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Autore: Camelia Jay    29/11/2010    1 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Capitolo 35

Ehi, salve a tutte!!

... già, lo so lo so -.- sto via dei mesi e me ne torno con un "Ehi, salve!", non c'è alcuna giustificazione per il mio "ritardo" (più che un ritardo è qualcosa di molto più esteso che non saprei definire O.O) comunque... sono qui!

Ho visto che si richiede di me, qui in giro :D non può che farmi piacere!!!!

Grazie per chi ancora mi sopporta T________________T!!!

Mi spiace di essere arrivata all'ultimo capitolo T____T comunque, non è proprio l'ultimo, perché non dimenticatevi del finale a sorpresa!! Già, ci sarà qualcosa di davvero interessante da scoprire u.u niente paura xD nulla di troppo impossibile o astruso! Spero di ritornare presto sulle scene di EFP, ma per ora vi lascio con questo doppio capitolo, sperando che non abbiate perso del tutto la pazienza ^^'

PS: sto tentando con l'ennesima storia, si chiama "Il diario di Belle" e secondo me è la miglior cosa che abbia mai scritto u.u non per vantarmi xD PASSATE, PER FAVOOOOOOOOOOOORE!! *w*

***

– Cosa?! E io avrei detto tutte quelle cose? Ma… dici sul serio? Quindi aspetta, il concerto, la lite e tutto… io l’ho sognato? – dissi ancora incredula, mentre lui annuì.

– Oh no! Uffa… mi viene da piangere! E poi… – continuai, portandomi una mano vicino alla bocca, fissando un punto per terra – ti ho detto tutte quelle cose… non ce l’avrei mai fatta a dirle da sobria.

Kyle stette in silenzio per un attimo, lasciandomi pensare ad alta voce, poi intervenne:

– La cosa più importante per me è sapere se tu quelle cose le pensavi sul serio.

Lo guardai, comprendendo cosa volesse sentirsi dire.

– Ma certo che le pensavo davvero, altrimenti io…

Non feci in tempo a terminare la frase che si alzò dal letto matrimoniale, dicendo semplicemente con il suo solito tono tranquillo e uno strano sorriso sulle labbra:

– A me basta questo. – e lasciò la stanza.

Il peggio era che non ricordavo assolutamente niente. Ero stata io allora la prima a dirgli “ti amo”, anche se non avrebbe dovuto importarmi molto. Però… ero infastidita dal fatto che non me lo potessi ricordare. Okay, non mi sarei ubriacata mai più, decisi. E poi con solo un bicchiere di vodka alla menta… ma come si fa?

Cominciai a ragionare su tutto, non so cosa mi sconvolgesse di più, se il fatto che mi ero sognata tutto, oppure il fatto che ubriacandomi avessi spiattellato a Kyle un mucchio di cose che mi vergognavo a dirgli da sobria, e che avessimo passato, come avevo sognato, una notte stupenda…

Oh mamma, pensai, chissà se a mia insaputa l’avevamo fatto… Ma no, Kyle me l’avrebbe detto… o forse no? O forse preferiva lasciarmi all’oscuro per il mio bene? Mi venne improvvisamente questo grosso dubbio, mi catapultai così giù dal letto.

– Kyle?! – gridai dalla camera da letto – Non è che c’è qualcosa che abbiamo fatto più del bacio che non mi vuoi dire, vero? Perché se mi nascondi qualcosa faresti meglio a dirmelo subito anzi che lasciarmi nel dubbio…!

Sentii dall’altra stanza provenire una risata.

– Secondo te, Jenice? E poi se ti sei ricordata che siamo stati insieme sul letto a parlare tutta la notte, credo che ti ricorderesti se l’abbiamo fatto!

– Ah bene, – conclusi, sollevata – meglio così. La mia prima volta vorrei che fosse da sobria, perlomeno…

Ero ancora in piedi, vicino al letto. Sulla soglia vidi spuntare di nuovo Kyle, che era alquanto arrossito (era troppo carino quando succedeva).

– La tua prima volta… – disse senza guardarmi direttamente negli occhi.

– La mia prima volta. – terminai, ridacchiando. Avrei voluto dirgli che la mia prima volta avrei voluto che fosse con lui, ma non ero più sbronza, ahimé.

– Non credo che tu voglia fare colazione, visto che ora è… – continuò Kyle che era tornato di là, cambiando discorso.

– Beh no… anche se a dire il vero un po’ di fame ce l’avrei.

– Allora possiamo andare a mangiare fuori, se ti va.

– Come abbiamo sempre fatto, del resto… – risposi io.

Detto questo sgattaiolai in bagno, cominciando a lavarmi e vestirmi. La roba da lavare dei giorni precedenti l’avevo infilata tutta stropicciata in valigia, dato che non sapevo usare neanche la lavatrice.

Uscimmo poi di casa, cercando un posto carino dove mangiare mentre mi brontolava lo stomaco. Alla fine andammo in un fast food.

