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Autore: HappyCloud    26/11/2010    10 recensioni
Una giornalista e una scommessa fatta da ubriaca che le travolgerà la vita, facendole incontrare molti uomini per poi giungere al punto in cui è sempre stata: dal suo Lui.
Sullo sfondo, un intricato caso su cui investigare e al quale trovare una soluzione per aiutare un amico. Guardandosi sempre bene alle spalle, perché il nemico non è mai troppo lontano.
Dal secondo capitolo:
Gli lanciai un’occhiataccia che non lasciava nulla all’interpretazione.
- “Tu sei pazzo se pensi che io possa accettare di prestarmi a tutto questo”.
Nick non si scompose neanche per un secondo.
- “Sammy, tu hai già accettato” mi rispose, sventolando quel dannato foglio che riportava la mia firma, con un dannato ghigno di scherno stampato sul viso.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'C'eral'acca'
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Capitolo quattro. Sex And The Bici.

 Il club in cui Ralph J si stava per esibire era gremito di ragazzine urlanti e giovanotti dall’aria poco raccomandabile che sembravano appena usciti da una rissa. Indossavano pantaloni larghissimi con il cavallo che arrivava all’altezza delle ginocchia, delle felpe enormi con il cappuccio e dei cappelli con la tesa completamente piatta. Le femmine invece avevano delle micro magliette che lasciavano scoperto l’ombelico e dei pantaloncini inguinali.
Sam, ma dove cavolo sei capitata, sul set di 8 mile o di Step Up?
Mi sentivo un pesce fuor d’acqua per il mio abbigliamento, così diverso da quello di chiunque si trovasse nella sala. Forse non era stata una grande idea mettere un miniabito blu elettrico con le paillettes e un paio di tacchi alti per assistere al concerto di un rapper. Per fortuna avevo il pass da giornalista per il back stage e quindi mi ci infilai alla velocità della luce, insieme ad altre due colleghe che non capii per che giornali lavorassero.
Provai e riprovai a convincere la guardia del corpo personale di Ralph a farmelo incontrare qualche minuto prima dell’esibizione, ma tutto quello che ottenni fu un Gira i tacchi, nanetta, da parte di quell’omone di colore grande e grosso. Fu un fatto del tutto fortuito il calcio che gli rifilai nello stinco, proprio con quei tacchi su cui mi aveva ordinato di girare.
- “Nanetta sarà tua sorella!”.
 Sentendo le urla del bodyguard che inveiva contro di me, avevo però attirato l’attenzione di Ralph che stava giusto uscendo dal suo camerino, pronto a salire sul palco.
- “Ehi, tu, che succede?”. Cercai di ricompormi alla bell’e meglio per eliminare la faccia da vendicatrice della notte che avevo assunto e mi presentai.
- “Ciao Ralph. Sam Grayson di Music Magazine”. Gli tesi la mano e lui me la strinse.
- “Hai qualche problema con Bob?” mi chiese indicando l’uomo che avevo appena colpito. Guardai l’uomo disinteressata e mi riconcentrai sul mio cantante.
Sam, di' qualcosa 'da ghetto'!
- “Veramente no. Solo che non sopporto la gente che mi da ordini”. Non male, Sam. Rise e mi diede appuntamento a dopo il concerto, nel backstage, dove forse avremmo bevuto qualcosa insieme.
Forse? Dobbiamo fare sesso, mica perderci in questi cavilli, Ralph!
Seguii di malavoglia tutta la performance e iniziai a dubitare delle capacità uditive dei cittadini europei: se quello era cantare, lo avrebbe potuto fare pure anche Romeo!
Finalmente, dopo due ore e tre quarti lo straziò terminò e io iniziai a prepararmi per quanto sarebbe potuto, anzi dovuto, succedere. Ci incontrammo davanti alla porta del suo camerino e lui mi invitò ad entrare, offrendomi una bottiglia costosissima di champagne. Ero indecisa se accettare o no: Sam, se non bevi potresti non trovare il coraggio di fare quello per cui sei venuta; se bevi, però, potresti perdere il controllo della situazione. Ergo, via di mezzo.
