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Autore: Kimmy_90    29/11/2010    1 recensioni
Estratto da " 5. Accettazione ."
[ Rimase allibita ed estasiata ad ascoltare due labbra sottili e surreali lievemente posate sulle sue.
   Più per caso che per intenzione.
     Più per follia che per attrazione.
C'era una parte di lei con cui era in conflitto, eppure in amore. E questa parte di lei le si presentava come un ragazzo dalla pelle morbida e setosa, inventato da lei stessa anni prima.
Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
     Era andata definitivamente fuori di testa.
]
Lei è una ragazza apparentemente calma e tranquilla.
Lui è un casinista.
Lei tende ad evitare i problemi, è remissiva, cerca il dialogo.
Lui è superbo e sprezzante.
Lei è moderatamente bassa, lui è alto; lei è acqua e sapone, lui si trucca pesantemente; lei beve, lui è astemio; lei non fuma, lui si fa le canne; lei ha gli occhi grigi, lui neri; lei segue i suoi ideali... bhe, lui anche.
Il problema, sostanzialmente, è che sono la stessa persona.
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. Ovest


Il treno dondolava sulle rotaie, scosso dall'imperfezione del tracciato.
Manuel dormiva. Della grossa.
Aria lo osservava mentre appoggiato al sedile con la bocca mezza aperta scivolava lentamente verso il basso – per poi ritirarsi su di scatto, in un gesto inconscio. I dreadlocks rimbalzavano, spargendosi sul poggiatesta e sul suo volto:  pareva che il ragazzo stesse per mangiarsene uno, che penzolava proprio davanti alle sue labbra.
Lei difficilmente si tratteneva dallo scoppiare a ridere.
Hera sembrava dello stesso avviso.
I due si guardavano complici, entrambi consci del fatto che trovare divertente una persona che dorme era cosa alquanto subdola.
Ma Hera non era la coscienza di Aria - né viceversa.
Quindi, cullati dal dondolio del treno, i due serravano labbra e denti cercando di non scoppiare in una fragorosa risata.
Non che quella di Hera fosse udibile, ma se lui avesse ceduto, l'avrebbe fatto anche Aria: e dunque l'effetto era lo stesso.
Dopotutto Manuel aveva diritto di dormire.
"Smettila di guardarmi con quella faccia"
"Perchè, TU cosa stai facendo?"
era una gara.
O per lo meno lo era diventata.
"Taci!"
"Taci CHE? Se io parlo non cambia nulla."
"Se tu parli mi fai ridere, idiota!"
Hera aggrottò le sopracciglia, perplesso, mentre sul volto gli rimaneva impressa l'espressione beota di chi sta per esplodere in una risata sguaiata.
“Mph.”
“Mpha.”
“Ha.”
“AH.”
 – Boom.
“Mphahahahahahahah!”
Manuel si svegliò di scatto, sgomento e sull'attenti – il terrore negli occhi. Quando vide Aria intenta a non soffocare causa le risate che la scuotevano quasi violentemente, si mise ad osservarla con il volto di chi non ha capito assolutamente nulla, ma vorrebbe davvero ridere a sua volta.
“Che hai? Che hai visto?” Domandò, iniziando a guardarsi attorno per individuare il motivo della sua risata sguaiata.
Aria era alle lacrime, e non riusciva a parlare.
“Ohi! Aria!”
E Manuel continuava a cercare una cosa che non c'era.
Hera, immaginariamente seduto accanto ad Aria, rideva a sua volta.
“Ariaaaaa!” iniziò, lamentevole, Manuel “ 'Cazzo ti prende?!”
Ma lei non riusciva a guardarlo senza tornare a ridere.

Era stato un viaggio decisamente piacevole. Aria scese dal treno serena, preceduta da Manuel e accompagnata da Hera. Il suo alter ego era diventato, tempo qualche giorno, una presenza normale. La ragazza si incamminò lungo i binari, reggendosi lo zaino caricato a dovere per il weekend e fermandosi, ogni tanto, ad annusare l'odore di ferro tipico delle stazioni. Le piaceva.
E più il tempo passava, più si convinceva che era stata un'ottima idea. Sebbene l'idea di incontrare Lucas la intimoriva, avanzava a testa alta e continuava a ripetersi che ce l'avrebbe fatta.
    “Certo che ce la farai, piccola.”
Inavvertitamente, Aria sorrise.
“Eccoci!”
Da lontano, l'alta figura del padre di Manuel li salutava.

