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Autore: d r e e m    30/11/2010    3 recensioni
“E’ stato un piacere averti conosciuto raggio di sole”
“Anche per me messicano”
Gli occhi azzurri di Ino osservavano il ragazzo accomodarsi tra i sedili deserti del veicolo.
Abbassò uno dei tanti finestrini sporchi di unto.
“Sicura di non voler salire?”
Il rombo del motore dell’autobus vecchio e arrugginito era così forte che non permetteva alla povera Ino di pensare alle parole dette da quel ragazzo incontrato solo due ore prima.
Aveva una tremenda voglia di andarsene, di mandare a quel paese tutto e tutti e ricominciare una nuova vita.
Sarebbe stato come nascere una seconda volta ricordando però ciò che era stata in precedenza.
Le porte si chiusero e l’autobus partì.

~Kiba♥Ino classificatasi 2° al contest "YamanaKontest" indetto da Shark Attack
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Kiba Inuzuka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nick: DREEM
Titolo: HEARTbreaker cause everybody loves me!
Pairing scelto: Kiba/Ino
Genere: 
Song fiction
Contesto:
Generale/Vago
Rating:
Giallo 
Avvertimenti:
AU, One shot
Betareader: 
No  
Introduzione: 
“E’ stato un piacere averti conosciuto raggio di sole”
“Anche per me messicano”
Gli occhi azzurri di Ino osservavano il ragazzo accomodarsi tra i sedili deserti del veicolo.
Abbassò uno dei tanti finestrini sporchi di unto.
“Sicura di non voler salire?”

Note dell’autore:
Fanfiction basata sulla canzone Heart breaker di Pink e che io trovo molto azzeccata per questa coppia. Credo di non essere andata OOC anche perché non sarebbe ammesso. Da sempre trovo che Kiba sia adatto nei ruoli da messicano e ovviamente Ino un’americana!Il loro rapporto all’inizio può sembrare quasi superficiale ma leggendo la storia capirete il vero motivo per cui entrambi hanno così paura di amare l’altro. Adoro lasciare alcune cose in sospeso perciò non arrabbiatevi xD Piuttosto vi informo che le parti scritte in corsivo sono dei flashback e sono narrati in terza persona mentre i pezzi scritti normali sono narrati in prima. Ovviamente i pezzi in grassetto scritti a destra sono tratti dal testo della canzone ma non sempre combaciano con lo svolgimento dei fatti. Non mi resta altro che augurarvi una buona e lunga lettura!

 http://i298.photobucket.com/albums/mm242/SharkAttack_/2class.jpg?t=1291125191 

http://i298.photobucket.com/albums/mm242/SharkAttack_/P-IC.jpg?t=1291115458 http://i298.photobucket.com/albums/mm242/SharkAttack_/cupido.jpg?t=1291115028

HEARTbreaker
Cause everybody loves me

 

 Ad ogni modo per dire il vero,
oggigiorno la ragione e l’amore vanno di rado assieme.

 

All’epoca pensavo veramente di potermene andare via, partire con solo uno zaino in spalla, viaggiare in autostop.
Invece il destino aveva voluto che io mi sposassi e che vivessi in questa città.
Nessuno aveva alcun dubbio riguardo alla mia felicità: avevo un marito perfetto, una casa perfetta, un lavoro altrettanto perfetto… ma non era di certo la mia vita quella!
Avevo sprecato gli ultimi cinque anni ad assecondare i vari capricci dei vicini di casa, a sopportare le risatine stridule delle signore per strada, invidiose della mia vita, ad apparire la "Ino Yamanaka" che di certo non potevo essere io.
Ed era per questo motivo che riempivo la valigia, rigettando ogni vestito quasi come se fosse un modo per sfogare la mia rabbia, ammassando le stoffe, comprimendole, stracciandole, rinchiudendo in quella valigia tutti i ricordi del mio passato.
Erano così tanti che straripavano dalla piccola valigia color lime che agognava il respiro che io non le avrai mai dato.
La osservai per un minuto in preda a un senso di rimorso.
Ma poi con incredibile euforia mi fiondai su di essa, posta sul letto, e con tutta la forza che avevo in corpo, mi ci sedetti, premendo bene il fondoschiena e dondolandomi un po’ finché non udii il suono familiare della sua chiusura a scatto.
Era fatta! Rimasi per qualche minuto in quella posizione contemplando il silenzio che si era diffuso in tutta la casa che da quel preciso istante non era più mia.
Il senso di piacere che m’invase fu dolce come zucchero dopo aver ingerito una grande quantità d’arsenico: sarei morta, sarei comunque morta ma la dolcezza di quell’attimo mi mandò in estasi più del lecito.
Scesi giù dal mio trono e lasciando sul letto la valigia, mi avviai verso la cucina.
Il grande frigo era tappezzato di post-it e foto, frammenti di un puzzle che non s’incastravano con i miei. Incominciai a toglierli pezzo dopo pezzo, tassello dopo tassello.
Continuai finché Il frigo non ritornò bianco come doveva essere.
Presi uno dei tanti pennarelli indelebili posati sopra il ripiano e con il tappo in bocca, scarabocchiai un post-it che avrei unicamente attaccato alla parete dell’elettrodomestico come mia ultima traccia.
Tastai la tasca dei jeans trovandovi il vecchio pacchetto di profumate Lucky Strike.
Ne accesi subito una: il solo odore inebriava i miei sensi facendomi pregustare la libertà; aspiravo pezzi di cielo e li trasformavo in soffici nuvole che si disperdevano leggere nell’aria.
Il tempo di fumare quell’ultima sigaretta e mi sarei messa in viaggio: non sapevo né dove né come sarei riuscita ad arrivare alla mia meta, ma l’ignoto mi eccitava da impazzire.
Così, come una ragazzina di diciassette anni in preda a una crisi ormonale mi misi lo zaino in spalla, la sigaretta ancora fumante nella mano sinistra, e i capelli biondi raccolti in una coda com’ero solita fare da giovane.
E così Yamanaka Ino all’età di ventotto anni fuggì da quella che da troppo tempo era la sua vita.

