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Autore: Youki    27/11/2005    3 recensioni
Vento di battaglie per Inuyasha e i suoi amici. La guerra per i frammenti della Shikon no Tama continua, ma le vicende del passato tornano ad intrecciarsi con il presente e la tela di Naraku, ordita 50 anni prima, ancora una volta allunga le sue maglie sul futuro dei nostri amici. Ma non saranno soli a combattere...qualcuno sta tornando dal passato solo per combattere al fianco di Inuyasha. COMPLETA, posterò il più regolarmente possibile!
Genere: Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Naraku, Nuovo personaggio, Sango, Sesshoumaru, Shippou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 10

Speranza e Disperazione

di Youki

(htpp://www.youki-laportadellalba.splinder.com)


Il sole al tramonto faceva capolino tra le nubi basse e i raggi scarlatti fendevano l’aria umida della sera. Il temporale era stato intenso ma breve.
Ryu era fradicio fino al midollo, perchè il rifugio che aveva scovato tre giorni prima era troppo piccolo per riparare entrambi dalla fitta pioggia appena cessata. Il giovane non conosceva infatti la zona in cui si trovava e, dopo essersi allontanato con Sesshomaru dal luogo dello scontro, aveva cercato al più presto possibile un posto in cui fermarsi a medicare le terribili ferite dello youkai. Pensava di fermarsi solo per la notte e cercare successivamente un luogo più consono, nonchè più riparato e comodo, ma quando l’alba era sorta e il sole aveva illuminato il volto cereo di Sesshomaru, Ryu aveva capito che se lo avesse spostato, avrebbe commesso un grave errore. Benchè giovanissimo, aveva un notevole occhio clinico e, anche con la sua limitata esperienza in campo medico, si era accorto di quanto fosse peggiorato in una sola notte il suo assistito.
Aveva fatto tutto il possibile in quei tre giorni per curare quelle ferite che continuavano imperterrite a sanguinare e aveva dato fondo a tutte le scorte di medicinali fornitegli a suo tempo da Sayouki per abbassare quella febbre che gli incendiava la pelle.
Ma tutto ciò non era bastato. Tutto quello che poteva fare era cambiare le bende insanguinate, applicare impacchi di erbe sulle ferite e bagnare la fronte madida di sudore dell’uomo che un tempo Sayouki aveva amato.
‘Se ci fosse lei, qui, saprebbe cosa fare...’ rimuginò tra sè.
Bagnò di nuovo la pezza ricavata dalla sua stessa casacca nell’acqua fresca, strizzandola leggermente, prima di porla nuovamente sulla fronte di Sesshomaru. Per l’ennesima volta Ryu si soffermò a studiare quel volto così familiare e insieme sconosciuto, così simile al suo, così tormentato...
La bocca sottile era perennemente contratta in una smorfia di dolore e sotto le palpebre serrate si poteva intuire il frenetico moto delle iridi. Sapeva che Sesshomaru era in preda agli incubi del delirio e occasionali scatti degli arti o parole confuse non facevano che confermare la gravità della situazione. Ryu non conosceva affatto Sesshomaru, ma dal poco che sapeva, dubitava fortemente che in condizioni normali avrebbe invocato a quel modo il fratello, il padre o Sayouki stessa.
La testa di Sesshomaru scivolò di lato, facendo cadere a terra la pezzuola. Pazientemente, Ryu la raccolse, la bagnò di nuovo e deterse il sudore dalla fronte, dal volto e dal collo dello youkai, prima di dirigersi verso la piccola fonte per prendere altra acqua.
Fu allora, mentre era intento ad osservare il volo dei corvi nella luce morente della sera, che udì un fruscio sospetto. Si fermò all’istante, ad una decina di passi da Sesshomaru, tendendo le orecchie per cogliere ogni eventuale rumore.
Non dovette fare molta fatica, perchè il fruscio tra i rami del sottobosco non faceva che aumentare, divenendo via via più vicino e chiaro, accompagnato da sonori sbuffi e grugniti.
Nessuno poteva essere così stupido da muoversi in una foresta simile facendo tanto rumore. Che si trattasse di un qualche grosso animale? In tal caso non sarebbe stato un problema scacciarlo. No, non poteva essere un animale quello che sbuffava in un modo simile: c’era sicuramente qualcuno che stava venendo nella loro direzione e difficilmente si sarebbe potuto trattare di qualcosa di diverso da un nemico.
La sua sorpresa fu grande quando i cespugli si aprirono e da essi ruzzolò fuori faticosamente una piccola figura infangata armata di un singolare bastone, i cui occhi gialli da rettile si dilatarono per la sorpresa. Avevano visto la figura distesa al riparo dell’albero cavo.

