AUTORE: Meli_mao
PERSONAGGI: Akainu, Jewelry Bonney.
GENERE: Sentimentale, Vagamente
Introspettivo.
AVVERTIMENTI: Spoiler, non essendo i
personaggi ancora benissimo conosciuti potrei dire che temo che tu possa considerare
qualcosa OCC,
tuttavia io ho cercato di renderli più IC possibili, salvo
ovviamente quello
legato alla relazione.
RATING: Verde.
NOTE: (eventuali): allora si, ci
sono Note.
A partire dal fatto che non so
come tu la possa pensare su loro due. Mi spiego. Se, come hai detto,
segui il
manga quindi sai gli spoiler, ovviamente avrai notato che è
proprio Akainu ad
andare a “salvare” Bonney da Barbanera, e che per
di più dice quella frase
(“Quando ho saputo che era scappata dal governo mi sono
preoccupato”, “Ma ora è
tutto apposto”).
Bene. Io penso che in seguito a
questo si sia scatenato in vari forum un certo dibattito in merito al
tipo di
relazione fra i due. Beh, io so che probabilmente è
più ovvio che lui sia una
sorta di padre, che magari è un parente ecc ecc.,
però sono anche un’inguaribile
romantica e non ho potuto fare a meno di pensare ad una loro possibile
love
story. Senza contare che:
1)
Lei
può cambiare età. Chi mi da la conferma che non
sia solo giovane
per il suo potere e proprio per quello lei continui a mangiare?
2)
Quella rosa
che lui ha sulla
giacca mi ha sempre incuriosita!
Bene…
spetta a te giudicare. E’
comunque una storia nata di getto, quindi spero piaccia lo stesso.
Aggiungo che io scrivo sotto
ispirazione della musica. Quella di questa One-shot è di
sicuro l’Hallelujah,
interpretata da Kate Vougele, che ti invito ad ascoltare. Una perla.
Ciao e buona lettura.
Poco importa
l'età in cui si
decide di essere giovani
“Oh
baby I have
been here before
I've seen this room and I've walked this floor
You know I used to live alone before I knew you
And I've seen your flag on the marble arch
And love is not a victory march
It's a cold and it's a broken Hallelujah”
(“Hallelujah”,
Kate Voegele)*
Le sue dita magre salirono sulle sue gambe snelle,
sistemando le calze colorate fin sopra le ginocchia. Una ciocca color
rosa
ricadde sul suo seno, stretto sotto la maglietta bianco candido.
Lei non ci fece caso, continuando a dedicarsi ora
agli stivali marroni, troppo stretti da infilare facilmente.
“Che bambina capricciosa” emise una voce alle sue
spalle, con un tono incolore.
“Sta zitto!” Fu la risposta arcigna della giovane,
accompagnata da una strana espressione tranquilla dipinta sulle sue
labbra.
Una leggera pressione sulla sua testa e il suo
cappello color verde acqua era di nuova al solito posto.
Voltò appena il capo,
in direzione di colui che aveva compiuto il gesto.
Il volto appuntito dell’uomo la fissava senza
espressione, gelido come sempre. Nei suoi occhi riconobbe
però una qualche
esaltazione, un tentennamento più legato al sollievo che lei
stesse bene o
forse, più probabilmente, al fatto di averla di nuovo avuta
per sé.
Non aveva ancora mollato la presa, lui. Una sua
mano era ancora stretta attorno ad un angolo del suo cappello, come se
ne
stesse tastando il tessuto.
Lei lasciò scivolare a terra il piede, con lo
stivale messo a metà, e con le dita accarezzò
quelle di lui.
Non lo sentì muoversi, né dire nulla.
Erano solo immobili, sul bordo di un letto sfatto.
Lui con un paio di pantaloni color rosso fuoco e il torso nudo,
mostrando quel
fisico slanciato e solcato dai segni degli anni di allenamenti.
Lei con la sua solita “divisa”.
“Hai intenzione di farmi preoccupare di nuovo, non
è vero?”
La rimbeccò l’uomo all’improvviso,
togliendo di
scatto la sua mano e rompendo il contatto con lei.
Si distese di nuovo sul letto, appoggiando il capo
contro la spalliera in legno e incrociando le braccia sotto la testa.