 
Continuo a pensare a quella piccola scintilla nei tuoi occhi
è la luce degli angeli o il diavolo che hai nel tuo profondo?
e riguardo il modo in cui mi dicevi sempre che mi amavi
mi stai portando su in paradiso per poi buttarmi giù?

 

Minigonna, top lilla a spalline sottili, tacchi a spillo: una delle tante serate passate con le amiche nella metropolitana di Los Angeles.
La ragazza bionda barcollava, in mano un bicchiere di Martini e nell’altro una sigaretta accesa da chissà quanto tempo. Sembrava felice e spensierata, non gliene fregava di niente e di nessuno, avrebbe potuto avere l’intero mondo se solo lo avesse voluto.
Insieme alle altre due amiche intonava canzoni storpiate per via dell’alcool mentre le macchine sfrecciavano veloci sulla carreggiata.
Ino era di certo la ragazza più fortunata della terra: era bionda, bella e ricca e sapeva come ammaliare gli uomini. Quest’ultimo dono in particolare la rendeva così tremendamente pericolosa che pochi erano riusciti ad allontanarsi dalle sue grinfie.
Inciampò rovesciando a terra il contenuto del bicchiere ma lei continuava a ridere, incurante della chiazza scura che le macchiava il vestito.
Le ore passavano come le auto in strada. Il sole sarebbe sorto da un momento all’altro e lei doveva essere a casa prima di quel momento.
Non aveva voglia di sottostare alle regole di quelli che si ostinava a chiamare genitori.
Mancavano ancora tre o forse quattro minuti all’alba e il bus per riportarla a casa non sarebbe passato se non tra due ore.
Si sedette sulla panchina umida tentando di fumare quella sigaretta ormai spenta.
C’era troppo freddo e l’accendino non ne voleva proprio sapere di funzionare.
“Oh merda!” esclamò in preda ad una crisi di nervi lanciando lontano il piccolo oggetto.
Era tentata di estrarre il cellulare dalla tasca e comporre il numero di suo padre che sarebbe di certo venuta a prenderla ma non se la sentiva di rovinare il suo bel viso con l’ennesimo schiaffo.
Prese la cicca e la fece dondolare tra l’indice e il medio: iniziava a fare davvero freddo.
“Ehy rayo de sol?” una voce la destò dai suoi pensieri.
Un ragazzo bruno dalla carnagione olivastra stava ritto dinanzi a lei con un borsone in spalla.
“Come?” Ino batté due volte le palpebre sporche di mascara.
“Ho detto: hey raggio di sole?” tentò di spiegare il ragazzo sedendosi accanto a lei.
“E in che lingua l’avresti detto? Arabo?” Ino non era proprio in vena di scherzare né sedurre quel ragazzo tanto carino: il suo comportamento le dava semplicemente fastidio.
“Abiti a soli 150 km dal Messico e non sai che lingua è?” Il ragazzo stava diventando sempre più strafottente e questo a Ino non piaceva per niente: non doveva essere forse lei a dirigere il gioco?
“Ehi Messicano allenta i toni” disse la bionda “Sarà forse perche non sono mai andata oltre questi 150 kilometri?”
Stavolta era il ragazzo a essere rimasto basito per il tono con cui lei aveva ribattuto.
“Mi scusi signorina non parlo più”
“Bene ” la Yamanaka uscì la lingua con fare infantile.
Il silenzio si stava facendo troppo pesante, l’aria densa del mattino non permetteva a nessuno di muoversi, la città all’orizzonte dormiva ancora.
La bionda non poté più trattenersi: “Come mai qui?” disse rivolgendosi al ragazzo con una finta non curanza.
“Aspetto l’autobus diretto per Durango”
“Oh”
Gli occhi di Ino si rivolsero al ragazzo: aveva dei buffi tatuaggi rossi sulle guance e uno sguardo ammaliatore quasi della stessa intensità di quelli di un lupo.
Era diverso rispetto gli altri uomini che aveva conosciuto, non era di certo uno di quei damerini ricchi sfondati: questa volta doveva stare attenta a come giocava perché lui era un abile giocatore quanto lei.
Il fruscio di qualcosa dentro il borsone del ragazzo le fece spalancare gli occhi.
“P-Perché quello zaino si muove?”
Il ragazzo guardò il borsone che aveva in spalla.
“Oh giusto me l’ero dimenticato: lui è Akamaru”.
Dallo zaino uscì un batuffolo di pelo accompagnato da un muso e due occhietti neri.
La ragazza fissò il cagnolino spaurito con gli enormi occhi azzurri.
“Mi fanno schifo i cani” Si ritrasse Ino tappandosi il naso per non sentire la puzza.
“Che razza è? Chihuaua?” scherzò Ino con tono cantilenante.
“Oh ma che spiritosa!” ribatté il ragazzo.
L’attesa non sembrava più così lunga ora che Ino aveva trovato un efficace passatempo; quel ragazzo la incuriosiva più di quanto avesse mai sospettato.
L’odore forte di Black Devil le fece distogliere per un attimo gli occhi dal bruno.
“E dimmi com’è il Messico? Solo tequila… e…tortillas? ”
“E chi l’avrebbe detta questa cazzata?! Oh no è sicuramente molto meglio!”
Riusciva quasi a percepire da quel rosso fuoco delle sue guancie la libertà e il calore del Messico.
Ino chiuse gli occhi in preda a un violento capogiro e appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo sconosciuto.
Trascorsero pochi minuti all’arrivo dell’atteso autobus.
“Ehi bionda è arrivato il mio autobus”
Ino alzò la testa ancora un po’ stordita: che avesse dormito in così poco tempo?
Il ragazzo si sistemò il borsone in spalla e si fermò poco prima di entrare nell’autobus.
“Bene le nostre strade si dividono qui”
Si voltò con un sorriso obliquo che mostrava i canini aguzzi.
“E’ stato un piacere averti conosciuto raggio di sole”
“Anche per me messicano”
Gli occhi azzurri di Ino osservavano il ragazzo accomodarsi tra i sedili deserti del veicolo.
Abbassò uno dei tanti finestrini sporchi di unto.
“Sicura di non voler salire?”
Il rombo del motore dell’autobus vecchio e arrugginito era così forte che non permetteva alla povera Ino di pensare alle parole dette da quel ragazzo incontrato solo due ore prima.
Aveva una tremenda voglia di andarsene, di mandare a quel paese tutto e tutti e ricominciare una nuova vita.
Sarebbe stato come nascere una seconda volta ricordando però ciò che era stata in precedenza.
Le porte si chiusero e l’autobus partì.
Un momento: Ino non poteva di certo permettere che l’autobus partisse senza di lei!
Agilmente corse sui tacchi battendo violentemente la mano sul finestrino per far fermare l’autista.
Non avrebbe retto ancora per molto.
“Andale Andale” la incitava il ragazzo godendosi la scena con il suo fedele cucciolo sulla testa.
Le porte finalmente si aprirono e frenando bruscamente il bus fece entrare la ragazza.
“Non ti facevo così svelta”
Ino aveva il fiatone ma non poté non sorridere.
“Credo che sia ora delle presentazioni ufficiali”.
“Piacere sono Ino Yamanaka” la bionda gli offrì la mano.
“Kiba Inuzuka, el perro mas caliente del Mexico” con sua grande sorpresa le prese il dorso della mano e lo portò alle labbra.
E Ino si sentì divampare dentro più dell’asfalto rovente che scoppiettava sotto le ruote in pieno mezzogiorno.
 

C'è un anello intorno al mio dito o cambierai idea?
e mi dici che sono bella, ma potrebbe essere una bugia
 