-S...S....Sesshomaru-sama!- gridò Jaken con voce stridula, a metà tra la gioia e il pianto.
Tutto quell’arrancare tra dirupi e foreste era infine valso a qualcosa! L’aveva trovato! Sorreggendosi al Nintojo, il piccolo youkai-rettile fece qualche rapido passo zoppicante in direzione del suo signore, raggiungendone il capezzale. Vide la pezzuola bagnata, vide le bende e i medicamenti. Solo allora capì che Sesshomaru non era solo, che lì attorno ci doveva essere qualcun altro.
Pieno di ansia per la vita del suo signore, nonchè per la sua, Jaken si guardò lentamente attorno e il respiro gli si mozzò in gola quando scorse la figura argentea che era rimasta fino a quel momento immobile nell’ombra.
-Chi...Chi...?- balbettò, sudando freddo.
Nell’ultima incerta luce del giorno, Ryu fece qualche passo avanti e Jaken vide che si trattava solo di un bambino. Si rilassò visibilmente. Un bambino youkai è pur sempre un bambino.
-Voi dovete essere Jaken-sama, l’attendente del nobile Sesshomaru, se non erro.- disse cordialmente il giovane, avvicinandosi -Il mio nome è Ryu- aggiunse quando fu a pochi passi, accennando un piccolo inchino con la testa.
L’ossequioso comportamento, sortì su Jaken esattamente l’effetto desiderato: il piccolo demone si ricompose, riacquistando la dignità momentaneamente dimenticata. Non avanzò di un passo, ma, nemmeno, arretrò quando Ryu si fece più vicino.
-Bene...Esatto...Allora...Mi sai dire cosa è successo, ragazzo?- gracchiò dopo essersi schiarito più volte la gola, lanciando ripetuti sguardi alla figura bendata e febbricitante distesa a terra. Poi vide che tra le mani il ragazzino teneva una piccola ciotola di legno piena d’acqua.
-Se mi permettete, Jaken-sama, credo che prima sia opportuno riaccendere il fuoco. Si è spento a causa del temporale. Inoltre credo che Sesshomaru-sama sia assetato.- ripose educatamente Ryu, accennando alla ciotola che teneva in mano. -Sarò lieto di rispondere a tutte le vostre domande una volta che saremo asciutti. Non vi andrebbe di unirvi a me per cena? Ho catturato un coniglio stamane.-
Conquistato dai modi cordiali e dalla voce infantile del giovane youkai, nonchè dalla prospettiva di un coniglio arrosto per cena, Jaken lanciò al vento ogni remora e si disse d’accordo.
-Ti sei sobbarcato una grande responsabilità nel prenderti cura del mio signore e te ne sono grato, ma ora che ci sono io, è compito mio occuparmi di tutte le esigenze Sesshomaru-sama.- sentenziò poco dopo. Non gli piaceva più di tanto l’idea di lasciare il suo signore nelle mani inesperte di un ragazzino, per quanto provvidenziale potesse essere stata la sua presenza.
Con un cenno di assenso, Ryu gli passò la ciotola e annunciò che avrebbe cercato qualche ramo abbastanza asciutto per accendere il fuoco, avviandosi nel buio del sottobosco e lasciando Jaken solo al capezzale del dormiente.
-Ora ci sono qua io, Sesshomaru-sama! Mi occuperò io di voi e presto sarete di nuovo al meglio!- sussurrò, senza ottenere altra risposta che un gemito indistinto.
Con la piccola mano a tre dita sollevò delicatamente la testa di Sesshomaru e, posandogli il bordo della ciotola sulle labbra, cercò di fargli bere qualche sorso di liquido. Fu però più difficile del previsto e rivoletti limpidi sfuggirono dai lati della bocca andando ad impregnare gli abiti e attirando l’attenzione di Jaken sui rozzi bendaggi che fasciavano il torace di Sesshomaru. Posata la ciotola, si mise quindi ad esaminare accuratamente le fasciature e le medicazioni sul corpo del suo signore. Alcune ferite si erano completamente rimarginate e rimanevano solo rosee cicatrici che, con ogni probabilità, sarebbero scomparse entro il mattino successivo. I bendaggi, per quanto rozzi (parevano esser stati ricavati riducendo in strisce un qualche abito) erano ben tesi e fasciati stretti, anche se in parte intrisi di sangue. Inoltre percepiva chiaramente l’odore pungente delle erbe medicinali che costituivano gli impacchi umidi applicati sotto il tessuto. Non erano certo mani inesperte quelle che avevano curato Sesshomaru. Possibile che fosse stato quel ragazzino?