Decisi che un solo bicchiere non potesse nuocermi più di tanto e, perciò, accettai.
- “Quindi, Sam Grayson, facciamo subito l’intervista in modo tale che possiamo dedicarci a qualcosa di più piacevole”. Sorrisi imbarazzata ma lo ringrazia mentalmente; non c’erano dubbi che la sua sfacciataggine fosse senza eguali, ma questo mi avrebbe permesso di evitare un sacco di facce sensuali da adescatrice che proprio non mi si addicevano.
Presi il registratore che tenevo sempre in borsa e lo tenni acceso finché non ebbi finito di fargli le prime, stupide domande che mi vennero in mente; in fondo, l’articolo l’avrei dovuto scrivere e, se non altro, non mi ero sorbita il concerto per nulla.
- “Ecco, direi che può bastare” gli dissi, una volta terminata la riserva di richieste d’informazioni che mi servivano per il pezzo su MM.
- “Bene. Parliamo d’altro, allora. Ti piacerebbe fare un giro sul mio giocattolo?”. Prego? Sgranai gli occhi, incapace di produrre una risposta e lui si mise a ridere.
- “Scusa, non pensare male: intendevo la mia auto. Sai è una Ferrari modello…”. Bla bla bla. Continuò a parlare mentre io potevo vedere solo le sue labbra muoversi, visto che non ci avevo mai capito un’acca di auto.
- “… allora ti va?” concluse.
Cacchio, Sam. Inizia a pregare che ti porti a casa perché, okay, non hai mai visto da vicino una macchina del genere, ma a occhio e croce non sembra molto comoda per fare sesso.
- “D’accordo”. Mi indicò la strada con un braccio e uscimmo da una porta sul retro, giusto per evitare quell’orda di paparazzi che stazionava di fronte all’entrata principale. Una voce ci raggiunse dall'interno del club.
- “Ehi, Ralph! - ci girammo entrambi verso l’omone che ci stava seguendo. Di nuovo il bodyguard - dove stai andando? Hanno organizzato una festa per te nel privé”.
- “Lascia perdere, Bob. Ho trovato di meglio da fare” rispose lanciandomi un’occhiata sorridente, seguito a ruota dall’altro che, però, mi squadrò da capo a piedi.
- “Sei sicuro?” domandò.
Ma guarda te questo! Sono un gran pezzo di figliola io, eh!
Ralph annuii e si voltò per aprire l’auto. In una frazione di secondo, mi girai verso la guardia del corpo e gli rifilai una linguaccia degna di un moccioso dell’asilo che gli fece peggiorare l‘opinione già scarsa che aveva su di me. Molto maturo.
Salii sulla Ferrari e, contemporaneamente, mi salii l’ansia.
Sam, siamo giunte al punto di non ritorno; potrebbe essere pericoloso andare in macchina con uno sconosciuto. Però, hai lo spray al pepe e al massimo lo denunci, gli fai fare una figura di merda sui giornali e ti prendi un risarcimento milionario. Il gioco valeva la candela.
Fu il viaggio più breve della mia vita e, in men che non si dica, mi ritrovai sul divano bianco ad angolo della sua immensa casa. Era diversa da come me l’ero prefigurata: colori caldi alle pareti, quadri d’arte moderna, arredamento curato, tende in tinta con l’atmosfera di tranquillità che regnava sovrana su tutto l’appartamento.
Non riuscii a trattenermi.
- “Scusa ma dove sono i graffiti sui muri, il disordine, i vestiti per terra, le macchie sui tappeti?”. La domanda sembrava più intelligente quando era soltanto nella mia testa, ma io mi ero immaginata la roulotte sfasciata della madre di Eminem e invece mi ero ritrovata a casa de Il  Principe di Bel Air.
Arrossii per quanto avevo detto; dovevo essergli parsa piuttosto limitata a livello cerebrale. E meno male che mi ero risparmiata la parte delle prostitute in mutande in giro per le stanze! Colpa di Chuck Bass e delle sue strane abitudini che ora mi facevano pensar male dei ricconi.
