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Autore: Meli_mao    26/11/2010    3 recensioni
[Sakazuki Akainu x Jewelry Bonney]
Storia classificatasi Quarta al contest "Gli altri di One Piece", indetto da AkaneMikael, che ringrazio calorosamente.
"“Hai intenzione di farmi preoccupare di nuovo, non è vero?”
La rimbeccò l’uomo all’improvviso, togliendo di scatto la sua mano e rompendo il contatto con lei.
Si distese di nuovo sul letto, appoggiando il capo contro la spalliera in legno e incrociando le braccia sotto la testa.
“Non è forse quello che faccio tutte le volte?” cercò di ironizzare lei, avvicinandosi di poco a lui."
Grazie a chi commenterà!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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AUTORE: Meli_mao
PERSONAGGI: Akainu, Jewelry Bonney.
GENERE: Sentimentale, Vagamente Introspettivo.
AVVERTIMENTI: Spoiler, non essendo i personaggi ancora benissimo conosciuti potrei dire che temo  che tu possa considerare qualcosa OCC, tuttavia io ho cercato di renderli più IC possibili, salvo ovviamente quello legato alla relazione.
RATING: Verde.
NOTE: (eventuali): allora si, ci sono Note.
A partire dal fatto che non so come tu la possa pensare su loro due. Mi spiego. Se, come hai detto, segui il manga quindi sai gli spoiler, ovviamente avrai notato che è proprio Akainu ad andare a “salvare” Bonney da Barbanera, e che per di più dice quella frase (“Quando ho saputo che era scappata dal governo mi sono preoccupato”, “Ma ora è tutto apposto”).
Bene. Io penso che in seguito a questo si sia scatenato in vari forum un certo dibattito in merito al tipo di relazione fra i due. Beh, io so che probabilmente è più ovvio che lui sia una sorta di padre, che magari è un parente ecc ecc., però sono anche un’inguaribile romantica e non ho potuto fare a meno di pensare ad una loro possibile love story. Senza contare che:

1)      Lei può cambiare età. Chi mi da la conferma che non sia solo giovane per il suo potere e proprio per quello lei continui a mangiare?

2)     Quella rosa che lui ha sulla  giacca mi ha sempre incuriosita!

Bene… spetta a te giudicare. E’ comunque una storia nata di getto, quindi spero piaccia lo stesso.
Aggiungo che io scrivo sotto ispirazione della musica. Quella di questa One-shot è di sicuro l’Hallelujah, interpretata da Kate Vougele, che ti invito ad ascoltare. Una perla.
Ciao e buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poco importa l'età in cui si decide di essere giovani

 

 

“Oh baby I have been here before
I've seen this room and I've walked this floor
You know I used to live alone before I knew you
And I've seen your flag on the marble arch
And love is not a victory march
It's a cold and it's a broken Hallelujah”

(“Hallelujah”, Kate Voegele)*

 

 