Come se quel pensiero lo avesse evocato, Ryu emerse silenzioso come un’ombra dal folto del bosco proprio alle spalle di Jaken facendolo sobbalzare. Senza dire una parola, lo superò e si accucciò davanti al misero rifugio per accendere il fuoco. Mentre osservava la figura del ragazzo, indistinta alla sola luce della luna, Jaken si chiese ancora una volta se fosse stato davvero lui a curare Sesshomaru o se per caso non ci fosse in giro qualcun altro. Stava per chiederglielo quando la prima scintilla scoccò dalla pietra focaia e le parole gli morirono in gola.
Gli era solo parso, o quel brevissimo sprazzo di luce aveva illuminato un viso dai tratti decisamente familiari? Una seconda scintilla.
No, no. Non ci si poteva sbagliare. Il naso, la bocca...
Una terza, una quarta scintilla.
Il taglio affilato del viso, le sopracciglia sottili e arcuate, i capelli, umidi di pioggia, ma decisamente argentei...
Una quinta scintilla.
‘Ma è la copia esatta di Sesshomaru-sama!!’ pensò Jaken ansimando come se improvvisamente gli mancasse l’aria.
Finalmente l’esca s’incendiò e con pochi gesti Ryu accatastò legnetti sempre più grossi, soffiando sulla fiamma finchè il fuoco non arse alto e le fiamme crepitarono vivide.
Fu allora che il ragazzo sollevò lo sguardo e i suoi occhi color del ghiaccio si socchiusero istintivamente per ripararsi dal riverbero delle fiamme.
Jaken emise un gorgoglio strozzato, assalito da mille ricordi alla vista di quegli occhi inumani. Erano cinquant’anni che non vedeva occhi simili e non li aveva certo rimpianti. Quelli erano gli stessi occhi della dannata yasha! Di Sayouki! Ed appartenevano ad un bambino il cui volto era la copia esatta di quello di Sesshomaru! Inatteso e decisamente indesiderato, si ripresentò alla sua memoria il ricordo più terribile della sua vita...il ricordo del mattino in cui aveva involontariamente sorpreso Sayouki e Sesshomaru insieme in quella grotta...il suo nobile signore...con quella indegna mezzodemone...
Scosse la testa per scacciare quel ricordo di cui avrebbe fatto volentieri a meno, ma solo per trovarsi davanti agli occhi, in carne ed ossa, il probabile risultato di quella unione!
‘No!’ si redarguì ‘Forse mi sto sbagliando. Sto correndo troppo...anche se la somiglianza è innegabile...’
Cercò di reprimere l’odio furibondo che il solo ricordo di Sayouki aveva suscitato in lui e dovette sforzarsi per mantenere il controllo sul terrore che da sempre aveva accompagnato quell’odio.
‘Non posso abbandonare qui Sesshomaru-sama.’ si disse per farsi coraggio. Non nutriva il minimo dubbio circa l’identità del giovane: Ryu l’aveva riconosciuto subito, chiamandolo per nome e qualcuno doveva dunque avergli parlato di lui. E non era certo stato Sesshomaru, visto lo stato in cui era ridotto. E poi non poteva fare a meno di chiedersi perchè quel misterioso ragazzino fosse saltato fuori solo ora, in un momento simile e dove fosse finita Sayouki. Che fosse lì nascosta da qualche parte? Che fosse stata lei a curare Sesshomaru? Non le si poteva certo negare che aveva doti straordinarie come guaritrice...
-Dimmi, ragazzo, sei stato tu a curare il mio signore?- si decise a chiedere alla fine.
Ryu si sedette a gambe incrociate accanto al fuoco, strizzandosi i capelli, intrisi di acqua piovana.
-Sissignore.- rispose educatamente e dopo un attimo di pausa continuò -Mi madre era un’abile guaritrice...-
‘Aha!’ Jaken sollevò un sopracciglio, incassando il primo punto in favore delle sue teorie.
-E qual’è il nome di tua madre, ragazzo?- Jaken doveva sapere.
-Lei si chiamava...si chiama Sayouki-
Quel lapsus colpì in modo particolare il piccolo youkai dagli occhi gialli che ascoltò in silenzio quello che Ryu aveva ancora da dire.
-Da lei ho appreso le basi della medicina...Pensavo che fossero sufficienti per curare il nobile Sesshomaru...ho usato tutte le mie conoscenze nel tentativo di fermare l’emorragia, di abbassare la febbre...ma non vi sono riuscito...- la sua voce ora aveva assunto un tono quanto mai infantile, e dava chiaramente l’impressione di quanto il giovane si sentisse impotente in quel momento. Tutto questo sempre che non lo si guardasse negli occhi.
Il suo sguardo gelido rimaneva fisso davanti a sè, come se contemplasse una scena al di là del visibile e del percepibile.