Era decisamente la ragazza mas bonita di tutta l’America.
Kiba non aveva mai pensato di ritornare in Messico dopo essersi trasferito a Long Beach ma questa fuga era diventata quasi una necessità.
Osservava la ragazza dai capelli biondi guardare fuori dal finestrino con occhi curiosi e attenti.
Era appena percepibile il suo riflesso sul vetro sporco di terra ma anche se non riusciva a vederla frontalmente riusciva a scorgere un sorriso angelico.
Se non l’avesse vista, sarebbe di certo rimasto in città e invece adesso si trovava su un autobus diretto per Durango con il suo fedele amico e quella tipa.
Chissà cosa avrebbe detto sua sorella vedendolo tornare con una ragazza? Ma questo poco importava. Si era cacciato proprio in un bel guaio: non riusciva più a liberarsi di una ragazza con cui si era divertito tre o forse quattro volte! L’aveva combinata grossa e non poteva di certo assumersi tutte le responsabilità, gli rimaneva un’unica cosa da fare: scappare.
Era questo il motivo per cui aveva deciso di andare in quella fermata degli autobus prima dell’alba. Fuggiva da una donna … ed ecco che ne aveva ritrovato un’altra.
Ma lei era diversa dalle ragazze che di solito frequentava: doveva di certo provenire da quartieri alti, doveva essere viziata e addirittura ricca sfondata… ma allora perché quell’angelo stava fuggendo?
Il riflesso degli occhi nel vetro lurido incrociò per un attimo quelli del ragazzo.
Il sorriso dapprima timido si ampliò in uno sghembo.
Le labbra si aprirono e la bocca alitò piano sul vetro, appannandolo.
Lievemente con il dito indice incise un messaggio.
“Do you love me Baby?”
La bionda si girò guardandolo con gli occhi azzurri carichi di sfida.
Kiba le sorrise strafottente senza comunque darle una risposta esatta.
“Devo risponderti? Però non metterti a piangere se poi ci rimani male!”
“Io non ho mai pianto!” ribatté con fare orgoglioso.
“Oh davvero?”
“E non lo farò mai per di più se la ragione è un uomo!”
“Sei incredibilmente perfida” riuscì a dire il ragazzo provocando l’ira della bionda che si girò bruscamente.
“Come mai sei venuta con me?” le chiese ritornando serio.
“Per lo stesso motivo per cui tu stai fuggendo” rispose lei voltata di spalle, picchiettando lievemente l’indice smaltato sul vetro.
Akamaru guaiva piano da sotto il sedile.
“Non credo sia lo stesso” l’aria si stava facendo più pesante del previsto e non era per il caldo.
Ino smise di picchiettare l’indice serrando la mano in un pugno.
Si girò facendo oscillare piano i suoi capelli dorati.
“Peccato ci speravo” ammise facendo penetrare i suoi occhi nella mente del ragazzo.
Piegò le labbra in un sorriso e giratasi nuovamente continuò a guardare il paesaggio scorrere.
Kiba sospirò un “Anch’io, credimi”.
Mai furono parole più sincere di quelle.
 

Sei un rubacuori? forse vuoi divertirti
cosa succede se m'innamoro di un rubacuori
e tutto può essere una bugia
non uscirò viva da qui

 

“Que Chicha hermosa! No serà como las otras chicas espero!”
“No te preocupas hermana”
 

“I Messicani sono proprio strani” pensava Ino mentre addentava una tortilla: avrebbe preferito notevolmente un hot dog.
Il suo arrivo in Messico aveva sconvolto la vita della sorella di Kiba e del quartiere in cui abitava.
Non erano passate neanche ventiquattro ore che già era entrata a far parte di quella famiglia di cui non conosceva nessuno tranne Hana  e il fratello.
L’odore agrodolce di piatti sconosciuti le rivoltava lo stomaco e le confondeva il cervello così come quella lingua alquanto bizzarra che loro parlavano.
Ino si diresse fuori dal recinto in cui stava avvenendo un gran falò per accasciarsi ai piedi di un muretto.
Com’era giunta fin lì? Era strano che un ragazzo avesse potuto manipolare la sua psiche così facilmente, lei che fin da bambina non aveva mai rispettato le regole.
Ma c’erano regole in amore?
Ino si guardò le scarpe e si strinse ancora di più al maglione bianco, ritirando le mani nelle larghe maniche.
“Ehi sai che quello è il mio maglione?”
Kiba seduto sopra il muretto la osservava con sguardo divertito.
“Me l’ha dato tua sorella” tentò di spiegare Ino con un nodo alla gola: come mai si stava agitando?
Calò il silenzio interrotto solo dal lento masticare del ragazzo e di Akamaru.
La bionda tentò di farsi sempre più piccola per perdersi nell’immensità di quel maglione che sprigionava un fragrante odore di pino silvestre mischiato a essenza canina.
Kiba scese giù e con un balzo raggiunse Ino rannicchiata su se stessa.
La ragazza aprì gli occhi che poco prima aveva socchiuso.
Rivolse lo sguardo al ragazzo e alle due strisce rosse che gli marcavano le guance, si soffermò su come accendeva quella sigaretta e come l’odore di tabacco penetrasse in lei fino in fondo all’anima.   
“Mi querida non ti starai innamorando di me?” sorrise di sbieco Kiba accarezzando la testa del cucciolo.
La scia di fumo aveva distratto la ragazza e le ci volle tempo prima che formulasse una risposta.
“O forse sei tu che ti stai innamorando di me” rispose con un tono più alto di voce.
Kiba aspirò piano per poi passarle la sigaretta.
“Perché dovrei?” sputò insieme a una nuvola di fumo.
Ino si stese sul morbido terreno ricoperto d’erba.
“Tutti mi amano” Le si illuminò il viso e gli occhi rifletterono l’opaca luce della luna, i capelli di paglia si mescolavano ai fili d’erba.
“E chi ti dice che anch’io mi sia innamorato di te?” rispose Kiba imitandola.
Ino sembrò pensarci un momento: corrucciò la fronte bianca mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Nessuno ma lo sento e ne sono…felice”
La cenere della sigaretta cadde inerme al suolo.
“E se ti dicessi che non ho mai amato?”
Il ragazzo le tolse la cicca dalle dita sottili per prendere un’altra boccata.
Ino si alzò mettendosi a sedere e incrociando le gambe.
“Nessuno ama… soddisfiamo solo i nostri desideri carnali e fuggiamo via”
La profondità dei suoi occhi fece perdere per un attimo lucidità al ragazzo.
“Fuggirai via anche tu?” le chiese in un sussurro.
“Probabile” intonò Ino facendo affiorare un sorriso.
“Penso proprio che staremo bene insieme”
Kiba avvicinò il viso a quello della ragazza.
E fu uno scontro di labbra così potente da percuotere la terra addormentata; il fuoco che si sprigionò quella sera era pari solo alle fiamme dell’Infermo dove insieme sarebbero arse le loro anime per l’eternità.