Lui ridacchiò e, porgendomi un bicchiere di vino, si accomodò di fianco a me.
- “E’ solo una maschera. Sono un tipo normale, tranne che per il mio charme sopra la media, s’intende. Faccio il duro solo per mestiere”.
Speriamo che qualcosa di duro ci sia anche nella tua vita privata, Ralph, altrimenti le cose si complicano. Oddio, stavo iniziando a parlare come Nick.
- “Capisco. Scusa per il commento idiota”.
- “Non ti preoccupare, è un pensiero di molti, piccola. - mi rispose, con garbo e un briciolo di presunzione - Magari un giorno il mondo conoscerà il vero Ralph”.
Finii in un sorso tutto il vino - dovevo farmi coraggio - e gli tolsi dalle mani il bicchiere, appoggiando entrambi i calici sul tavolino di fronte al divano.
Ora o mai più.
- “Perché non lo mostri, solo a me e solo per stasera?”.
Mi avvicinai a lui e baciai un Ralph decisamente sorpreso dalla mia iniziativa. Non si tirò indietro e, anzi, mi indusse a mettermi cavalcioni su di lui che era seduto, appoggiato allo schienale.
Speriamo non mi si rompa il vestito, con tutto quello che l’ho pagato!
Gli tolsi la maglietta, mentre lui, con dei gesti attenti e veloci, mi tolse il miniabito da sopra, lasciandomi in intimo e ponendo fine alla mia preoccupazione sulle sorti del mio vestiario: era sano e salvo sulla poltrona.
Sei mezza nuda in braccio ad uno sconosciuto e ti preoccupi del vestito? Di sicuro c’è qualcosa che non va in te.
Forse i miei pensieri avevano tanto spazio perché, in fondo, questo rapper non è che fosse così coinvolgente, anche ad un passo dall’amplesso. Non come Nick, o Will, che con un semplice bacio sulla guancia mi avevano dato un’emozione più forte di quella che stavo vivendo con Ralph.
Dio che squallida, Sam! Stai per farlo con uno e ti metti a fantasticare su un altro. Peggio, su due. Cavolo, la mia mente è più pervertita del mio corpo!
Tornai a concentrarmi su quanto stava accadendo nella realtà del momento. Ralph mi aveva sollevato dal divano, le mie gambe allacciate dietro la schiena, diretto, presumibilmente, in camera da letto. Acciuffai la mia borsa con la mano: la macchina fotografica era lì dentro e mi sarebbe servita come prova per la scommessa.
Mi depositò con foga sul letto, liberandosi velocemente dei jeans e, in un atto, mi fu sopra. Nonostante tutto, era un bel vedere: un fascio di muscoli a cui i vestiti larghi e sbrindellati non rendevano giustizia.
Certo, i suoi baci non erano un granché, ma di sicuro sapeva cosa piaceva ad una donna. Le sue mani e la sua bocca erano incontrollabili, spaziavano in ogni mio minimo pezzetto di pelle e aumentavano la voglia che si era insinuata nel mio corpo di sentirlo dentro di me.
Mi rendevo conto che si trattava solo di sesso, del nulla più completo, lontanissimo persino da quel poco che c’era con Will, con il quale almeno c’era un affetto di base. E, seppur con tristezza, mi trovai a constatare che, per ora, mi accontentavo anche di quello. Non ricordavo nemmeno più da l’ultima volta in cui un uomo mi aveva fatta sentire al centro dell’attenzione, soprattutto a letto. Erano tutti troppo occupati a pensare a loro stessi, a raggiungere il piacere anche da soli, e in fretta, dimenticando di avere una partner. Anche il mio bel vicino, mio malgrado, aveva un’indole egoista, mentre Ralph… Ralph era esattamente ed inspiegabilmente l’opposto di tutto ciò. Era dedito al mio piacere e sembrava conoscere il mio corpo da sempre e meglio di me; non mi considerava solo un tramite per giungere all’orgasmo.