Ed infatti era così. Ryu stava rivivendo gli ultimi terribili attimi della battaglia in cui aveva visto Sayouki venire portata via dagli insetti di Naraku e Sesshomaru e Inuyasha crollare a terra come bambole di pezza, privi di ogni forza.
Sayouki doveva essere ancora viva, Sesshomaru doveva rimettersi al più presto e anche Inuyasha doveva tornare in forze. Non poteva finire così. Non l’avrebbe permesso.
Il giovane cominciò così a raccontare ciò che sapeva del combattimento sostenuto da Sesshomaru pochi giorni prima. Espose in modo conciso i fatti, proseguendo con le conclusioni che aveva tratto osservando le ferite riportate dallo youkai.
-Indubbiamente ha avuto a che fare con la spada di Inuyasha e si è certamente scontrato anche con Sayouki.- asserì. Erano inconfondibili i segni lasciati dal grido terribile della Banshee. I timpani di Sesshomaru avevano smesso di sanguinare solo la sera prima.
Jaken rimase in silenzio, in ascolto: troppi pensieri gli si agitavano in testa e voleva conoscere tutta la storia prima di fare un qualsiasi passo. Sempre che quella storia corrispondesse a verità...
‘Però, nonostante tutto, sembra sincero...’ dovette ammettere ‘E pare anche molto preoccupato per tutta questa storia...Dannato Naraku! Avevo ragione a dire a Sesshomaru-sama che non doveva fidarsi di quel maledetto!’
-Tuttavia...- riprese Ryu -Le ferite peggiori sono state inferte con un’arma maledetta, forse dalla lama avvelenata da un potente jiaki...quelle ferite non si rimarginano mai e sono infette...la febbre non scende e consuma il suo corpo dall’interno...-
Jaken rivolse di nuovo la sua attenzione allo youkai disteso accanto a lui, che gemeva nel sonno agitato.
-Tu sai quale arma potrebbe essere stata ad infliggere tali ferite?- chiese improvvisamente preoccupato.
Ryu ci pensò un attimo, poi rispose che sul campo aveva notato una grossa falce spezzata e una scure.
-Dannazione!- imprecò infine il demone minore, tremante di orrore. -E’ stato colpito con una delle Armi Sacre!-
Non ci voleva. Questo era un gran brutto affare.
Sin da quando Naraku si era ripresentato davanti al suo signore, proponendogli quell’ultimo accordo, Jaken si era riproposto di fare ricerche accurate per smascherare l’inganno che vi stava dietro e far desistere Sesshomaru dall’accettare la proposta. Purtroppo i suoi sforzi non erano bastati e il suo signore si era lasciato plagiare da quel maledetto, tentato oltre ogni modo dal potere che gli era stato offerto: un’arma... un’arma in grado di opporsi a Tessaiga...
A nulla era valso ricordargli che Naraku si era già rivelato un essere infido, che un’arma simile doveva nascondere qualche terribile segreto. Aveva saputo solo successivamente, troppo tardi, di che arma si trattasse: una delle Armi Sacre. La più terribile delle quattro. La Falce, Dispensatrice di Morte, l’arma in grado di dannare l’anima degli youkai. Questo, dunque, stava accadendo al suo signore? Quelle ferite che non si rimarginavano erano veicoli per la dannazione?
-Io...non so proprio che altro tentare...Forse se ci fosse qui lei...lei riuscirebbe a curarlo...-
La voce di Ryu era scesa di tono fino ad essere appena percettibile, come se il ragazzo parlasse tra sè e sè, dimentico della presenza di Jaken. Questi lo scrutò a lungo, prima di decidere che quel ragazzino, nonostante tutto, gli piaceva. Capiva quanto potesse sentirsi abbattuto e frustrato: sua madre era stata rapita da Naraku e lui non era arrivato in tempo per salvarla. D’altro canto, pur essendosi preso cura di Sesshomaru con tutto il suo impegno, i suoi sforzi non avevano sortito nessun effetto e lo youkai si stava indebolendo sempre più. Per qualche motivo provò pena per quel bambino così serio e tanto provato.
-Anche con tutto l’impegno del mondo, non credo avresti potuto fare di meglio per il mio signore.- tentò di consolarlo -la medicina degli umani che può averti insegnato Sayouki, non può nulla contro simili ferite.- vide che Ryu sollevava lo sguardo e continuò -Ma credo che potremo fare ancora un tentativo o due prima di abbandonarci alla disperazione.-
-Vi ascolto, Jaken-sama.-