“Non è forse quello che faccio tutte le
volte?”
cercò di ironizzare lei, avvicinandosi di poco a lui.
Sentì un tepore insolito nel momento in cui le sue
dita salirono a sfiorare il suo torace.
Lui non rispose, né si mosse.
Tenne gli occhi chiusi per tutto il tempo,
indifferente.
“Akainu…” un sussurro, come un richiamo.
Non era affatto da lei quel comportamento.
Se ne rese conto nel momento esatto in cui le sue
labbra pronunciarono quel nome.
Se ne rese conto quando su quella sua mano
riconobbe il segno di una ruga profonda.
Stava perdendo il controllo, di nuovo.
Scocciata si allontanò, alzandosi veloce.
Lui socchiuse gli occhi, fissandola di sbieco e
abbozzando un mezzo sorriso di scherno.
“Che padronanza di te!” celiò malsano.
“Che bastardo” commentò lei. Pochi passi
e prese
da un carrello una grossa fetta di torta alla fragola, per
metà sciolta.
Sconfortata constatò che quello era l’unico cibo
rimasto della grande portata.
Il carrellino sporco aveva un aspetto squallido,
nonostante solo poche ore prima sembrasse un tavolo imbandito a festa.
“Hai sprecato molte energie per fare l’amore con
me, Jewelry!”
Lei non rispose alla provocazione, infilandosi in
bocca invece un grosso boccone al sapore di panna montata.
Con una mano afferrò una fragola fresca e la
trangugiò subito dopo.
“Ma il problema non mi riguarda! E’ anche meglio
avere a che fare con quel tuo aspetto” continuò
imperterrito, con la mascella
serrata e un contegno rigoroso.
“Non dirlo come se non ti importasse!” lo
rimbeccò
la donna, minacciandolo con una forchetta.
Akainu richiuse gli occhi, di nuovo, completamente
impassibile.
“E pensare che solo poche ore prima mi hai detto
di odiarmi…”
All’improvviso si mise a sedere, scoccando
un’occhiata inquisitoria verso la donna.
“E’ davvero così, Jewelry? Mi
odi?”
Chiese, senza trasmettere alcun sentimento dalla
voce.
Lei indugiò, abbassando la forchetta e osservandolo
alzarsi rapido.
“E pensare che sono arrivato fin laggiù per salvarti” sottolineò
con calma l’ultima
parola, avanzando di qualche passo verso di lei.
Il suo fisico alto sovrastò quello minuto di lei
non appena le fu abbastanza vicino da poterla toccare.
Incrociò le braccia al petto, lui, scuotendo il
capo infastidito.
E lei emise un rantolo di disappunto, fissandolo
ora in cagnesco.
“Non ho mai chiesto il tuo aiuto, razza di pazzo
sanguinario!” Si voltò, dandogli le spalle,
intenzionata ad inforcare di nuovo
il dolce di poco prima.
Ma due braccia, irrimediabilmente possenti e
indomabili, la immobilizzarono in una morsa così calda da
confonderla.
Spalancò gli occhi per lo stupore, Jewelry, prima
di cercare di divincolarsi senza successo.
Era troppo stanca, troppo alterata, troppo tutto
per riuscire magari a diventare piccola quando bastava per sfuggirgli.
E, in fondo, non voleva affatto farlo.
Oppose una resistenza vaga e senza forza,
abbastanza forte perché lui la stringesse ancora di
più contro il suo corpo
muscoloso.
“Che bambina capricciosa” ripeté
l’ammiraglio,
come se fosse una sorta di preghiera sacra.
“Che bastardo!” Era la risposta che voleva, da
sempre.
Con uno strattone la fece voltare, fissandola
negli occhi senza aggiungere altro.
Le scostò i capelli dal volto, mostrando quel suo
tatuaggio vicino all’occhio destro. Lei
assottigliò lo sguardo, ancora incerta
se cedere oppure restare sulle sue.
Ma quella mano calda e mascolina sul suo collo le
rese vago ogni pensiero.
Da lì al resto il passo fu così piccolo da essere
troppo facile.
Le braccia magre di lei si strinsero attorno al
viso incavato di lui, per poi accerchiare il suo collo.
