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Autore: Melardhoniel    29/11/2010    2 recensioni
Ho aggiunto un nuovo capitolo ad una storia cha avevo segnato come completa, ma mi sono accorta che c'era ancora tanto da scrivere....
Così ho deciso che ogni anno, in occasione dell'anniversario della morte di George, pubblicherò un nuovo capitolo, finchè avrò idee.
Macabro? Trovate?
CAPITOLO 3:
-Johnny, lasciatelo dire: sei proprio cecato!- Paul alza le sopracciglia e imbraccia la sua chitarra.
-Chi, io?? Naaaa…- si dirige verso Paul.
-Vero George?-
-Cretino, sono Paul.-
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Let it Born, Let it BEatles;'
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Neve.
 

Nevica.
La neve scende lentamente sui tetti dei palazzi, e Liverpool è totalmente coperta.
È mattino, un freddo mattino di febbraio, e la città ancora dorme: i fiocchi impigriti cadono davanti alle finestre delle case.
All’ospedale, qualcuno guarda la neve scendere dalle tendine socchiuse: la lampada ne illumina il volto con la luce soffusa.
È un giorno speciale: una nuova nascita.
È strano se ci si pensa, fuori impazza la guerra, eppure in quella notte le bombe si erano come fermate, le sirene come azzittite.
Tutte si piegavano al nuovo arrivato.
Era il 25 febbraio 1943.
-Cara…ci siamo-
Un’infermiera chiama la figurina appoggiata di fianco alla finestra.
Lei si gira: undici anni, capelli e occhi nerissimi, sguardo di chi ha passato cinquant’anni di vita.
Essere la maggiore deve averla temprata.
Un pianto riecheggia nell’aria: ecco il nuovo nato.
Louise getta uno sguardo alle sedie della sala d’aspetto: Harry, nove anni, sta dormendo, e in braccio a lui si agita nel sonno il piccolo Peter, due. Nessuno sembra aver sentito i lamenti provenienti dalla sala parto.
-Io… arrivo.- Louise scuote la testa come per allontanare i pensieri e segue l’infermiera nella stanza.
“Speriamo che almeno sia una femmina” pensa, prima di chiudere la porta.
E invece lì, vicino alla madre, staziona un piccolo maschietto.
-È nato da poco, neanche cinque minuti.- dice l’ostetrica.
-Lo so… l’ho sentito piangere.-
Louise sorride: non è una femmina, sarà condannata ad essere l’unica figlia di casa. Eppure, è pur sempre suo fratello, il suo nuovo fratello, e sa che non è importante se sia maschio o femmina, ma quanto saprà volergli bene.
Avere undici anni di differenza ti spinge ad essere più protettivo, e così succede a lei: senza accorgersene tende le mani verso il piccolo, e l’infermiera glielo porge.
Lo guarda negli occhi ancora semichiusi: s’intravede un po’ di blu scuro, il colore di tutti gli occhi dei neonati.
-Come…come lo vuoi chiamare?- Domanda la mamma.
-Io…io credo George. Sì, George Harold Harrison-
 