Quella notte Ryu ascoltò quanto Jaken aveva da dire e poco prima dell’alba si mise in viaggio in direzione del campo di Jinenjii, il mezzodemone talpa che coltivava nel suo orto erbe miracolose. Viaggiando il più speditamente possibile, gli ci vollero solo poche ore per raggiungere la sua destinazione, ottenere l’erba di cui aveva parlato Jaken, e tornare indietro con le istruzioni necesssarie a preparare l’infuso medicamentoso. Assieme al piccolo demone-rettile, Ryu passò il resto della giornata e della notte a vegliare su Sesshomaru, assistendo alla sua lenta, lentissima ripresa. L’emorragia rallentò e quasi cessò, la febbre scese e i sonni di Sesshomaru si fecero più profondi, tanto che i due si sentirono così sollevati da permettersi di congratularsi per l’ottimo lavoro di concerto.
Erano bastati quei due giorni per creare tra loro una impensabile intesa; l’avere uno scopo comune aveva aiutato molto a forgiare quel legame, ma già dopo quel brevissimo periodo Jaken si convinse fermamente e definitivamente che Ryu doveva per forza essere il figlio di Sesshomaru, e si sentiva quindi una sorta di zio adottivo per quel giovane così promettente. Non gli chiese mai esplicitamente di parlare di sua madre o di suo padre, ma colse ogni minimo riferimento ai genitori nei suoi racconti. Del padre non parlò mai.
A quanto pareva, Ryu era rimasto lontano dal Giappone gran parte della sua vita, avendo attraversato il mare quando era ancora piccolo assieme a Sayouki e aveva trascorso gli ultimi 35 anni in terra di Cina. I conti più o meno tornavano: quel ragazzino esile e aggraziato non poteva avere più di 50 anni...anni umani, si intende. Jaken ascoltò con interesse Ryu che gli raccontava della sua vita in Cina e di quanto aveva appreso dalla madre circa gli eventi passati, nonchè di quelli futuri, che a volte lei era in grado di prevedere. Era stato a causa di una di quelle visioni che Sayouki aveva deciso di tornare.
Ryu non sapeva bene cosa lei avesse visto, ma gli aveva solo detto che ‘il momento era arrivato’.
-Quando volli sapere di più, disse che era giunto il momento dello scontro, lo scontro finale, quello in cui Naraku avrebbe finalmente pagato per tutto quello che aveva fatto.- Ryu fece una pausa -Sono sicuro che intendesse ‘per tutto quello che MI ha fatto’-
Gli occhi gialli di Jaken abbandonarono la sorveglianza di Sesshomaru per posarsi sul ragazzino. -Perchè? Cosa le avrà mai fatto?- Certo Sayouki era vendicativa, ma cosa poteva averle fatto Naraku per suscitare in lei una simile ira?
-Non so di preciso, è stata solo una sensazione. Io non ricordo, però a quanto ne so, lei e Naraku si sono scontrati parecchie volte prima che fuggissimo in Cina.-
‘Fuggire? Naraku ha inseguito Sayouki per quasi 15 anni, tanto da indurre quella yasha a fuggire?? Perchè lo aveva fatto?’ Jaken memorizzò l’informazione, ripromettendosi di ripensarci su, mentre Ryu continuava il racconto.
-Ad ogni modo, una volta tornati in patria, venimmo subito a sapere che la Sfera degli Shikon era riapparsa e che era stata ridotta in pezzi. Ci...dividemmo...per...raccogliere quanti più frammenti potevamo, prima che vi arrivasse Naraku. Lei disse che se la Sfera era tornata, allora Naraku non avrebbe di certo tardato a manifestarsi. E disse che era sicura che sarebbe tornato anche Inuyasha.-
-Inuyasha??- gracchiò incredulo il suo ascoltatore.
Il giovane annuì.
-Sì. Lei mi aveva raccontato di come fosse stato sigillato all’albero sacro da quella miko, ma nonostante ciò il suo tono non dava adito a dubbi. Era certa che Inuyasha fosse tornato in vita...Forse anche questo lo aveva visto...-
-...E non si è sbagliata...- concluse Jaken -Dicono che quella ragazzina umana, Kagome, sia la reincarnazione di quella miko. E’ stata proprio lei a liberare quel mezzodemone dal sigillo, e anche a rompere la Sfera, se è per questo!- sbuffò.
Ryu stava per ribattere qualcosa quando un grido di dolore lacerò l’aria e Sesshomaru si contorse colto da covulsioni spasmodiche. In men che non si dica i bendaggi furono di nuovo rossi di sangue e un rivolo scarlatto ruscellò anche dall’angolo della bocca contorta dal dolore.
-SESSHOMARU-SAMAAA!!- gridò Jaken in preda al panico.
Lo youkai era ripiombato improvvisamente nel delirio e chiamava il padre a gran voce, tanto che i due si chiesero dove avesse trovato la forza per gridare così.
-Le erbe di Jinenji hanno avuto solo un effetto ritardante!- si disperò Jaken, portandosi le mani alla testa -A quanto pare il potere di quel’Arma è troppo forte!-
Tra una convulsione e l’altra, Sesshomaru tossiva sangue e gridava frasi sconnesse, come se parlasse a fantasmi che solo lui poteva vedere, ma che non parevano prestargli ascolto, dal momento che lui ripeteva i loro nomi ancora e ancora. Jaken non disse nulla quando udì uscire dalle sue labbra il nome di Sayouki, però ne rimase profondamente sconvolto. Aveva sempre creduto che quella femmina avesse plagiato il suo signore con qualcuno dei suoi infidi poteri ed era sicuro che, una volta lontana, Sesshomaru l’avesse cancellata dalla propria mente. E invece ora scopriva che non era affatto così. In ultimo, stava scoprendo un lato della personalità di Sesshomaru che non aveva mai creduto esistesse. Che il gelido principe fosse davvero in grado di provare sentimenti diversi dall’odio e dal rancore? Guardò di nuovo Ryu, che si era accucciato al capezzale del ferito per cercare di calmarlo, ma senza successo. Vide con quale attenzione e determinazione teneva fermo il braccio di Sesshomaru, mentre con la pezzuola umida cercava di detergergli il sangue dal mento. Era decisamente un figlio che cercava di salvare la vita al padre. Il figlio del suo signore...Lui, Sesshomaru, lo sapeva? Era rimasto cosciente abbastanza a lungo per rendersene conto?
Un altro grido straziante lo indusse decidere.
C’era un’ultima carta da giocare. L’ultima e la più pericolosa...
Jaken spostò di nuovo lo sguardo sul suo signore. Per salvare Sesshomaru avrebbe sacrificato qualunque cosa.
-Ryu- disse gravemente, chiamando il ragazzo per la prima volta per nome, ma senza guardarlo in volto -ci è rimasta un’unica speranza.-

