L’Avana, Cuba, 1977
Agosto
Isabella era nervosa. Continuava a
sistemarsi il corpetto dell’abito rosso, come se avesse potuto caderle da un
momento all’altro. E di tanto in tanto si grattava la gamba con la punta della
scarpetta, cercando di nascondersi allo sguardo indagatore della zia. Lucy
represse un sorriso, e le si rivolse con il tono più dolce di cui era capace: “Tesoro,
se vuoi possiamo tornare in albergo.”
“E darla vinta alla mamma? Nemmeno morta.”
Lucy si concesse un sorriso. Isabella
aveva il temperamento dei Miller, non c’era alcun dubbio. E la testardaggine
dei Suarez. Passò un braccio dietro le spalle della nipote e la guidò oltre l’ingresso
della Rosa Negra.
Era rimasto tutto esattamente come
un tempo: il lungo bancone del bar, dietro il quale, come sempre, troneggiava
il fedele Luis; la pista gremita di ballerini; la piccola orchestra che non
smetteva di suonare mai, se non per pochi secondi; la penombra, in netto
contrasto con le luci colorate; l’aroma del legno della pista da ballo, il
rumore delle scarpe che lo calpestavano, il ritmo dei cuori di chi, su quella
pista, lottava per conquistarsi il titolo di re della Rosa Negra. Lucy sapeva
che Isabella ne sarebbe rimasta affascinata, come lei e Katie diciannove anni
prima.
“Allora, che ne dici? Non male, per
essere un locale anni Cinquanta, no?”
“Zia, sei sicura che questo posto
non sia cambiato, da quando ci venivi con la mamma?”
“Nemmeno di una virgola, tesoro.”
Si avvicinarono al bancone e
ordinarono da bere. Per Isabella, un succo di frutta, e per Lucy un drink
leggero. Presero posto su due sgabelli piuttosto alti, osservando l’intero
locale. Lo sguardo della ragazza cadde sulla parete dietro il bancone, gremita
di fotografie scattate nel corso degli anni. “Zia, voi siete stati qui nel
1957, vero?”
Lucy scosse la testa, bevendo un
sorso. “Era la fine del 1958. Ce ne siamo andati poco dopo Capodanno.”
Isabella annuì, e tornò a guardare
le fotografie. “Zia, non trovi anche tu che quella ragazza…”
“Cosa, cara?” le domandò Lucy quando
la nipote si interruppe.
“Santissimo Iddio, quella è mia
madre!” esclamò Isabella, puntando il dito contro la fotografia che ritraeva
Javier e Katie impegnati in un complicato passo.
Lucy sorrise. “Ottimo spirito d’osservazione.”
“Ma che… aspetta, c’è qualcosa
scritto sotto. Javier Suarez y Katie Miller: El…”
“El Rei Y La Reina De La Rosa Negra”
completò una voce profonda e familiare soltanto a Lucy. “Il re e la regina
della Rosa Negra.”
Lucy si voltò, sorridendo. “Luis!”
“Señorita Miller, non pensavo avrei
avuto il piacere di rivederla qui” la salutò lui, prendendole la mano e
sfiorandola con le labbra.
“Mi sono concessa una vacanza, e ho
portato con me mia nipote. Le presento Isabella. Isabella, questo è Luis
Santoro, è il padrone della Rosa Negra.”
“Encantado.
Lei non assomiglia a sua madre.”
“No, in effetti no” confermò
Isabella.
Luis si voltò a guardare la
fotografia. “Ma scommetto che ha lo stesso talento della señorita Katie.”
“Non saprei, non ho mai ballato. Mi perdoni,
signor Santoro, ma potrei sapere chi è l’uomo con mia madre, in quella foto?”
Luis Santoro sorrise. “E’ Javier Suarez, el rei de la Rosa Negra.”
“Viene
ancora qui?” si informò Lucy.
“E’ per questo che ho detto che è il
re della Rosa Negra. Raul è morto, e Javier era il solo che potesse prendere il
suo posto. Eccolo là!” esclamò, puntando il dito grassoccio verso il centro
della pista, dove un uomo di circa quarant’anni e una donna della stessa età
stavano danzando forsennatamente, al ritmo della piccola orchestra.
“Non è Esmeralda!” osservò Lucy.
“Esmeralda non danza più, da quando
Raul è stato ucciso dalla polizia castrista. Gli ha dato l’addio ballando un’ultima
volta con Javier, poi non si è più vista. Poverina, ha sofferto così tanto…”
osservò Luis, improvvisamente intristito.
Rimasero a chiacchierare con Luis
per parecchio tempo, senza curarsi del resto del locale. Nessuna delle due si
accorse che molti degli sguardi dei ragazzi presenti si stavano posando su
Isabella, e sul suo bel vestito rosso. Uno di loro mise insieme il coraggio
necessario, e si avvicinò per invitare la ragazza a ballare. Ricevette un
rifiuto che non ammetteva repliche. Si fece avanti un altro. E poi un altro. E un
altro ancora. Ma Isabella aveva una sola risposta per ciascuno di loro: “No,
grazie.”
Proprio quando sembrava che i
pretendenti avessero desistito, si avvicinò un giovane alto, dallo sguardo
profondo e con un sorriso sornione stampato sul volto. “¿Quieres bailar, americana?” Isabella non conosceva lo spagnolo, ma
non ebbe difficoltà a comprendere quella domanda. Vuoi ballare, americana? Avrebbe voluto dire di no. Avrebbe dovuto
dire di no. Ma non si trattava di uno dei tanti: era il fattorino dell’hotel. Si
erano incrociati un paio di volte, durante quella settimana, e ogni volta lui
le aveva sorriso. E a ogni sorriso, il cuore solido di Isabella si era
squagliato come neve al sole. Si limitò ad annuire, facendo scivolare la sua
mano su quella di Ricardo.
Lucy rimase a guardare, mentre la
ragazza si allontanava con il giovane fattorino. Sorrise, pensando che
probabilmente sarebbe finita come sua madre. Finì il proprio drink e rimase a
guardare la pista da ballo, cercando di cogliere le mosse della nipote. Si stupì:
Isabella non aveva mai ballato, nemmeno per scherzo, eppure si stava rivelando
piuttosto brava. Certo, forse non sarebbe diventata la regina della Rosa Negra
quella sera, e forse nemmeno entro Capodanno, ma era certo che avesse un certo
talento. O forse era solo quel fattorino, quel Ricardo, ad avere un enorme
potenziale. Probabilmente ogni donna si sarebbe trasformata in una provetta
ballerina, stretta tra quelle braccia. Non riuscì a non provare una fitta di
invidia, al pensiero che la sorella e la nipote, se solo avessero voluto,
avrebbero potuto avere tutti gli uomini del mondo, mentre lei… non che non
avesse avuto anche lei dei pretendenti, anzi: suo padre aveva ricevuto un paio
di proposte, ma nessuno era mai riuscito a colpirla al cuore come Javier aveva
fatto con Katie, o come Katie aveva fatto con Thomas. Coraggio, Lucy, forse un giorno arriverà qualcuno anche per te. Per
adesso accontentati di innamorarti soltanto sul palcoscenico.
Persa nei suoi pensieri, non si era
accorta che la musica fosse cambiata, e che Isabella era stata passata ad un
altro ballerino. Un ballerino dal fisico asciutto e dai capelli scuri, più
basso del fattorino, ma con il medesimo talento. “Oh mio Dio…” sussurrò Lucy,
rendendosi conto di chi si trattasse.
Isabella stava ballando con suo
padre.