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Autore: DeepBlueMirror    30/11/2010    5 recensioni
Una raccolta di oneshot (tendente alla long nei capitoli successivi) dedicate ad alcuni personaggi della Wammy's house che ben conosciamo. Iniziamo con... Mello. Leggerissimo OOC dovuto a personaggi non approfonditi nel manga (Linda e Matt)e per lo sviluppo delle relazioni nel gruppo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Linda, Matt, Mello, Near
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Linda'
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La Wammy's house è sempre stata un luogo sereno e gioioso, nonostante il passato più o meno drammatico dei suoi occupanti.

Echi di risate infantili, di sussurri concitati, di passi rapidi e leggeri pervadono i grandi corridoi dell'edificio di un'atmosfera intima e accogliente .
Le grandi stanze sono sempre luminose, ricche di grandi finestre che danno sul magnifico giardino, regno incontrastato degli appassionati di calcio e dei tornei di nascondino e acchiapparella.

Giochi banali, direte voi.
Giochi infantili.
E perchè dovrebbe essere diversamente?
Non siamo bambini, in fondo?



I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie.
Michel De Montaigne






Oggi, però, vi è solo silenzio.
Le notizie circolano in fretta tra mille sussurri e nel giro di un paio d'ore tutti sanno.





Mello se ne vuole andare.
Vuole abbandonare la Wammy's house.
Senza un apparente motivo.
Per trovare cosa?
Per lasciare cosa?
Per diventare cosa, ragazzino orgoglioso?



A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quel che cerco.
Michel De Montaigne






-Mello-.
-Linda-.
Rimango sulla porta della sua stanza, osservandolo in silenzio mentre raduna i suoi effetti personali in una grande borsa, percorrendo la camera in tutta la sua estensione alla ricerca di oggetti dimenticati.
-Hai bisogno di qualcosa?- dice Mello dopo alcuni istanti in tono leggermente seccato, chinandosi per controllare sotto il letto.


-C'è un libro vicino alla finestra... Lì, appena più a destra- affermo, ignorando la sua domanda e tentando di mantenere un certo contegno.

L'altro non ribatte, avvicinandosi a gattoni all'angolo della stanza che gli ho appena descritto e raccogliendo una copia vissuta della Divina Commedia.
Quel libro è sempre in giro quando io e Mello ci incontriamo.



Rialzandosi dal pavimento, volta la testa verso di me, osservandomi per la prima volta.
-No... Ti prego, risparmiami almeno questo- mormora sarcasticamente, avvicinandosi alla sua borsa per posare il libro sopra la pila di vestiti al suo interno.
Sussulto, imponendomi di non avere alcuna reazione.
-Non ho nulla in particolare contro di te, Linda, ma non ho intenzione di sorbirmi pianti e scenate isteriche. Non oggi. Perciò vattene e lasciami finire i bagagli in santa pace-.


Che rabbia.
Non mi ero resa conto di avere un'espressione così esplicitamente rattristata.
Rimedio subito imbastendo un'aria indispettita e ribattendo con voce fredda:- A me sembra che l'unico a fare scenate isteriche qui sia tu. Volevo solamente salutarti... E capire perchè tu stia mollando tutto così, senza un motivo-.


La calamità dell'uomo, è il creder di sapere.
Michel De Montaigne





Mello chiude la borsa con un gesto deciso e stizzito, voltandosi nuovamente e rispondendo irato:- Non parlare come se avessi la verità in tasca! Pensi di sapere tutto? Mi credi capace di abbandonare il luogo dove sono cresciuto senza un valido motivo? Ma certo, il fatto che tu non sia a conoscenza di un qualche evento fuori dall'ordinario significa che non deve essere accaduto nulla del genere, giusto?-.
Taccio, intimorita dal suo scatto: ammetto di averlo volutamente provocato, ma non mi aspettavo una reazione tale.

Sarcasmo, ecco, magari qualche rispostaccia acida.
Certo non questo torrente di parole astiose.