Le sue labbra lambirono quelle fredde e dapprima
immobili dell’uomo.
La risposta al bacio fu così passionale da
sconvolgerla.
Il suo petto premuto contro quello di lui, le sue
gambe allacciate attorno al suo corpo.
Lo odiava così disperatamente da amarlo.
Non aveva bisogno di riflettere, di pensarci, di
analizzarsi.
Quell’uomo, nella sua totale malvagità perversa,
nel suo contegno glaciale e nella sua indifferenza cronica, era la sua
debolezza.
Poco importava il rancore, la tristezza che le
attanagliava l’animo, o il rimpianto. Poco importava la
promessa che si era
fatta per non cadere di nuovo tra quelle braccia.
Era tutto lontano e insensato.
Tutto diventava così piccolo e insignificante
quando poteva mordere quelle labbra su cui aveva visto solo
l’ombra di sorrisi.
Tutto era opaco quando le sue mani potevano
graffiare quella schiena e quella pelle calda e dura.
Tutto improvvisamente impallidiva quando sentiva
le carezze poco gentili di lui sulle sue gambe o attorno al suo seno.
Tutto… e niente.
I suoi capelli diventarono improvvisamente più
chiari, tanto da sembrare bianchi.
I suoi occhi persero lucentezza e il suo corpo
vigore.
Capì di essere di nuovo vecchia, tanto da poter
finalmente sembrare la compagna giusta per quell’uomo
mostruosamente adulto per
la ragazzina in cui il mondo la identificava.
Essere sé stessa non le sembrò mai tanto
soddisfacente come quella volta.
“E’ questa…. Proprio questa la donna che
voglio!”
mormorò duro Akainu prima di baciarle il collo.
C’erano i piccoli segni dell’età, le
piccole
cicatrici ruvide lasciate dalle rughe, la pelle più morbida
e meno tonica.
Quel collo era diverso, le sue mani e le sue
carezze anche. Persino il suo respiro irregolare aveva un altro suono.
Non una ragazza, non una bambina, nemmeno una
vecchia… quella Jewelry Bonney che lui conosceva era la
donna che teneva tra le
braccia in quel momento, che baciava, che sfiorava, persino che
appagava.
“Sarà tua allora, per questa volta” E
quella voce
più matura divenne sensuale.
Quando lui la riportò sul letto, senza riuscire a
staccare gli occhi da lei, fu in qualche modo sollevato di vederla
sorridere
come la prima volta in cui l’aveva conosciuta.
Le sfilò il cappello, e si lasciò stringere sopra
di lei.
Non c’era romanticismo in quella unione, ma vigore
e passione. C’era maturità e
un’umanità celata, che in quel momento esplose in
loro, nei loro sguardi.
L’uomo terribile che lui era, lasciò libero sfogo
al ragazzino di un tempo, entrato in marina per farsi coraggio e
imparare a
crescere. Nascondersi dietro alla solita maschera di odio non sarebbe
servito.
Non se c’era lei, in quel letto, con lui.
Sentì delle voci nel corridoio, infervorate per
una fuga. Qualcuno nominò Aokiji; qualcun altro,
più sommessamente, fece
proprio il suo nome, come a volerlo incolpare della prigioniera appena
fuggita.
Ma Akainu non vi trovò nulla di così interessante
da dover intervenire.
Quando i suoi piedi nudi toccarono il pavimento
freddo della stanza lui non sentì nulla.
Afferrò la camicia rosata ed iniziò a rivestirsi,
senza mostrare nessun sentimento in particolare.
Il carrellino del servizio in camera era vuoto.
Non aveva nulla con cui fare colazione e la cosa
gli fece sfuggire un commento di disappunto.
La mano si strinse attorno al cappello con la
scritta “marine” e se lo portò sulla
testa, nascondendo gli occhi al resto del
mondo, come sempre.
Qualche passo e raggiunse la porta, ormai
completamente calato nella parte di ammiraglio spietato che ricopriva
sempre.
Ma qualcosa lo rallentò.
Sul cuscino, quello accanto al suo, c’era una
rosa.
Abbastanza grande, di un color confetto così
acceso da risultare ridicolo.