 

– Kyle… – cominciai, una volta seduti al tavolino. Ciò che gli avrei detto, non sapevo che reazione potesse suscitare in lui.

– Dimmi. – mi disse lui. Ero sicura che presto avrebbe fatto i salti di gioia.

– Io non ci voglio più andare al concerto. E così è deciso. Penso che anche tu approverai la mia scelta, dato che è dall’inizio che non volevi andarci…

Inutile dire come ci rimase. Si può benissimo immaginare. Rimase in silenzio per una manciata di lunghissimi secondi, finché non rispose:

– E come pensi di fare con i biglietti?

Già, i biglietti. Una cosa a cui non avevo pensato minimamente.

– Possiamo fare come ha fatto Dylan! Attacchiamo un volantino, e stavolta li rivendiamo a prezzo pieno così ci guadagniamo anche dei soldi in più, non è una buona idea?

Lui annuì, anche se poco convinto. Evidentemente si fidava di me quanto bastava.

Improvvisamente sentii il cellulare squillare, così presi la borsa e lo tirai fuori. Guardai il nome sul display, era Lindsay.

– Pronto? – risposi.

– Ciao Jenice! Sai che torno a casa oggi pomeriggio? Mi sono intrattenuta un po’ a Washington con il mio ragazzo, stiamo tornando entrambi a New York, siamo già in viaggio…

Non avevo pensato che sia Lindsay che il suo ragazzo, che la seguiva ovunque, abitavano a New York, una cosa che poteva giocare a nostro vantaggio, e mi venne un’idea:

– Senti Lindsay… saresti interessata al concerto dei Contagious di stasera?

Lei esitò un attimo, per poi rispondere:

– Ma come, non hanno già finito i biglietti?

– No, due li ho io e sono in prima fila. Non me la sento di farti pagare il prezzo pieno a te che sei mia cugina, io infatti li ho pagati la metà, puoi andarci con il tuo ragazzo no?

Lei sembrò alquanto eccitata.

– Davvero? Dici sul serio? Io avevo telefonato ma non ne avevano più! Tu non sei veramente intenzionata ad andarci? Ne sei sicura?

– Sicurissima. I Contagious non mi interessano. Quando torni oggi te li do, okay?

– Perfetto, grazie Jenice sei fantastica… non so cosa farei senza di te. Ma dimmi una cosa, la mamma non sospetta di nulla vero? E lo sa che hai comprato questi biglietti?

– Beh… no, non sospetta di niente, non sa nulla. Non ti preoccupare, tutte cose che rimarranno fra me e te.

– Grande, meno male… hai una cugina davvero irresponsabile!

– Comunque… oggi credo di saperti dire fino a quando resteremo, ma siccome non andiamo più al concerto credo che domani dovremmo partire…

Alzai lo sguardo verso Kyle, che mi guardava con un’espressione neutra.

– Bene, ma potete rimanere tutto il tempo che volete, credo che stanotte la passerò a casa del mio ragazzo dopo il concerto, beh mi dirai oggi pomeriggio. Grazie ancora Jenice sei mitica! A oggi pomeriggio allora!

– Ciao Lindsay… – e riagganciai.

– Partiamo domani? – mi chiese Kyle.

Io annuii, anche se mi dispiaceva. Quello sarebbe stato l’ultimo giorno passato interamente con il mio… già, ma adesso stavamo insieme? Perché questa piccola parte della situazione mi era ignota. Desiderai intensamente di poter fuggire un giorno dalla mia città, andarmene con Kyle da qualche parte, e stare sempre insieme. Non sarebbe mai stato possibile, a scuola da me, dove pettegolezzi e altre cose del genere erano di casa. A nessuno dei due interessava far sapere a tutti che eravamo andati a New York insieme, e neanche che ci amavamo. Saremmo stati troppo a disagio.

– Oggi diamo i biglietti a mia cugina, poi ci organizziamo per tornare a casa. Nessuno saprà mai niente di questa storia. – aggiunsi.

– Ma Jenice… – continuò Kyle – perché? Perché non vuoi più andare al concerto, se hai tanto insistito per venire a New York solo per questo?

La spiegazione era più che semplice. Io tenevo tantissimo a Jonathan, è vero, ma quel sogno di quella notte mi aveva fatto capire tante cose: non volevo arrivare a litigare con Kyle costringendolo a venire al concerto, perché sarei stata egoista. Poi Jonathan, lo immaginavo già da un po’ di tempo, era sicuramente cambiato. Come nel mio sogno, probabilmente aveva cominciato a fumare e a fare tante cose che prima non faceva, e se ci teneva davvero a me, arrabbiata o no, mi avrebbe telefonato una volta almeno, anche solo per chiedermi scusa. Se gliene fosse davvero importato di me, mi avrebbe contattata. Pensai che aveva inciso quella canzone solo perché il ricordo di me non si sbiadisse, mi avrebbe chiesto di far parte della band solo per gli ascolti e i soldi che avremmo guadagnato. Il successo fa male alle persone, a volte le cambia completamente, e anche se Jonathan mi aveva detto nel sogno di essere sempre lo stesso, forse non si rendeva conto che non era vero. E se invece fosse stata la verità, allora non avevo motivo di preoccuparmi per lui e andarlo a cercare in quella grande città.