-Ti ho chiesto di venire?
No.
Ti ho chiesto di farmi compagnia?
No.
Ti ho chiesto di venire a compatirmi o a farmi la morale per la decisione che ho preso?
No! Quindi cosa diavolo vuoi?!- prosegue senza sosta, ogni parola scandita dal suo timbro aspro e aggressivo.
-Mello, ora stai esagerando, chi ti ha detto che io sia qui per compatirti o che voglia rimproverarti?- rispondo incredula, avvicinandomi di un passo.
Il ragazzino indietreggia, fissandomi con'aria a dir poco esasperata:-Fammi il favore, Linda, vattene-.
-No, finchè non mi dici che ti passa per la testa!- replico alzando leggermente la voce: la sua ostilità comincia a influenzare anche me.
-È successo qualcosa che non so, dici? Va bene, cosa è successo? Perchè mi neghi di sapere?-.
-Sei un'insopportabile impicciona- risponde glaciale Mello.



La pazienza messa troppe volte alla prova diventa rabbia.
Publilio Sirio



Un attimo.
Uno sguardo calmo, forse leggermente vuoto.
Poi un sonoro ceffone in pieno volto.
Mello accetta in silenzio, senza rispondere al mio gesto impulsivo.
Probabilmente è consapevole di aver esagerato.
Credo capisca almeno in minima parte quanto la mia preoccupazione è sincera.
Eppure tace, fedele al suo segreto, irremovibile nella sua decisione di non dirmi nulla di ciò che gli passa per la testa.




La confessione è sempre debolezza. L'anima solenne mantiene i propri segreti, e riceve la punizione in silenzio.
Dorothea Lynde Dix



L' improvvisa consapevolezza del mio gesto mi colpisce con la forza di un uragano e tutto ciò che posso fare e voltarmi e lasciare la sua stanza a passi lenti e cadenzati.


Una volta giunta nella mia camera, nonostante io abbia tutta l'intenzione di non pensare a ciò che ho appena fatto, mi ritrovo seduta davanti al cavalletto regalatomi pochi giorni fa da Roger, colori e pennelli tra le mani .
E ogni tentativo di dimenticare l'accaduto è inutile, il soggetto che va imprimendosi sulla tela è inevitabilmente Mello.



La pittura è più forte di me; mi costringe a dipingere come vuole lei.
Pablo Picasso


Il movimento rapido del pennello traccia l'espressione che ho scorto sul suo viso nei sette secondi successivi al mio schiaffo, prima che me ne andassi.
Il volto scuro, serio, segnato da una certa incredulità.
Lo sguardo ostinatamente rivolto verso il basso.
Una mano posata sulla propria guancia, le labbra serrate.
Così differente dal Mello undicenne di grafite che mi osserva annoiato dalla parete cui è appeso ormai da quattro anni.
Così differente dal Mello irruento e scapestrato che ha animato l'orfanotrofio fino ad oggi.
Così sconosciuto e distante, così...
Adulto.
Che è diverso dall'essere maturo.

Essere adulto è avere responsabilità nuove.
Essere maturo è accettarle e sapere quanto sia doveroso affrontarle e in che modo.
E l'adulto non è necessariamente maturo.


La maturità è un'invenzione dell'uomo che non può ammettere di non essere migliorato.
Andrea G. Pinketts



Finisco il mio dipinto, nè soddisfatta, nè insoddisfatta.
Me ne allontano, lasciando che i colori si secchino lentamente, osservandolo distrattamente.
In un altro momento ne sarei stata fiera, ma ora non trovo nulla di interessante nel mio operato.



Sai perchè sei tanto agitata, Linda?
Sai perchè sei tanto inquieta e amareggiata?
Perchè anche questa volta, l'ultima possibilità che hai, non sei riuscita a mostrare ad una persona cui, per qualche sconosciuto motivo, sei affezionata quanto realmente ti importi delle sue sofferenze, delle sue decisioni e della sua vita.