***

Kagome era preoccupata.

Sango e Miroku erano andati alla Fortezza per riconsegnare ciò che restava delle Armi sacre che avevano recuperato. Non sarebbe stato infatti saggio lasciare incustoditi anche solo i frammenti di simili oggetti.
Però in tal modo adesso Kagome era da sola in quella situazione a dir poco disperata.
Inuyasha non si stava per nulla riprendendo dalle ferite subite in battaglia. Nonostante le straordinarie capacità di recupero che il sangue youkai gli conferiva, alcune delle ferite riportate non avevano mai smesso di sanguinare e questo lo aveva notevolmente indebolito.
Dopo essere ricorsi alle miracolose erbe di Jinenji pareva che Inuyasha stesse decisamente meglio e i loro amici avevano intrapreso il viaggio verso la Fortezza per lasciagli il tempo di recuperare le forze. Al loro ritorno avrebbero studiato tutti insieme un piano per ritrovare Naraku e, forse, anche Sayouki. Purtroppo le erbe avevano avuto solo l’illusiorio effetto di rallentare l’emorragia per qualche tempo. A quanto pareva, il jiaki sviluppato dall’Arma sacra a causa di Naraku, unito al potere che le era stato conferito dai monaci, sortiva un effetto devastante su qualunque demone fosse stato anche solo colpito di striscio dalla Falce. Fortunatamente Inuyasha era solo per metà di sangue youkai. Kagome pensò a come doveva esser ridotto Sesshomaru...
In un solo giorno l’effetto palliativo delle erbe si spense e l’hanyou cadde preda di convulsioni terribili. Fu così che in un tentativo disperato, andando contro il parere di Kaede, Kagome decise di provare a sfruttare i poteri del Bastone, ben consapevole di mettere in tal modo ancora più a repentaglio la vita dell’hanyou. Era rimasta accanto a lui ogni istante da quando le sue condizioni erano peggiorate e lei si era sentita sempre più frustrata e inerme davanti alla sofferenza dell’hanyou: ora avrebbe fatto qualcosa di concreto. Era convinta che solo il potere di un’Arma sacra potesse contrastare quello di un’altra Arma sacra e Inuyasha, stoicamente, si disse d’accordo. Assistita da una riluttante Kaede, Kagome si disse pronta a procedere. Inuyasha cominciò a sudar freddo mentre il Bastone sacro si avvicinava inesorabile alla sua fronte e la tensione diventava palpabile: nessuno espresse il proprio pensiero ad alta voce, ma tutti si chiedevano cosa ne sarebbe stato dell’hanyou se Kagome non fosse stata in grado di contenere il terribile potere del Bastone. Il Rogo...quello era il destino di qualsiasi demone fosse rimasto troppo a lungo a contatto con l’Arma sacra, e in loro era ancora ben vivo il ricordo della mano ustionata di Sayouki al ritorno dalla Fortezza...E lei aveva stretto il Bastone solo per pochi attimi, mentre sorgeva il sole, prima di affidarlo a Miroku.
Kagome si concentrò e sentì le sue percezioni ampliarsi e risuonare a ritmo del suo cuore. Sollevò gli occhi per esaminare il corpo di Inuyasha e potè vedere il male che lo pervadeva come un’aura oscura e serpeggiante. L’argenteo e benevolo scintillio del Bastone le infuse coraggio, mentre era ormai a pochi centimetri dalla fronte di Inuyasha...ma quando la sommità del Bastone baciò la fronte febbricitante, un lampo di luce accecante esplose improvviso e un grido sorpreso di Kagome vibrò nell’aria immobile nella piccola capanna.
-AH! Ma che cosa...?-
Kagome stava inginocchiata di fronte ad Inuyasha, esattamente come pochi attimi prima, ma nelle sue mani il Bastone si era trasformato in cenere.
La ragazza, sconvolta, guardò prima le sue mani vuote e poi l’hanyou.
-Dimmi che ora ti senti meglio, Inuyasha!- lo implorò, pur conoscendo la risposta. Non c’era stato tempo di agire...il Bastone, nel momento stesso del contatto, si era tramutato in polvere.
L’hanyou posò su di lei uno sguardo addolorato e a Kagome parve che la guardasse come se fosse l’ultima volta che la vedeva.
Inuyasha avrebbe voluto cancellare dal viso della ragazza quell’espressione angosciata, avrebbe voluto dirle che c’era riuscita, che stava bene...ma la nausea lo colse e la febbre lo riassalì più devastante di prima, mentre piombava in un buio senza fine.

Ora Kagome era disperata.
Era passata appena un’ora dall’alba, ma lei e Inuyasha erano in viaggio già da diverso tempo. Quella stessa notte la luna piena era stata sufficiente a rischiarare loro il cammino e Inuyasha aveva voluto partire immediatamente, senza nemmeno attendere il ritorno dei compagni. Kagome si era opposta, offrendosi addirittura di andare lei da sola, ma l’hanyou non aveva voluto sentire ragioni. Aveva detto che non l’avrebbe lasciata rischiare di nuovo la vita per lui.
Era stato come solito Myoga, fonte inesauribile di informazioni, a parlare loro dell’Alchimista, una figura che Kaede aveva riconosciuto come leggendaria, ma che il vecchio demone aveva insistito essere reale, anche se difficilmente reperibile.
-Si dice che sia un semidio, nato dall’unione proibita di una dea e uno youkai e che sia in grado di fornire l’antidoto per qualsiasi veleno, la cura per ogni malattia, la soluzione ad ogni problema.- erano state le testuali parole del vecchio.
Inuyasha con una manata aveva cercato di spiaccicarlo al suolo ringhiandogli contro -Si può sapere allora perchè hai aspettato tanto a parlarcene, vecchio!?- ma Myoga era riuscito a saltare di lato prima che Inuyasha riuscisse a colpirlo. L’hanyou si stava davvero indebolendo a vista d’occhio...
-Se ho aspettato tanto, il motivo c’è eccome! Avevo sperato che le erbe di Jinenji potessero bastare, ma...- Inuyasha lo aveva guardato minaccioso -Signorino Inuyasha...il fatto è che l’Alchimista non si fa trovare tanto facilmente...anzi...se lo si riesce ad incontrare è piuttosto perchè è stato lui a trovarti...-
-Meglio, allora!- aveva sbottato impaziente l’hanyou, a cui quella condizione di debolezza andava sempre meno a genio.
-Non capite! Signorino Inuyasha, se voi lo cercate è perchè avete assoluto bisogno di lui e siete disposto a pagare qualsiasi prezzo...e lui lo sa! Se sarà lui a venirvi incontro, allora sarà solo perchè è interessato a quello che avete da offrire...Ma sarà lui a stabilire il prezzo!-
Queste parole avevano profondamente turbato Kagome, ma Inuyasha aveva ragione. Quella era la loro unica possibilità.