***

Nevica: è dicembre inoltrato. Ad Amburgo la gente è pazza: invece che rinchiudersi in casa a mangiare torte e sorseggiare the corre per le strade nei locali più malfamati e claustrofobici al mondo, per gridare “mach shaw” al complesso musicale straniero di turno.
Un ragazzo osserva dalla finestra dell’Indra Club il panorama. Persino una strada come la Reeperbahn sembra pulita con la neve: i neon quasi paiono insegne natalizie.
Il ragazzo imbraccia la chitarra: quante ne ha passate in diciassette anni di vita!
Muove distrattamente le dita sulle corde, non bada nemmeno a cosa suona: ancora due minuti e dovrà rituffarsi di nuovo su quello schifo di palco di uno dei locali malfamati di prima a suonare per altre tre ore nuovi pezzi rock.
Il problema è che una volta che finiscono devi risuonarli prolungando il ritornello di venti minuti per far passare più tempo.
-Ehi, Georgie.-
Lui si gira.
-Pensieroso, eh?- Domanda Paul, buttandosi a sedere sul letto.
-Mh, abbastanza.- Fa spallucce quello.
Paul si passa la mano fra i capelli corvini.
-Eeeh, lo so… non si ha tanto tempo per stare in pace in questi ultimi tempi, vero?-
George fa segno di no con la testa.
-È strano, non trovi? Amburgo con la neve sembra quasi una città normale.- George rivolge ancora lo sguardo alla finestra.
-Eh, già… ma sul serio Georgie credi che saremmo qui se questa fosse una città normale?- ribatte Paul.
-Forse no…- Ridacchia l’amico.
-Ohi, boys… c’è qualche problema?- un nuovo ragazzo entra nella camera.
-Oh, no Johnny!- Esclama Paul.
John si lascia cadere pesantemente sul letto.
-Allora, Paulina, che cosa mi racconti?- passa un braccio sulle spalle di Paul.
-Niente…George ed io pensavamo a quanto sembra normale Amburgo con la neve…-
John si volta di scatto verso George.
-E perché, nevica??- Esclama tutto contento saltellando verso la finestra.
Paul scocca uno sguardo a George, che alza gli occhi al cielo: -Oh, signore…-
John socchiude gli occhi per mettere fuoco il panorama.
-Ecco perché faceva un freddo fottuto!- Ride.
-Johnny, lasciatelo dire: sei proprio cecato!- Paul alza le sopracciglia e imbraccia la sua chitarra.
-Chi, io?? Naaaa…- si dirige verso Paul.
-Vero George?-
-Cretino, sono Paul.-
-PAUL?- John finge di emettere un urletto.
-Ommioddio, allora lasci che mi prostri umilmente ai suoi piedi! La prego signor McCartney, mi faccia un autografo!!!-
-John, scemo, rialzati o ti do la chitarra in testa!- Intima Paul.
-Evvabene Paulie-senza-un-briciolo-di-humor-McCartney.- Sbotta John. –Me ne andrò da George.-
Fa un mezzo giro e torna ad abbracciare il ragazzo.
-Tu sì che mi capisci, George.-
-Cretino sono sempre Paul.-
-Ma va???-
-Siete veramente due scemi del villaggio.- Interviene George.
-E perché mai, Georgina?- John si dirige a balzelloni verso di lui.
-Pensaci un po’ su, Johanna… non sono io quello che sta venendo verso di me saltellando come Fred Astaire.-
John sorride beffardo. –Sono l’Humpty Dumpty.-
-No tu sei il Lennon Ubriaco.- Lo punzecchia Paul.
-Paulie, tesoro…se quella era una battuta faceva proprio pena…-
-Ahem, ragazzi? Mi dispiace interrompere questo delizioso siparietto, ma credo che Koschmider ci voglia in scena.- Pete entra ansante nella stanza, e chiude la porta.
-Peeeeeterino mio!- John corre verso di lui.
-Sì, ciao John…-
-Lo hai capito dalle imprecazioni in tedesco o ti è venuta un’illuminazione dal cielo?- George alza gli occhi dalla chitarra.
-Capito che cosa?- Domanda Paul.
-Che Koschmider ci vuole in scena.- George addentando un pezzo di pane fa segno alla porta, da dove provengono urli in tedesco che, anche se sono in tedesco, si capisce che non significano cose carine.
Pete, sempre appoggiato alla porta, gira la testa e poi sorride imbarazzato.
-Tutte e due… eh eh-
-Va bene ragazzi, ci conviene tornare in scena prima che Mr. Shaw ci linci.-
John prende la chitarra ed esce, seguito dai quattro.