C'è sempre una domanda che mi tiene sveglia la notte
tu sei il più grande amore o la delusione della mia vita?

Cosa poteva farci il sole se la pelle di Ino era così luminosa?
Candida, la pelle della sua schiena irradiava il piccolo garage dove entrambi giacevano sul letto a una sola piazza.
Kiba  con la mano sfiorava lieve la pelle di lei disegnando immaginari cerchi concentrici.
Il contrasto tra il colore della sua pelle e quella di Ino era accentuato dalla presenza di quei fili dorati che ricadevano a cascata sul cuscino.
Aveva proprio trovato un angelo e questo per Kiba non era giusto: lei non doveva assolutamente innamorarsi di uno come lui, presto o tardi l’avrebbe dovuta lasciare libera di andarsene.
Dopotutto glielo aveva promesso.
Lei stessa aveva detto che sarebbe fuggita prima o poi e lui credeva nelle sue parole, ma non in se stesso. Lui giocava con i sentimenti altrui perché non ne aveva mai avuti e si divertiva a complicare la vita delle ragazze ma adesso come avrebbe fatto a uscire incolume da questa situazione?
Lei lo sapeva, lo aveva sempre saputo: il suo cuore già le apparteneva dal primo sguardo e glielo aveva distrutto, sbriciolato al solo tocco.
Non avrebbe potuto semplicemente scappare, l’istinto glielo impediva.
Poteva solo passare le giornate sotto le coperte del suo garage, a fare l’amore quando ne sentiva la necessità, ma doveva pur trovare una soluzione al suo problema.
Smise per un attimo di osservare la pelle chiara di Ino per afferrare il cellulare posto sulla sedia accanto al letto.
Fece scorrere velocemente i numeri della rubrica inviando messaggi a ragazze di cui aveva solo i numeri.
Si udì solo il suono che informava l’invio del messaggio.
Kiba sospirò: lui l’amava cazzo! Eppure doveva lasciarla andare.
La bambola inanimata prese vita schiudendo gli occhi azzurri. “Mhm”
“Ehi ben svegliata”  La bionda rotolò tra le braccia di Kiba premendo il naso freddo contro il suo torace.
“Preparati stasera si va ad una festa”
Ino non emise alcun suono: era già rientrata tra le braccia di Morfeo.
Il ragazzo non poté far altro che ricambiare l’abbraccio con un sorriso triste in volto.
Non era giusto: il diavolo doveva per forza dannarsi per l’eternità?
 

Sei un rubacuori? forse vuoi divertirti
cosa succede se m'innamoro di un rubacuori
e tutto può essere una bugia
non uscirò viva da qui