I miei genitori non vennero mai a sapere tutto il casino che era successo. Non seppero mai che io e Kyle eravamo stati per giorni in una casa temporaneamente disabitata da soli, mentre mia cugina stava a intervistare personaggi famosi e a farsi il suo ragazzo a Washington. Quel giorno demmo i biglietti a Lindsay, facendogli pagare la metà come aveva fatto Dylan con noi, così fu come se non li avessimo mai comprati. Non avrei probabilmente mai più rivisto Jonathan, e mi dispiaceva tantissimo. Ma se lui non aveva la stessa voglia di vedermi, allora non sapevo che farmene di quei biglietti. Nel sogno aveva detto che mi sarebbe venuto a trovare, ma non ero così ingenua da crederci davvero, specialmente dal suo tono di voce. Di veri amici al mondo se ne trovano ben pochi, e quasi tutti talvolta si sottomettono alla fama e al successo, ed è impossibile tornarne indietro.

Riuscimmo miracolosamente a trovare un posto in treno. Di solito quelli che partono da New York sono sempre affollatissimi. Anche se un po’ a malincuore, fui felice di lasciare quella città, non faceva per me. Non lo volevo più, il successo, perché sarebbe significato perdere tutto, anche Kyle. Se dovevo diventare come Jonathan, allora era meglio restare felici nella propria anonimità ma insieme alla persona che ami.

Presto le vacanze finirono, e si tornò a scuola. Io e Kyle facemmo finta che non fosse successo niente: ci comportavamo da semplici amici, parlavamo il meno possibile, ma a volte non riuscivamo a nascondere che ci dessero fastidio alcune cose, come per esempio lui che era geloso quando qualche ragazzo mi si avvicinava, anche solo per salutarmi e fare una veloce chiacchierata. Io invece ero preoccupata del fatto che adesso molte ragazze dicevano di trovarlo affascinante. Riuscii a nascondere tutto su New York perfettamente, anche a Sharon, che continuava a pormi domande su domande.

I giorni passavano, e le uniche occasioni per parlare con Kyle era a lezione, vicino a lui. Ogni volta attiravamo su di noi gli sguardi scettici dei compagni.

Un giorno, all’intervallo, presi il mio caffé mettendomi come mio solito davanti alla finestra a guardare il paesaggio. Il cielo primaverile mi dava un po’ di felicità, anche se mi mancavano quelle giornate insieme a Kyle, dove non avevamo nessuno sguardo indiscreto…

All’improvviso sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla, un tonfo al cuore. Mi girai di scatto.

– Kyle… ma cosa…

– Shh… – m’interruppe lui, avvicinandosi di scatto con il viso e baciandomi davanti a tutta quella gente.

Il bicchierino di caffè vuoto mi cadde a terra, mi chiesi se fosse diventato pazzo. Non m’importava in quel momento. Davanti a tutti, mi godetti il bacio in quella sua unica passione che ci univa, senza curarmi di niente, il cuore forte come un tamburo.

– Kyle… perché? – gli sussurrai una volta staccati.

– Jenice… a me non importa cosa dice e pensa la gente. Basta che nessuno mi separi mai da te. Prima o poi scapperemo da questa realtà… – mi disse nell’orecchio.

Io ero arrossita, tutti gli sguardi addosso a noi, tutti che bisbigliavano qualcosa sul nostro conto.

Kyle aveva ragione, che importava? Ci eravamo fatti fino adesso troppe paranoie, troppi problemi… ed era tutto così semplice. Che importava? Io desideravo solo stare per sempre insieme a lui, nient’altro.

– Jen… – la sua voce si fece sempre più flebile – vorresti stare sempre insieme a me?

Ci volle un paio di secondi prima che riuscissi a realizzare cosa volesse dire.

– Significherebbe… che vorresti che ci mettessimo insieme?

Lui mi fissò dolcemente negli occhi, sentivo il cuore scoppiare, uscire letteralmente dal petto. Poi ci fu come il silenzio.

– Sì.

Incredula, strabiliata, e con tutte le emozioni possibili da provare in quel momento che si fecero vive, annuii decisa.

Lui sorrise.

Lo abbracciai forte, lo sentii sussurrarmi che mi amava all’orecchio. Girai lo sguardo un attimo verso tutta la gente: qualcuno sorrideva, qualcun altro era sorpreso. Ma alla fine che cosa m’importava?

Già. Che importava…

   
 
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