-Inuyasha? Come stai?- chiese ora Kagome, incerta.
L’hanyou era in sella al cavallo di Kaede dietro a Kagome e lei sentiva il suo respiro sempre più affannoso, mentre il giovane cercava di tenersi eretto con sempre maggior difficoltà.
La ragazza gettò lo sguardo indietro e poi in alto per vedere se Sango e Miroku non li avessero fortunosamente già raggiunti. Appena fossero tornati, Kaede li avrebbe subito indirizzati sulla loro strada, ma per ora non v’era traccia dei compagni.
Inuyasha prese un lungo respiro e rispose che non doveva preoccuparsi.
-Ce la faccio, stai tranquilla. Non saranno un po’ di febbre e qualche piccolo graffio a farmi capitolare!-
L’ultima frase, che avrebbe dovuto risuonare spavalda, gli uscì invece in una serie di rantoli affannosi.
L’effetto delle erbe curative era ormai solo un ricordo e Inuyasha stava peggiorando a vista d’occhio, come se dopo un primo effetto lenitivo, quelle erbe avessero invece sortito l’effetto opposto, aggravando la malattia.
‘Vi prego, amici, fate presto!’ implorò mentalmente Kagome, incoraggiando il cavallo a muoversi più speditamente ora che era giorno.
Il paesaggio stava lentamente mutando e la vegetazione si faceva via via più rada mentre seguivano le indicazioni di Myoga. Il demone-pulce monitorava costantemente i dintorni dalla groppa di un corvo e tornava periodicamente a riferire a Kagome indicandole la direzione da seguire per evitare le zone a maggior rischio. Stavano sempre più inoltrandosi in un’area montagnosa ed arida e spesso la terra franava sotto i piedi del cavallo, rischiando ogni volta di farli precipitare lungo la china ripida che stavano risalendo.
Al tramonto Kagome decise di fermarsi per un pasto frugale e si addormentarono tutti subito dopo, esausti, per svegliarsi prima dell’alba il mattino successivo e proseguire.
Verso mezzogiorno riapparve Myoga annunciando che erano arrivati. Kagome ne fu sorpresa: erano davvero così vicini? Era stato fin troppo semplice raggiungere quel luogo...Se solo Myoga ne avesse parlato prima!! Dopo un’ultima svolta del tortuoso sentiero, si trovarono davanti una parete pressochè verticale in cui si aprivano crepacci e anfratti al di là dei quali Myoga asseriva trovarsi la dimora dell’Alchimista. Il cavallo era distrutto per le fatiche del viaggio e ad ogni modo il povero animale non avrebbe potuto continuare oltre, quindi Kagome decise di lasciarlo libero di riposarsi e di pascolare lo sporadico foraggio ai margini della roccia: preferì non legarlo, in modo che potesse scappare se fosse stato attaccato da qualche predatore.
-Da qui in poi, sarà l’Alchimista a decidere quando farsi trovare, quindi è inutile seguire un percorso preciso.- annunciò Myoga, -Ma dobbiamo dimostrargli quanto siamo deterinati, se vogliamo che si interessi a noi!-
Si incamminarono così tra le rocce, e ben presto si trovarono a percorrere profondi crepacci sul cui fondo non arrivava nemmeno il sole o ad inerpicarsi su pericolosi cornicioni da cui era meglio non sporgersi troppo. In tutto questo Kagome vide Inuyasha procedere via via con sempre maggiore difficoltà, lo vide inciampare aggrappandosi con le mani alle pareti di roccia, barcollare e ritrovare l’equilibrio, ricominciando a mettere un passo davanti all’altro. Non volle mai il suo aiuto, finchè la febbre arrivò ad offuscargli la vista e per poco non cadde in un burrone. Allora Kagome si impose, si fece passare il braccio dell’hanyou sopra le spalle e lo condusse faticosamente avanti. Non le passò nemmeno per la testa di fermarsi per far riposare Inuyasha o per prendere fiato lei stessa: il tempo stringeva, lo sentiva con ogni particella del suo corpo, a stretto contatto con il corpo febbricitante dell’hanyou.
Il sole brillò per qualche tempo sulle loro teste e poi si nascose di nuovo oltre le pareti del canyon, lasciandoli ancora nella penombra tra le rocce. Erano risaliti di qualche decina di metri e si erano inoltrati parecchio in quella zona aspra e polverosa senza incontrare anima viva.
-Myoga, sei assolutamente certo che il iluogo sia questo vero?-
Il vecchio, seduto sulla spalla della ragazza, la guardò con aria seria e annuì.
-Si, Kagome. Sono sicurissimo. Ma dobbiamo mettere in conto la possibilità che lui non si faccia trovare...E allora per il signorino Inuyasha sarebbe la fine...-
-Non dire stronzate, vecchio...- rantolò Inuyasha sollevando a fatica la testa -Io non ho la benchè minima intenzione di lasciarci le penne per così poco...- tentò di sorridere ma un attacco di tosse glielo impedì, facendolo invece cadere in ginocchio.
-Maledizione!- imprecò con il primo fiato che riuscì a trattenere -Maledizione! Maledizione! Maledizione!-
Picchiò il pugno a terra più volte e sempre più debolmente, finchè Kagome non gli afferrò gentilmente il braccio e lo fece rialzare.
Stavano per rimettersi in cammino quando si accorsero di non essere soli.
Sulla parete opposta, in piedi su una cengia poco più in alto rispetto a loro, era fermo qualcuno che li osservava, ma prima che potessero anche solo dire una parola, quello fece un gesto con un braccio e, come se avesse scostato una tenda di invisibilità, scomparve...nella roccia!
-Ma che cosa...?- Kagome si stupì di vedere che ora dal punto in cui era scomparsa quella misteriosa figura, onde simili a quelle sul pelo dell’acqua si stavano allargando sempre più, modificando il paesaggio attorno a loro.
-Una barriera!- esclamò. Era esattamente lo stesso velo ingannevole che aveva usato anche Naraku! Però...il paesaggio roccioso era leggermente mutato, sì, ma non radicalmente. Attorno a loro le pareti di roccia erano solide e vere e anche il burrone che li separava dall’altro versante era vero...ma non del tutto...
-Myoga! Inuyasha! Guardate!- Gridò indicando con la mano libera un punto esattamente al centro del vuoto tra i due versanti.
-Cosa...?- Inuyasha si aggrappò alla solida roccia per non gravare troppo su Kagome mentre aguzzava la vista. -C’è un ponte...!- realizzò infine.
La barriera aveva smesso di fluttuare e si era infine aperta per lasciarli passare. Da un punto poco più avanti rispetto a dove si trovavano, partiva uno strettissimo ponte di roccia che si lanciava ad arco nel vuoto fino a raggiungere l’opposto costone roccioso. Al centro del precario ponte, pericolosamente posta nel punto in cui lo stesso si assottigliava al massimo, sorgeva una piccola cupola, di roccia anch’essa.
Quella era la loro meta. Doveva essere per forza lì che avrebbero trovato l’Alchimista.
Con rinnovata energia, Kagome accompagnò Inuyasha fino alla porta della strana costruzione. Chiamò, ma non ottenne risposta e Inuyasha, spossato e spazientito, si liberò dal suo abbraccio protettivo per entrare di prepotenza. La porta si aprì improvvisamente, scomparendo verso l’interno e il giovane caracollò in avanti fino al centro di una stanza inaspettatamente grande, male illuminata e ingombra di oggetti. Sarebbe rovinato a terra o, peggio, su di una pila di cianfrusaglie puntute, se qualcuno non lo avesse afferrato prontamente, sostenendolo.
Inuyasha sapeva di avere la febbre alta e sapeva anche che gran parte di quello che gli era sembrato di vedere ai margini della sua visuale era solo frutto del delirio incombente ma...quelle mani pallide erano vere e quello che gli si trovava davanti era senza ombra di dubbio il figlio di Sayouki.