Sospiro, il cuore reso paradossalmente più pesante dalla consapevolezza.


Dalla mia finestra scorgo l'angolo del giardino in cui ho ritratto Matt alcuni mesi fa.
Matt... Sarà chiuso nella sua camera come stamattina.
Solitamente quando passo accanto dalla sua stanza riesco a udire la musichetta dei suoi videogiochi e alcune sue esclamazioni di disappunto.
Oggi invece vi era il silenzio più assoluto.
Ho notato una busta che spuntava da sotto la sua porta: probabilmente Mello gli ha lasciato una lettera di saluto.
Matt affronta se stesso e la durezza della vita in silenzio, lontano da tutti.


E Near... Probabilmente sarà sempre seduto sulla solita mattonella del pavimento della sala comune.
Se anche la partenza di Mello lo toccasse, dubito che ne farebbe mostra.
Almeno non in pubblico.


Soffre veramente solo chi soffre senza testimoni.
Marziale



Decido di lasciare la mia stanza, in cerca di un po' di pace, magari proprio passeggiando nel giardino.
Apro la porta della mia stanza e mi immobilizzo, sbigottita, trovandomi di fronte all'oggetto dei miei pensieri nelle ultime ore.




-Mello?-.
Il ragazzo è chino davanti alla mia porta, la borsa già a tracolla, pronto per la partenza; è evidentemente sorpreso di vedermi, nonostante si trovi nel luogo dove passo gran parte della giornata, e leggermente imbarazzato.
Si raddrizza di scatto, grattandosi nervosamente una guancia.
-Volevo lasciarti questo- dice con voce appena udibile; capisco che parlarmi gli costa un certo sforzo.
Abbasso lo sguardo verso la sua mano tesa a tendermi l'oggetto che poco prima era intenzionato a posare vicino al mio uscio.
-La tua Divina Commedia... Credevo tu tenessi a questo libro-.
-Infatti-.
-E perchè lo cedi a me?-.
Mello punta gli occhi cerulei verso il soffitto.
-Credo... Spero che lo conserverai con cura, cosa che io temo di non poter fare dovunque andrò ora-.

Taccio pensierosa, rigirandomi tra le mani il libro.
-Non sai dove andrai?- domando in tono assolutamente neutro.
L'indifferenza è qualcosa che manda in bestia sia lui che me, eppure ora è l'unica maschera che riesco a indossare con naturalezza.



L'indifferenza è l'essenza dell'inumanità.
tratto da George Bernard Shaw


-No- risponde puntando nuovamente lo sguardo su di me.

Non reagisco, ho già manifestato sufficienti emozioni nei suoi confronti poche ore fa.
Non ho intenzione di scusarmi, dato che neppure lui ha ritenuto opportuno farlo.
Se vuole credere che io sia solo un'impicciona, faccia pure.



Tanto non dovrò vederlo mai più.
Non dovrò più sentire la sua voce tonante invadere i corridoi.
Non vedrò più una massa di capelli biondi sfrecciare nei corridoi all'ora di merenda in inverno, dopo la battaglia a palle di neve, per bere la cioccolata che tanto ama.
Non vedrò più la sua espressione tra l'esasperato e il furioso, al limite dell'esplosione, quando vengono esposti i voti dei compiti in classe, in cima ai quali spicca il nome dell'odiato rivale.
Non inciamperò più in fili tesi qua e là da lui e da Matt, non mi cadrà più in testa alcun secchio d'acqua collegato a quei fili, rendendomi conto di essere per l'ennesima volta la vittima dei loro scherzi infantili.

Non lo vedrò mai più, forse.
Lo comprendo solo ora.
E devo ammettere che è doloroso.




La sofferenza è una specie di bisogno dell'organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo.