Quella notte lo facemmo tre volte e ogni volta fu diversa, se non per il fatto che la situazione rimase sempre nelle sue mani, in tutti i sensi. Dovetti approfittare di un momento di break in cui era andato in bagno, per trarre dalla borsa la macchina fotografica, togliere il flash e metterla sotto il cuscino, nella speranza di trovare l’attimo propizio per scattare quella maledettissima foto.
L’istante perfetto fu quando, tra il secondo e il terzo round, lui si spostò di lato, e si posizionò sopra di me, sovrastandomi con il suo corpo. Aspettai che indugiasse sul mio collo per tirare fuori la macchina fotografica e scattai una foto di lato, nella speranza che lui non si accorgesse del clic.
- “Cos’è stato?”. Si staccò da me, confuso ed eccitato per quanto stava per avvenire. Ancora.
- “Cos’ è stato cosa?”. Fare la gnorri is the way, mi dissi.
- “Mi è sembrato di sentire qualcosa”. Capii di dovermi inventare qualcosa, e anche in fretta, perché altrimenti si sarebbe alzato dal letto alla ricerca del rumore perduto.
Lo afferrai per la canottiera grigia che aveva indossato per andare alla toilette qualche minuto prima e lo attirai verso di me.
- “Poche chiacchiere, Ralph. Non sono venuta qua per parlare”. Accidenti, avevo convinto persino me stessa!
Lui ricominciò ad occuparsi in esclusiva di me e io non potei non esserne contenta.
- “Mi piacciono le donne decise”. S’intrufolò tra le mie gambe con le mani e ricominciò da dove aveva interrotto un lento rituale di corteggiamento delle mie parti intime.
Tutto il resto fu un turbine di nome Ralph che imperversava con la lingua nella mia bocca, sul mio seno e sulla mia pelle.
Quando, però, s’insinuò come una furia dentro di me, ebbi un sussulto. Una proiezione della mia vita nel futuro: no!, non volevo finire come la mia omonima di Sex and The City ad avere rapporti instabili con chiunque sul pianeta, per poi ritrovarsi a cinquant’anni a stare con tutti e con nessuno. Non era un caso se non mi erano mai piaciuti né il telefilm né i film. Insomma, quattro quarantenni arrapate in cerca di un uomo. E che uomini: Big, Harry e Steve non erano esattamente il mio prototipo di compagno, sexy, della vita. Ma su Smith, un pensierino…
Sam, sai qual è l’unica differenza tra te e loro? Vent’anni in meno, mia cara. Solo questo.
- “Oh Santo Dio!” esclamai con gli occhi sbarrati.
- “Anche a me è piaciuto, Sam” disse con aria compiaciuta. Lasciai che il suo ego pensasse che il mio commento fosse riferito alla sua prestazione, anche perché, tranne la terza volta in cui mi ero persa nei miei ragionamenti e non mi ero accorta che lui stava continuando con ritmo regolare l’amplesso, se l’era cavata piuttosto bene.
- “Già. Sono distrutta, ora. Ti scoccia se dormo qui?” gli chiesi sperando che mi rispondesse di no, visto che non avrei avuto la forza di alzarmi, svegliarmi e chiamare un taxi per tornare a casa.
- “Resta pure quanto vuoi. Vado a farmi una doccia; ti unisci a me?”. Samantha Jones.
- “No! - risposi impulsiva. Ralph mi guardo sorpreso e io inventai al volo una scusa da manuale - No, ho bisogno di una tregua. Sai, vorrei saper camminare domani”.
Lui ridacchiò, orgoglioso del lavoro fatto, e mi indicò un secondo bagno in cui avrei trovato anche degli asciugamani puliti. Lasciai che lui se ne andasse per primo, dal momento che doveva scattare la seconda parte del piano: il ratto dei boxer. Frugai tra le lenzuola e li trovai cacciati in fondo, sotto la coperta; li presi con l’indice e il pollice in un angolino - erano pur sempre mutande usate - e li infilai in un sacchetto di plastica che avevo messo in borsa. Notai solo l’etichetta: Ralph J. Dio, aveva persino i boxer personalizzati!