 
Le sue dita magre salirono sulle sue gambe snelle, sistemando le calze colorate fin sopra le ginocchia. Una ciocca color rosa ricadde sul suo seno, stretto sotto la maglietta bianco candido.
Lei non ci fece caso, continuando a dedicarsi ora agli stivali marroni, troppo stretti da infilare facilmente.
“Che bambina capricciosa” emise una voce alle sue spalle, con un tono incolore.
“Sta zitto!” Fu la risposta arcigna della giovane, accompagnata da una strana espressione tranquilla dipinta sulle sue labbra.
Una leggera pressione sulla sua testa e il suo cappello color verde acqua era di nuova al solito posto. Voltò appena il capo, in direzione di colui che aveva compiuto il gesto.
Il volto appuntito dell’uomo la fissava senza espressione, gelido come sempre. Nei suoi occhi riconobbe però una qualche esaltazione, un tentennamento più legato al sollievo che lei stesse bene o forse, più probabilmente, al fatto di averla di nuovo avuta per sé.
Non aveva ancora mollato la presa, lui. Una sua mano era ancora stretta attorno ad un angolo del suo cappello, come se ne stesse tastando il tessuto.
Lei lasciò scivolare a terra il piede, con lo stivale messo a metà, e con le dita accarezzò quelle di lui.
Non lo sentì muoversi, né dire nulla.
Erano solo immobili, sul bordo di un letto sfatto. Lui con un paio di pantaloni color rosso fuoco e il torso nudo, mostrando quel fisico slanciato e solcato dai segni degli anni di allenamenti.
Lei con la sua solita “divisa”.
“Hai intenzione di farmi preoccupare di nuovo, non è vero?”
La rimbeccò l’uomo all’improvviso, togliendo di scatto la sua mano e rompendo il contatto con lei.
Si distese di nuovo sul letto, appoggiando il capo contro la spalliera in legno e incrociando le braccia sotto la testa.
“Non è forse quello che faccio tutte le volte?” cercò di ironizzare lei, avvicinandosi di poco a lui.
Sentì un tepore insolito nel momento in cui le sue dita salirono a sfiorare il suo torace.
Lui non rispose, né si mosse.
Tenne gli occhi chiusi per tutto il tempo, indifferente.
“Akainu…” un sussurro, come un richiamo.
Non era affatto da lei quel comportamento.
Se ne rese conto nel momento esatto in cui le sue labbra pronunciarono quel nome.
Se ne rese conto quando su quella sua mano riconobbe il segno di una ruga profonda.
Stava perdendo il controllo, di nuovo.
Scocciata si allontanò, alzandosi veloce.
Lui socchiuse gli occhi, fissandola di sbieco e abbozzando un mezzo sorriso di scherno.
“Che padronanza di te!” celiò malsano.
“Che bastardo” commentò lei. Pochi passi e prese da un carrello una grossa fetta di torta alla fragola, per metà sciolta.
Sconfortata constatò che quello era l’unico cibo rimasto della grande portata.
Il carrellino sporco aveva un aspetto squallido, nonostante solo poche ore prima sembrasse un tavolo imbandito a festa.
“Hai sprecato molte energie per fare l’amore con me, Jewelry!”
Lei non rispose alla provocazione, infilandosi in bocca invece un grosso boccone al sapore di panna montata.
Con una mano afferrò una fragola fresca e la trangugiò subito dopo.
“Ma il problema non mi riguarda! E’ anche meglio avere a che fare con quel tuo aspetto” continuò imperterrito, con la mascella serrata e un contegno rigoroso.
“Non dirlo come se non ti importasse!” lo rimbeccò la donna, minacciandolo con una forchetta.
Akainu richiuse gli occhi, di nuovo, completamente impassibile.
“E pensare che solo poche ore prima mi hai detto di odiarmi…”
All’improvviso si mise a sedere, scoccando un’occhiata inquisitoria verso la donna.
“E’ davvero così, Jewelry? Mi odi?”
Chiese, senza trasmettere alcun sentimento dalla voce.
Lei indugiò, abbassando la forchetta e osservandolo alzarsi rapido.
“E pensare che sono arrivato fin laggiù per salvarti” sottolineò con calma l’ultima parola, avanzando di qualche passo verso di lei.
Il suo fisico alto sovrastò quello minuto di lei non appena le fu abbastanza vicino da poterla toccare.
Incrociò le braccia al petto, lui, scuotendo il capo infastidito.
E lei emise un rantolo di disappunto, fissandolo ora in cagnesco.
“Non ho mai chiesto il tuo aiuto, razza di pazzo sanguinario!” Si voltò, dandogli le spalle, intenzionata ad inforcare di nuovo il dolce di poco prima.
Ma due braccia, irrimediabilmente possenti e indomabili, la immobilizzarono in una morsa così calda da confonderla.
Spalancò gli occhi per lo stupore, Jewelry, prima di cercare di divincolarsi senza successo.
Era troppo stanca, troppo alterata, troppo tutto per riuscire magari a diventare piccola quando bastava per sfuggirgli.
E, in fondo, non voleva affatto farlo.
Oppose una resistenza vaga e senza forza, abbastanza forte perché lui la stringesse ancora di più contro il suo corpo muscoloso.
“Che bambina capricciosa” ripeté l’ammiraglio, come se fosse una sorta di preghiera sacra.
“Che bastardo!” Era la risposta che voleva, da sempre.
Con uno strattone la fece voltare, fissandola negli occhi senza aggiungere altro.
Le scostò i capelli dal volto, mostrando quel suo tatuaggio vicino all’occhio destro. Lei assottigliò lo sguardo, ancora incerta se cedere oppure restare sulle sue.
Ma quella mano calda e mascolina sul suo collo le rese vago ogni pensiero.
Da lì al resto il passo fu così piccolo da essere troppo facile.
Le braccia magre di lei si strinsero attorno al viso incavato di lui, per poi accerchiare il suo collo.
Le sue labbra lambirono quelle fredde e dapprima immobili dell’uomo.
La risposta al bacio fu così passionale da sconvolgerla.
Il suo petto premuto contro quello di lui, le sue gambe allacciate attorno al suo corpo.
Lo odiava così disperatamente da amarlo.
Non aveva bisogno di riflettere, di pensarci, di analizzarsi.
Quell’uomo, nella sua totale malvagità perversa, nel suo contegno glaciale e nella sua indifferenza cronica, era la sua debolezza.
Poco importava il rancore, la tristezza che le attanagliava l’animo, o il rimpianto. Poco importava la promessa che si era fatta per non cadere di nuovo tra quelle braccia.
Era tutto lontano e insensato.
Tutto diventava così piccolo e insignificante quando poteva mordere quelle labbra su cui aveva visto solo l’ombra di sorrisi.
Tutto era opaco quando le sue mani potevano graffiare quella schiena e quella pelle calda e dura.
Tutto improvvisamente impallidiva quando sentiva le carezze poco gentili di lui sulle sue gambe o attorno al suo seno.
Tutto… e niente.
I suoi capelli diventarono improvvisamente più chiari, tanto da sembrare bianchi.
I suoi occhi persero lucentezza e il suo corpo vigore.
Capì di essere di nuovo vecchia, tanto da poter finalmente sembrare la compagna giusta per quell’uomo mostruosamente adulto per la ragazzina in cui il mondo la identificava.
Essere sé stessa non le sembrò mai tanto soddisfacente come quella volta.
“E’ questa…. Proprio questa la donna che voglio!” mormorò duro Akainu prima di baciarle il collo.
C’erano i piccoli segni dell’età, le piccole cicatrici ruvide lasciate dalle rughe, la pelle più morbida e meno tonica.
Quel collo era diverso, le sue mani e le sue carezze anche. Persino il suo respiro irregolare aveva un altro suono.
Non una ragazza, non una bambina, nemmeno una vecchia… quella Jewelry Bonney che lui conosceva era la donna che teneva tra le braccia in quel momento, che baciava, che sfiorava, persino che appagava.
“Sarà tua allora, per questa volta” E quella voce più matura divenne sensuale.
Quando lui la riportò sul letto, senza riuscire a staccare gli occhi da lei, fu in qualche modo sollevato di vederla sorridere come la prima volta in cui l’aveva conosciuta.
Le sfilò il cappello, e si lasciò stringere sopra di lei.
Non c’era romanticismo in quella unione, ma vigore e passione. C’era maturità e un’umanità celata, che in quel momento esplose in loro, nei loro sguardi.
L’uomo terribile che lui era, lasciò libero sfogo al ragazzino di un tempo, entrato in marina per farsi coraggio e imparare a crescere. Nascondersi dietro alla solita maschera di odio non sarebbe servito. Non se c’era lei, in quel letto, con lui.