Marcel Proust




Annuisco in silenzio, lottando per non lasciarmi sopraffare dall'ondata di malinconia che mi invade il cuore.
Mello sembra esitare per un istante, ma lo precedo: - No, davvero, non dire nulla. Avrò cura del tuo libro, non preoccuparti... Chissà mai che non te lo restituisca un giorno- concludo, tentando di sembrare convincente.
Sento il suo sguardo su di me, mentre sfoglio distrattamente il testo.


Un sospiro, poi richiudo lo scritto dantesco, posando una mano sulla copertina di cuoio.
-C'è altro, Mello? Non voglio trattenerti- affermo con aria decisa, sfrontata, fissandolo dritto negli occhi.
Ho fatto trenta, tanto vale fare trent'uno.
Forse non noterà quanto io stia sforzandomi di nascondergli il mio stato d'animo.


-L è morto-.
La sua frase provoca un gelo istantaneo dentro di me.
L.
Morto.


-È per questo che te ne vai?- domando, la voce spezzata per la notizia appena ricevuta.
-No. Diciamo che la sua morte mi ha fatto riflettere su alcune cose- risponde evasivo.
Comprendo che non mi dirà altro.
Sospiro.
-Dunque Near è l'erede di L- concludo, notando come rimanga impassibile quando pronuncio il nome del rivale.
Mello annuisce, ma le labbre rimangono ancora una volta serrate.
-Grazie per l'informazione- aggiungo asciutta, anche se il mio contegno sdegnoso è ormai venuto meno; difficile restare indifferenti di fronte alla morte dell'uomo che si è maggiormente stimato in vita propria.
Però non mi è sfuggito il fatto che Mello non mi abbia risposto.
Non ha voluto dirmi perchè se ne va.
Bene, lo accetto.
Va bene così.

Faccio per congedarmi, ma Mello compie un gesto inaspettato.
Posa la mano sulla copertina del libro, accanto alla mia, per poi chiudere gli occhi e declamare con la sua voce bassa e potente:

-
"O frati," dissi, "che per cento milia

perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza". -

Pronuncia tali versi nella loro lingua originale*, in tono appassionato e deciso, ponendo maggiore enfasi negli ultimi tre versi.

Ricordo vagamente di aver studiato questo canto del testo dantesco... Ulisse esortava i suoi compagni a proseguire verso la montagna del Purgatorio.
Mello riapre gli occhi, concedendosi un leggero sorriso: - È il mio passo preferito-.
Resto pensierosa per alcuni istanti, poi sorrido a mia volta, raggiante.

Ho capito.


La sincerità non consiste nel dire, ma nell'intenzione di comunicare la verità
Samuel Taylor Coleridge


Annuisco, mentre lui solleva la mano dal libro, sfiorandomi, per riportarla lungo il fianco ed estrarre una tavoletta di cioccolata.
-Capisco... Giovane Ulisse, ti aspetta una vita dura- dico, sapendo che questo sarà il nostro ultimo scambio di battute.
Mello ha un'espressione sicura, decisa.
Negli occhi azzurri vi è un bagliore di arroganza, gli incisivi affondano nel cibo bruno con uno schiocco sonoro.
-Io vivrò a modo mio, Linda. È tutto ciò che so-.





Lo osservo dalla mia finestra, mentre si allontana, seguito dai saluti di alcuni compagni di gioco.

Forse il ruolo e le responsabilità che aveva qui erano un giogo troppo pesante e fastidioso per un essere attivo e curioso come lui.
Forse la morte di L è stata la scintilla che lo ha portato a comprendere quanto non provi frustrazione solo per l'essere secondo, ma anche e soprattutto per l'essere assolutamente vincolato a vita al ruolo di erede di L e alla rivalità con Near.
Forse.
Ma gli basterà lasciare questo posto per lasciarsi alle spalle la vita condotta fin qui?


Mello si ferma un istante, voltandosi indietro.
Fissa un punto sotto la mia finestra.
La stanza di Near.
Forse il suo proprietario è lì, dietro al vetro, ad assistere alla partenza del bambino pestifero che spesso faceva crollare le sue costruzioni.
Lo sguardo di Mello si fa affilato, carico di rancore.
Poi quest'ultimo volta le spalle e prosegue.