La tequila le bruciava in gola più del dovuto.
Ino stava seduta sul bancone di quel locale mentre osservava le braccia di quella ragazza avvinghiarsi, come tentacoli, al collo di Kiba.
La bile in stomaco le risaliva in bocca mischiandosi all’alcol appena ingerito.
La musica le rimbombava in testa e si mischiava ai miliardi di colori che le rimbalzavano in viso.
Ecco si era mossa di nuovo quella piovra  e adesso accarezzava i capelli del ragazzo che fino a quella mattina era stato a letto con lei.
Avrebbe dovuto stare attenta a come giocava ma alla fine era stata sconfitta.
L’avrebbe dovuto capire già dal momento in cui aveva messo piede in quell’autobus.
Lui le aveva divorato il cuore, fatto a pezzi e adesso la usava come una bambola vecchia perché era questo che sempre era stata: una bambola.
Ma allora cos’era che pulsava nel suo petto?
Qualunque cosa fosse adesso non c’era più perché lui l’aveva ridotto in briciole.
Non poteva ammettere che si era innamorata, non voleva e non doveva perché sarebbe dovuta fuggire ancora una volta.
Lei era forte, non poteva rischiare di farsi travolgere dai sentimenti ma lui l’aveva resa fragile.
Scese dal bancone e si avviò verso il moro che ricambiava l’abbraccio della rossa.
“Ehi messicano perché non andiamo fuori?” disse con voce acuta per sovrastare la musica.
“Non ho voglia” Ino tentò di avvicinare la mano sulla spalla del ragazzo ma questo la scosse via continuando ad abbracciare l’altra.
“Ma vaffanculo” La bionda non poté più resistere e colpì con uno schiaffo lo zigomo del ragazzo.
La rossa prima seduta sulle ginocchia di lui  cadde a terra procurando l’ilarità delle persone che stavano attorno.
Kiba la guardò massaggiandosi ancora la guancia dolorante ma si lasciò scappare un mezzo sorriso: era riuscito nel suo intento.
Di rimando la Yamanaka pensò che quello era il momento più adatto per uscire di scena ma allora perché i suoi occhi erano appannati?
“Mi hai fatto male” proferì il ragazzo non vedendola reagire.
“Non mi interessa…”
I due non si erano quasi accorti che avevano riacceso le luci, che la musica era diventata un ronzio di sottofondo e che tutti gli occhi erano puntati su di loro.
“C’è qualcos’altro che devi dirmi?” A Kiba gli si stringeva il cuore ma sapeva che quello era il momento decisivo.
“Si ti amavo, stronzo” Ino non riuscì più a reprimere le lacrime mentre afferrava la borsetta dirigendosi verso l’uscita.
Gli occorsero un paio di secondi per riordinare le parole dette poco prima dalla ragazza.
Imprecò mentalmente maledicendosi di aver messo in atto quella messa in scena per farla andare via: la verità? Aveva paura di non poter più essere libero ma adesso c’erano ben altre cose più importanti oltre la libertà.
La trovò seduta sul marciapiede con i capelli biondi che le ricadevano su una spalla, con il trucco sbavato e una sigaretta appena accesa: bella come la prima volta!
Scoprendosi osservata, Ino si alzò subito e con il dorso della mano tentò di asciugarsi le guance.
“Che vuoi cane?” disse portando la sigaretta tremante in bocca.
“E’ vero che mi amavi?”
“Si, ti amavo” sottolineò mettendo in evidenza il tempo al passato.
“Non mi ami più?” le disse inclinando la testa di lato per vederla meglio.
“Ehi principessa?” tentò una seconda volta.
Ino si voltò facendo oscillare la morbida coda.
I suoi occhi azzurri furono a contatto con l’onice del ragazzo.
Per un attimo Kiba si spaventò vedendo storpiarsi il sorriso della ragazza in un ghigno malefico.
Sorrise facendo perdere la risposta in una nuvola di fumo.
 

Sto tenendo duro con entrambe le mani e piedi
promettimi che non
trascinerai le coperte giù di sotto