 
***

Nevica.
È gennaio, a Londra. Il Big Ben, coperto di neve, batte le 11.
Il sole debole filtra attraverso la finestra di un enorme appartamento, illuminando il viso di uno dei quattro ragazzi che dormono nella stanza.
Lui, dopo una serie di smorfie, si porta il braccio sugli occhi per coprirli dalla luce, e poi lo abbassa, stufo.
-Cazzo, Paul, chiudi la tenda!-
-Johnny, fottiti e alza il culo.- mugugna Paul con la faccia premuta sul cuscino.
-Georgie?- Chiama allora John. –Nuovo amore della mia vita????-
-Col cazzo Johnny, ti alzi!- Risponde quello.
-Uffaaaaa… e ora chi mi chiude la tenda?? Richie russa come un trombone.-
Un altro mugugno lontanamente identificabile come “fanculo” proviene dal letto di Ringo.
-E va beh, vorrà dire che mi alzerò e la chiuderò io.-
-Deo gratia l’ha capita!- Esclama Paul.
John si alza e si avvia stancamente verso la finestra.
-EHI, MA…NEVICA!!!! RAGAZZI NEVICA!!-
-Sai che novità…- Borbotta George.
-No no no…su avanti! Alzate quelle Beatles-chiappe dal letto e dite “buongiorno” alla neve.-
-Johnny, sai dove te lo infilo il buongiorno?- Domanda Paul.
-Nel Beatles-naso?- Risponde John.
-Ci sei quasi…-
-Ma su!! Sono le undici! Eddai!! È da poco cominciato il 1964 e siete già molli come amebe??-
-LE UNDICI??- Urla George, scattando come una molla sul letto.
-Vuoi dire che sono stato dieci ore senza mangiare??- Domanda scandalizzato.
-Impressionante, eh?- Si sente arrivare dal letto di Ringo.
-Eh direi…- Interviene Paul. –E adesso ti viene in mente, piccola fogna traditrice???-
George, addentando un biscotto che preferisco non sapere dove ha preso, alza le spalle.
-Devo crescere ed è importante che alimenti il mio cervello super-dotato ad intervalli regolari di un’ora.-
-Seee, come no! Di un’ora meno cinquantanove minuti!- Ribatte John.
-Tsk…tutta invidia.-
-Come no, George lo Smilzo Harrison. Ora scendiamo giù a giocare con la neve??- Insiste John.
-Sai, Johnny?- Paul si alza dal letto visibilmente provato.
-Sei veramente uno spacca balle…-
Qualcuno bussa alla porta.
-Ragazzi, siete pronti?-
-Celito lindo, ci mancava l’altro.- Ringo si alza definitivamente, rassegnato.
-Celito lindo?? Richie, e da quando parli come Nonna Granny??- Domanda Paul.
-Oh oh…mi è semblato di vedele un gatto!- John assume una voce stridula.
-Quello era Titti, cretino.- Sbotta Paul.
-Ehi, Eppy!- John spalanca la porta della camera.
-Hai visto che nevica?-
Brian lo squadra da capo a piedi, mentre la cameriera accanto a lui vacilla sulle gambe.
-John, sei consapevole che questa casa è visitata regolarmente da una cameriera e tu sei in mutande???-
-Come no… ehi, come va baby?- la cameriera sviene.
John rientra in camera soddisfatto.
-Un vero tombeur de femme!-
-John, sei un cretino!- Esclama George.
 

***

Neve, ancora.
Ma questa volta è febbraio, e siamo a Los Angeles.
Febbraio 1979.
Il 25febbraio 1979.
Sono quasi le nove, ed un bambino fa irruzione nella camera dei genitori.
-Mamma, mamma! Papà, sveglia!! Nevica, nevica! C’è la neve!-
Olivia apre gli occhi, mentre George mugugna nel sonno. Le abitudini non si perdono.
-Sì, sì, certo amore…nevica.-
Dhani scocca uno sguardo stupito al padre e Olivia alza le spalle.
-Sai che finchè non mangia non connette il cervello.-
-Esatto!- Esclama il marito da sotto le coperte.
-Il che vuol dire che questo bel bambino andrà di corsa in cucina e aspetterà che la mamma gli prepari la colazione!-
Olivia si mette le mani sui fianchi e alza un sopracciglio.
-La mamma, eh?? Dai, vieni Dhani-
Il bambino saltella tutto contento verso la cucina.
-I bambini di oggi…- Borbotta George. –Chissà dove la trovano tutta questa energia…- Sbadiglia.
-Vabbè, buonanotte!- si gira dall’altra parte e chiude gli occhi.
Non sa che Olivia e Dhani gli hanno preparato una sorpresa…
-Tanti auguri a teeee!- Canticchia Dhani, mentre la madre porta in camera una torta.
-AAAAAAAH!- Urla George.
Poi vede la torta e si tranquillizza.
-Fiù… temevo che i Biechi Blu mi fossero venuti a prendere…-
Dhani scocca uno sguardo stupito alla madre.
-Dhani, amore, lo sai che…-
-…che finchè non mangia non connette il cervello, sì ho capito!- Completa lui.
-Susu che poi ti porto a giocare sulla neve!- Esclama George, scompigliando i capelli del figlio.
-EVVIVA PAPA’!!!- Urla lui.
 