Mello non è libero come vorrebbe.
Temo che non lo potrà vivere totalmente a modo suo... Una parte di lui è comunque legata al suo passato.
Troppo, aggiungerei.
Lo immagino fra qualche anno, magari a capo di qualche importante organizzazione investigativa, forse leader di una gang di criminali, ma sempre assolutamente deciso a perseguire il suo scopo: battere Near.
Sono certa che non abbandonerà la sua rivalità.
È parte di lui, ormai.










Roger ci chiama per il pranzo.
Lascio la mia stanza, decisa: passerò anche per una ficcanaso, ma non ho alcuna intenzione di lasciare sole le persone cui tengo.
Busso alla porta di Matt e attendo alcuni istanti.
L'uscio viene aperto e mi ritrovo davanti ad uno spettro con una chioma arruffata di capelli scarlatti e l'aria infelice.
-Matt, come stai?-.
Lo spettro bofonchia un " Più o meno", prima di venire soffocato dal mio abbraccio.
In un'altra occasione avrebbe fatto qualche battuta sui miei eccessivi sentimentalismi, ma ora come ora tace, posando la fronte contro la mia spalla.
-Dai, andiamo giù a mangiare qualcosa- sussurro, acccarezzandogli la testa con delicatezza.
-Se ci tieni tanto...-.
-Ok, diciamo che ci tengo-.
-E allora andiamo, non vorrei scontentare una signora- risponde con un sorriso tirato, scostandosi da me e permettendomi di prenderlo a braccetto.

E uno l'abbiamo raccattato, mi dico.
Ora l'altro.



-Near, ancora qui? Non vieni a mangiare?-.
La porta della camera di Near era aperta, non ho dovuto bussare.
Il ragazzo albino è seduto sul davanzale, lo sguardo vitreo e lontano.
Rischia di prendersi qualche malanno, rimanendo esposto alla corrente di vento fredda che entra dalla finestra, ma non sembra interessato alla propria salute.
Il collo è teso verso l'esterno, il profilo rivolto alla strada imboccata da Mello un'ora fa.

Ciò sembra stupire anche Matt che ha un'espressione quasi incuriosita: un po' di tempo fa mi ha detto di non avere mai avuto nulla di personale contro Near, piuttosto di non avere cercato occasioni di contatto con lui.
"Un amico come Mello occupa già gran parte della giornata" aveva detto ridendo.
Ora sembra guardarlo per la prima volta con attenzione e spero che ciò possa almeno distrarlo un po'.


Near sembra notarci solo alcuni istanti dopo che io abbia parlato.
-Linda, Matt. In realtà pensavo di rimanere qui... Non sono affamato- dice.
La sua voce è leggermente roca, come se avesse taciuto per lungo tempo.

Riferito a qualcuno di laconico quanto lo è Near, significa aver praticato il mutismo assoluto per almeno un paio di giorni.


-Capisco... Se preferisci rimanere qui da solo...- rispondo, sperando che il mio goffo tentativo di persuasione sia efficace.

Near rivolge gli occhi verso me e Matt: sembra combattuto, il che è già qualcosa.
Matt sussulta all'improvviso, portando la mano destra alla tasca dei jeans.
- Toh, guarda... Non gliel'ho restituita-.
Matt regge tra le dita una delle tavolette di fondente ricoperte di stagnola di Mello.
Il suo sguardo si è leggermente intristito, ma le labbra sono distese in un sorriso divertito: - Sarebbe capace di tornare indietro per riprensersela...- aggiunge, entrando con disinvoltura nella stanza e sedendosi sul pavimento a gambe incrociate, a pochi metri dalla finestra da dove Near ci scruta con aria leggermente stordita: non sa bene che fare, forse, ma non sembra seccato dalla nostra intrusione.
-Una volta gliene ho rubata una per ripicca ed è andato fuori dai gangheri, strepitando per il resto del giorno... Volevo vendicarmi per come avevate ridotto la mia bambola- lo rimbecco, sedendo davanti a lui, in modo da averli entrambi di fronte. Matt si esibisce in un ghigno da mascalzone in piena regola, poggiando poi la tavoletta sul pavimento, in mezzo a noi.
-Ah, allora eri stata tu! Era l'ultima che aveva, ricordo bene... Effettivamente la tua bambola aveva qualche problemino ai capelli dopo la nostra visita... Erano blu?-.
-No, era rapata a zero-.
-Giusto, i capelli blu li avevamo fatti a... A chi?-.

