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Autore: whenever    30/11/2010    1 recensioni
Hai portato via tutto. Hai cancellato da ciò che mi circonda l’alone della tua presenza, ti sei preso i cd, hai fatto scomparire le foto. E se non avessi i miei ricordi, fragili come bolle di sapone, dolorosi come pugnali conficcati nello stomaco, e impalpabili come la nebbia mattutina, penserei che tu sia stato solo frutto della mia fantasia, un disgraziato gioco della psiche.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Quando credi che non si può morire di dolore, ti sbagli.
Quando credi che l’assenza di una persona non può portarti alla distruzione totale, ti sbagli ancora.
Quando credi che toccato il fondo si può solo risalire e non continuare a precipitare, ti sbagli di nuovo
.


Quanti mesi sono passati? Non lo so, ho perso il senso del tempo. Non so da quanti giorni non uscivo più dalla mia stanza, quelle quattro pareti erano diventate la prigione in cui ho deciso di rinchiudermi da sola. Non vado nemmeno a scuola, Jessica e tutti gli altri hanno smesso di cercarmi, Charlie ormai mi lascia perdere, credo che non mi sopporti più, Reneè ha perso le speranze.
Sono sola come non lo sono mai stata in vita mia. 
Mi avevi promesso che ti avrei dimenticato, che sarebbe stato come se tu non fossi mai esistito. Hai mentito, Edward. Hai mentito. Tu esisti, ci sei ancora. Sei in ogni maledettissima cosa che faccio, mi vieni a trovare, la tua voce calda e vellutata mi viene a trovare, i tuoi occhi mi fanno visita regolarmente. Mi avevi detto che la mia memoria è poco più che un colino, e allora perché mi torni prepotentemente in testa, anche quando cerco di sfuggire a questa lenta tortura? Ogni volta che ti penso muore una parte di me, e fa male, fa male da morire. La tua assenza mi sta distruggendo lentamente, mi dilania giorno per giorno, mangia un po’ di me ogni ora.
Hai portato via tutto. Hai cancellato da ciò che mi circonda l’alone della tua presenza, ti sei preso i cd, hai fatto scomparire le foto. E se non avessi i miei ricordi, fragili come bolle di sapone, dolorosi come pugnali conficcati nello stomaco, e impalpabili come la nebbia mattutina, penserei che tu sia stato solo frutto della mia fantasia, un disgraziato gioco della psiche. Però, il solco  insormontabile che hai scavato non può essere finto, il dolore lacerante che mi distrugge non può essere finto, i ricordi che mi frustano dentro non possono essere realizzazioni inesistenti del mio cervello.
Ho imparato una cosa in questi mesi. Vivere, certe volte, fa più male di morire.
Ed è per questo che sono sulla cima della scogliera a strapiombo, vicino La Push. Non ci crederesti, Edward, se ti dicessi che a Forks, la cittadina più piovosa dello stato di Washington, oggi splende un sole da far invidia a Phoenix. In compenso però, le onde dell’oceano sono tante impetuose che sembra vogliano sbriciolare la montagna di rocce.
Comincio a slacciarmi le scarpe, e le butto alle mie spalle, non mi serviranno più. Un respiro profondo e poi.. il salto. Sento l’adrenalina scorrere nelle mie vene e stimolare i miei sensi, annichiliti da troppo tempo; riesco appena a vedere il profilo verdognolo, poco più che accennato,  degli alberi. Un attimo, il tempo di un battito di ciglia e sono in acqua. Le onde giocano a pallanuoto con il mio corpo, lo torturano, lo straziano, mi sfiancano completamente. L’acqua entra inesorabilmente nei polmoni che iniziano a riempirsi, bruciano. Sbatto ripetutamente contro le rocce, ogni minimo centimetro del mio corpo è sfinito dall’impatto e mi accorgo dello spargersi una sostanza rossa. In uno dei tanti colpi ho sbattuto la testa, sto sanguinando. Poi, accade tutto in un baleno. Mi sembra di vedere il tuo viso nel nero gelido dell’abisso, sorrido. Nessun alito di vita è ormai dentro al mio corpo.

Addio, Edward.

 

  
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