***

 
Nevica, ancora.
E ancora, e ancora.
Gli anni sono passati, ma la neve puntualmente continua a scendere.
Un uomo osserva i fiocchi da dentro il suo appartamento.
È visibilmente provato dalla stanchezza, ma non accenna a staccare gli occhi dal panorama.
-Ha nevicato presto quest’anno.- Osserva l’uomo, girandosi verso l’amico, che scuote le spalle.
-Succede, a volte…-
-Sì, ma siamo a novembre, non è normale.- Ribatte quello, fermamente convinto.
-Non lo so, Paul, magari quest’anno fa più freddo degli altri anni.- George si stringe nelle spalle, e getta uno sguardo a Ringo che, praticamente immerso nella libreria di casa Harrison, sembra non trovare ciò che cerca.
-Ehi, Richie! Tutto a posto?- Domanda Paul.
-Sì, sì…- Risponde lui, con la voce soffocata.
-Non mi pare…- Continua.
-Che ne pensi del fatto che nevica a novembre?- Chiede George.
-Ragazzi, per me può anche nevicare a luglio, per adesso la cosa che mi importa di più è che non riesco a trovare A Hard Day’s Night.- Borbotta Ringo.
-Come?- George si alza dal divano.
-È sempre stato qui…-
-George, forse è meglio che ti siedi… sei debole.- Una ruga di preoccupazione solca il viso di Paul.
-Debole un corno, Paulie… - Ride George.
-TROVATO!- Urla trionfante poco dopo.
Ringo sbuffa.
-Ma Richie!!- Lo rimprovera Paul. –Non vedi neanche l’acqua in mare! Pensavo che quello miope fosse John.-
-A proposito di John…- Interviene George, infilando la cassetta nel televisore.
-…lo sapete che ci direbbe se fosse qui?-
-“Where are we going lads”?- Propone Paul.
-“Che cosa vi state a guardare A Hard Day’s Night”?- Ringo.
-No e…no- Risponde George, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto.
-“Portate le vostre Beatles-chiappe qui accanto a me!”- Sorride beffardo.
Paul e Ringo si scambiano un’occhiata.
-Tu ci saresti mai arrivato?- Paul
-No, e tu?- Ringo.
-Mah…l’età gioca brutti scherzi a Georgie.-
-Guarda che ti ho sentito, Paulla. E comunque ho nove mesi meno di te. Ho sempre avuto nove mesi meno di te.- Ribatte George.
-Ma io sono più bello!- Esclama Paul.

***

 
Neve. È così che la storia è incominciata.
Neve. È così che ora il cerchio si chiude: la storia di un uomo, di un sogno, di una band, di una vita, che ha cambiato il mondo.
La storia che tutti conosciamo, la storia di una persona che ci manca e per sempre resterà nei nostri cuori.
La storia di George Harrison.
 
-Come…come lo vuoi chiamare?- Domanda la mamma.
-Io…io credo George. Sì, George Harold Harrison-
 
Il bimbo sorride.
Una nuova vita.
 
Let it Be.


It's getting better

Laban:  ma grazie bella!! :D sì, hai ragionissima... i Beatles vivono dentro ai fan che li ricordano e non hanno paura ad ammettere che sì, ascoltano il cosiddetto "vecchiume".

Zaz: grandissima la citazione de Il Corvo :) e grazie per la recensione....mi hai commosso!! bacioni <3

Night: Grazie!! A proposito, quando continui la tua splendida fic del Warlus? ^^

Julia: oh oh, carissima! Anche tu qui?? Beh, oddio grazie :D anche per averla pubblicata sulla tua pagina... io non so che dire. Mi limito a mettere le mie emozioni per iscritto :) :) grazie di tutto... baci!

Marty
  
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