***

Costa ovest.
Tre concetti che la identificano nella testa dell'americano medio: Caldo, Uragani, Fighe in Bikini.
Nulla di tutto ciò, scoprì quel pomeriggio Aria. Il tempo era anonimo, velato, e il lembo di spiaggia dove le scene dei film avrebbero preteso partite di beach volley, ragazzotti biondi e abbronzati coi cani, freesbee che volano e modelle seminude era tristemente deserto. L'oceano, però, era una meraviglia: il tempo di farle appoggiare le sue cose nella stanza, e Manuel non ebbe alcun modo di impedire ad Aria di lanciarsi in spiaggia a guardarlo da vicino.
Era grigio.
Un mare grigio dovrebbe essere una cosa deprimente, sciatta, priva di significato.
Ma no, non era così: era grigio e potente. Aria camminava su e giù per la spiaggia, studiando i movimenti e la schiuma delle onde impetuose. L'orizzonte si riduceva a una linea, nemmeno troppo definita, che lasciava solo intendere quante altre miglia d'oceano seguivano, prima di ritrovare un granello di terra.
Si fermò, restando ad ammirare il quadro che le regalavano gli occhi.
“Constable.”
“Seascape Study with Rain Cloud.” Rispose ad Hera, continuando a scrutare il mare.
“Vuoi una sigaretta?”
“No.”
Hera si strinse nelle spalle, facendo scattare un paio di volte l'accendino.
“Per essere immaginario sei molto realistico. Hai anche l'accendino che non funziona.” commentò la ragazza, scrutando con la coda dell'occhio l'altro.
Hera fece nuovamente spallucce, riponendo l'accendino ed estraendo dalla tasca dei jeans i fiammiferi. “Chissà qual'è il profondo significato psicologico di questa metafora prodotta dalla tua mente contorta.”
“Nessuno.”
“Immagino che anche se esistesse, non lo scopriremo mai.”
“Già.”
Lì rimasero, in silenzio.
Minuti e minuti che si accavallavano. Il tempo che passava, calmo ma inarrestabile.
E alla fine, se ne rese conto: stava procrastinando.
Hera annuì.
“Devo andarci.” si ripeté Aria, nel tentativo di convincersi. Ma non pareva funzionare affatto.
“Se vuoi, vacci. Se no, no.” fece Hera, con ovvietà. “Non ti costringe nessuno.”
“Io mi costringo.”
“Ti vuoi proprio male, eh, piccola?”
Aria si voltò verso di lui, osservandolo torva. “Non mi voglio male. Mi voglio bene, perché voglio superare questa cosa.”
Hera sorrise. Picchiettò sulla sigaretta, facendo cadere la cenere sulla sabbia compatta. “Questa era una cosa carina, da dire.”
Aria tacque.
“Davvero, piccola. Un bel quadretto da appendere in camera?” domandò retorico il ragazzo, che poi si mise a mimare con le mani la forma della cornice: “Ecco, tipo quelle cose ricamate – Home Sweet Home; tu invece ci scrivi: Mi voglio bene perchè. Sì. Ci sta. Negalo, se ne hai il coraggio.”
Aria lo fissò di sottecchi, basita.
“Ho davvero inventato un personaggio così idiota?”
“No, piccola, Stronzo e Idiota, se vogliamo essere precisi.”
“Stronzo, Idiota, Saccente e Ipocrita.”
“Ohè – non esageriamo, adesso.”
“So ben io come sei fatto, no?” chiosò lei.
“Seh, seh. Come no.”
“Stronzo.”
“Ed è tutta colpa tua.”
Sorrisero.
E poi si resero conto che non c'era poi così tanto da sorridere. Anzi.
E sorrisero ancora di più.

