 mesi giuro!! Un bacione
   
 
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