 
Il foulard verde mi stava stretto intorno al collo mentre sfrecciavo sull’autostrada rovente.
In meno di tre ore sarei arrivata a Durango, la città dove era cambiata radicalmente la mia vita.
Strinsi il volante e spinsi ancora di più sull’acceleratore. Quasi come una saponetta, la mia macchina scivolava veloce lasciando scie di ricordi da voler dimenticare.
Non mi accorsi di stare canticchiando allegramente mentre davo una rapida occhiata allo specchietto.
Il mio stato era passabile anche se avevo bisogno di qualche ritocchino giusto per aggiustare un po’ il trucco.
Infilai la mano nel cassetto portaoggetti prelevando un rossetto di riserva che lasciavo sempre lì.
Portai gli occhiali da sole sopra la testa e mi avvicinai di più allo specchietto.
Premetti le labbra fra di loro per far si che il rossetto si disponesse bene. Diedi un’altra rapida occhiata allo specchietto. Ma che cosa stavo facendo? Erano passati più di otto anni, io mi ero anche sposata e adesso stavo cercando l’amore della mia vita perso in chissà quale bar messicano.
Eppure non riuscivo ad immaginarlo da adulto: Kiba per me sarebbe rimasto sempre el
chicho mas guapo del Messico. Aggrappata a questa convinzione, mi mordicchiavo il labbro tinto di rosa pensando alle parole che avrei dovuto dire.
Ci fu uno scoppio e un’ondata di fumo investì il parabrezza. Frenai bruscamente e una volta  strappata la cintura di sicurezza mi catapultai fuori dall’auto. Tossì violentemente presa dall’odore acre di benzina ma anche per lo spavento. Tra me e i motori non intercorreva una grande amicizia, ci odiavamo come cani e gatti perciò non tentai neanche di vedere quale fosse il problema. Ero in un’autostrada deserta, a mille miglia lontana da casa mia, in un paese che parlava una lingua assurda e non c’era alcun segnale che mi permettesse di chiamare soccorso tramite il cellulare: poteva andare peggio di così? Un cartello indicava chiaramente che la prima stazione di servizio si trovava a pochi kilometri da li. Secondo la mia logica o intuito femminile ero più che sicura che dove c’erano pompe di benzina c’era sicuramente un meccanico. Riponevo tutte le mie speranza su questa sciocca convinzione. Mi avviai sotto il sole tentando di velocizzare il passo quanto meglio potevo. Arrivata alla stazione di servizio con la fronte imperlata di sudore domandai subito se da quelle parti ci fosse un meccanico.
Si Senorita pero haga attencion a el perro!” mi rispose il signore appoggiato ad una delle pompe.
Non badai al resto della frase ciò che mi colpì e che mi fece esultare dalla gioia fu la risposta affermativa alla mia domanda: c’era un meccanico! Dopotutto la città incominciava a intravedersi all’orizzonte perciò ero doppiamente fortunata: tra non molto avrei rivisto Kiba.
Mi avvicinai alla casupola in legno da dove proveniva un forte odore di nafta e gomma bruciata che mi fece subito arricciare il naso.
“Erm mi scusi…”
L’uomo non sembrava aver sentito e continuava a riparare la moto prendendo gli arnesi appoggiati lì per terra.
Provai ad aumentare il volume della voce “Mi scusi!”
Questa volta però richiamò la mia attenzione i versi di un cane di grossa taglia che scodinzolava alle mie spalle: sembrava felice di vedermi.
“Akamaru basta correre!” un bambino dai capelli neri raggiunse il cane e si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato dopo la corsa. Sbaglio o aveva detto Akamaru?
“Signorina le serve aiuto? Si è persa?” Il bambino domandò con aria innocente mentre fissavo il cane e tentavo di far assomigliare quella figura con quella del batuffolo di pelo nei miei ricordi.
All’improvviso mi pentii di essere giunta in quella stazione di servizio: quel cane era di certo Akamaru ma…chi era quel bambino?
D’un tratto mi sentii vacillare, mi mancò il fiato e dalla faccia preoccupata del bambino di sicuro ero sul punto di svenire. Che sciocca! Come potevo pensare che KIba fosse rimasto lo spirito libero che era sempre stato, eravamo cresciuti entrambi e non potevo pretendere che saremmo stati felici se adesso mi compariva di fronte l’immagine del bambino che di certo era suo figlio.