Non disse nulla, Akainu.
Deviò direzione, afferrò il fiore con una
particolare attenzione, e se lo appuntò alla giacca, sul suo
lato sinistro, in
prossimità del cuore tanto incandescente da essere di
ghiaccio.
Fra qualche giorno l’avrebbe sostituita, quella
rosa.
E l’avrebbe fatto senza grande interesse. O almeno
questo sarebbe stato ciò che gli altri avrebbero commentato,
dimenticandosene
subito dopo.
Del resto, si sa, prima o poi i fiori appassiscono.
Anche se, probabilmente, il fatto di sostituirli non
dipende da quello, quanto più dal desiderio di volerli
tenere sempre a portata
di mano freschi e belli come appena colti.
Abbozzò un sorriso gelido, l’ammiraglio.
“Che paradosso…” mormorò,
richiudendosi la porta
alle spalle.
Note aggiuntive:
Prima
di tutto mi scuso... avevo detto che avrei postato la storia
modificandola, ampliandola e migliorandola, tuttavia non ci riesco.
Quand io scrivo qualcosa e arrivo a metterci un punto finale,
è poi impossibile cambiarla. Dovrei modificarne
completamente la trama per farlo e a questo punto sarebbe un'altra
storia.
Quindi, per quando mi
dispiaccia, la pubblico lo stesso.
*Traduzione:
“baby
sono già stato qui
ho visto questa stanza e
ho camminato su questo pavimento
ero solito vivere da solo prima di conoscerti
ho visto la tua bandiera sull'arco di marmo
ma l'amore non è una marcia di vittoria
è un freddo e un grave Hallelujah”
** Il titolo
è
una citazione, o meglio, una parte di una citazione che, completa,
sarebbe:
“Dopo tutto, una gioventù bisogna averla: poco importa l’età in cui si decide di essere giovani”, di Henri Duvernois. L’ho trovata molto adatta, soprattutto perché ero in crisi col titolo.
Ed ecco qui il giudizio:
4 - POCO IMPORTA L’ETA’ IN CUI SI DECIDE DI ESSERE GIOVANI di Meli_Mao. Personaggi: Akainu e Bonney.- CORRETTEZZA: 10. Non ho trovato errori di alcun genere, andava tutto bene.
- TRAMA: 8. La storia non gira di per sé su una trama particolarmente articolata ma bensì su due scene piuttosto brevi di per sé che lasciano intendere tutta una storia dietro, ma, appunto, solo intendere. Lascia tutto all’immaginazione del lettore e non è male come scelta.
- STILE: 10. Hai un buono stile, sono due piccole scene descritte bene, approfondite il necessario, non troppo ma nemmeno troppo poco, con piccoli spunti che spingono il lettore a volerne sapere di più e ad immaginare cosa ci possa essere stato prima. Scrivi bene, fai visualizzare le scene alla perfezione così come te le vedi tu, non pretendi troppo e il risultato è che è scritta bene.
- ATTINENZA AL TEMA: 10. Scrivi di due personaggi che sono addirittura molto trascurati visto che sono inseriti da poco nel manga e per poco tempo, ma nonostante tutto la tua fantasia non ne ha risentito e sei stata capace di costruire dietro tutta una storia che siamo curiosi di vedere come l’approfondirai (perché dovrai farlo, lo sai? ^_-)
- CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI (l’IC in pratica): 10. Per quel po’ che si mostra di loro nel manga direi che li hai presi, purtroppo non posso essere categorica ma non ho motivi per penalizzarti poiché non sono personaggi utilizzati molto da Oda, per ora, quindi direi che sono stati ben caratterizzati e anche approfonditi.
- COINVOLGIMENTO PERSONALE: 9. Purtroppo a livello di coinvolgimento personale, quindi l’unico punto soggettivo del giudizio in sostanza, non mi ha preso al cento per cento, emotivamente è una bella storia che forse però è stata ‘sbrigata’ un po’ più in fretta di quello che avrebbe dovuto. Questa opera con le tue idee che lasci intravedere aveva ottime potenzialità e poteva venire meglio, anche se naturalmente non posso dire che non sia venuta ugualmente bene visto che mi è piaciuta comunque.
Punteggio massimo 57