Gettai un occhiata per vedere se aveva intenzione di tornare, ma sentii il getto d’acqua della doccia cominciare a scorrere da dietro la porta in cui si era rifugiato. Lo avvertii perfino canticchiare una canzone nota; stetti ad ascoltare ancora un istante e realizzai che non era una delle sue melodie spacca timpani, ma era un motivo molto più dolce e malinconico. Cazzo! Nel momento stesso in cui realizzai che melodia fosse, non riuscii a trattenere un risolino idiota che si spiegava in due parole: Celine Dion. Se solo fossi stata un po’ più opportunista, e un po’ più stronza, lo avrei registrato e avrei mandato il video alla prima televisione interessata: praticamente avrei decretato la sua umiliazione di fronte al mondo intero. Ma Ralph in fondo mi piaceva e sapevo che la modalità da ragazzaccio di strada era attiva solo sul palco.
Perciò cercai di ignorare l’impulso di fare irruzione nel suo bagno per improvvisare un duetto e mi diressi verso la mia tanto agognata doccia, ballando sulle note della colonna sonora di Titanic.
La mia performance continuò anche sotto il potente dell’acqua, che, nella mia mente, rese ancora di più l’idea del transatlantico che affondava, speronato da un iceberg, nel mezzo di un gelido Oceano Atlantico che, nel mio caso, però, assomigliava molto più ai mari torridi dei Tropici.
Mi asciugai e finalmente mi infilai nel letto, dove c‘era già Ralph appisolato e diedi una sbirciatina all’orologio: le 4:05. Merda, la sveglia sarebbe suonata appena tre ore dopo.
- “Buona notte, Sam”, mi disse sottovoce.
- “Notte”. Lo sentii rotolarsi sul materasso e abbracciarmi da dietro. Lo lasciai fare, pensando che un po’ di calore umano avrebbe potuto riempire il vuoto che sentivo ogni volta dopo aver fatto sesso. E, quella sera, ne avevo ben tre di vuoti.
 
- “Sam, spegni quella maledetta sveglia!”. Avevo la sensazione di avere appena chiuso le palpebre e già il mondo, e Val, pretendevano che mi alzassi per andare a lavoro. Per un attimo pensai di addurre con il mio capo la scusa che, essendo io nello stesso letto del soggetto del quale avrei dovuto scrivere, sarebbe stato molto più proficuo farmici rimanere. Ma poi pensai che sarebbe stato troppo difficoltoso spiegare il perché della mia presenza sotto le lenzuola di Ralph J e, così, cercai di raccogliere le energie per smuovere i muscoli delle gambe ed obbligarli a sorreggermi.
Nada de nada.
Sentii una sorta di singhiozzo provenire dal soggetto vicino a me e, pensando si trattasse di traveggole mattutine, non gli diedi peso e tornai a concentrarmi sulla necessità di muovere il culo fino all’ufficio.
- “Non andartene, ti prego”. Mi girai verso il mio partner e, solo in quel momento, notai le due zampogne che aveva al posto degli occhi, arrossati e gonfi.  Fu un istante di puro panico che mi fece destare completamente.
Che cavolo sta facendo?
Rimasi zitta per qualche minuto, ma la situazione non accennò a migliorare; al contrario, lui sembrò iniziare a piangere a dirotto, lasciandomi sgomenta e con la necessità di dire qualcosa di sensato. Era passato dalla durezza della prima frase circa lo squillo assillante della sveglia, all’isteria del mio possibile abbandono.
- “Dai Ralph, non fare così”.
Ma perché non vengo mai colpita da un fulmine in momenti come questi?
Si ricompose un po’ e poi mi disse:
- “A cosa stai pensando, Sam?”. No, un attimo. C’era qualcosa che non andava: dov’era finita la botta e via senza pensieri né conseguenze? Qualcuno durante la notte, nel sonno, aveva sottratto il mio Rocco Siffredi personale e lo aveva scambiato con una mezza tacca frignante. Oppure dovevano essersi invertiti i poli magnetici della Terra perché lui si stava comportando come una verginella illusa e usata ed io facevo l’uomo menefreghista che se ne vuole andare dopo una bella scopata.