- A me, credo-.
Near si è avvicinato silenziosamente, scivolando tra di noi e mettendosi nella sua solita posizione assurda. Ha un'espressione indecifrabile, pensierosa, mentre l'indice della mano destra si immerge nella chioma bianchissima: -Fu un risveglio traumatico... Devo avere ancora qualche ciocca azzurra, penso. Una tinta piuttosto resistente, se consideri che è stata eseguita sette mesi fa-.
-Sul serio? Gli avete tinto i capelli di blu?- domando incredula; Matt ridacchia nervosamente.
-Blu cobalto...- precisa Near assorto.
-Uhm, sì, me ne ero quasi dimenticato... Quella volta siamo stati piuttosto... Originali- disse Matt, tentando di capire quanto fosse nei guai.
-Avrei altri aggettivi per definirvi, Rosso. Come ho fatto a non accorgermi che avevi i capelli cobalto?- domando a Near che risponde con un sorrisetto:- Non sono uscito dalla mia stanza per una settimana con la scusa di un'influenza-.
Lancio a Matt una tale occhiataccia che questo sembra rimpicciolire:- Ehm...Near, mi dispiace... Siamo stati tremen... Oddio, è vero!- esclama, interrompendosi e avvicinandosi a Near.
-Cosa?- dico, avvicinandomi a mia volta.
-È azzurra, guarda!- dice ridendo, prendendo delicatamente tra pollice e indice una ciocca azzurrina , prima nascosta da alcune altre candide.
-L' avevo detto- brontola Near con aria vagamente imbarazzata.


Il pomeriggio passa lento e sereno, nonostante gli avvenimenti della mattina.
Ignari di pranzo, merenda e attività varie proseguiamo, rievocando momenti belli e brutti passati con Mello, davanti agli occhi ciechi della sua tavoletta di cioccolata.
È un tributo alla sua vita qui alla Wammy's, alle sue imprese, alla sua persona.
O forse il nostro tentativo di dimenticare per qualche istante che questa è probabilmente la fine di una fase.
Le cose cambieranno, lo percepiamo tutti e tre.





L è morto.
Mello se ne va.
Near è l'erede di L.
Si deve crescere.
Si diventa adulti.
Fine prima parte.


* Non sarebbe poi così strano imparare in lingua originale un testo che amiamo particolarmente... No? =D





Eccomi!
Grazie per le precedenti recensioni e per l'interesse che manifestate per la mia fic; in particolare grazie a Readseapearl, non sai quanto mi faccia piacere leggere i tuoi commenti!


Ho pensato di seguire la linea narrativa di Death Note almeno in parte... Non so dire quando questa fic terminerà, ma non ho intenzione di creare una storia lunga e complessa.
Inutile dire che Linda sarà il personaggio narrante di tutta la serie; ho sempre desiderato pensare a come sia trascorsa la sua vita, di cui sappiamo così poco... Preparatevi a mille sorprese.

Ne ho approfittato per riprendere meglio Mello, cui ho dedicato il primo (quindi il peggiore XD) ritratto.
Spero di non aver commesso OT involontariamente, anche se con personaggi tanto poco delineati psicologicamente è facile mettere un piede in fallo.


A presto, spero, e grazie di tutto cuore


Irene
  
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