 

 

 Al risveglio non fu affatto sorpreso di ritrovarsi solo.
Sentì delle voci nel corridoio, infervorate per una fuga. Qualcuno nominò Aokiji; qualcun altro, più sommessamente, fece proprio il suo nome, come a volerlo incolpare della prigioniera appena fuggita.
Ma Akainu non vi trovò nulla di così interessante da dover intervenire.
Quando i suoi piedi nudi toccarono il pavimento freddo della stanza lui non sentì nulla.
Afferrò la camicia rosata ed iniziò a rivestirsi, senza mostrare nessun sentimento in particolare.
Il carrellino del servizio in camera era vuoto.
Non aveva nulla con cui fare colazione e la cosa gli fece sfuggire un commento di disappunto.
La mano si strinse attorno al cappello con la scritta “marine” e se lo portò sulla testa, nascondendo gli occhi al resto del mondo, come sempre.
Qualche passo e raggiunse la porta, ormai completamente calato nella parte di ammiraglio spietato che ricopriva sempre.
Ma qualcosa lo rallentò.
Sul cuscino, quello accanto al suo, c’era una rosa.
Abbastanza grande, di un color confetto così acceso da risultare ridicolo.
Non disse nulla, Akainu.
Deviò direzione, afferrò il fiore con una particolare attenzione, e se lo appuntò alla giacca, sul suo lato sinistro, in prossimità del cuore tanto incandescente da essere di ghiaccio.
Fra qualche giorno l’avrebbe sostituita, quella rosa.
E l’avrebbe fatto senza grande interesse. O almeno questo sarebbe stato ciò che gli altri avrebbero commentato, dimenticandosene subito dopo.
Del resto, si sa, prima o poi i fiori  appassiscono.
Anche se, probabilmente, il fatto di sostituirli non dipende da quello, quanto più dal desiderio di volerli tenere sempre a portata di mano freschi e belli come appena colti.
Abbozzò un sorriso gelido, l’ammiraglio.
“Che paradosso…” mormorò, richiudendosi la porta alle spalle.