Brava Sam, ora datti una bella frullata al pacco e sarai persino credibile nei panni del macho.
- “A niente, Ralph”. Non piangere, ti prego!
Lui mi guardò stupido e un po’ deluso.
- “Come a niente? Stanotte è stato bellissimo, non puoi essere rimasta indifferente”.
Il problema è che stanotte eri Casanova, stamattina hai la carica sessuale di un’ameba. Morta. Schiacciata da un camion e passata al tritatutto.
- “Sai, Ralph, è che sono molto confusa. E’ stato magnifico con te, ma non credo che ciò sia destinato a durare; hai la fama da latin lover - e io ammazzerò chi ha messo in giro questa voce -  ed io non so se posso sopportarlo. Sento che c’è una forte connessione tra me e te e non voglio che s’interrompa, modificando la situazione. Capisci?”. L’insegnante di recitazione del mio liceo avrebbe dovuto mangiarsi le mani per aver perso un elemento come me.
Mi guardò pensieroso e scosse la testa in modo deciso quando gli profilai l’ipotesi che le nostre strade potessero dividersi.
- “No, non posso permettere che il nostro amore si dissolva così, per colpa delle male lingue. Con te è diverso, lo so”. Tra tutte quelle che si portava a letto, proprio io dovevo fare la differenza? E poi ci conoscevano da trenta secondi e questo già mi parlava di sentimenti.
Appunto mentale: farlo conoscere a Katy. Il suo odio unito all’amore di Ralph si sarebbero compensati a vicenda e avrebbero dato un risultato sensazionale per tutti: tanta felicità per loro e Sam viene lasciata in pace!
- “Devo imparare a convivere le dicerie, ma sarà molto difficile riuscirci”.
Non capii perché, ma il suo viso assunse un‘aria felice.
- “Potresti venire ad abitare qui con me. Io e Bob ti terremmo completamente protetta dal mondo. E’ un’idea fantastica!”. No, no, no, no, no!
Volevo già sbolognarlo dopo una notte insieme, figurarsi a viverci insieme; e poi con quell’idiota antipatico del suo body-guard, per carità divina, manco morta.
Ero capitata nella peggiore delle telenovele sudamericane.
Scusa, Celine, tu hai cercato di avvertirmi e io non ti ho ascoltato.
- “No, tesoro, non credo sia una buona idea. - risposi mentre lui tornava ad assumere un broncio da ragazzino - Per capire se veramente possiamo stare insieme, dobbiamo stare lontani per un po’. Solo il tempo ci dirà se siamo fatti l’uno per l’altra; forse tra uno, due, vent’anni - facciamo mai? - ci rincontreremo e capiremo che è il momento per noi”.
Pensai che avrebbe ripreso a singhiozzare e invece il suo volto si illuminò.
- “Ho capito, Sam. Siamo come Giulietta e Romeo! When you wanna realise it was just that the time was wrong, Juliet?”. Non mi aveva appena cantato, stonato per giunta, un verso della canzone dei Dire Straits, vero?
Rimasi in silenzio e immobile, mentre lui mi correva incontro e mi abbracciava, stritolandomi, con un sorriso a trentadue denti.
- “Vai, Sam, vai a vivere la tua vita là fuori. Ci ritroveremo, vedrai amore”. Mi stampò un bacio a stampo sulla bocca e mi fece rivestire in fretta e furia per cacciarmi letteralmente fuori di casa.
- “Vai, dolce tesoro mio. A presto, amore!”. Mi sbatté la porta in faccia e io rimasi lì, come una babbea, maledicendomi per la mia uscita infelice sulla cazzata del rincontrarsi tra un po’.
Vai a quel paese, Sam, potevi almeno dirla una volta che ti aveva accompagnata a casa!
Scesi in strada, salutando il portiere del palazzo che mi squadrò neanche fossi una barbona. Feci in tempo a specchiarmi nella vetrata all’ingresso e notai, con mia profonda desolazione, che era già tanto se non mi aveva scambiato per una selvaggia, la sorella di Mowgli magari: i capelli scompigliati, i vestiti stropicciati, il viso pallido e struccato.
