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Autore: EffieSamadhi    29/11/2010    1 recensioni
[Dirty Dancing II]
Con la salita al potere di Fidel Castro, Katie e la sua famiglia sono costretti a lasciare Cuba. Nonostante le promesse, Katie e Javier vanno avanti con le loro vite. E così, mentre Katie si sposa e ha una figlia, Javier apre un'officina e diventa il re della 'Rosa Negra'.
Passano gli anni (diciannove, per l'esattezza), e il destino gioca le sue carte, riportando Katie a L'Avana. Accompagnata dalla sorella Lucy e dalla figlia, Isabella, che rivela un inaspettato talento per la danza, e sembra dimostrare una certa simpatia per il fattorino dell'hotel, tale Ricardo Suarez...
***
La ff presenta alcune "incongruenze" rispetto al film, e inoltre ho sbagliato nell'inserire il nome della sorella di Katie, che nel film si chiama Susie: lo so, dovrei cambiarlo, ma ormai per me il personaggio si chiama Lucy. =)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Recordar. Dolerse. Volver

L’Avana, Cuba, 1977

Agosto

 

            ¡Hola, tío!” esclamò Ricardo, entrando nell’officina dello zio, alla fine del turno in hotel.

            “Ricardo, che ci fai qui? Sei in anticipo, oggi” rispose lo zio, immerso nel motore di una grossa auto americana.

            “Il signor Ruiz mi ha fatto uscire prima. Era contento” spiegò il ragazzo, avvicinandosi alla parete dove lo zio teneva gli attrezzi del mestiere.

            “Davvero? Sono felice per lui.”

            “Sai, sono arrivate tre americane, oggi. Sono molto carine.”

            “Buon per te.”

            “Sai, una di loro assomiglia molto alla ragazza della foto.”

            “Quale foto?”

            “Non fare finta di niente. La ragazza della foto che Luis tiene appesa alla Rosa Negra.”

            “Ce ne sono tante di foto, alla Rosa Negra.”

            Ricardo sbuffò. “Beh, sai benissimo di quale foto sto parlando. Quella della tua regina.”

            Javier Suarez si raddrizzò e lanciò via lo straccetto lurido che teneva tra le mani. “Dubito che l’americana di cui parli sia Katie Miller” mormorò.

            “Forse non lo è, ma si chiama Katie. E deve avere… trentacinque anni, credo. Insomma, ha l’età per essere lei.”

            Javier era confuso. Non sapeva se sperare che si trattasse di Katie, o se sperare che non lo fosse. Se davvero era lei, perché non era ancora venuta a cercarlo? Ok, era arrivata da poco. Ma sarebbe venuta a cercarlo? Si ricordava di lui? Diavolo, era stato il suo primo amore, come poteva averlo dimenticato? Lui non aveva dimenticato niente della loro breve storia. Nemmeno un secondo, nemmeno un misero dettaglio gli era sfuggito. Forse Ricardo si era sbagliato. Forse la Katie di cui parlava lui assomigliava solo alla sua Katie. “E’ sola?”

            Ricardo scosse la testa. “C’è un’altra donna, avrà trent’anni, bionda, carina. Si chiama Lucy.”

            Le speranze di Javier crollarono come un castello di carte. Katie e Lucy Miller erano tornate a Cuba.

            “E poi c’è una ragazza” proseguì il ragazzo, ignorando l’espressione disorientata dello zio. “Carina, anche lei.”

            “Come si chiama?”

            “Mmm… Isabella. Avrà sì e no quindici anni. È la figlia di Katie, credo. È l’unica delle due che abbia un anello.”

            Se Ricardo avesse sospettato di infliggere tanto dolore allo zio, non avrebbe parlato con tanta sufficienza. Javier quasi non riusciva a crederci: nonostante tutte le promesse, nonostante avessero giurato di ritrovarsi, in un modo o nell’altro, Katie si era sposata. Aveva messo in piedi una famiglia. Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto uccidere quell’uomo così fortunato. Represse il pianto, e con voce dura continuò a interrogare Ricardo: “Sono in vacanza con la famiglia?”

            “Non so che razza di vacanza sia. Ci sono solo loro.”

            Il cuore di Javier si aprì. Beh, il marito di Katie si fidava a lasciar partire tre donne sole per Cuba… doveva essere un tipo in gamba. Forse Katie non aveva vissuto tanto male. Forse Katie si era resa conto di amare quello sconosciuto più di quanto amasse lui. Forse lui era ricco, e lei non era mai stata la ragazza in gamba che Javier aveva creduto. O forse era successo qualcosa, qualcosa di grave o brutto, e lei si era dovuta sposare.

            “Ehi, domani potresti venirmi a prendere al lavoro. Magari riesci a vederla e a salutarla” propose Ricardo.

            “No” ribatté duro Javier, tornando a lavorare al motore. “E loro non devono sapere che sei mio nipote. E nemmeno che mi conosci.”

            “Ma perché, zio?”

            “Perché te lo dico io. Ti ho mai fatto fare qualcosa di sbagliato?”

            “No, ma…”

            “Fai come ti dico, Ricardo. Per favore. Un giorno ti spiegherò.”

            Il ragazzo annuì. Voleva troppo bene a Javier per disobbedirgli. Era stato Javier a crescerlo, nonostante non ci fossero legami di sangue tra loro. Era stato Javier a prendersi cura di lui, da sempre, già da quando sua madre aveva fatto credere a Carlos, fratello maggiore di Javier, che Ricardo fosse il frutto di una loro relazione. Poi Carlos era morto, sua madre era morta. Ma Javier era rimasto, e lo aveva adottato. Gli aveva dato da mangiare, lo aveva vestito, lo aveva mandato a scuola. E non aveva mai chiesto nulla in cambio.

            “Va bene, zio.”

   
 
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