Lo dimostravano i lievi segni rossi sulle guance simili a quelli di Kiba.
“Warf!” mi sembrò sentire Akamaru sbuffare, palesemente in disaccordo con i miei pensieri. Con una zampata mi fece perdere il mio precario equilibrio. Andai a sbattere la testa sulle spalle del presunto Kiba e di conseguenza lo feci cadere addosso alla moto che finì anche essa a terra.
Imprecai mentalmente desiderando vivamente che quel cane andasse a nascondersi perché quando mi sarei rialzata lo avrei conciato per le feste. Mi grattai la testa dolorante costatando che avevo rotto il tacco destro della mia costosissima scarpa: gliel’avrei fatta pagare questo era certo!
“Ma porca…la moto no a terra!...Oh mi scusi signorina avevo le cuffie e non sentivo…tutto bene?”
Mi tese una mano aiutandomi a rimettermi in piedi.
“Cos…raggio di sole?” la sua faccia mi fece perdere un battito: era proprio lui, con gli occhi neri, i capelli ispidi e le guance rigate di rosso, era lui solo con un volto più grande.
Schioccai la lingua e dopo aver preso controllo di me stessa rivolsi lo sguardo all’uomo che mi stava di fronte “Ah bene vedo che non ti ricordi neanche come mi chiamo!” dissi fingendomi offesa.
Rivolse gli occhi al cielo “Scusa Ino” disse mentre raddrizzava la moto da terra.
“Che aspetti! Vai fuori che devo parlare con la signorina!” si rivolse dopo al bambino che facendo una smorfia se ne andò lasciandoci soli.
“Tipetto suscettibile a quanto vedo” dissi con un amaro sorriso in volto sapendo già quale fosse stata la risposta.
“Già…”
“Somiglia a te” la mia voce stridula lo fece sobbalzare.
“Lo hai capito vero?” disse abbassando lo sguardo.
“La…madre?” azzardai a chiedere.
“Lunga storia” rispose con un tono aspro il che mi fece intendere che non c’era più una madre.
Scoppiai a ridere, trattenendomi la pancia con le braccia e piegandomi sulle ginocchia.
“Ehi che hai da ridere adesso?” disse irritato.
“No niente solo che…tu…padre…” mi asciugai gli occhi e mi ricomposi sostenendo il suo sguardo.
“Come mai sei tornata solo ora?” Prese lo straccio e si pulì le mani con minuziosa cura.
“Avevo da fare” dissi sorridendo maliziosamente sperando che stesse al gioco.
“Non dire cazzate Ino” mi fulminò con lo sguardo il che mi fece perdere qualsiasi voglia di scherzare.
“Se proprio lo vuoi sapere mi sono sposata” ammisi con il capo chino.
Alzai gli occhi e compresi che l’avevo ferito un’altra volta.
“Auguri allora! Perché non vai a distruggere il cuore al fortunato? Come vedi anche io sono stato occupato” lanciò il panno sporco a terra.
Al suo fischio giunse Akamaru ancora in festa per me mentre io non lo degnai di uno sguardo.
“Ecco perché sono ritornata” mi contrapposi fra lui e il cane: odiavo il fatto che anche lui fosse presente.
“Per restare o per fuggire un’altra volta?” Per un momento ebbi paura di lui e dei suoi denti digrignati, come quelli di un cane poco prima di mordere.
Tentai di fermarlo trattenendolo per la maglietta.
“Aspetta…ascoltami! Sono fuggita non perché non ti amassi ma perché…perché…” non riuscivo a coordinare le parole.
“Perché dovevi andarti a sposare non è così?”
“Perché non sapevo come amarti! Ti avrei fatto soffrire e tu non meritavi questo!” Mi sentii pungere gli occhi fino a scoprire che calde lacrime mi rigavano il viso.
Erano lacrime quelle ne ero più che certa: mi toccai le guance bagnate per verificare.
Kiba mi attirò a sé cingendomi con le sue possenti braccia.
Singhiozzai un paio di volte cercando di soffocare quel dolore atroce ma non ci riuscì: gli occhi non volevano smettere di piangere.
“Ora che hai un cuore sarà più facile spezzarlo, lo sai vero?” mi sussurrò dolce all’orecchio.
“Non m’importa” alitai piano.
“Questa storia non può andare avanti così te ne rendi conto? Io devo badare al piccolo…che ne sarà della tua vita?”
“Non sono così preoccupata della mia vita”
Rimase in silenzio per un po’.
“Credevo tu non piangessi mai” disse prendendomi in giro.
E capì che la tempesta era finita e che io ero stata sconfitta dalle mie stesse lacrime.
“Crepa Kiba, ti odio!” dissi aggrappandomi maggiormente a lui continuando a sobbalzare a causa dei singhiozzi.
lo so, anche io!” disse e mi baciò.