Per giunta non si fermò neanche un taxi - per via del mio aspetto da amica di Tarzan, immaginai - e quindi fui costretta a noleggiare una di quelle stupide biciclette che il sindaco Johnson aveva voluto in tutta la città. Non ce l’avrei mai fatta ad andare a casa a cambiarmi per poi recarmi in ufficio, ma non vedevo altre opzioni valide al di fuori del teletrasporto.
Cominciai a pedalare, attirando l’attenzione degli automobilisti sul mio fondoschiena che il miniabito non copriva totalmente. Cercai di non pensarci, anche perché erano anni che non usavo una bici ed ero un pochino arrugginita.
- “Ehi tu, bel sedere”. Mi girai furiosa pensando che solo un idiota potesse fare un commento del genere, visto il celeberrimo aplomb degli Inglesi.
- “Imbecille!” dissi, ma notai subito gli occhi color ghiaccio del maleducato che mi fissavano da un fuoristrada scuro. Era tornato, bello come sempre in una maglietta a maniche corte.
Vidi Nick ridere, mentre io rimanevo allibita a fissarlo, non curandomi di guardare la strada davanti a me. Lo vidi anche diventare serio e provare a dirmi qualcosa a parole e gesti, ma il clacson di un’auto gli coprì la voce e, a quel punto, successe l’inevitabile.
La mia bicicletta si schiantò contro un lampione a lato del marciapiede e io venni disarcionata come un sacco di patate sull’asfalto. Una signora cicciottella con un passeggino si fermò ad accertarsi delle mie condizioni; mi toccai la fronte con la mano e mi accorsi che le dita era sporche di sangue, ma constatai che non avevo niente di rotto, se non qualche graffio e ammaccatura qua e là. E il vestito.
No, il vestito no! Avrei potuto illudermi finché volevo, ma quello strappo sulla coscia destra c’era eccome e le paillettes sul cemento ne erano la prova.
- “Sta bene, signorina?” mi chiese la donna.
- “S-sì, grazie, tutto bene” risposi alzandomi a tentoni, afferrando la borsa che era rimasta incastrata nel cestino.
- “Non si preoccupi, ci penso io a lei, è una mia… amica”. Mi voltai verso Nick e vidi che aveva parcheggiato la macchina a una decina di metri dal luogo del misfatto. Brava, Sam, fagli fare pure la parte dell’eroe.
La signora se ne andò sorridendo e io la ringraziai nuovamente per essersi fermata a controllare.
Nick mi aiutò a mettermi in piedi - almeno le scarpe erano salve! - e mi condusse alla sua auto, per poi sistemare la bici, che per fortuna non aveva riportato danni, in uno degli appositi ganci. Tornò da me.
- “Harry Potter, - prese un fazzoletto di carta e me lo posizionò sulla fronte, tamponando la ferita - dove andavi di tutta fretta a quest’ora?”.
- “In ufficio. Sai, la gente normale ha un lavoro normale” dissi acida. In fondo, era colpa sua se avevo fatto un capitombolo di fronte all’universo.
- “Mi sa che il nostro mestiere non è tanto diverso dal tuo, se vai vestita in questo modo”. Come dargli torto, Sam.
- “E’ per quella stupida scommessa. Sono rimasta a dormire da Ralph J” esclamai con una punta di orgoglio, mentre lui metteva in moto la macchina e partiva.
- “Ralph J? Bel colpo, Sammy. O, almeno, spero lo sia stato”. Aprì la bocca in un ghigno malizioso e tutto ciò non fece altro che pungere il mio ego e stimolarlo, come al solito, ad averla vinta.
- “Lo è stato. Tutt’e tre le volte. - Nick non si scompose neanche dinnanzi al mio sorriso beffardo e continuò a guardare fisso la strada. Tirai fuori dalla mia borsa il sacchetto di plastica con dentro i boxer e glielo porsi - A proposito, questa è la prova”.
Lo afferrò un po’ disgustato e lo ispezionò dall'esterno. Chiedimelo, chiedimelo.