La Jewelry Bonney che lui amava, lo sapeva bene, non era affatto fresca e rosea come quel fiore.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note aggiuntive:

Prima di tutto mi scuso... avevo detto che avrei postato la storia modificandola, ampliandola e migliorandola, tuttavia non ci riesco. Quand io scrivo qualcosa e arrivo a metterci un punto finale, è poi impossibile cambiarla. Dovrei modificarne completamente la trama per farlo e a questo punto sarebbe un'altra storia.
Quindi, per quando mi dispiaccia, la pubblico lo stesso.

 

*Traduzione: “baby sono già stato qui
ho visto questa stanza e
ho camminato su questo pavimento
ero solito vivere da solo prima di conoscerti
ho visto la tua bandiera sull'arco di marmo
ma l'amore non è una marcia di vittoria
è un freddo e un grave Hallelujah”

 

** Il titolo è una citazione, o meglio, una parte di una citazione che, completa, sarebbe:

“Dopo tutto, una gioventù bisogna averla: poco importa l’età in cui si decide di essere giovani”, di Henri Duvernois. L’ho trovata molto adatta, soprattutto perché ero in crisi col titolo.

Ed ecco qui il giudizio:

4 - POCO IMPORTA L’ETA’ IN CUI SI DECIDE DI ESSERE GIOVANI di Meli_Mao. Personaggi: Akainu e Bonney.
- CORRETTEZZA: 10. Non ho trovato errori di alcun genere, andava tutto bene.
- TRAMA: 8. La storia non gira di per sé su una trama particolarmente articolata ma bensì su due scene piuttosto brevi di per sé che lasciano intendere tutta una storia dietro, ma, appunto, solo intendere. Lascia tutto all’immaginazione del lettore e non è male come scelta.
- STILE: 10. Hai un buono stile, sono due piccole scene descritte bene, approfondite il necessario, non troppo ma nemmeno troppo poco, con piccoli spunti che spingono il lettore a volerne sapere di più e ad immaginare cosa ci possa essere stato prima. Scrivi bene, fai visualizzare le scene alla perfezione così come te le vedi tu, non pretendi troppo e il risultato è che è scritta bene.
- ATTINENZA AL TEMA: 10. Scrivi di due personaggi che sono addirittura molto trascurati visto che sono inseriti da poco nel manga e per poco tempo, ma nonostante tutto la tua fantasia non ne ha risentito e sei stata capace di costruire dietro tutta una storia che siamo curiosi di vedere come l’approfondirai (perché dovrai farlo, lo sai? ^_-)
- CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI (l’IC in pratica): 10. Per quel po’ che si mostra di loro nel manga direi che li hai presi, purtroppo non posso essere categorica ma non ho motivi per penalizzarti poiché non sono personaggi utilizzati molto da Oda, per ora, quindi direi che sono stati ben caratterizzati e anche approfonditi.
- COINVOLGIMENTO PERSONALE: 9. Purtroppo a livello di coinvolgimento personale, quindi l’unico punto soggettivo del giudizio in sostanza, non mi ha preso al cento per cento, emotivamente è una bella storia che forse però è stata ‘sbrigata’ un po’ più in fretta di quello che avrebbe dovuto. Questa opera con le tue idee che lasci intravedere aveva ottime potenzialità e poteva venire meglio, anche se naturalmente non posso dire che non sia venuta ugualmente bene visto che mi è piaciuta comunque.
Punteggio massimo 57
   
 
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