-Benvenuti anche a voialtri, dunque.- disse un uomo dall’aspetto segaligno appollaiato in un angolo su di un alto sgabello. -Ora che ci siamo proprio tutti possiamo anche cominciare.-


Piccolo dizionario di giapponese (senza pretese ^_^ ):
hanyou: mezzodemone.
youkai: demone.
Banshee: figura femminile della mitologia irlandese il cui grido terribile è latore di morte
jiaki: aura.
Nintojo: Bastone delle teste


Per farmi perdonare per la lunga attesa del capitolo scorso, eccomi quanto prima a postare questo nuovo capitolo! E’ un momento un po’ di stasi nella storia e spero che non me ne vogliate troppo se me la sto prendendo comoda con il procedere degli eventi, ma molti misteri devono essere svelati prima della fine di quesa fic, misteri che avevo lasciato in sospeso già in Una Storia del Passato...e questi capitoli di transizione mi servono assolutamente ai fini della buona riuscita (spero!).
A proposito di Una Storia del Passato...Sono un po’ abbacchiata per un commento piuttosto sconclusionato e negativo ricevuto su manganet.it...ma sono anche felice che, d’altra parte, affezionati come Giodan, Neera, Laurie e tanti altri siano sempre pronti a leggere i miei nuovi capitoli e a commentarli positivamente!
Forse il mio abbacchiamento è dovuto solo al fatto che si tratta del primo commento negativo ricevuto!
Ebbene, vorrà dire che mi rimboccherò le maniche per stupirvi con effettti speciali!
Alla prossima!
Youki
  
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