 
Sei un rubacuori? forse vuoi divertirti
cosa succede se m'innamoro di un rubacuori
e tutto può essere una bugia
non uscirò viva da qui
non sono così preoccupata della mia vita

NdA:Lo so siete rimasti basiti eh?XD Chiarimenti a fine storia: si quel bambino è il figlio di Kiba ma chi è la madre? Vi ricordate quando è dovuto fuggire da Long Beach per colpa di quella ragazza e perché non voleva assumersi tutte le responsabilità?Ecco il piccolo è quel tutte. Tenevo a chiarire prima di andare in contro a fraintendimenti! 

Nick: DREEM
Titolo: HEARTbreaker cause everybody loves me

Grammatica: 14/15 punti;
Utilizzo dei dialoghi/descrizioni e andamento della trama in generale: 15/15 punti;
Originalità: 15/15 punti
IC: 10/10 punti;
Plausibilità della coppia: 10/10 punti;
Gradimento della giudice: 5/5 punti;
Totale: 69

Giudizio del Giudice: Bella, bella, bella! Una shot molto approfondita, ben progettata, splendidamente narrata! Una Ino presa dalla voglia di liberarsi da una vita che non la soddisfaceva e un Kiba che incarnava lo spirito libero che lei voleva inseguire. Un amore folgorante nato dal nulla, quasi per gioco. E poi le scoperte, il litigio, la seconda fuga e infine il ritorno. Con sorpresa! Sarai felice di sapere che avevo intuito da sola da dove venisse il figlio di Kiba! ^.- In ogni caso, una fic veramente splendida, che ha ottenuto il punteggio pieno da tutte le parti a meno della grammatica, dove ho dovuto sottrarre un punticinoinoino (Ino! xD) perché alcune volte, tra dialoghi e descrizioni di azioni, spariva una virgola che ci sarebbe stata bene... ma non ti crucciare perché è proprio una banalità, son puntigliosa! ^^” In ogni caso, Premio Cupido e Premio P-IC (IC del partner) non te li leva nessuno, sono assolutamente meritati! E ancora complimenti per questa bella storia d'amore, adattissima per un film dato che le ambientazioni e le vicende sono così reali da farle vivere in prima persona dal lettore! Bella!

   
 
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