- “M-mm, interessante. Ma come faccio a sapere che effettivamente sono i suoi?”. Grazie, Nick.
- “Basterà dare un’occhiata all’etichetta. Sono personalizzati”, dissi raggiante e, anticipandolo, presi la macchina fotografica e gli mostrai la foto, senza nemmeno guardarla.
- “Uh, dev’essere proprio un grande amante, questo rapper, a giudicare dalla tua faccia da lontra arenata sulla spiaggia” mi rispose, serio. Osservai l’immagine e, cavolo!, aveva ragione: sembravo proprio un pesce lesso.
- “Non vuol dire nulla! - mi difesi, arrossendo vistosamente - E, comunque, io la mia parte l’ho fatta. Ora tocca a te. Ma, aspetta, forse ti sei sentito esonerato per il fatto che eri fuori città; se è così, sappi che ti sei sbagliato di grosso”. Sorrisi trionfante e mi godetti il panorama fuori dal finestrino.
Non disse nulla, ma accese la radio e alzò il volume, stringendo le mani al volante.
Ti ho zittito, finalmente.
Trascorremmo il resto del viaggio fino a casa mia in silenzio, io crogiolandomi nella mia convinzione di averlo messo al tappeto e lui senza mai distogliere lo sguardo dalle macchine davanti, guidando in modo sicuro e sportivo.
Accostò la macchina sotto il portone del mio condominio e mi rivolse un’occhiata fugace.
- “Beh, grazie del passaggio. Aspetto tuo notizie, allora”. Stronza fino al midollo.
Richiusi la portiera in fretta, non aspettando nemmeno che rispondesse, e presi l’ascensore fino al mio piano, il terzo. Davanti alla porta notai un piccolo pacchetto color avorio, sigillato con della ceralacca sulla quale era incisa una sola lettera: N.
Lo raccolsi la terra e notai che c’era anche un biglietto sotto.
 
Goditi la visione, Sammy. Ci sono due video perché, sai, ho trovato il tempo di divertirmi un po’ fuori città. Ah, Jamie e Candy Rowell ti hanno lasciato anche un autografo, oltre che i loro slip. N.
 
Jamie e Candy Rowell? Quelle due sorelle oche che agitavano il culo in tutti i loro video, trasmessi in tutte le televisioni, in tutte le nazioni del mondo?
Cazzo, quelle erano talmente famose che, in confronto, Ralph J sembrava un cantante da sagra della salsiccia.
Ennesima figura di merda con lui: mi aveva fatto blaterare a vanvera per poi rinfacciarmi tutto con quello stupido regalino recapitatomi a casa.
No, decisamente Samantha Grayson non sarebbe mai diventata Samantha Jones.
Perché no, Samantha Jones non si sarebbe mai fatta fregare ancora una volta come un pollo.
 
 
 
Sì, sono in ritardo! Ma mi giustificherò dicendo che mi sono portata avanti con i capitoli successivi e che ho in programma una performance artistica di Sam.
La canzone del titolo è “Sex And The City” dei Morgan‘s Project e aggiungerò che non era il titolo che avevo in mente, ma ho cambiato idea perché era un po’ TROPPO TROPPO TROPPO spinto.
Spero che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio come sempre per averlo letto!
Alla prossima!
HappyCloud
 
SunshinePol: in attesa della tua storia e del crossover, ti ringrazio per la consultazione sul verbo prima al telefono! Baci cara!
 
Emily Doyle: Sam li incontra fighi sì, ma si è pure beccata un pacco come Ralph e ti assicuro che a quel punto se n’è andata tutta la fantasia :D un bacione
 
Windedangel: bacchettona fino ad un certo punto! Mi scuso per il ritardo di questa settimana e spero che non abbia minato ulteriormente la tua sanità mentale!! Ciao, baci!
 
Rose in Winter: buon pomeriggio, Satana. Non ti chiederò perché ti metti alle 3 di notte a leggere il capitolo, ma ti ringrazierò ugualmente! Mi auguro che il capitolo ti soddisfi e…povero Will! Ma vedrai che Nick ci riserverà un sacco di sorprese! Ciaooo
   
 
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