***


“Ma se tipo porti giù i cavi con una roba tipo – chessò, condotto a muro? Come si chiamano quelle robe di plastica che metti fuori?”
“Canalette. Non si può, ho già parlato con l'amministratore. Piantala.”
Manuel azzannò il toast, sbuffando e ruminando. “Hfe pfallhe.” sputò.
Suo padre lo guardò di traverso, scuotendo il capo squadrato. “Non ho parole.”
Aria li guardava come si guarda una sit-com, con la differenza che doveva sforzarsi di non sorridere.
“Perché?” domandò Manuel, dopo aver mandato giù il boccone.
“Perché sei una scimmia. Una scimmia satellite dipendente.”
“Confermo.” fece aria, ridacchiando sotto i baffi.
“Bene! Grazie! Attacco incrociato, bene – vi siete mesi d'accordo? Chiedevo solo, pa', per il satellite – non lo chiedo più, ok? Niente parabola. Amen. Tanto sei tu quello che non vede un cazzo in tv.”
“Io non la guardo, la cazzo di tv – scusa il linguaggio, Aria.”
Padri di ventenni sboccati che pensano che le ventenni non siano avezze al linguaggio scurrile dei figli.
Meraviglioso, pensò Aria. Sembrava di essere tornati al liceo – sinceramente entusiasta della situazione.
“Mi dai gli orari del bus per il college, a proposito?”
“Terzo cassetto a sinistra. Vai da sola, Aria?” domandò l'uomo, perplesso.
Aria tacque un istante, cercando di mettere in piedi una frase sensata che non si riducesse ad un 'si faccia gli affari suoi'. Anche perché non era quello che voleva dire.
Alla fine si strinse nelle spalle, annuendo come se niente fosse.
Era talmente cristallino che il padre di Manuel conosceva tutta la storia nei dettagli, che Aria non si mise nemmeno a pontificare al riguardo. Dopo tutto, era un brav'uomo. Un neo-scapolo sopravvissuto in modo prodigioso ad un divorzio inaspettato, il quale non aveva permesso alla sua vita di fermarsi per un così banale incidente di percorso. Lo conosceva abbastanza da poter dire di essergli affezionata – e, in fondo, non c'era niente di male se la sua vita sentimentale gli veniva rivelata dal figlio: suonava normale, dato che loro due erano amici in modo quasi eccessivamente morboso. Tanto che, agli inizi – quando si Aria e Manuel si conobbero e la famiglia del ragazzo era ancora unita, i loro genitori erano rimasti piuttosto scioccati dall'apprendere che fra quel ragazzo e quella ragazza non sarebbe mai scoppiata alcuna scintilla, dato che si adoravano come due gemellini.
“Non portarti dietro tanta roba, Aria, che sui bus gira brutta gente. I soldi del biglietto, telefono e un documento di riconoscimento, niente di più e niente di meno.”
Autoelettosi vice-padre in azione.
“Documento nel caso in cui ti trovino in fondo al fiume –” specificò ridacchiando Manuel “dato che questa è Gotham City e Batman è stato ucciso secoli fa, tipo.”
“Ma che idiozie spari, Manuel?” pontificò il padre, perso dal discorso delirante di quello.
“Era tipo per ridere, dài! Manco fossimo ai confini col Messico o nel bronx! Così me la terrorizzi, guardala: non prenderà tipo mai più un bus in tutta la sua vita, con quella faccia.”
L'uomo scosse il capo, sconsolato.

“Pronta?”
“Pronta.”
    “Davvero?”
    “Sì, cazzo. Piantala di farmi venire dubbi all'ultimo momento.”
“Ti veniamo a prendere per le sei, se no mio pa' va in para.”
Aria annuì. “Che bravo papà.” commentò, sorridendo.
“Ssseh, certo. Come no. Bene. Ok.”
“Ok.”
“Non so più checcazzo dirti.”
“Era meglio se venivi con me, così è pretestuoso.”
    “Vedi che non sei pronta?”
“Ma no, dài – che abbiam passato la notte a imbastire l'alibi!”
“Vedere il college per conto di mia mamma per conto di mia sorella? Non glielo dirò, è ancora più pretestuoso.”
“Cheppalle, Aria. E dagli la microSD, quello sì, cazzo, che la tengo da – boh? Mesi? – e non gliela riesco mai a tornare.”
“E mi faccio i cazzi suoi e vedo la troia che si sbatte ogni sera. Evviva.”
“Non cercarlo, eh. Lo incontri per caso e via. E se hai casini, chiama.  E tipo mentre mi aspetti vai a cazzeggiare da qualche parte, boh, non so, cosa c'è lì? Ecc, tipo nel centro commerciale lì vicino. Ok?”
Aria sbuffò.
“La gente dovrebbe fare casini del genere per cose più serie, sai? Trovare un lavoro, salvare la vita a qualcuno, o magari parlare con un fratello con cui la litigato anni prima – ma non boiate come incrociare l'ex per poter convincersi di averlo dimenticato. Mi sento sporca a fare tanto casino per una cosa così stupida.”
Manuel osservò le labbra di Aria che andavano sempre più piegandosi verso il basso.
“Seh, Aria, ci sono tremila cose più brutte, tipo la fame del mondo, tipo il cancro, l'hiv, le guerre, gli omicidi, la gente che muore, la sclerosi multipla... Se tipo passi la vita a cercare cose più serie, sai, cazzo, ne troverai a fiotti... che poi ti verrà da suicidarti.”
    “Non è scemo, davvero. Ha solo un po' di afasia.”
“Vabbè, ma...”
“Boh, ok, quando torni a casa vai a fare una donazione, ecco, cazzo, ai medici senza frontiere, ok? Così ti lindi l'anima sporca e la pianti di rompere. Ora, te, ti prendi, sali, vai, e fine, piantala. Ok? Cazzo.”
“Ok.”
Manuel sorrise, felice.
    “Non sei pronta.”
    “Vaffanculo, Hera.”
“Grazie, Manu. A dopo.”









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[NDA] domando scusa per la lunga attesa, mi sono fatta decisamente desiderare >.<''''
vabbè. Ho avuto qualche priorità, che mi ha impedito di scrivere.
Capitolo di transizione. Nulla di particolare, le cose interessanti succedono dopo. Un po' introspettivo e storico.
Grazie a tutti quelli che leggono ^^
   
 
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